Il jat lag fa male

Brioche e cappuccio, giornali, li guarda ma non li legge, come gli capita spesso ultimamente, è presto, troppo, Luì deve essere in ufficio solo fra un paio d'ore ma il jat lag da ora solare lo ha un po' scombussolato e si è svegliato prima del solito.
Al bancone la solita ragazza riccia con gli occhiali da sole incorporati sulla faccia ma con un culo che parla, che compie ogni mattina lo stesso movimento regolare vetrinetta paste-lato ovest bancone, una passerella virtuale. Anche Luì indossa spesso l'occhiale da sole, nero, pure con la nebbia, ma solo perché non vuole perderlo, c'è troppo affezionato e distratto com'è...
Ieri sera se n'è andato al cinema a vedere un film brutto, uno dei personaggi si chiamava Luì, tre al mondo, due nella stessa sala cinematografica. Quando è uscita la fidanzata di Luì l'attore e si è presentata, Luì lo spettatore se n'è andato, perché ve bene le coincidenze ma così no... meglio due margherite e una birra piccola alla Pizzeria Italia.
Sul cornicione lato auto un piccione sta minacciosamente mirando Luì che se ne sale in macchina, "papà se un piccione ci fa la cacca in testa è un bel guaio!", così direbbe sua figlia, dopo aver detto un sacco di altre cose... 
Nei giorni scorsi, quando l'ho incontrato, mi raccontava proprio di questo, di quello  che spesso gli dice sua figlia, era sorpreso della perspicacia. Come fa una bimba di tre anni a capire esattamente cosa stai pensando: io sono lì, lei mi guarda e mi dice che va bene ci posso pensare ancora un po' perché "è da tanto che non la vedi, però giochiamo  con i Lego dopo?". E quando ho chiesto: "non la vedi chi??" - "Dai papà giochiamo con i Lego!".
Luì dovrebbe imparare da lei a gestire le situazioni.
"Papà dopo, più tardi, quando andiamo a dormire, ti sto appiccicata vicino alla faccia. Va bene?"

Ma se capita?

(Se capita è un casino.... è come quando tu sei in macchina e la vedi allontanarsi e vorresti dirle "no... aspetta, ancora un attimo... ho dimenticato di sfiorarti, aspetta... la tua mano, quante volte, ne ho bisogno sai?". Poi il semaforo diventa verde, il traffico, il rossetto, "aspetta sei piccola perché vai??". No, non è piccola, tu lo dici, anzi ora lo pensi, il suo profumo, solitamente tu non li senti ma quello resta, perché? È capitato, non doveva ma è capitato, e ora? Ora è vuoto. Ma poi perché sfiorarti? Perché sfiorarti è morbido, caldo, intenso, agitato, agitante, risolve. Si allontana, in silenzio, rosso di nuovo, guardi il cellulare, è vuoto, anzi troppo pieno di altro, cancelli, basta. Verde, il portachiavi sballonzola, si è allontanata, controlli sullo specchietto retrovisore, non c'è, ne hai bisogno? Sì... Allora? Eh allora è un casino..)

F dice che i trombamici esistono... Una possibilità forse c'è, serve l'intervento del P.C. (che non è personal computer...)

Lunedì post convegno Riminese sui trombamici, Luì è rientrato al lavoro. Idee un po’ confuse, colpa di F., una sua cara amica convertita al nichilismo che una volta sosteneva altre teorie (“…chiedi al tuo amico se avrebbe rinunciato ad un bacio salato che sa di fragola… no non lo avrebbe mai fatto,  e c’aveva ragione.. nemmeno se i km per raggiungere il sogno col pareo fossero stati 2000!” – disse un giorno parlando con lui a proposito di un’altra storia che adesso non mi ricordo neanche più bene), e che oggi invece dice “i trombamici esistono… perché la coppia è asfissiata e due sono pochi, meglio quattro o anche cinque” (mi son permesso di sintetizzare il pensiero di F – nda).

Luì che è un rimuginatore non può non ri-pensare a queste parole, e dire che era convinto di aver capito tutto, questa sua mania di "categorizzare" ogni cosa lo rassicura, tre tipologie di trombamici  convenzionali, sei/sette tipologie di single, la coppia e la scoppia, ecc. ecc. ecc. Tutto facile, ci pensa, schemino fatto a mano, foglio excel se è più difficle, zacc… convinto. Invece arriva lei e si mette a far crollare delle certezze scritte sulla pietra.
“I trombamici esistono Luì!”

“No, sono leggenda, se ne convincono per comodità, si usano a vicenda per risolvere i loro problemi, si autodefiniscono tali per fuggire le convenzioni quando poi invece si convenzionano con tutta una serie di regole accessorie: non ci chiamiamo di giovedì, ci sentiamo senza impegno, ci tocchiamo quando possiamo, se non mi chiami è lo stesso (ma se non ti sento mi arrabbio come una bestia – nda), se esci con un’altra è uguale perché non c’è obbligo di fedeltà…  poi se per caso uno si  sbaglia l’altro va subito dall’avvocato e chiede lo scioglimento della trombocoppia. Guarda c’ho pensato è così”
“Nooo, come te lo devo spiegare! Esistono! Esistono soprattutto perché non ne vale mai la pena e allora così  è molto più facile!”

“No, non esistono.  Se proprio vogliamo spingerci in avanti pare che qualche caso si sia pure manifestato, te lo concedo, ma c’era un però, un vizio di fondo, anzi … una precondizione, uno dei due apparteneva alla categoria dei paraculi

Ora visto che in questo irregolare  narrare della vita insensata di Luì mi sono accorto che si sta cadendo un po’ troppo spesso nel volgare, credo sia bene sostituire la scurrile definizione paraculi con un più educato PC, non vorrei mai  passare per un diseducativo, quindi andiamo avanti..
 “Cioè?! Sentiamo cos’è sta storia dei PC..”

