E ora vado a dormire, ma prima scrivo due righe a Babbo Natale che settimana scorsa ho dimenticato di farlo, gli chiederò una Stelvio, magari è ancora in giro e gliene avanza una nero splendente lì tra i pacchi dei ritardatari.... buonanotte.
Non è obbligatorio diventare grandi...
E ora vado a dormire, ma prima scrivo due righe a Babbo Natale che settimana scorsa ho dimenticato di farlo, gli chiederò una Stelvio, magari è ancora in giro e gliene avanza una nero splendente lì tra i pacchi dei ritardatari.... buonanotte.
La malinconia
Autogrill
L’autogrill mi piace, non c’è niente da fare, è così da sempre, un coacervo di genti, di camion, di nafta, di tedeschi e di Crisbì.
Un caffè, poi ti chiedi da dove arriva quello con la giacca blu e la barba lunga che puzza di sudore e compra una Fanta Lemon che l’ultima l’hai vista nel 1989, e la tardona abbronzata con il tacco platinato e lo sguardo perso sul barista, e una brioche miele e cereali che fa tanto colazione anche alle 19.48.
E “Antonella” col cartellino sulla divisa, che distribuisce panini con un’espressione stantia, che capisci che ha mestiere perché lo scontrino lei te lo straccia, a differenza di queste nuove leve che invece te lo rigano con l’unghia in una novella obliterazione 4.0, dove abiterà?
Sì, perché in fondo queste sono le domande che restano dentro.
Più o meno come: “ma chi la compra la mortadella a tocchi in autostrada?” Che c’è sempre lì nel banco “salumi e formaggi tipici d’Italia”, costa come il plutonio, ma è immancabilmente splendida, una signora mortadella direi.
L’autogrill fa viaggio, ma fa anche sosta, fa gita e vacanza, ma anche lavoro e fa anche “la prima volta che hai dormito in una cuccetta di un mega camione”.
E mi ricordo quel giubbotto smanicato mille tasche modello pescatore incazzato trovato tra Parma e Piacenza.
E son convinto che qualcuno sì sia pure innamorato in autogrill, magari cenando al Self.
E son convinto che s’incontrino pure gli amanti in autogrill, uno in direzione sud, l’altra in direzione nord, e via a limonare nel sottopasso.
E son convinto che nessuno si sia mai dimenticato qualcun’altra per sbaglio in autogrill, no, ce a voleva proprio lasciare, lì, in quel luogo atipico e franco lungo una strada senza uscite a raso non regolamentate.
Io c’ho un po’ fretta, per questo prendo la metro
Il tempo è relativamente
L'atmosfera del particolare
Uguali uguali o diversi diversi? Qual'è il segreto?
La nostalgia fa l'amore con la malinconia
Desideri cadenti in una notte di stelle che traballano
Siamo quello che siamo stati, diventeremo quello che siamo
L'insoddisfazione aiuta la coppia
Sì sì, è l'insoddisfazione che tiene unite le coppie nel tempo.
Nell'87% dei casi direi.
Dopo profonda e meditata analisi socio-antropologica sono arrivato a questa conclusione: l'insoddisfazione unisce.
Perché? Essenzialmente perché l'insoddisfatto di coppia si abitua all'insoddisfazione, come chi soffre di colesterolo si abitua al Danacol, ogni giorno che passa la cosa cronicizza, accompagna il quotidiano e si fa routine, ed essendo l'uomo assolutamente tranquillizzato dalle abitudini è molto facile comprendere.
Poi l'insoddisfazione stimola, stimola l'esterno.
E stimolare aiuta il tempo a passare.
Gli insoddisfatti dentro hanno una vita molto movimentata fuori, occupano gli spazi vuoti, è il cosiddetto effetto marea, perché oltre ad essere tranquillizzati dalle abitudini gli uomini sono pure attratti dalla pienezza degli spazi.
Siamo tutti dei ciccioni inconsapevoli, dei finti magri di spirito, siamo degli accaparratori di sentimenti vari, spesso nascosti e soprattutto di nascosto.
Vogliamo una vita piena, piena di emozioni, perché abitudinari sì ma emotivamente stimolabili.
Lo so, sembra una contraddizione, ma è un po' come quello che porta i sandali con i calzini, lo sa pure lui che fanno cagare ma continua a metterli ugualmente, perché lo ha sempre fatto, e quando li toglie si emoziona tranquillamente, sa che domani potrà indossarli di nuovo, e ne è felice, serenamente felice.
