Franco e Carla

Bologna a fine aprile diventa sexy ed avvolgente, soprattutto durante l’ora del passeggio e dell’aperitivo, sexy come le donne arroganti che si lasciano osservare mentre ancheggiano sotto i portici, stanche di un inverno troppo lungo; ed è avvolgente come gli sguardi finto-disinteressati di giovani quarantacinquenni alla ricerca del testosterone perduto.

Tutto diventa un gioco di allusioni ed illusioni, di “mi scusi permesso”, di profumi dolci, di fughe in avanti e improvvise retromarce in Galleria, di viuzze e di primi tavolini all’aperto.

Una cioccolata in tazza con la panna in tutto questo non c’azzecca nulla, non è sexy, non è avvolgente, ma è solo calda.

Carla lo ascolta mentre lui racconta, lo guarda, è stordita dalla marea di parole che Franco lancia in successione, gli guarda le mani che gesticolano senza sosta,  si chiede come faccia a prendersi tanto sul serio, è combattuta tra la sensazione di conoscerlo da sempre e la realtà del perfetto sconosciuto.
È attratta da lui, pur essendone quasi infastidita, cerca di inserirsi nella conversazione che sempre di più trasmigra in un comizio, un comizio a bassa voce, si perché il tono è insolitamente delicato “per uno così“.

 “… uno così, ma che ci faccio qui con uno così? Questo dovrei chiedermi e non perché la barba è brizzolata e il capello nero”.

Ti stai annoiando?”

“No, perché? Ti ho dato questa impressione?“

“No, ma volevo esserne sicuro“

“Ma pure fosse? Non ti avrei mai detto la verità!“

“Oh certo che lo avresti fatto, sei diretta, non menti, non ne sei capace“

“E che ne sai?“

“Lo so. Ti ho osservata con molta attenzione mentre parlavo.
Sai che ti sta molto bene quel modo buffo che hai di arricciare il naso quando non sei d’accordo con quello che senti?
Ma domani mattina a che ora inizi al lavoro?
Ragazzo scusa, potresti portarmi il conto. Grazie.“

 “Posso una domanda indiscreta? Ma davvero tu non ti rilassi mai?  Guarda che non è grave pensare e dire una sola cosa per volta favorendo il confronto, potresti ingenerare nel tuo interlocutore il fantastico dubbio che tu sia interessato ad ascoltare anche il suo parere!“

“Vedi?”

“Vedi cosa?”

“Il naso, hai arricciato il naso.
Allora domani mattina vieni con me, partiamo presto, ce ne andiamo a raccogliere tre conchiglie al mare, mezz’ora, la spiaggia-la sabbia-i gabbiani-un caffè-l’alba, porta gli occhiali da sole e lascerò parlare solo te. Promesso.”

Credo non ci sia un luogo preciso in cui l’attrazione nasce, dentro di noi intendo, nel cuore, nella testa, nella pancia, nelle mani, non lo so.
Capita così, quasi sempre all’improvviso, anche quando ci si conosce da una vita, all’improvviso qualcosa succede e l’interesse dell’uno per l’altra aumenta di livello, upgrade si dice no?
C’è chi sente la vocina, chi le farfalle, chi la voglia di rivedersi entro cinque minuti successivi, un tempo la passione si vestiva da gettone della Sip e si trasformava in necessità di trovare urgentemente un telefono pubblico, anche solo per uno squillo, quasi un antenato del poke (che poi che cos’è questo Poke non lo si è mai capito fino in fondo).
E l’attrazione è pericolosa alle volte, con o senza vestiti, ed è tanto più pericolosa quanto più persiste, si narra di attratti che lo sono stati per sempre, incapaci di separarsi davvero, attratti anche quando le loro vite hanno svoltato verso altro ed altri, attratti informali che superano il tempo spesso distruggendolo.

Non so se Franco e Carla saranno mai degli attratti persistenti, lei però moriva dalla voglia di baciarlo… con tanta lingua.

Parole, parole, parole

Ma è possibile raccontare una storia lunga lunga usando parole sparse apparentemente senza nessun filo logico lasciando che ognuno dia il senso che vuole? Riconoscendosi e perdendosi nel pensare al racconto che potrebbe essere, essere stato o che sarà?

Esperimentiamo.

Mare, palazzo e finestre, freddo freddo quasi gelato, anni, il gabbiano, brividi, la punta, il tempo, eri giovane e lo sarai per sempre, sorrisi pieni di lacrime, e il caminetto, la sera, la notte, messaggi e massaggi.

Abbaglianti, le coincidenze, il numero che viene subito dopo il sedici e un attimo prima del diciotto, il letto del mio nonno, 
il vento e la neve, e ogni cosa parla, i silenzi, primavera-estate-autunno-inverno, il natale che è sempre un po’ meno Natale,
la bici rubata, il caffè ☕️, le telefonate, i sogni, la paura, sole-cuore-amore, Anna Oxa, dobermann, brividi, brivido, pensare e non pensare, il lavoro, la via Emilia, la Fiesta, le Fiesta, le feste, la pizza, le fragole, le fughe in avanti indietro e di lato, le rincorse, le corse.

