E se poi ti svegli e non hai niente da leggere??

C’era una volta…. è la seconda favola che scrivo, è una favola, sono sicuro, perché…  ricordate…  le favole iniziano così:  “C’era una volta…” e si attacca, e si racconta una storia, un fatto, si da spazio alla fantasia, si gioca con le parole,  s’inventano i personaggi, le situazioni, ci sono sempre un sacco di cattivi, un buono, una buona, una vittima, il lupo e il lieto fine. Sì, ogni favola che si rispetti ha sempre un lieto fine che si rispetti, poi c’è chi vuole esagerare e non si accontenta di un dramma fantastico, vuole anche il finale tragico e fa morire il buono, fa imprigionare la buona,  manda in esilio i fratelli più piccoli e fa morire di fame il lupo, e poi  ecc. ecc. ecc. A me quelle  favole lì  non mi piacciono, c’è già la realtà che ti spiega che cosa succede, le favole devono avere un lieto fine.

Comunque…  torniamo a noi,  dicevo è la seconda,  la prima parlava di me e del mio scricciolino, questa sera invece ho pensato di scrivere qualcosa per qualcuno che magari si sveglia all’improvviso durante la notte e fatica a riprendere sonno, e non ha nemmeno niente da leggere, e quindi  si dovrebbe alzare, cercare un libro di gradimento,  accendere la luce, sfogliare le pagine, leggere in silenzio,  invece questa la può leggere sul telefonino ad esempio, sotto le coperte ed un clic, luce spenta ed un touch ed è già arrivata, legge e due minuti e dorme. La può leggere anche in bagno mentre fai la pipì, non è impegnativa, è corta, è una favola dalla morale incerta!!

Allora c’era davvero una volta, c’era una volta che una piccola ragazza ad un certo punto della propria vita, non si capisce bene perché, non si capisce bene percome, le venne il vizio di sognare. Ogni sera  lo stesso sogno, al massimo avrà saltato tre volte, cinque se contiamo  le ultime due notti,  una perché aveva mangiato pesante, due perché aveva bevuto troppo, tre perché faceva freddo, le ultime due non lo so, non lo so perché immaginarsi tutto non è mica facile, una volta che la conoscevo quella ragazza che mi raccontava tutto, o quasi, le storie mi venivano via belle fluide che mixavo il vero al verosimile, il facile al difficile, il lento alla corsa,  oggi un po’ meno…  però…  Comunque il sogno era strano, senza volto, anzi meglio…  senza il volto del protagonista, oppure con tanti volti che portavano allo stesso punto,  però un sogno bello, di quelli che ti fanno star bene, che se ti svegli ti scoccia. La ragazza sognava, si lasciava andare a quella sensazione di tepore, di passione, di comprensione, di “completezza” (dicasi completezza quando due persone si incastrano perfettamente sia fisicamente che psicologicamente,  tanto da formare un insieme unico molto difficile da smontare), stava bene ma poi si svegliava, si svegliava e si riaddormentava e poi risognava, e poi  magari le veniva voglia di mangiare un cioccolatino “Lindt fine stagione”,  quelli che li compri al bar in offerta dopo il caffè, il fine stagione per i cioccolatini Lindt coincide con la primavera quindi è questo il periodo giusto,  quelli che a volte te li ritrovi pure sulla scrivania in ufficio e non sai chi li ha portati ma te li mangi lo stesso oppure li nascondi nel secondo cassetto perché altrimenti se li mangia qualcun altro.
E così avanti per tutta la notte, finchè “drin…drin…drin”, la sveglia, e a quel punto la ragazza scatta in piedi e parte la sua perfetta organizzazione domestica fatta di doccia-colazione-un abbondante bicchiere di acqua-apre le finestre che fuori c’è il sole-veste l’uomo della sua vita-bici se non piove-auto se piove-fai presto che è già tardi-macchina parcheggiata di traverso sulle strisce pedonali in salita per “accompagnamento” a scuola dell’uomo della sua vita-lite con energumeno che è convinto che quello non sia proprio il parcheggio del secolo-bacio con il ciocco all’uomo della sua vita-Daniele Silvestri on the Road-lavoro.