Sì, il PC. Il PC è una categoria molto particolare, diffusa più di quanto si possa pensare, il PC è uomo, la donna fa altro, altra strategia, il PC  lo riconosci dal look e da come parla al telefono. Solitamente si veste alla moda, finto trasandato ma con gusto, molto jeans ma anche elegante, si adatta anche visivamente all’interlocutore di turno, capello corto spettinato con ricercatezza, nel senso che cerca dove spettinarsi, gel appena accennato, la sua opinione è sempre quella dell’ultimo personaggio più importante di lui con cui ha parlato, le sue contraddizioni sono figlie dell’obiettivo, ad esempio con le donne, le contraddice delicatamente ma con insistenza per far vedere che c’ha carattere anche se la pensa esattamente come loro, sa che la donna preferisce il contraddittorio. Non parla, slogheggia, slogan ricercati, alla moda, non il retrò da aforisma, lo slogan mondano da aperitivo di successo e l’immancabile risatina di sottofondo di chi la sa lunga. Sul lavoro è un mito, il PC non lavora, fa relazioni e racconta sempre di quella volta che ha lavorato un casino e sai che risultati, non entra mai nel merito, sfiora gli argomenti di cui si parla, urla, urla al telefono, urla con i colleghi, urla con i clienti se ce li ha, urla con i clienti anche se non sono suoi, urla sempre perché così si ascolta meglio (da solo, si ascolta da solo, gli altri di conseguenza, urla), ride (sempre la risatina che usa con le donne), ti dice spesso che hai ragione “però sai…”, e tu: “sai?”, e lui: “sì insomma, hai capito… no?”,  che tu non hai capito ma nove volte su dieci dici di sì perché ti sembra così certo di quello che dice che non vuoi contraddirlo e non vuoi fare la figura di chi non sa. Lui non ha capito quello che voleva dire ma è così convinto che pensa: “cazz… sono forte, ho fatto un ragionamento della madonna anche questa volta”.   E’ un seriale, nel senso che usa sempre la stessa tecnica di approccio-relazione, la perfeziona col tempo, toglie l’articolo, cambia l’avverbio, aggiorna lo slogan, ma di fondo non cambia. Inutile, non serve, non si deve pensare, si deve piacere e dar l’idea di sapere. E’ perfetto perché solitamente piace e da l’idea di sapere.
“Ecco F. Il PC potrebbe essere la metà perfetta della trombocoppia di amici. Gli piace dire di non essere volutamente impegnato ma molto ricercato, e questo con il prototipo uno fa un casino. Il fatto di essere contrattualizzato in una relazione ufficiale con altre relazioni a latere si attaglia al personaggio (siamo al prototipo due) che non si preoccupa del sentimento, per lui i sentimenti sono qualcosa da raccontare alle donne dopo averle contraddette-leggermente-ma-con-insistenza, sono la ciliegina sulla torta per chiudere il cerchio (unico problema potrebbe registrarsi se più donne che lo hanno conosciuto si trovano a cena e parlano di lui…. i quattro slogan di riferimento sarebbero subito individuati), sottolineo che ama far sapere “a più altri possibile” della sua tromborelazione.
E infine si attaglia perfettamente anche al prototipo tre, sì in fondo va bene anche per questo, solitamente lui è quello single, o single un po’, anzi sicuramente single con una relazione complicata quasi finita alle spalle o sopra le spalle (importante “quasi”), e così riesce ad entrare perfettamente nella nuova “amicizia”, offre disponibilità-divertimento-molto divertimento-slogan studiati ad hoc o presi in prestito da altri PC-presenza quel tanto che basta, assenza quel tanto che basta-sesso ed esperienza”

“Luì stai diventando tu il cinico nichilista! Poi come fai a schematizzare così?? E che ne sai tu di tutte queste cose di coppia? Sei sposato?”
“No!”

“Convivente?”
“No!”

“Sei fidanzato?”
“No!”

“Sei trombamico?”
“No!”

 “Sei amato?”
“No!”

“Sei innamorato?”
“Guarda! Hai visto? Un piccione, chiama la dada!”

“Luì, i trombamici esistono”

La fenomenologia del "trombamico"

Convegno organizzato dall’associazione “Amici del maschio 2.0”, titolo dell’incontro “La fenomenologia del Trombamico, da Fabio Volo a Dostoevskij”, sottotitolo dell’incontro “Dostoevskij non c’entra niente ma così speriamo di catturare anche un pubblico colto”.

Luogo dell’incontro sala a fiori del Grand Hotel di Rimini, piano terra, zona piscina, “intervenite numerosi che si possono fare delle domande”.
Luì era da quelle parti, come spesso gli accade ultimamente aveva deciso di non aver nulla da fare in quel week end, quindi ha deciso pure di registrarsi ed entrare. Ha deciso di entrare perché il tema gli è parso curioso e voleva trarre qualche spunto per rispondere con maggior cognizione di causa ad una sua amica che giusto qualche settimana prima lo aveva accusato più o meno in questo modo: “.. sì, sì, ad ascoltare te e le tue teorie qua finisce che si fidanzano tutte e io niente… sei un consulente da ridere…”.

A Luì la definizione “trombamico” l’avevano proposta la prima volta qualche anno fa, in un’occasione che si era trovato a discutere per trovare la giusta definizione per un rapporto leggero ma non troppo, coinvolgente quel tanto che basta, unico da potersi considerare  impegnativo ma non abbastanza da potersi considerare fidanzamento, divertente, spregiudicato, comunque rispettoso, fatto di molta complicità, sempre sul punto di diventare qualcosa di più, ma che inspiegabilmente è naufragato nel qualcosa di meno, con un certo rammarico da parte di entrambi. Da allora di tanto in tanto Luì si è posto la domanda: “Ma perché?”.
Il convegno non ha forntio la risposta, “perché esistono i trombamici” resta un mistero, ma soprattutto: esistono davvero?

