A volte capita che un bambino creda di essere grande e poi da grande si accorge che è ancora un bambino...

Ma è più conveniente essere piccoli? Forse sì. E allora come si fa a tornare indietro?? Non lo so, forse un modo c’è ma bisognerebbe essere maghi. E perché poi è più conveniente essere piccoli?

Perché? Perché sì. Vedi i piccoli hanno paura del buio, dell’acqua alta, a volte dei tuoni, più spesso dei lampi, qualche volta dell’uomo nero, non vogliono restare soli.  Spesso credono che se un gioco lo si desidera davvero molto basti scrivere una letterina da lasciare sul camino e il gioco arriva, passa un tipo vestito di rosso con la  barba bianca che si chiama Babbo Natale e lo appoggia lì sotto all’albero; qualche altra volta credono che se un gioco non si può e invece lui lo vuole davvero è sufficiente dire: “o questo o niente”,  e piantar su un bel muso e il gioco arriva anche se non era proprio il caso. I bimbi sanno che se l’altalena va piano basta dire: “più forte papà!”,  e l’altalena accelera.
E’ più facile fare il bambino, perché se sei un bimbo e hai paura del buio, dell’acqua alta, dei tuoni e più spesso dei lampi, basta andare in braccio a mamma o a papà e chiudere gli occhi e il buio diventa un po’ meno buio, l’acqua alta in fondo arrivo solo fino al ginocchio e il ginocchio di papà è altissimo per te che lo sfiori giusto con la punta del naso, e i tuoni e i lampi diventano un po’ come i fuochi di artificio e anche se sei a Casamassa che l’acqua esonda dai fossi e il cielo si illumina a notte fonda, basta avvicinarsi un attimo tra i due sedili  davanti, ed ecco che lì di fianco a te trovi tutta la sicurezza del mondo e ti godi lo spettacolo.

Diventa tutto un po’ meno facile quando ad un tratto, così all’improvviso, perdi un pezzo della tua sicurezza, e non è che lo perdi di vista perché magari si è spostato un po’ più in là, perché magari è stato deciso che la sicurezza è meglio darla uno per volta che può andar bene lo stesso, o perché il lavoro può tener lontani. No, ad un tratto ti accorgi che non c’è più, è volato via un pezzo, proprio volato, e il bambino si accorge subito che non è come quella volta che il suo papà era andato a caccia in Jugoslavia anche se non era vero, al bambino non importava se non era vero, tanto poi è tornato, ecco te ne accorgi quasi subito che non è così.
E si badi bene, perdere un pezzo della propria sicurezza non fa diventare grandi, si resta sempre bambini, ci si atteggia ad adulti ma si resta bambini, e quindi tutto è più facile, perché in fondo si crede ancora che per sconfiggere il buio basti accendere la luce, e magari non sarà sufficiente la letterina ma Babbo Natale, prima o poi, passa, basta insistere. I tuoni fanno paura ugualmente, i lampi illuminano, uno dei due sedili è vuoto, ma il bambino non pensa al temporale, pensa che prima o poi finirà e dopo potrà saltare sulle pozzanghere rimaste, come Peppa Pig e poi tanto di fianco a lui c’è sempre l’altro pezzo. E’ più facile.

E allora quand’è che diventa difficile?
Diventa difficile quando ti accorgi che non hai più paura di niente, o meglio: quando ti convinci di non aver più paura di niente. E’ il primo passo del diventare grandi, i grandi acquisiscono sicurezza, fanno, disfano, corrono, sudano, amano da grandi, costruiscono e faticano, iniziano col voler dare sicurezza a loro volta, oppure ci sono quelli che tra un cappuccino ed un caffè e una boccia di  Bellavista, non fanno, oziano, parassitano, soprattutto parassitano e raccontano di essere grandi e di aver sudato, faticato, costruito e chiesto scusa.  Entrambe le categorie di grandi (la seconda è meglio nota come categoria di “grandi paraculi”)  si convincono comunque di non aver più paura di niente.