Ahh il lavoro…. e qui sono soddisfazioni, lavoro di squadra,  tutti a tirare, competizione, risultati, sudore, sangue, gomitate e via. Sì insomma dopo dieci minuti sarebbe necessario  un caffè perché altrimenti a forza di tutto questo lavorare si rischia di rimanerci. Prima di uscire per il caffè però la ragazza deve svegliare un collega che per lo stress da risultato (o ansia da prestazione) si è un attimo lasciato andare sulla scrivania e il russare disturba  l’altro che invece non riesce a leggere il Carlino on-line, e quindi deve spiegare ai venticinque clienti in attesa che è tutta strategia, che la pazienza aiuta l’uomo a crescere, e che la sua azienda lavora per questo, e che può sembrare che ci sia un certo lassismo ma guai, è tutto marketing: “facciamo sentire il cliente come a casa “, il bello di tutto questo è che la ragazza ci riesce.
Ok, lavoro finito, la ragazza ritorna a casa, ha sonno, anzi non capisce bene se è la voglia di dormire o di sognare, però deve cucinare, e poi stirare e poi riposare un attimo sul divano, che si badi non è quello del fidanzamento di una volta che avevo raccontato un altro pezzo. Ok, ora letto, il sogno ricomincia, la ragazza sta bene, si rilassa, è felice, bello sognare, cazzarola è decisamente bello… e la morale? Perdonatemi, la morale non me la ricordo benissimo, ci devo pensare....

Ho sognato che l'Orco è andato a trovare Luì in ospedale che prima stava in mezzo e adesso sta sdraiato

Ho fatto un sogno! E’ urgente, devo raccontarlo subito altrimenti rischio di dimenticare, vi dico subito che se volete capirci qualcosa dovete leggervi  anche gli altri pezzi, quelli prima e anche quelli dopo oppure non arriverete a capo di niente.

E’ stato un sogno breve ma intenso, chiaro nella sua confusione, è capitato che l’Orco sia andato a trovare Luì in ospedale. Luì era appena uscito dalla rianimazione, c’era finito perché una macchina l’aveva stirato sulle strisce pedonali, Luì aveva visto l’auto che si avvicinava a tutta velocità senza nessuna apparente intenzione di rallentare, ma niente, imperterrito come sempre ha tirato diritto perché lui non ha paura di niente e sbadapam…. spiaccicato, schiacciato, travolto. Sulle prime sembrava non ci fosse nulla da fare, sulle seconde ci si è resi conto che la situazione era grave, decisamente compromessa, ma ancora “un alito di vita spirava nelle narici del povero Luì senza paura” (ora potete anche un po’ commuovervi per l’epica del momento narrativo!), quindi ricovero urgente in rianimazione, tutte le costole rotte, il bacino fratturato, ematoma celebrale, il cuore ingessato perché l’urto lo aveva spezzato in due. La notizia ha fatto chiaramente il giro di mezzo mondo, Luì è un personaggio conosciuto, tanto che l’Orco appreso del fattaccio ha deciso immediatamente di andarlo a trovare in ospedale.
L’importanza del degente la si capiva subito dal tipo di visitatori che affollavano la sala d’aspetto, anzi quando l’Orco orrivò loro se ne stavano andando via, tutti in fila, belli composti, tristi, malinconici, dietro a grandi occhiali scuri si poteva riconoscere Mina, poi subito dopo Vinicio Caposella, a due passi Max Gazzè, un po’ perso e leggermente in disparte Franco Battiato che stava pensando a “tutto l’universo”, poi c'era Gerardina Trovato che si chiedeva se Lui avesse potuto fare ancora l'amore su di una panchina, e infine i Marlene che erano i più tristi di tutti e ancora non si spiegavano com’è che pur non essendoci stato contatto di mucosa con mucosa Luì si era infettato. Insomma visitatori d’eccezione senza dubbio.