Pare di no, è quasi assodato. I trombamici non esistono, forse esistono nel breve, sono una leggenda.  I lavori del convegno hanno portato ad una classificazione per specie, una fenomenologia appunto, una tripartizione,  Luì non ha fatto domande, più che altro ha ascoltato.
Il rituale d’approccio è risultato essere piuttosto comune a tutte e tre le specie: ci si conosce, si passa del tempo assieme, si passa più tempo assieme, spesso sul lavoro, qualche volta nel tempo libero, ci si parla, ci si parla del niente qualche volta anche del tutto, ci si racconta, ci si sfiora mentre si parla, ci si da appuntamento per un aperitivo o per un caffè, così… “perché dai è piacevole parlare con te, davvero… non mi è mai capitato di essere così in sintonia con qualcuno”, il passaggio successivo è la cena (o il pranzo), c’è anche chi inizia direttamente dalla cena ma è rischioso, troppo lunga l’intimità, ci si può perdere. Poi finisce che da “è piacevole…” si passa al “è fantastico venire a letto con te, davvero, non mi è mai capitata una roba del genere”, tutti e due se lo dicono, uno dei due sa che l’altro mente, a volte lo sanno entrambi (che uno dei due mente), però se lo dicono talmente tante volte che finiscono col crederci davvero. Così inizia, così prosegue, quasi sempre finisce. Le variabili? Lo status dei due.

Ci sono “i trombamici entrambi single”, non importa perché lo sono, ma è così. Solitamente sono gelosi della propria libertà, della propria indipendenza, però non fino in fondo, vogliono comunque condividerle con qualcuno: “Ci vediamo questa sera?”, “Sì ma non diamoci appuntamento, vediamoci se ci va, all’ultimo minuto, da me o da te non importa, lasciamo fare al caso”, “Bello così, sì, liberi, senza regole”. Solitamente questi sono quelli che su FB hanno come status “relazione aperta” che diventa “relazione complicata” verso la fine. Entrambi automuniti sono incredibilmente fedeli l’un l’altro. Non si dicono mai di amarsi, quando succede che uno dei due contravviene questa regola non scritta tempo tre settimane e la storia finisce. In questo caso i trombamici restano amici, anzi ritornano amici passati sette mesi dalla fine della storia. Caratterialmente sono irrequieti e perennemente insoddisfatti.
Poi ci sono “i trombamici entrambi impegnati”, anche qui non importa come sono impegnati, ma di fondo c’è troppa gente, un casino… almeno quattro. Qui la molla non è il desiderio di libertà, è il desiderio di fuga trasgressiva dal quotidiano, dichiarata pure: “ci vediamo ma non ci raccontiamo nulla delle nostre vite perché se volevamo un marito/moglie/fidanzato/fidanzata già ce l’avevamo ed è inutile che stiamo a moltiplicare i problemi, però ci vediamo in posti scomodi che fa più trasgressione ”. La parola amore viene aborrita come la peste. Le storie fatte così resistono solo le prime due settimane dopo la cena, se ci si vede poco, quindi scadono, perdono di intensità, anzi sono la molla per recuperare le proprie vite di partenza, per apprezzare il quotidiano da cui si voleva fuggire. Una volta finita i trombamici restano amici, sempre che gli altri rispettivi due non si siano accorti di quello che è successo e allora ci si continua a vedere in Tribunale e o si fa amicizia con gli avvocati o ci si può sentire molto soli.  Caratterialmente sono entrambi agitati a giorni alterni, insoddisfatti di fondo finché ciascuno a se stesso dice: “va bè, in fondo la mia vita non è poi così male, non la cambierei”.

Poi ci sono “i trombamici uno dei due è impegnato l’altro meno, anzi quasi niente”. Non è un’inutile precisazione perché “il single meno impegnato dei due” passati tre giorni dalla cena o dal pranzo (quando ci son di mezzo altri impegni ci si deve organizzare) diventa “single impegnato per niente”. E’ una regola non dichiarata, lui o lei non l’ammetteranno mai, ma è così. In questo caso può anche succedere di dirsi “mi sto innamorando di te”, se proprio vogliamo esagerare anche un: “sono innamorato di te”. Il sesso diventa una parte importante ma non l’unica e comunque non la principale, e qui già si contraddice la definizione di partenza, si parla molto, ci si racconta, a volte l’impegnato/a racconta dei propri problemi, il meno impegnato/a ascolta neanche infastidito più di tanto (almeno per i primi quattro mesi e mezzo). Questa storia ha una durata variabile, può andare dalle 15 settimane ai due anni, solitamente finisce perché l’impegno di uno dei due se ne accorge e possono presentarsi due alternative: fa una strage, è furbo/a e recupera. I trombamici dopo non restano nemmeno più amici.  In questo tipo di coppia gli stati d’animo sono variabili, si va dalla foga iniziale di entrambi, all’appaloramento di uno dei due (il più impegnato), all’agitazione dell’altro, al pentimento per esserci caduti di nuovo.
“Luì se n’è fidanzata un’altra!!! E io? Colpa tua” – “Guarda ora sono impegnato, sono qui ad un convegno, sto studiando, dammi tempo, adesso prendo appunti e ti spiego tutto appena torno!!! fidati di me!!!”.








Se poi anche Master (l'amico di Luì) si mette a....

Non l’avevo mai visto così agitato, non Master. Il piede tamburellante, l’occhio leggermente iniettato e circospetto, la voce tremolante, il telefonino che passava da una mano all’altra e poi alla tasca interna della giacca e poi a quella dietro del pantalone e poi a quella davanti. Pettinato era pettinato, questo no perché altrimenti sarebbe stata catastrofe, anche la giacca era bella stirata, ma le mani sudavano, tremavano e sudavano. Brutto vedere, inizio a preoccuparmi, Master in queste condizioni no.

“Cos’è successo Master?”
Il tavolino obliquo dove la sera prima avevo fatto un aperitivo con una amica era sempre più instabile, il caffè scendeva a valle, verso il Corso, aveva ragione la mia amica, non era stata lei a rovesciare il bicchiere, è stato il tavolino. Tavolino pericoloso.

“Luì, un casino… un gran casino… una tragedia… è grave, gravissimo… credimi… non ci posso credere…”
“Master mi stai mettendo ansia, che succede? Ti credo anche se non ci puoi credere ma dimmi!”

