Si fa presto a dire: "vado ad un corso di formazione"

Ora, dico io, e ci pensavo giusto due minuti fa in auto mentre rientravo da una cena all'aperto, la vita è bella piena di incertezza. 
Di incertezza sì, e poi di instabilità, di treni in ritardo, di rapporti annoiati, di profilattici bucati, di fughe in avanti, di lavoro che c'è e non c'è, di "non so cosa mettere questa sera", di serate con la valigietta rossa non si sa mai a casa di chi, e di un sacco di eccetera, eccetera ed eccetera, ma con un'unica grande certezza, una, una sola: i corsi di formazione aziendale fuori sede, su più giornate, colleghi e colleghe e docenti, con pausa pranzo preparatoria, aperitivo alcolico, cena ancora più alcolica in "ristorantino tipico e figo che lo conosco io", albergo 4 stelle S con simil jacuzzi, sono la madre di tutti i mali.

Sì, è così, il Corso di Formazione è nemico della serenità.
Perché è il mix di situazioni concomitanti che crea il disagio. 
Il giro di tavolo in apertura è il primo tassello, l'ignaro partecipante inizialmente guarda i colleghi in maniera apparentemente distratta, e per ognuna di loro si fa un bel filmettino (sono passato subito alla specifica di genere perché solitamente il partecipante ignaro e fintamente distratto è maschio, la donna o è distratta vera o è attenta punto):
"Mmhh, carina, aria saccente, silenziosa, sarà sposata? E figli? E quell'orologio? E la gonna sopra il ginocchio? E che c'azzecca lì a ridere con quel suo vicino di posto che è pure spettinato per fare il figo? Secondo me è insoddisfatta (della vita, non del vicino di banco - nda)."

E dopo l'analisi silenziosa e apparentemente distratta parte la fase di ascolto della presentazione: 

- "Ciao, sono Agata, vengo da Forlì, sono la responsabile commerciale dell'area nord-est del perimetro nord della divisione non-food del compartimento strumenti di misurazione avanzata, ho due figli, il primo ha poco meno di sei anni, il secondo poco più di sei mesi, amo cavalcare, il venerdì esco con le amiche, dal lunedì al giovedì faccio il budget, mio marito mi trascura, il mio fidanzato è un coglione però li amo tanto"

Il partecipante ignaro non è certo di aver sentito le ultime 10 parole, anzi al 99,99% non sono mai state pronunciate, ma lui si convince che lei le abbia dette, o perlomeno pensate, o che sicuramente le penserà, e questo è il secondo tassello: il tarlo.

Il problema in questo caso è il tempo, per fare diventare il tarlo numero di telefono c'è meno di niente, l'obiettivo deve essere raggiunto entro la fine della pausa pranzo, e allora il nostro parte così:

- "Ciao, sono Ugo, lavoro in Direzione Generale, sono il responsabile dell'uffico comunicazioni integrate e digitali per le relazioni esterno/interno (centralinista capo - nda), sono separato quasi divorziato da dieci anni, ho un figlio che vive praticamente con me a parte i lunedì-martedì-mercoledì-giovedì-venerdì e domenica pomeriggio, sono sensibile, odio il calcio e non lo guardo mai a parte le domeniche di campionato e i mercoledì di coppa. 
Oggi vado a pranzo alla Lampara e questa sera mi piacerebbe fare un aperitivo in uno di quei localini sul lungo viale insieme a tutti quelli di Forlì a cui lascio volentieri il mio numero per gli accordi del caso".

Se "quelli di Forlì" sorridono, è molto probabile che la serenità subisca il secondo importante colpo.

Poi il terzo tassello, la prova del nove: la pausa caffè del pomeriggio.

Ugo, professionista sgamato e un po' fintamente goffo, esce lentamente dall'aula ben attento a farsi individuare e seguire fino al barettino di fianco, se è molto professionista tra le 14.30 e le 14.45 è già riuscito ad ottenere l'amicizia su FB da parte di Agata, ringraziando via wa con una faccina arrossata e la manina che fa ciao. 
Al banco ordina due caffè, uno lungo per lui e uno ristretto per lei, entrambi senza zucchero, imposta la voce, la guarda sornione, e: 
"Mi fa molto piacere averti conosciuta, colleghi da tanto e mai incontrati, sarebbe stato di certo più piacevole faticare se fosse successo prima".

Se lei sorride e più o meno pensa: 
"Certo che la giacca gli cade davvero bene su quella cravatta autorevole", 
e più o meno dice: 
"Ma quel localino sul viale di cui dicevi poco fa, lo conosci personalmente?", beh in questo caso la serenità e sull'orlo del suicidio.

A questo punto è inutile raccontare la serata, ognuno si può immaginare ciò che più l'aggrada, soprattutto i colleghi di corso il giorno dopo, che per capire davvero dovrebbero controllare le espressioni e i gesti a colazione: 
se "quelli di Forlì" è la prima a scendere giusto due minuti dopo l'alba ed Ugo immediatamente a seguire, e poi tavolo isolato ma non troppo, sguardi volutamente distanti e mani che si incrociano "per errore" nel vassoietto del burro, magari indugiando sulla fetta biscottata con un tono di voce tra lo smieloso e lo smarrito, beh qui ci sono tutti i sintomi di una serenità ormai definitivamente perduta; 
se invece è un saluto impacciato dieci minuti prima della sessione d'aula, lui Nutella e lei salato, e poi tavolo comune e affollato a parlare a voce alta della lezione in divenire, beh qui la serenità è ancora recuperabile e la serata precedente, usando un neologismo forbito, si è conclusa decisamente alla cazzo.

Ecco, è così, manca solo l'ultimo tassello, quello che permetterà di capire il proseguio della vicenda, e riguarda la frequenza con cui verranno organizzati i prossimi corsi di formazione, che in caso di storia evoluta od evolvente saranno sempre più numerosi e sempre più spesso convocati a ridosso di we lunghi, in zone scarsamente coperte da cellulare ma ottimamente dipinte da tramonti ramati, con aule comode e matrimoniali, orari allungati e pause rarefatte, paesini isolati che prenderanno il posto degli uffici di formazione zona Duomo, così davvero troppo rumorosa e moderna per un apprendimento adeguato!!