L’Orco pensando che Luì potesse leggere aveva portato con se alcuni libri, generi diversi, “Il piccolo Prinicpe”, “L’Amante” di Margerite Duras, “Romagna Mia” di Cristiano, “Un giorno”, “Penelope alla Guerra”,  “L’uomo nero e la bicicletta blu”, “La storia dell’Orco – autobiografia incompiuta”, quest’ultimo un inedito in bozza pronto per le stampe e poi ancora qualcosa d’altro che adesso non ricordo.
L’Orco ci rimase molto male nel vedere il malandato infortunato, Luì era lì sdraiato su quel letto tutto ingessato, tutto fasciato, tutto inflebato, con gli occhi aperti e senza scarpe, parlava piano e guardava di traverso da dietro le occhiaie molto più profonde del solito, pallido pallido con la barba lunga, uno straccio insomma.

“Luì ciao, come stai??”
“Dai, insomma, pensavo peggio, si va, dolorante, è un po’ scomodo fare la pipì così sistemato, però…”

“Ma sai ho saputo pochi giorni fa, l’ultima volta che ti avevo visto eri così rigoglioso (tipica espressione da Orco, non fateci caso, voleva dire felice ma gli parve che rigoglioso fosse più esagerato) e ora sei qua?! Ma com’è possibile??
“Eh sai io stavo camminando, ho visto la macchina arrivare, andava a palla, io però me ne sono fregato e ho detto vado avanti, lui ha frenato ma mica tanto convintamente ed è stato un attimo, sono finito sotto, e il bello è che mi ha proprio centrato”

“Ma è stata una disgrazia!”
“No, no, voleva centrarmi, l’ho capito dopo, sai era domenica e l’automobilista andava di corsa perché voleva arrivare presto per passare una serata piacevole tutta dedicata a una persona che lo stava aspettando, ha visto me che stavo passeggiando ostinatamente in mezzo alla sua strada e ha detto (apro virgolette nelle virgolette anche se non so se si può fare): “valà, valà che in un modo o nell’altro ti sposti”. Aveva ragione!”

“Come aveva ragione?!”
“Sì aveva ragione, io ero in mezzo e lui aveva fretta di ritornare, lo stavano aspettando, non potevo certo essere io a fargli far tardi, lo sai che se l’impegno è urgente gli ostacoli si eliminano, io che sono testardo ho provato a resistere, ma come vedi non è andata bene”

“E adesso, che farai??”
“Ma adesso cercherò di guarire un po’ alla volta, ieri è passata una mia amica a trovarmi, mi ha detto (di nuovo virgolette nelle virgolette, portate pazienza è un sogno):  “Dai Luì, prendi un po’ di antidolorifico, inizia con dosi massicce belle forti sette/otto volte al giorno a stomaco pieno, per un po’ crederai di non riuscire a farne a meno ma non è così, un po’ alla volta riuscirai a diminuire frequenza e dosaggio, tipo drogato con il metadone, eh?!” – quindi ho pensato che farò così, appena mi tolgono il gesso dalla faccia!”

“Ma Luì, ma che razza di terapia eh, ma non va bene!”
“Va bene, va bene, me l’ha detto lei, fidati, funziona, l’ha già provato”

“Ah bè allora, se è così, se sei convinto, fai pure, anzi se funziona fammi sapere che non si sa mai, potrebbe tornarmi utile”.
Ecco è finito, mi sono svegliato e sono immediatamente passato al pc per memorizzare tutto, bella roba direte voi, è vero, ma ognuno sogna quello che si merita….

"Dai!!! Restiamo amici?"