Smaciullati di insoddisfazione ecco allora che l'esterno diventa rifugio, un esterno con mille facce, facce di donne altre e di uomini altrui, di cosi e di cose, di botole e cani morti (*), di lavoro e di hobby, di sesso e ascetismo, ad ognuno il proprio, ma vissuto fuori, fuori dalla coppia, ma non in maniera aperta (che ci sta sia inteso), ma assoluta e segreta.
E segreto in caso di amanti è pure quasi scontato, non sempre ma abbastanza in realtà, ma segretamente singolo in caso di calcetto, o libri, o ballo, o amici, o viaggi, o la piadina con la salsiccia alla baracchina fuori porta, è tenacemente voluto invece.
Un modo per tenere la parte emotiva al riparo dall'insoddisfazione.
Di contro i soddisfatti si mollano, circa nel 68% dei casi ho calcolato.
Sì perché dopo tutto quel sesso spinto, quell'intesa perfetta, gli orgasmi multipli, la prima e la seconda casa, i figli, la comprensione reciproca, l'aiuto reciproco, le vacanze reciproche, gli amici reciproci, la dichiarazione dei redditi congiunta, la pizza bufala e crudo divisa sempre a metà, ecco che scatta la paura di perdere tutto e patataffete.
Si mollano.
Ho sempre sostenuto che niente è meglio di piuttosto, ma la statistica dice il contrario.
Non sono d'accordo ma ne prendo atto.
Piuttosto allunga la vita, la vita di coppia e pure la vita a prescindere.
Fossi la Ghisleri farei un sondaggio scientifico a riprova e mi confermerei di aver visto giusto.
Certo non è obbligatorio vivere a lungo, lo dice anche quella storia del leone e delle cento pecore o i cento giorni delle pecore - ora non ricordo bene - ma io non do giudizi stavolta, faccio solo una banale constatazione, ad ognuno la propria scelta.
Ho finito, se vi va rifletteteci un po' sopra bevendo Sangiovese fresco o una CocaZero, altrimenti chiudete il link e uscite ad emozionarvi per strada, ma date retta a me, moderate la soddisfazione!!!
(*) per la comprensione profonda di questo accostamento consiglio "Gli Uomini amano troppo" di Filippo Facci.
La passione si nutre di carne Simmental
Le coppie
- Tipi di coppie dici?
- Ma sì, coppie...
- Mmm...
Da che mondo è mondo la coppia cerca di definirsi, di regolamentarsi, di regolarsi (anche di sregolarsi alle volte), perché in fondo se sai cosa sei magari è più facile.
Tra le coppie note la più semplice è il single, ho già scritto paginate su questo argomento, non mi dilungo, sintetizzo, dico solo che il single è uno che decide di fidanzarsi con se stesso.
Perché? Svariate possono essere le ragioni, si va dall'incapacità di vivere il due, alle allergie, alla timidezza congenita che non riesci a dire neanche "ciao", alla sfacciataggine lussurieggiante che di "ciao" ne fa dire fin troppi, all'abitudine di stare soli, alla voglia di stare in tanti ma senza impegno, alla casa piccola, oppure la macchina cabriolet due posti che se poi nasce un figlio dietro non ci sta e alle cose bisogna pensarci prima.
La coppia single non litiga quasi mai, anche se può capitare in realtà, un bel conflitto interiore alla cazzo.
Poi c'è la coppia evergreen, quella che non tramonta: i morosi.
I morosi sono impegnati ma protesi soprattutto al futuro, quello di "quando siamo a posto", escono il martedì, il giovedì, il sabato e la domenica dalle 15.00 alle 23.00.
Non convivono ma si stimano, fanno le vacanze insieme, sono quasi sempre fedeli (soprattutto col pensiero), vivono i problemi piccoli in comune e le tragedie da soli.
Hanno una sessualità timida ma soddisfacente, non si abbandonano agli eccessi di coppia ma vivono la routine del rapporto come l'ineluttabilità di uno stato, ed è un peccato, perché potrebbero darsi molto di più.
Si mollano in media dopo dieci/dodici anni, quando scoprono l'eccesso della porta accanto, di solito è mora e per niente timida, oppure castano con la giacca nera.
E quindi si arriva ai fidanzati.
I fidanzati sono quelli che dopo tre settimane dal primo bacio con la lingua hanno già messo a budget il matrimonio.
Sono dei programmatori del sentimento, del sesso e del quotidiano.
Tutto è finalizzato, sono loro stessi dei finalizzati, si risparmia per la casa che sarà, per il party di nozze che sarà, per il figlio viziato che sarà.