“Luì… giura che non lo dici a nessuno, Luì giura perché è importante”
“Giuro dai, ma quante cose so di te che non ho detto a nessuno, poi sono ricattabile, come potrei parlare?!”

“Luì, no qui è seria, Luì… Luì... Luì ho limonato…”

“….” “…. …. ….”

“Ah! Chi? Tu? Limonato?! Cioè limonato nel senso di baciato con la lingua tipo i francesi? Va bè hai usato la tecnica “bacia, bacia tutta la mia pelle ti farò arrivare fino alle stelle” e mentre lo dicevi tenevi le dita incrociate e guardavi fuori dal finestrino?! ”
“No Luì, no così, ho detto tragedia,  Luì ho limonato davvero, ma tu ridillo piano per favore, dillo piano e anzi non lo ripetere… Come te, mi sta succedendo come a te, Luì tu almeno hai 40 anni e sei abituato a fare delle cagate, io no, io sono lucido. Poi sai la cosa più grave?”

“Più grave di questa?”
“Sì, il problema  è che mi  è piaciuto. Luì come a te, come a te, mi è piaciuto e vorrei rifarlo… ahhh Luì… tragedia”

La “dada dei piccioni” si è fermata a guardarci di sbieco, parla con l’orsacchiotto appeso al giubbotto, anche un piccione si è fermato, ci osserva pure lui. Sembrano preoccupati.
“Ora Master tu mi racconti di nuovo, mi dici che stavi scherzando e che te la sei portata a letto, l’hai trattata malissimo, lei si è quasi tagliata le vene, ti ha chiamato 36 volte di seguito, ha iniziato ad inviarti foto in abiti succinti a distanza di 37 secondi l’una dall’altra fino ad arrivare al nudo integrale, ma limonata con piacere no. Non tu Master. Oppure mi dici che il bacio è stato assolutamente fine a se stesso anzi è stata la chiave di volta per poter entrare dove volevi, ma che lo vuoi rifare no. Questo no, Master. E poi per favore, non dire mai più:  come te!!”

“No Luì è così, come te, come te…”
“Cazzarola…”

Il piccione se n’è andato, ha iniziato pure a piovere, la dada dei piccioni continua a fissarci, ora ride.
Questo è effettivamente grave, Master è stato l’unico che mi ha detto con la cinica lucidità che lo contraddistingue e con la confidenza che tanti anni di amicizia vera gli consentono, che stavo facendo una colossale cagata, io chiaramente non l’ho ascoltato, e per inciso non lo ascolterei nemmeno in futuro, ma sapere che domani mi avrebbe ripetuto con insistenza: “Io te l’avevo detto!”, mi dava sicurezza. E tutto era iniziato con lui che mi diceva: “dai racconta…” e io che rispondevo: “no stavolta non posso Master, perché poi mi fai incazzare quando ribadisci i tuoi punti di vista, no stavolta no..”, e lui a insistere: “ma te la sei fatta?”, e io a dire: “non parlare di lei così… Master ti dico solo questa, l’ho limonata, non subito, dopo un po’, Master quando ho finito ho capito che sarei dovuto scappare a piedi correndo lungo la circonvallazione in direzione Forlì, Forlimpopoli, Cesena, Fano, Pesaro, Ancona, Pescara… invece sono rimasto a gustarmi il piacere mitico di quel bacio”. E Master per tre giorni non mi ha parlato.

E ora. Ora dice “come te, Luì come te…”, e lo dice con un tono disperato di chi sa che potrebbe essere catastrofe.
So che può sembrare tutto esagerato, che non è poi così grave, che l’uomo vero come Master può avere un cedimento ma poi si rialza, ma se qualcuno “limona” e succede che gli piace e gli viene voglia di rifarlo e si ricorda il sapore, e se lo ricorda mentre lavora, mentre dorme, se lo ricorda sotto la doccia, mentre  va a comprare i cracker nel negozietto di fianco casa, mentre va a mangiarsi una pizza al taglio alla pizzeria Italia che in casa non ha voglia di restare, e se lo ricorda nel tempo, il sapore sempre, anche dopo una settimana, un mese, 46 giorni, 7 mesi, e si ricorda non solo il sapore ma anche il colore, il colore che era rosso, rosso intenso con venature leggermente ramate e dice: “lo rifarei”… ecco è grave, è grave ed è da gestire.

“Ecco allora Master adesso andiamo a cena, ordino io da bere, ci ubriachiamo, soprattutto tu, parecchio pure, ti riporto a casa io, dico che lo hai fatto per me, domani sul tardi ti svegli, mi richiami e dici che hai raccontato un sacco di storie che nemmeno ti ricordi. Ok?”
“Luì? Come a te cazzarola, come a te…”

Il tavolino obliquo si è ribaltato. La dada dei piccioni sta raccogliendo la tazzina di caffè caduta a terra, di fronte passeggia un'infermiera che conosco di vista, piove. 

Domani Luì impara, basta con la solita storia.... ecco magari dopodomani...

LEGENDA: così Luì parla, (così Luì pensa),wroom wroom è il rumore dell’auto di Luì, bip bip è il cicalino dell’auto di Luì che segnala che le cinture di sicurezza non sono inserite, drin drin è il cellulare di Luì che squilla.

Wroom, wroom…. (ma dove sto andando? Perché di nuovo sta cosa… va bè, carina è carina, mora è mora, gamba giusta, speriamo pure simpatica, dai passiamo la serata…)
“Ciao Luì!”

“Buonasera! Come stai?” (Ti chiami? Ah sì, ok… sono stanco, ho lavorato troppo oggi)
“Bene grazie, salgo…”

…bip bip…
“Luì, le cinture!”

“Grazie, le avevo dimenticate” (no, non le avevo dimenticate, con le cinture mi si sgualcisce la camicia, dobbiamo far tre km, che sarà?)
“Sai ti dico subito che mi ha fatto molto piacere il tuo invito, non me lo aspettavo davvero, sei stato davvero molto gentile”

“Figurati, erano settimane che ci stavo pensando, ma non avevo il coraggio di chiedertelo!” (se il Capitano non mi dava buca stasera ero con lui a mangiare una focaccia “cinese”)
“Dove mi porti questa sera?”