Il brivido. Il diesel. L’automobile. La mia. La tua. La sua.
Il futuro? Il passato? Il presente? Ieri oggi e Maurizio Costanzo?
Il vino e i suoi tannini, la birra e i suoi luppoli, l’acqua, l’Oriani e la corriera. 

Sentimenti dal sen fuggiti e nel sen rientrati.
Io, lei, lui, lei, io, noi, gli altri, tutti, troppi, nessuno, troppo tardi e troppo presto. 
Le galline, il gallo, il blues.
Il brivido che trapassa.
Il ponte, la rosa, le risa, le sorprese, il raffreddore.
La maionese, le fideiussioni, la nutella e la cipolla, il senso e il non senso.
Il brivido che resta.
Papà ti voglio bene.
Freddo, il mare, il gabbiano, la rotonda.

Ecco, dietro ad ogni parola un mondo, ad ognuno il suo a me il mio.







Amore... dormi?!

  • Amore?
  • Sì?
  • Dormi?
  • No
  • Perché?
  • Perché mi hai svegliato
  • Ah.. e mi pensi?
  • No
  • Perché?
  • Dormivo
  • Ah.. e ora?
  • Ora cosa?
  • Mi pensi?
  • Sì 
  • E cosa pensi?
  • Ma sono le 3 e 27 di notte!
  • E allora?
  • Allora perché non provi a dormire pure tu?
  • Ho voglia di fare l’amore...
  • Con chi?
  • Come con chi?!?! Con te!! 😡
  • Adesso?
  • Sì 
  • Ah... ma... 
  • Ecco vedi, hai un’altra!
  • Ma un’altra chi?! Sono le 3 e 28!!
  • E che importa, non puoi avere un’altra alle 3 e 28?
  • Va bene... facciamo l’amore
  • No
  • E perché?
  • Perché non mi va più
  • Ah... però io non ti capisco.. davvero
  • Come si chiama?
  • Ma come si chiama chi?
  • L’altra!
  • Ma sei fuori?!? Ma l’altra chi?!?!
  • Chiara?
  • ... 🤨
  • Non fare quella faccia. Agata?
  • Ma basta!!
  • No basta lo dico io! Lucilla? È lei, è sicuramente lei, quella gran zoccola di Lucilla!
  • Sì, allora sì, è lei!!
  • Vedi, avevo ragione.
  • Bene
  • Ecco
  • Ecco cosa?
  • Ecco domani ti lascio
  • E adesso?
  • Adesso dormo, ma prima chiamo Luca.
  • Luca? Luca chi?
  • Il mio amante
  • Hai un amante?
  • E da quando?
  • Da quando tu mi tradisci con Lucilla. 
  • ... ... ... scherzi?
  • No
  • Io sì
  • Ah.


SOGNI

Mercoledì.
Il mercoledì è una sera perfetta per sognare, dico sognare davvero, quel sognare agitato che arriva all’improvviso, quel sognare di notte, il sogno inconscio, e anche un po’ incosciente, quello rem, quei sogni figli del tempo e del sonno e anche un po’ figli di buona donna.

E non un “i have a dream” buono per le illusioni, no, no, dico proprio un sogno incontrollato e fine a se stesso.
O fine a non so bene che cosa.

Il mercoledì i sogni sembran più veri, hanno lo stesso sapore acido della realtà.

Mi capita spesso di sognare in questo giorno che ha segnato il mio tempo, un sacco di cose succedono, succedevano e succederanno il mercoledì.
Coincidenze? Non so, credo piuttosto sincronicità, giusto per citare uno Jung qualsiasi.

La notte amplifica le emozioni, sarà che il buio e il silenzio lasciano entrare il vero, e il vero agita, spiazza e mette a nudo.

E io credo che i sogni altro non siano che emozioni fuggite dal nascondiglio in cui sono state rinchiuse.
Ed è per questo che ci accorgiamo di loro solo nel durante per poi volercene  inconsapevolmente dimenticare subito dopo.  

Proprio come i sogni.

Perché è così che accade, nel mentre sembra tutto vero poi ti svegli e puff, tutto svanito. 

Due sono le possibilità perché questo non sia: raccontarne immediatamente o prendere nota. 
Raccontare da consapevolezza, scrivere aiuta a trasformare il verosimile in mito.

Poi il giovedì mattina ti svegli, e pensi, ma il pensare non è nitido, il sogno si confonde mano a mano che i minuti passano, arrivi al lavello e prima di passare il filo interdentale sei già al 50%, il collutorio farà sparire l’altra metà, ti resta solo una sensazione, sai che è successo ma non sai cosa, eppure ti sembrava così vero, quasi fosse realmente accaduto. 

Mah...

E poi l’auto, il caffè, la brioche, i semafori, le rotonde, l’ufficio, il telefono, un susseguirsi di quotidiano che si sublima nello scorrere delle ore, finché non è di nuovo sera, e poi notte, e vorresti ripartire da lì, lì dove avevi lasciato un 24ore prima, ma niente, non ce la si fa perché non ricordi né dove avevi lasciato e né tantomeno cosa, l’ho già detto... e allora, ecco allora non resta che dormirci sopra... magari aspettando il prossimo mercoledì.