Le vacanze, sono le stesse che ha fatto quella invidiosetta della migliore amica di lei, scelte last-minute appena questa è rientrata.
Fanno l'amore con passione, se la godono pure, ma è un calando programmato, l'esagerazione del primo anno, quella autoreggenti e perizoma interdentale, si avviluppa gradualmente nella routine del rapporto da fine settimana, pigiama e pantofole, calzettoni e piumone.
E i trombamici?
Anche di questi ho già scritto, ma negli ultimi tempi mi sto convincendo che in realtà non esistano.
O trombi o sei amico.
Il trombamico moderno tende sempre più a sconfinare nel sentimento, perché senza l'appesantimento della routine l'amore è più facile, e a quel punto finisce l'amicizia e scatta la voglia di stare.
Di stare insieme, di stare bene, di stare incastrarti.
Il sesso disincantato e pseudo disinteressato degli inizi lascia il posto alla passione arroventata, letto-auto-bagnodelristorante-prato-spiaggia-cucina e lavatrice.
Non più amici diventano dei professionisti del lato gioioso, del sorriso, delle tante cose da dire, dell'eccesso appassionato.
La storia spesso degenera nel fidanzamento.
E poi il cliché per antonomasia: gli amanti.
Gli amanti prima di tutto sono dei falsi fuggitivi dalla coppia, sono due che accecati dalla routine cercano riparo nella passione della relazione parallela.
Confondono la felicità con le uscite senza mutande, la sintonia con i baci rubati perché di più non si può, la voglia di stare insieme con le camere ad ore.
9 volte su 10 hanno ben chiaro il proprio obiettivo: il lui/lei casalingo/a non dovrà mai sapere e se saprà si negherà.
Gli amanti sono dei laureati in "lo mollo domani".
Il sesso è spietato, tanto, eccitante, con pretese di assoluto, peccato che sia così ogni volta.
Gli amanti sono recidivi, ripetitivi, insoddisfatti prima e dopo, con sprazzi di gioia nel picco del durante.
I separati in casa.
Le coppie di separati in casa sono figlie della crisi e della mancanza di coraggio, dei figli, dei genitori, degli amici, delle delusioni reciproche, dell'insoddisfazione, dei sogni bruciati, del mutuo trentennale, del comodo di una convenzione che comunque tutela, ma soprattutto della scusa per non andarsene.
I separati in casa sono dei tristi, dei repressi, fanno un sesso svogliato all'esterno e per sbaglio all'interno.
Godono poco, non sorridono mai, bevono birra e mangiano pizza senza mozzarella. Allevano figli e costruiscono vie di fuga, sono psicologicamente distrutti, con divani letto molto comodi.
E per finire ci sono loro: gli sposati.
Ecco , mi fermo qui, ho detto che avrei parlato solo di coppie
Far l'amore con le finestre aperte e le tende socchiuse non da quasi mai nell'occhio. Titolo fuorviante per fare audience.
Pensieri di una calda sera di primavera
UOMINI & DONNE
Quelle rughe un po' così
No è che pensavo alle rughe, quelle d'espressione, quelle che fanno pendant con il capello brizzolato.
Quelle che a vent'anni ne vorresti a pacchi perché la ragazzina, la più carina, la tua coetanea, s'è persa spacciata per quello lì che fa l'interessante con tutti quegli anni di più.
E invece arrivano quando è troppo tardi, le riconosci all'improvviso davanti allo specchio, una sera come tante, un po' ne sei compiaciuto, ma un altro po' t'incazzi, perché la tua coetanea oggi "c'ha" l'amante ventenne chè quello con le rughe l'ha già vissuto allora.
I tempi ingannano, c'è chi arriva sempre un attimo prima e chi sempre un attimo dopo, come i peli sul petto in fase adolescenziale, i puntuali sono rari, e sono sempre quelli, quelli con la faccia da pirla e l'animo da Scamarcio in Jhon Wick 2.
Ed è per questo che ad un certo punto si cerca di compensare, sì... di compensare: la pancia con il fascino, la barba bianca con "l'interessantezza d'animo", il Rolex finto con lo Swatch originale, le multiprestazioni con la fiducia, i mancati sorrisi con gli sguardi, il motorino con la macchina TurboDiesel, l'amore con la presenza, l'amore con la compagnia, l'amore con i figli, l'amore con il ti voglio bene, la passione con le parole, l'incomunicabilità con i regali, le serate annoianti in felpa e calzettoni con le partite di calcetto con l'arbitro in autoreggenti, il "che pena che mi fai" con il "non ho visto niente".