“Ho trovato un ristorantino fuori porta, è stato difficile trovare posto, ma un amico, tre giorni fa, ho chiesto un favore, un cliente, sai com’è…” (spero sia aperto, dovevo chiamare, è che c’avevo pure pensato all’uscita dell’ufficio, poi Lele56 mi ha sfidato a Ruzzle… va bè ma è aperto sicuramente…)
“Oh, mi lusinghi, tutte queste attenzioni… Luì ma non è che vai un po’ veloce? Sai, la sicurezza…”

“Hai ragione scusami, è che sono distratto…” (simpatica, sì, si capisce subito, mi si stanno già triturando le…)
“Figurati, lo so che sei un bravo ragazzo attento alle regole, si vede subito, io ho un sesto senso…  Sai oggi sono andata a comprare un vestitino nuovo, avevo un quattro ore libere e sono andata a trovare un’amica che ha un negozio in centro, bellissimo, elegante, perché sai io ci tengo ad essere presentabile, tu? Tu di solito dove vai a fare acquisti?”

“Ma io, dipende io…” (attento alle regole certo, ma chi sei? Ma se mi vedi oggi per la seconda volta? E che ne sai a che cosa sono attento io! No però adesso recupera, me l’ha detto Alex, “io fossi in te me la farei” e lui ci capisce..)
“Sì ma vai di sabato? No perché il sabato è caotico, meglio il venerdì pomeriggio, non trovi?”

“Beh effettivamente il venerdì..” (domenica vado a Riccione, mi è giusto giusto venuto in mente una roba...)
“Comunque se continuiamo a vederci ti ci accompagno io, da una mia amica, in centro, così magari qualche consiglio…”

“Mi fa piacere, io mi lascio sempre consigliare” (certo, ti passo a prendere domani mattina alle otto per andare a fare acquisti, faccio scegliere tutto a te, io pago, provo e pago, non ti preoccupare, è il mio sogno, non desidero altro. Una tipa che decide per me. Che ore sono? Se guardo l’ora fa cafone… se sbadiglio è peggio, le guardo il culo, merita, così magari si distrae… e inizia a dire qualcosa di sensato…)
“Perfetto, l’avevo capito subito”
….
“Eccoci qua, questo è il ristorante…” (se dici bellino ti uccido!)

“Bellino, molto bellino”
… Signori, prego accomodatevi, ecco il menù…

“Sai qui sono spettacolari i formaggi, francesi, e anche qualcosa di autoctono che mi fa impazzire, cremoso.. proviamo un mistino, ti va?”
“Formaggi? Mah, veramente, cremosi? Quelli che puzzano? Io preferirei qualcosa di più leggero, mi ispira questa tagliata su misticanza di campo, ben cotta però”

“Ah, va bene, ben cotta è la sua morte per la tagliata” (no, odia i formaggi e vuole la tagliata ben cotta! Ma chi è?? Il tacco, il tacco c’è, adesso recupera, sta facendo finta per mettermi alla prova…”)
“Allora due, dai, ordino?”

“Ok, e il vino? Che dici di un rosso senza passaggio in legno?”
“Bottiglia??? Ma no, poi devi guidare facciamo due calici, dai via, poi non mi piacciono i ragazzi che bevono”

“Va bene allora.. due calici. Come vuoi..” (Ok allora domani devo pagare la prima rata dell’Imu ma con F24? Devo chiamare Gallo, no perché non so i codici… ma mi ha chiamato Erredi? Non mi ricordo… domani nel pomeriggio sento… la mini, dai ha la gonna micro, ora recupera…)
“Ma dimmi un po’… ok la tua storia, ma tu mi dicevi abiti solo? Dove? In centro? E dove parcheggi di solito?”

“Sì, in centro, un appartamento..” ( abito in centro ma parcheggio in campagna! Ma perché, perché??)
“L’appartamento è tuo? Dove hai preso l’arredamento?”

“Mah, mi sono arrangiato, mi piace l’antiquariato, sono andato alla ricerca di qualche pezzo e…” (Lavora all’agenzia delle entrate, almeno una ragione plausibile c’è, perché altrimenti io scappo..)
“Potevi chiamarmi, ti avrei portato da un amica, non proprio antiquariato, ma stile molto, poi dai l’antiquariato invecchia, e magari se una ragazza viene a vivere con te non vorrai farla invecchiare. Perché ti vorrai fidanzare? Ci credi nell’amore vero? Quante volte ti sei innamorato?”

“Ci credo, certo che ci credo nell’amore, qualche volta mi è pure capitato di innamorarmi..” (Due volte mi sono innamorato, due, due volte in quarant’anni, fammi ancora questa domanda e ti uccido! Che diavolo me ne frega di fidanzarmi?! Che c’entra l’amore vero con il fidanzamento? Ci credo, sì ci credo, due volte, basta. Non me lo chiedere mai più)
“Qualche volta, l’importante è che fossero ragazze serie. Io mi innamoro solo di ragazzi seri, mica di quelli che poi li trovi su FB a fare i cretini, io controllo sempre il telefonino ad esempio, non perché non mi fidi ma perché un rapporto è fatto di trasparenza. Ma tu ti innamori subito?”

“Ma no, dipende, credo non ci sia una regola… dipende..” (Tocca il mio cellulare e ti trito la testa. Sì mi innamoro subito, ma perché parli con me di questa cosa, chi sei, non ho voglia di raccontarti nulla, sei fastidiosa come una fistola, che ne sai tu dell’amore… subito sì, subito se ne vale la pena, e te ne accorgi immediatamente se ne vale la pena, vedi la nebbia a giugno se ne vale la pena, potrei spiegarti ma… Dai adesso però recupera, fiducia, le do fiducia, ha il gloss (anche se non so se si scrive così!) adesso recupera…)
“Io no, prima devo capire chi ho di fronte, poi una volta capito do tutta me stessa, a 360 gradi. Ma voglio altrettanto, voglio un uomo a 360 gradi. Tu russi?”