Faccio un po’ di premesse, che lo so che come inizio è veramente uno schifo ma io non sono uno scrittore e quindi mi perdonerete qualche caduta di stile. Premetto quindi che sono stato indeciso fino alla fine, questa sera avevo voglia di scrivere perchè avevo voglia di rilassarmi, anzi ho voglia di scrivere perchè ho voglia di rilassarmi, ma non riuscivo a decidermi , sono andato sotto la doccia ed il titolo era belle-che fatto: “Restiamo amici?”, poi per un attimo ho esitato, mi era venuta voglia di raccontare, anzi di relazionare, dei risultati di una tavola rotonda che si è tenuta martedì sera al bancone di un noto centro socio-ricreativo ludico-culturale  Faentino, non faccio il nome per non fare pubblicità, però la location, gli sgabelli, io, e le quattro/cinque partecipanti, facevano molto Maurizio Costanzo Show di quando ero giovane. Si parlava di rapporti uomo-donna, donna-uomo, di gioco di sguardi, di uomini che cercano sempre la stessa cosa ma non sanno chiederlo probabilmente perché non sanno o non vogliono più corteggiare, di donne che cercano un amico prima di tutto, poi un compagno, poi un amante, poi il padre dei propri figli, poi il padre dei figli di un’altra, poi di donne che secondo molti uomini sono noiose-scontate-troppo concentrate su se stesse e senza argomenti, poi di uomini che secondo molte donne sono noiosi-scontati-troppo concentrati su se stessi e senza argomenti, insomma si generalizzava cercando l’eccezione che conferma la regola. Risultato: non siamo arrivati a capo di niente. Ecco che allora questa sera ho deciso di scrivere d’altro e sono tornato al tema originario: “Restiamo amici?”.

No, non si resta mai amici. Restiamo amici è una cagata colossale, una menzogna in partenza, non ho ancora capito bene perché si dice ma pare che qualcuno lo faccia, di dirlo intendo. Ora ad essere precisi è bene distinguere tra coppia e coppia, io in questo passaggio mi riferisco alla Coppia quella vera.
Sì perché se parliamo di trombamici allora il problema non si pone, amici erano, amici sono, ed amici rimarranno. Amici da vicino si capisce, amici con la lingua magari, amici senza impegni con la voglia di trascorrere un po’ di tempo in relax, relazioni più o meno stabili alle spalle oppure anche sulle spalle, vite parallele, case distinte, famiglie multiple, facebook che non fa rumore per messaggiare e le conversazioni si archiviano senza cancellarsi, sincerità quanto basta che tanto nessuno ha voglia di andare a verificare, parole spese senza risparmiarsi che tanto non costano nulla, insomma relazioni disimpegnate per alleggerire il quotidiano, soprattutto dal lunedì al venerdì pomeriggio. E qui è facile rimanere amici, ci sta, togli tromba e resta amici, nessun problema: “Ciao come stai? E’ da tanto che non ci si vede, ti trovo bene, sei ringiovanito, anche più magro, tutto bene a casa??”, “Ma sì dai tutto bene, a casa benino, il lavoro affattica ma si va, non ci sono più le mezze stagioni, si stava meglio quando si stava peggio, i figli diventano grandi e io invecchio”, “Sì ma tu non hai figli!!”, “Ah già è vero, mi sono sbagliato”, “Ok, ci si sente eh? Ciao amico mio, magari un giorno di questi, ehh? Cosa dici?”, “Sì dai, ti mando un messaggio su FB… ehh solo una cosa ancora, come ti chiami??”. Ecco così restare amici è facile, anche dopo quindici anni.