Compromessi.
Sì le rughe portano al compromesso. L'avevo capito io.
Ma da questo bisogna fuggire, e le iniezioni di botox vanno fatte dentro, bisogna ringiovanire le viscere.
Mille modi per farlo, il primo è la libertà, il secondo l'istinto, il terzo le telefonate a notte fonda, i film brutti in jeans e maglietta senza calzini, i messaggi all'improvviso, l'esaltazione del quotidiano, l'intesa, il ci penso dopo, i libri, il cinema, le patatine, un bicchiere di vino, il mare, il negare sempre, innamorarsi, oziare, la Sambuca Molinari, iperattivarsi, ricordare e dimenticarsi, perdersi e ritrovarsi, ma anche ritrovarsi senza essersi persi e poi il lavoro, il tempo libero se c'è, gli ideali, le idee, i sogni, ah sì i sogni...
Insomma, tutto e il suo contrario, con una sola regola, la voglia di fare.
Ecco, bene, così per chiudere... pensavo anche un'altra roba: ma davvero, che culo che non ho le rughe...
Ci facciamo un selfie??
E Dire che giovedì 23 mi sembrava pure un'ottima serata per scrivere, di quelle che finisci tardi in ufficio, l'auto sostitutiva è più lenta del solito, ceni in libertà d'orario, bevi acqua del rubinetto, due passi, un caffè, due extracomunitari, tre comunitari, una ragazza persa che vaga in centro, locali luccicosi, altri luccicanti, Bones sul canale 37, le Palladium, lo zenzero, tante idee molto confuse, i gruppi che si fanno i selfie, i single che si fanno i selfie, le coppie che si fanno i selfie.
Ma niente, non ho l'ispirazione.
E allora continuò ad osservare, volevo scrivere "continuo" ma poi il correttore ha corretto ed è uscito "continuò", lo lascio così, quell'accento sulla "ò" mi sembra pure più musicale: "continuò ad osservare. Chi? Io!", terza persona maiestatis, una licenza letteraria.
Dicevo osservare comunque, sì, osservare e pensare, e la domanda che ne esce questa sera è una sola: "ma i selfie... a che cosa di straminchia servono??".
Io credo che dipende.
Ci sono i selfie che lei manda a lui per un saluto veloce, rassicurante, uno smile in carne e pixel, sono quelli con la faccia a cuore, lo sguardo a cuore e il sorriso a cuore.
Sono a mezzo busto, solo la parte sopra.
E ci sono invece i selfie che lei manda a "lui l'altro", per un saluto veloce uguale ma più intenso, conturbante, uno smile in carne e autoreggenti, sono quelli con la faccia sfacciata, lo sguardo sfacciato e il sorriso sfacciato.
Sono a mezzo busto, solo la parte sotto.
Poi ci sono i selfie di circostanza, quelli che li devi fare perché altrimenti poi il piatto con i tagliolini in seppia al tartufo bianco su letto di misticanza si offende.
C'è chi va a cena solo per fotografare il piatto, non mangia nulla, prova solo la messa a fuoco della forchetta, sono dei testimoni culinari, tipo "io c'ero e c'ho le prove".
Poi ci sono i selfie giustificanti, sono quelli che solitamente fa lui per testimoniare la sua presenza in quel posto e a quell'ora, o comunque per scongiurare la sua presenza in un altro posto sempre a quell'ora.
Il selfista giustificante si crea una banca dati sempre pronta all'uso, un selfie per tutte le stagioni e per tutte le ore del giorno, un selfie pronto ad essere utilizzato in caso di emergenza: "io ero lì che mi stavo fotografando con i miei amici sul divano, la birra, le pantofole, i tacchetti da calcio, il racchettone sulla sabbia, i libri, le bandiere, il meccanico, l'uscita da scuola della figlia di mia cugina di terzo grado".
Perché ho parlato solo di selfista giustificante al maschile e non anche al lei?
Perché lei per giustificarsi non selfa, due minuti prima scrive: "entro a yoga, spengo il telefono per tre ore, vado in meditazione e saluti al sole".
Sono le tre e un quarto di notte, effettivamente lo yoga tiene svegli.
Poi ci sono i selfisti protagonisti, quelli che io c'ero.
Poi ci sono i selfisti solitari, fotografano stanze vuote per dire che "io non c'ero".
Poi ci sono le selfiste vanesie, quelle che c'e l'ho solo io e adesso te la faccio vedere.