(Sta storia dei 360 gradi è già la seconda volta che me la raccontano. Credo di essermi perso qualcosa, 45, 90, ma 360 non conosco. Dai recupera, adesso mi concentro e decido che mi piace anche dentro, dai magari mi vien voglia di raccontarle almeno come mi chiamo… la faccio uscire un po’ dagli schemi, si fluidifica…)
“No, non russo. Ma dai non sei un po’ schematizzante, come fai a capire tutto prima?”

“Beh, sì capisce, basta fare le domande giuste. Questa tagliata è un po’ troppo al sangue… avevo chiesto ben cotta.. Tu esci con gli amici?”
“Beh, sì, almeno una volta a settimana, sì, ci conosciamo da sempre…”  (Ancora la tagliata ben cotta! Domani devo chiamare anche Giacomo, due faretti non vanno… mi sto divertendo un casino, dai ne conosco almeno due che vorrebbero essere al mio posto, orgoglio maschile, dai orgoglio, poi io ora NON SONO INNAMORATO, che mi frega, adesso mi convinco ancora un po’, guardo la coscia e mi convinco, perché in fondo è pure ammaliante..)

“Mhh, una volta a settimana. Ma non è un po’ troppo, no dico così per dire, cosa vi raccontate una volta a settimana? Io credo che in famiglia ci si possa raccontare tutto, gli amici, ok, sì va bene, però… Ma come mai la barba incolta? No, stai bene, però così… con il tuo lavoro… tutto questo vino mi fa girar la testa…”
“Ok, che dici andiamo?” (la mia barba va bene così, mi stai dando ai nervi, quasi quasi ti chiedo di sposarmi…)

“Va bene, visto che abitiamo vicino mi fai vedere casa tua? Non pensare male, sono una brava ragazza io, ma sono curiosa davvero di vedere il tuo arredamento. Di solito a che ora ceni la sera? Esci tardi dall’ufficio?”
“Certo, mi fa piacere… Beh dipende, dipende se ho molto da fare, non ho un orario fisso…” (ok, è fatta, viene a casa mia, i 360 gradi magari ora scopro, dai Luì non è male, sei un uomo, NON SEI INNAMORATO DI UN’ALTRA, e anche fosse ora non c’è che ti frega, ogni lasciata è persa, sei un uomo, un uomo vero, se fai così poi ti inseguono, che ti frega del resto, guardala... ancheggia, ha detto che è ubriaca, magari conoscendola meglio è pure intelligente, magari colta, magari… dai convinciti, smettila con questa cosa che se non ti emozioni… ne vuole dai…)

“Ah ho capito, però così diventa difficile… si perché pensa ad una ragazza che vuol prepararti la cena, oppure che so se tu arrivi prima e cucini per lei.. non si sa, non c’è regola… Vai al supermercato di solito a fare la spesa?”
“Ma, dipende, dove capita…” (scherza, dai sta scherzando, ora pensa che vuol venire a casa tua, che ti frega della cena, che ti frega del formaggio che non le piace. Come si chiama? Luì non ti sbagliare, non fare come l’ultima volta che poi si incazza e c’ha ragione!)

“No, io solo negozi tipici, non mi piace quella confusione….”
“Ecco, siamo arrivati, io vivo qui, ora apro…”

“Bello, mi piace, carino, ma il divano come mai lì, no bello sai, è che così…”
(Il divano? Il divano?? IL DIVANO?? Tu non provare nemmeno a toccarlo quel divano, no tu devi uscire da qui subito, immediatamente, ora trovo il modo, perché se provi a sfiorare il divano sei morta…)

Driin… drinn… (Capitano!! Grande capitano!! Giuro che ti offro la cena per tre venerdì di seguito..)
“Mamma? Dimmi!... a piedi? Dove? Ma la macchina? No, certo che arrivo, mica posso lasciarti lì… emergenza, mezz’ora e sono da te…  Scusami, mia madre, è rimasta a piedi con l’auto, sta fumando il motore, teme che esploda, ha cercato un taxi, ti prego scusami è…”

“No, capisco, dai mi avrebbe fatto piacere passare ancora un po’ di tempo con te…”
“Certo, anche a me, non mancherà l’occasione, magari già domani, ti chiamo.. “ (…la prossima volta imparo, adesso mi impegno e imparo che io non sono innamorato, che quindi mi devo lasciare andare, poi anche fossi innamorato di un’altra magari così è il modo giusto per farmela passare, se fossi... che poi devo dare una possibilità, anzi meglio due, che poi se continuo così resterò  solo, domani la chiamo, domani magari recupera, sì dai un’occasione, domani che lavoro faccio glielo racconto, sì magari dopodomani, no no ne ho voglia, in fondo faccio sempre così, mi ci vuole un po’ di tempo per perdere la testa, mica è come prendere un caffè o bere una birra… ok, no io non sono innamorato, ora lo dico trecentoventidue volte di seguito e domani la chiamo, sì deciso dopodomani, anzi no dopodomani devo pagare l’IMU, facciamo prossima settimana…)

Luì è rientrato... per adesso....

Venezia, Mestre, Padova, Bologna, Faenza. Luì è tornato a casa.

E’ già al terzo giro, Via Naviglio-Via XX Settembre-Corso Baccarini-Via Naviglio, non trova parcheggio, il piano sosta sta favorendo il centro storico ed effettivamente la piazza è libera, giusto giusto di fianco alla fontana, sotto la scalinata del Duomo, c’è un sacco di posto, il resto delle vie è occupato dai residenti che hanno pagato il ticket sosta e per questo sono convinti di aver comprato un posto auto, qualcuno è andato anche dal notaio per il rogito, e visto il prezzo non hanno nemmeno tutti i torti e per questo hanno deciso di lasciare l’auto lì per sempre, chiusa a chiave e senza assicurazione, gomme sgonfie e una catena con lucchetto in fibra di carbonio agganciata al parchimetro. Sindaco, il posto è mio e lo gestisco io.
Luì comunque se ne frega, è ancora un po’ perso, lo sguardo intendo, e decide di lasciare l’auto comoda comoda in piazza d’Armi, da quando fa 6.7 km a 4,55 metri al secondo le distanze non lo preoccupano più.  Poi con tutti i caffè che beve l’adrenalina da una mano.