Ed è qui che diventa difficile. Perché un giorno capita che ti accorgi che sarebbe bene avere paura, paura di farsi male ad esempio, paura dell’incoscienza, e non è sempre come quando eri piccolo che perso un pezzo della sicurezza comunque ne restava un altro pezzo, e non è che se hai vinto cento battaglie vincerai anche la centouno, la centodue e la centotre, no, non è così. La centouno la perdi, la centodue la pareggi magari, la centotre….eh la centotre vacilli, per la prima vacilli, e allora pensi: “mi ritiro”, ma non lo fai e l’esitazione è fatale, non ti ritiri e perdi, perché bisognerebbe sempre ritirarsi finché si è in tempo, questa è una delle altre regole d’oro: qualche volta avere paura e ritirarsi in tempo.
Perchè se si fosse davvero grandi bisognerebbe capire quando è necessario ascoltare con le orecchie e guardare con gli occhi, piuttosto che vivere guidati dall'unicità di un'emozione.
Vedi i bambini tutti questi ragionamenti non li fanno, i bambini seguono l’istinto, vogliono il gioco, sorridono quando c’è da sorridere, piangono se hanno fame, se hanno sonno, se hanno male ad un dentino, il resto è fantasia, felicità e sicurezza.

Quindi?
Quindi non lo so. Forse la cosa giusta è restare bambini però poi si rischia di farsi abbindolare dall’istinto, di ridere un casino quando si è felici, di piangere a dirotto quando si è tristi, di non riuscire a nascondere le emozioni (cosa che bisognerebbe imparare a fare appena nati!), si finisce col credere anche all’impossibile, si inizia col pensare che basta volere per avere, si crede a quello che ti raccontano, non ci si stanca mai di correre, si può perdere di vista la realtà, poi la realtà arriva e allora? Allora ci si accorge che forse un po’ di paura c’è.

Perfetto! Hai detto che un po’ di paura serve!
Quasi perfetto, perché a volte ti metti in testa che vale la pena essere più coraggiosi della paura perché ci sono cose che ti fanno battere forte il cuore come quello di una bimba che in altalena vuole andare “più forte del mondo”, e allora… è tutto tempo perso anche stare a pensarci… perché non c’è soluzione per i coraggiosi che hanno paura!!

L'insonne

“Ma Ste è tardi, perché non dormi? Era da un sacco di tempo che non ti vedevo scrivere sul letto? Dai, ma perché?”

“Perché? Perché non ho sonno! Mi sono macchiato la camicia con il semifreddo al cioccolato, il ViaVa non è andato, la camicia era bianca, pulita, stirata, col bottone del colletto attaccato da me che faceva un po’ ragnatela ma sono convinto che a resistere diventava moda, e poi ho danneggiato il Black Barry del mio amico, quello aziendale, quello bello con la cover di lattice nero che fa molto bondage, non si accende più e se si accende non si spegne, e se si spegne si riaccende da solo, e il touch non funziona, ma non funziona nemmeno  l’enter, insomma nà chiavica!”
“E va bè, e che centra questo con il non dormire? E poi adesso?”

“No, no, questo non c’entra, insomma… c’entra poco. Tutto è iniziato questa mattina, lungo la solita traversa di corso Baccarini che una volta la mattina quando ti alzavi e portavi la borsa in auto incontravi il sole e invece questa mattina ho incontrato il bel Carlo, alto, slanciato, giusto giusto con quell’accenno di pancetta che fa molto padre di famiglia che non ha ancora fatto cassa integrazione, falcata leopardesca, tailleur gessato grigio, camicia bianca oltre il pantalone, abbronzato, capello fluente che tende alla criniera dello stallone, colorito bronzeo tendente al ramato, sandalo. Sandalo intrecciato che fa molto Francesco, ma intrecciato di pelle lucida che fa molto Santos Francesco. Insomma in fondo che vuoi che sia se anche non ho incontrato il sole??”

“Il sole nella traversa di corso Baccarini che dici tu non c’è mai stato al mattino! I palazzi sono alti, i muri sono alti, la via è stretta, il sole non passa!”
“Passa, passa! Anzi passava, sarà che adesso il piano traffico e le strisce blu hanno cambiato tutto, però guarda ti assicuro il sole passava. Era alto, slanciato, gamba lunga senza gessato, il capello fluente non tendeva alla criniera dello stallone quanto piuttosto alle onde del mare!”