La Coppia vera invece no. La Coppia vera è quella che… è quella che almeno uno, ma qualche volta due, si inizia che ti guardi, ti guardi che non è subito così uguale a tutte le altre volte, ti guardi che insisti a guardarti e un po’ uno dei due diventa anche rosso, poi inizi a cercare le scuse, le scuse per vedersi più spesso, la balla di lavoro che è sempre matematica ma fa, poi ridi, ridi qualunque cosa uno dica, ridi piano sottovoce, ridi che quasi sorridi, poi succede che uno, ma qualche volta due, si inizia che ti viene voglia di sfiorarsi, fai finta di niente, si apre  la porta contemporaneamente, passi lo zucchero del caffè e la bustina ti cade sul bancone o magari anche per terra che ci si china in due per raccoglierla, poi magari si pigia contemporaneamente il tasto destro dello stesso mouse ché è diventato durissimo tutto ad un tratto e uno da solo non ce la fa. Poi succede che almeno uno, ma qualche volta due, si inizia che ci si inizia a pensare, che ci si messaggia ogni mezz’ora, ogni quarto d’ora, ogni nove minuti, poi ci si chiama, così… per sapere se c’è il sole, se il grano è cresciuto nel campo, se il domatore ha addomesticato la tigre, se tua figlia ha pianto all’asilo (si a volte capita), se sul tavolo c’è la polvere, se hai comprato una lampada moderna che fa contrasto con l’arredamento un po’ pesantemente retrò. Poi succede che almeno uno, ma qualche volta due, si va a comprare una giacca e si manda un foto per capire se può star bene con un tubino nero che luccica di sera anche se è buio.
Poi succede che almeno uno, ma qualche volta due, si decide che così non va, che è tutto troppo stretto, e magari è vero, perché può capitare che tutto diventi stretto. Anzi magari era stretto anche prima ma nessuno se ne accorgeva e tutti facevano finta di niente, però succede. Ora tralascio la descrizione di come ci si accorge che tutto diventa stretto e soprattutto che cosa vuol dire stretto, non mi va e sono già all’inizio della seconda facciata del foglio word da cui farò un copia incolla per inserire questo scritto sul mio blog e quindi non voglio dilungarmi molto oltre, posso solo aggiungere che quando diventa stretto si corre sul filo, la coppia vera può trasformarsi in trombacoppia oppure, ed è più frequente, in scoppia-coppia o in "devo distrarmi perchè altrimenti così stretta/o impazzisco" e sbucano alternative. Alternative punto, credibili o meno non lo sa nessuno.

Ecco allora che quando tutto questo è successo, capita che almeno uno, ma qualche volta due, si deve decidere che non si può mai restare amici, perché non si è amici, perché non si era amici, perché gli amici non diventano rossi quando si guardano, gli amici sono un'altra cosa, e allora non è bene  ”buonanotte” e nemmeno “buongiorno”, e neanche “come stai?”, però non è bene neanche fare finta di niente, e forzarsi in niente “buongiorno” anche se ne hai voglia, o costringersi ad un niente “buonanotte” anche se ne hai bisogno,  perché tanto capita che almeno uno, ma qualche volta due, si continui a diventare rossi anche da soli, si pigi il tasto destro del mouse che è duro uguale e ci si immagini che “magari ci fosse qualcuno ad aiutarci”, e quando c’è il sole capita spessimo che si prenda il telefono e capita che ci si sbagli e si chiami lo stesso e si dica: “C’è il sole! Hai visto?!” , e aveva visto, e tu lo sapevi che aveva visto, e anche se non te lo dice lo sapevi lo stesso.
Quindi? Quindi non si resta amici ma si continua ad avere bisogno con il risultato che qualcuno scrive un tema, qualcun altro legge, qualcuno dice che è tutto un delirio e non si capisce una minchia (aggiungere qualche parolaccia di tanto in tanto aiuta a sdrammatizzare e rompere il pathos), qualcuno elabora delle teorie, qualcuno quando ti incontra ride e prima o poi si becca un crocco, e il perché ride tu non lo sai, forse ha una paresi e con gli occhiali si nota di più, ma per sicurezza…  un crocco…. glielo dai lo stesso.