Due minuti e arriva di fronte al portone, suona, sa che non c’è nessuno in casa, vive solo, però sta cosa di suonare gli piace, se è piuttosto veloce riesce ad entrare di scatto e trovare il monitor ancora acceso, guarda fuori, magari passa qualcuno per caso e Luì si mette ad osservare, lo sguardo è sempre perso di fronte a quel monitor, chissà che cosa ci troverà di così interessante…
Un tortorina sta tubando in cortile, si intorta un piccione, fanno un casino esagerato, la tortorina soprattutto, il piccione se lo tira, crede di essere un professionista, è convinto di essere riuscito ad invertire i ruoli, sa che non deve concedersi alla tortorina, almeno non subito, deve giocarsi la carta dell’interesse distaccato, un cenno della testa, cordiale, misterioso, lento, ecco magari un po’ lento che crea aspettativa,  tecnica infallibile, almeno sulle prime, dopo arriva un piccione veloce e la tortorina che nel frattempo si è rotta fugge con lui.

I festeggiamenti per il compleanno l’hanno fiaccato, e poi è triste, aveva preparato il regalo ma si era dimenticato il biglietto a casa, ed un regalo senza biglietto non si può vedere, eh sì, perchè si deve sempre raccontare il perché, il bigliettino serve a quello, a raccontare il perché, è come regalare un libro senza due righe  sulla terza di copertina, un sottotitolo personalizzato che trasmetta sensazioni, si dovrà dire perché vale la pena leggerlo? Oppure perché vale la pena non leggerlo... questa effettivamente mi piace... non l’ho mai fatto ma potrebbe essere un’idea: “Ti regalo questo libro, non leggerlo perché fa cagare!”. Comunque un regalo senza biglietto è come invitare a cena una ragazza la prima volta e lasciare che sia lei a pagare, ti da l’idea di quello che “ho fame, in casa non ho nulla da mangiare,  pulita sei pulita, simpatica abbastanza, sei comoda, perché non usciamo a cena?”. Quindi in fondo meglio così, che abbia festeggiato da solo intendo.
Il bigliettino comunque l’ha ritrovato, ma è scaduto, fuori tempo massimo, è ancora un po’ indeciso se conservarlo o gettarlo nel cestino di fronte, sta pensando di darlo al piccione così da giocarsi un’ultima opportunità, solidarietà maschile contro chi va troppo veloce.

Squilla il cellulare:
“Comunque voglio spiegarti perché sei stronzo! Io…”
“No, no, non me lo spiegare per favore, hai ragione, mi hai convinto, hai ragione…”
“Perché tu mi hai detto che…”
“No, io non ti ho mai detto nulla…”
“Sì è vero, ma mi hai fatto capire che..”
“No, non ti ho fatto capire nulla, l’unica cosa ti ho detto è che il film era brutto, lo faccio sempre, è sperimentato, c’hanno studiato sopra dei miei amici che ne sanno e quindi…”
“Uffa, gli gnocchi, stanno scuocendo, ti chiamo più tardi”
“Ok, grazie, ci tengo, tra un po’ di tempo però, più tardi tipo tra due anni ok?”.

Doccia, barba, un Ramazzotti, due compresse di melatonina complex e poi a dormire. E’ stanco, Luì incredibilmente è stanco e decide di andare a dormire, domani l’aspettano presto in ufficio, il letto è sfatto e la spondina di protezione bimbi è alzata. Ottimo deterrente contro l’invadenza in questa fase "eremitico decadente senza spazio per l'ingresso di estranee". Prima di addormentarsi si rigira un due tre volte, gli è parso di sentire un profumo  noto tra le lenzuola, no…. impossibile… troppo tempo, è un errore. Chiude la finestra,  prima però uno sguardo al cortile, anche il piccione è rimasto solo, dorme appollaiato sul filo che regge il roseto, un attimo, c'è qualcosa di strano? Ah no niente, stringe solo un bigliettino di auguri nel becco…

Auguri Luì...

Bologna, Padova, Mestre, Venezia, parcheggio di piazzale Roma, ultimo piano, non so perché ma il telecomando dell’auto non funziona, non funziona mai, devi chiudere manualmente, forse le interferenze dell’antennone delle Generali o forse l’umidità. Effettivamente Venezia è umida.  E che ci fa Luì a Venezia? In sto periodo poi… non è nemmeno carnevale.

Il vaporetto sul Canal Grande è "pieno imballonato" (espressione non tipicamente veneta, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente, tipo "bagnato mizzo"), Luì voleva prendere un caffè, da Florian, 85 euro per un caffettino basso (92 euro se lo vuoi normale), 346 euro se vuoi tre biscottini secchi e uno scroccadenti, ti propongono un finanziamento Agos Ducato se vuoi anche un bicchiere d’acqua gasata, Findomestic per la naturale. Convenzioni separate per ridurre il rischio.

Io passavo da quelle parti per caso, un cliente zona laguna, uno che ha delocalizzato perché soffre un po’ di artrite e la sua filosofia è “se deve far male che faccia male molto, non mi piacciono le mezze misure”. Passo per caso e vedo Luì al tavolo, è solo, e questo è normale, ma di fronte a lui due caffè, due  scroccadenti, sei  biscottini, il conto (862 euro), un sigaro spento, un fiore rosso, gli occhiali da sole, un taccuino, un pc portatile, un cellulare, il cameriere è stato costretto a portare un garidon perché tutta quella roba là sopra non ci stava, gli 862 euro forse erano per la rata del leasing con cui aveva acquistato il garidon. Mi avvicino, di nascosto, mi siedo di fianco, spalla a spalla, tanto poi Luì non mi conosce, non si ricorda di me, mi ha incontrato una sola volta alle Cicogne il lunedì pomeriggio, avevo la barba, ora ho i capelli ricci, ho fatto la permanente.