“Alle onde del mare? Ma cos’è che dici!!??”
“Sì, guarda, ci pensavo giusto questa mattina: la settimana scorsa il mare era moro! Giuro, l’ho visto io, moro con i capelli lunghi e sorrideva, o ma sorrideva che faceva paura,  ne parlavo giusto giusto con la donna della mia vita che mi ha chiesto se il mare è maschio o femmina. Femmina ho detto io! Perché? Dice lei. Perché piccola  non si capisce mai né cosa vuol dire né cosa vuol fare! Ah ok, hai ragione allora, è femmina .lo so anch’io, mi ha detto”

“Ah bè se è così mi sembra un buon motivo per non dormire!”
“Dai due minuti ancora, solo due e finisco”

Ecco la notte si dovrebbe effettivamente dormire, però c’è l’insonnia e non ci fai niente, e fra l’altro sono diversi gli insonni!  C’è l’insonne pensieroso, che non dorme e tiene gli occhi aperti e fissa il buio, tanto non lo vede, riesce solo ad osservare i sui pensieri, che spesso sono cupi e sarebbe sufficiente che accendesse la luce, vedrebbe le cose già in altro modo; poi c’è l’insonne sognatore, che sogna con gli occhi aperti, a volte uno aperto uno chiuso, lui non dorme perché ha la testa fra le nuvole, sogna il sole, il mare, la montagna, l’ufficio, l’aria condizionata, il caffè e la pausa pranzo, il viaggio in auto per andare e tornare dal lavoro, la telefonata, la vita di tutti i giorni insomma, e lo può fare per due ragioni opposte: la prima è che ne  sente la mancanza e vuole viverla per finta, la seconda è che gli piace talmente tanto che vuole riviverla, le ragioni sono due ma possono interscambiarsi a seconda dei momenti e delle situazioni.
Poi c’è l’insonne goduto che non dorme perché ha altro da fare, e poi l’insonne ingoduto che non dorme perché vorrebbe altro da fare, ma c’è anche l’insonne che gli tocca: “d’altra parte cosa vuoi fare??”. Sempre sul genere c’è l’insonne pendolare, che un po’ di qua un po’ di là non dorme mai, questo insonne è il più stanco di tutti.

Poi ci sono  gli insonni che fanno finta di dormire, spengono la tv, chiudono gli occhi, qualcuno fa finta di  russare, qualcuno fa finta di fare il sonnambulo e va a bere in cucina, al buio, poi va a fare la pipì, al buio, poi va a controllare la porta d’ingresso, al buio, poi la mattina quando si alza riasciuga il lavello che è tutto bagnato, deve sistemare il bagno che non si capisce come mai è tutto schizzato, deve chiudere la porta che altrimenti fa corrente.
Poi c’è l’insonne che scrive… molto vicino all’insonne che legge…  e questo li riassume un po’ tutti, a volte scrive pensieroso con gli occhi chiusi e la luce spenta (se i pensieri sono cupi); una volta scriveva con la luce spenta e gli occhi chiusi perché c’era talmente tanto sole che ci vedeva lo stesso, anzi si metteva pure gli occhiali scuri per affievolire tutta quell’intensità e aveva un sacco da scrivere per  rivivere due, tre, sette, quindici volte la stessa situazione;  a volte scrive per non fare il pendolare che in fondo non gli è mai piaciuto anche se a volte pensa che possa essere la soluzione; qualche volte scrive perché si diverte a ricordare raccontando; spesso scrive perché sogna o forse sogna perché scrive, di solito però, quando fa così, sta sul divano; qualche volta riscrive pure, perché pensa che una cosa scritta più volte possa essere più vera; a volte scrive per rileggere, a volte scrive e non legge perché si vergogna, a volte sintetizza, altre volte prolissa, a volte scrive per dire a volte per non dire. Un tipo confuso insomma, un po’ patetico se vogliamo, scrivesse per pubblicare almeno! Comunque sia non dorme e qui sta il punto dell'analisi.

“Oh quando hai finito chiamami, io vado è?”

“No dai, arrivo, due minuti! No aspetta, volevo…, dicevo…, facevo…”. Ok, bene, andata, ritorniamo al pc che tra un po’ mi sveglio