Poi il selfista timido, sempre solo e rigorosamente di spalle.
Poi il selfista da viaggio, una vita in vacanza, 28 trasferte all'anno, un fancazzista con la passione per la fotografia.
Poi i selfie per dire a lei che: "guarda come sto bene senza di te, brutta stronza bastarda maledetta vacca boia".
Poi i selfie per dire a lui che: "ma la pianti di rompere le balle con quelle foto patetiche che se me ne fregava di come stavi ero ancora lì a limonare con te??".
Poi ci sono i selfie al buio, li fanno quelli brutti brutti perché altrimenti poi si spaventano riguardandoli.
Poi c'è il selfie con il vip che sorride, prima almeno con l'autografo potevi fingere che te l'aveva fatto volentieri, adesso la faccia scazzata non gliela cancelli manco morto.
Poi c'è il selfie ginecologico, tipo ecografia sulla spiaggia, talmente ravvicinato e talmente nudo che non fa sexy, fa senso, non vedi le forme, vedi le vene, le arterie e la parte superficiale del derma.
Poi, poi, poi, una vita col telefonino in mano....
È così, sì, sì, effettivamente questo total social ha i suoi lati terrificanti, opportunità d'incontro, di scontro, di comunicare, di svaccare, anche di sbavare, di politicizzare, di tradire, di far finta di essere fedeli, di mostrarsi, di curiosare nella vita degli altri, di incasinarsi, di prepararsi prima per gli appuntamenti al buio, di far finta di esistere, e pure di non esistere, congelandosi, cancellandosi, smettendo di selfarsi.
Bene, è giovedì 23, adesso cerco l'ispirazione per scrivere qualcosa, prima però mi faccio un selfie.
Agro-dolce
Il segreto di uno giovane che conosco io
E poi il tempo passa, e tu diventi grande, o adulto? O anziano? O uomo? O vecchio?
Sarà che il brizzolato fa pendant con i quaranta e un po';
sarà che ad un tratto ti accorgi di star seduto sopra ad una montagna di ricordi ed esperienza, e qualcuno pure sdraiato;
sarà che le mezze stagioni non sono più quelle di una volta quando si stava meglio se si stava peggio;
sarà che effettivamente le foto da magro di un qualche anno prima - riviste per caso alle 20.39 di un martedì sera qualunque - hanno il sapore dell'affanno in una corsa verso il tempo che passa... beh ecco... sarà tutto questo ma ad un tratto tu capisci che il segreto, la chiave, l'importante, non è sentirsi giovani: bisogna esserlo!!!
E per essere giovani non servono mica vent'anni, eh no, troppo facile, per essere giovani serve la testa, serve il gel, serve sorridere, serve l'abbronzatura e serve fare l'amore al freddo come se non ci fosse un domani, serve suonare i campanelli e poi scappare, e soprattutto serve non prendersi mai troppo sul serio.
Serve arrabbiarsi con grinta, serve il sole e serve pure la neve, servono gli sci, la macchina veloce e limonare per strada, serve fare le cose all'improvviso, serve essere gelosi per tutto ciò che si sente proprio, serve dirlo, serve vivere, serve dormire parecchio, serve dormire poco come prima dell'esame di matematica 1, servono le contraddizioni e i colpi di testa, serve la spiaggia e servono gli scogli.
Serve un po' anche saper tacere, come a scuola, quando il prof diceva basta.
Per essere giovani servono le passioni, ah sì le passioni, quelle belle urlate sottovoce che le possano sentire solo quelli che ti conoscono davvero.
Serve la paura dell'essere timidi, ma anche la sfrontatezza di non avere paura, serve dire le parolacce, serve pensare che le tardone del Kursall Lido sono diventate milf solo per colpa dei social ma continueranno a spararla via a caso come in un grande gioco dei ruoli.
Per essere giovani serve lasciar passare il tempo, ma non sopra, di fianco!
E allora vedrai che le rughe diventeranno semplicemente d'espressione, il rincoglionimento un effetto collaterale del Topexan, le serate con gli amici un must e non un revival, l'Inglese sparato a caso continuerà ad essere l'evergreen del pataca, e il toy boy semplicemente il cugino di Big Jim.
E ci si innamorerà con le farfalle, e così si diventerà grandi... sorridendo, con un sacco di sogni e di futuro, e di obiettivi, e "di voglia di fare tutto io", e di rabbia, come un qualunque ragazzo qualunque, e così si continuerà, banalmente, a restare giovani.