Lo osservo, è perso, guardo spinto nel vuoto, gli squilla il telefonino, risponde, ascolto anche se sento solo lui che dice:

“Pronto?... Ahh scusami mi sono dimenticato… sai il lavoro… sì lo so il film brutto,  la bottiglia comprata per l’occasione… no dai non ti arrabbiare… magari… no non sono scappato, è che faceva caldo e mi è venuta l’asma… come non soffro d’asma, ehh hai voglia, da una vita, faccio sempre le cure alle terme, a Riolo certo, vado in albergo… dai ma non insistere, non sono stato cafone, era tardi, l’autobus stava arrivando… ah avevo la macchina?… sì ma avevo finito il diesel, non te l’ho detto per vergogna… no giuro non sono scappato… i problemi, il lavoro… no ok le coccole… dai lo sai che sono un parsimonioso, non eccedo mai in effusioni… no, no, ti hanno detto male, qualcuno che non mi conosce… Ah, mi conosce? Va bè… Ascolta, la verità è che mi ero  rotto i coglioni, non volevo essere lì, è stato un errore, il film martedì me lo sono dimenticato, il vino l’avevo bevuto tutto da solo la sera prima, ora sono a Venezia a festeggiare un compleanno, per favore non mi rompere le balle, ti chiamo io, prometto che ti chiamo, giuro che lo faccio, entro due anni, tu nel frattempo rispondi al citofono, secondo me è il tuo fidanzato… Stronzo? Perché? Ok, ciao”
Caotico. Luì è un caotico. Lo osservo da un po’ e questa è l’idea che mi sono fatto di lui. Un compleanno.  Mah forse il festeggiato (o la festeggiata) è in bagno? Decido di aspettare. Dieci minuti e non arriva nessuno, Luì  si alza, una tazzina vuota (la sua), una tazzina ancora piena (l’altra), noto una candelina di fianco allo scroccadenti. Il cameriere arriva, “non le piace il nostro caffè??”, “Assolutamente… Ottimo, sembra d’oro!!”.  Luì paga il conto, usa la carta di credito e firma anche tre cambiali, lascia un post-datato (assegno postdatato tipo di quelli che li anticipi sulla linea SOFI), si alza, ringrazia, “buonasera signore”, “arrivederci caro”. Esco pure io, spendo solo 25 euro perché non ho preso niente.

Non resisto, lo fermo e gli chiedo: “Scusa!! E il festeggiato?”, e Luì risponde “Chi??”,  “Il festeggiato??!! Il compleanno!”. “Ah, il compleanno.. il festeggiato. Non c’è”.  “Ah certo, non c’è.  E quindi tu, sei qui, il festeggiato non c’è.. tutto normale certo, non fa una piega”. “Scusami ma a te non capita mai di pensare a qualcuno da solo?”, “Sì certo, ma che c’entra?”, “Bè io faccio lo stesso, festeggio da solo”. “Logico. Allora perché non brindiamo insieme al tuo amico festeggiato lontano?”,  “Va bene, magari un’altra volta però, ho già preso un caffè poco fa e ho pure pensato molto, ti assicuro, non vorrei esagerare”, "Va bè ma posso fargli o farle almeno gli auguri?", "Sì, certo, ti pare", "Allora, auguri!!" Buon compleanno!!".

“Ma scusa ancora una cosa, e la tua amica del film brutto?”,

“E’ a casa, sta bene, tranquillo, ora è arrivato il suo fidanzato, preparerà  gli gnocchi, col pomodoro e due tocchetti di gorgonzola..”

 “Ma la chiamerai?”

 “Assolutamente no, ho finito il vino”
 “Ma scusa, perché l’hai invitata se poi ti sei dimenticato?”

“Ehh, stavo scappando, l’avevo avvisata, poi faceva caldo e a me il caldo, il molto caldo, il sudare, non piace mai, anzi… ora che ci penso.. non piace quasi mai, sono salve alcune rare rarissime eccezioni”.

Luì parte...

"Ciao Luì!"
"Ciao Ilaria, come stai?"
"Dai si va, tu piuttosto, ho saputo... che puttanata.."
"Che vuoi..."
"Questo non è l'anno eh??"
"Questo???"
"Bè... Ok, ci sta. Ma sai perché?"
"Non esattamente ma immagino, non ho certezze, così è comunque!"
"E adesso?"
"Adesso? Adesso io vado, tipo prendo e vado, in silenzio, ma vado... Vedi da piccolo mi sono travestito più di una volta da grande, grande col portafoglio vuoto nella tasca dei pantaloni e lo zaino Jolly Invicta al posto della 24ore, un piccolo che faceva il grande. E ci credeva, e il bello è che ci riusciva pure.
Ora invece sono un grande che si nasconde dentro un bambino, e del bambino conserva l'ingenuità di chi crede che fare il giusto porterà prima o poi il giocattolo desiderato, mentre in realtà la storia è fatta dai paraculi e sono loro a tenere le redini. E' cosi..."
"Ma dove vai? Non mi piace sta cosa"
"Vado a cercare un motivo, uno vero,"
"Ma quando?"
"Presto! Il tempo di sistemare un paio di cose"
"Ma scherzi o dici sul serio?"
"Vedi  che sta piovendo?l"
"Sì?! Che c'entra?"
"Un giorno sarei riuscito a vedere lo stesso il sole! Oggi ho il ricordo di qualcuno che mi diceva per finta guarda che c'è il sole, è li, sopra di noi...  Credevo lo dicesse a me, invece cantava , la stessa  identica canzone... Poi la fatica di chi ci crede  e riesce pure e il premio sono quattro calci nel culo, e poi il caso che ti bastona e  ti  porta l'assurdo. Ecco, io mi sono rotto le balle, vedi tu..."
"Ma a me lo dici dove vai?"
"Ilaria c'è il sole!"
"No piove!"
"Scherzavo! Sai l'abitudine..."