Vermouth vista lago….


Il tempo avrebbe sistemato le cose, così diceva a se stesso cercando di convincersene, “il tempo sistema tutto, è sempre stato così e sempre lo sarà, ne ho le prove, e anche là dove non ha sistemato, comunque ha sopito”.

Fuori faceva caldo, qualche nuvola poco efficace velava il cielo lasciando filtrare nemmeno troppo timidamente luccicosi sprazzi di sole, una brezzolina leggera spolverava l’atmosfera in direzione ovest/sud-est senza per questo cambiare la situazione. Tutto aveva  l’aria di essere molto romantico.

Lo si capiva dall’incedere incerto tra le viuzze che il suo obiettivo era lasciarsi attraversare dalle ore, dai giorni, dalle settimane, voleva perdere tempo, aveva fretta di farlo, così da uscire il prima possibile da quello stallo figlio del troppo da cui si era lasciato inopportunamente abbindolare qualche mese prima.

Si fermò vista lago, un vermouth rosso con aromi, scorza d’arancio e rosmarino, un abbinamento azzardato in effetti, come quella fuga sul Garda d’altronde, passando prima a salutare quei due pazzi immaginari del Romeo e della Giulietta, era da tanto che non andava, era da tanto che aveva promesso di ritornare.

Il cigolio all’anteriore sinistra lo aveva perseguitato per tutto il viaggio, nemmeno aumentare il volume dello stereo migliorava le cose, il destino aveva proprio voglia di rompere le balle, anche di sabato, anche a fine aprile, anche con Giove nel segno, anche se lui era lì per regalarsi due ore di auto-auguri, niente, nessun rispetto… e checcazzo.

Il tempo sistema tutto, chissà se sistemerà almeno questo odioso rumore molesto… ché sul resto non sta facendo un gran lavoro.

Il lago è malinconia in effetti, glielo aveva detto la Giulia, che aveva pure aggiunto: “non andare!”. Ma in fondo la malinconia altro non è che un panicello caldo, una roba da regalare a tutti quegli affamati di un futuro sciocco che sarà sempre diverso da come l’avevano immaginato prima di allora. La malinconia è metadone.

Il vermouth riscalda il cuore, è una minchiata ma a questo punto della storia pareva bello scriverlo, l’autogrill sulla strada del ritorno dopo le 22.30 serviva solo Reginelle tiepide, i vacanzieri del ponte a venire avevano spazzolato il mondo, non restava che rifocillarsi a caffè e cioccolata Milka.

Prima di riaccendere il motore per un istante indugiò con lo sguardo fin sotto le tettoie frangisole che di notte fanno un po’ inutile, una coppia eccentrica stava salendo in macchina, lui si fermò di colpo a due passi dallo sportello, prese lei e la portó a sè: “Giulietta?” - “Si Romeo?” - “Baciami”.

Ripartirono tutti di li a poco, ognuno per la sua strada, ognuno con i suoi pensieri, Giulietta avvinghiata e con il capo appoggiato sulla spalla destra di Romeo (che probabilmente ha un’auto con il cambio automatico), ed il nostro a discutere con Lou Reed che si ostinava a sostenere che quello era proprio un “Perfect Day”.

Beh diciamo che è una questione di punti di vista…

Le famiglie vanno da McDonald a mangiare il Crispy McBacon (titolo finto per fare audience)

Poi sono cinquanta, non te ne sei nemmeno accorto e ci sei arrivato, banale eh? Banale da dire e banale pure da scrivere, un vero pippone scontato e per niente poetico né tantomeno innovativo, concetto trito e ritrito, ma è così che funziona. 

E dire che te lo raccontavano quelli che hanno già provato questa "fantastica" esperienza prima di te, e tu stavi lì ad ascoltarli con sufficienza, come se fosse stata la vita di un altro, ed effettivamente sì…. allora era la vita di un altro, e ok in quel caso ci stava quella velata noncuranza, ci stavano quei tranci di disinteressato "chi cazzo se ne frega", ora invece si parla della tua.

Lo vedi già dalla punteggiatura che qualcosa è cambiato, stai aumentando a dismisura il numero delle virgole e dei punti, periodi brevi e lenti, un po' il contrario di quella fretta di gettare pensieri alla rinfusa che ti ha caratterizzato fino ad oggi, ma è così che funziona, l'ho già detto, provi a rallentare la mente sperando di rallentare pure il tempo, ma niente, non si frena proprio niente niente.

E con i cinquanta arrivano i primi bilanci, in realtà un due tre conti sarebbe stato opportuno averli fatti magari prima, tipo una situazione contabile intermedia intorno ai ventotto, sarebbe stato bene controllare lo stato d'avanzamento del proprio personalissimo business-plan così da correggere la rotta in tempo.

Ma a volte capita, soprattutto ad una sottospecie dei cinquantenni che qui definiremo adolescenti ritardati, di non averlo proprio fatto un business plan. Gli adolescenti ritardati vanno avanti a spanella, fanno finta di programmare anche il più piccolo particolare ma in realtà affondano ogni giorno nel pressapoco fino al collo, melmosa melassa da cui spesso faticano a risalire.

Questi curiosi (e per fortuna rari) soggetti, sono partiti percorrendo di corsa sborantamila piani diversi, dei nevrotici del "faccio tutto io" che si sono specializzati in incroci di interessi-doveri-passioni-sogni-incubi-malette varie-stati di fatto, ad ogni nuovo passo comprando tempo, anzi usando quello che avevano senza rendersi conto di consumarne ogni volta un pezzetto. Degli incoscienti poco normo dotati con lo sguardo rivolto al passato alla costante ricerca di un futuro che uauuu!

Questi curiosi (e per fortuna rari) soggetti in fondo sono sempre stati un po' coglioni, buoni a tratti, cinici a correnti alterne, con un QI sovrastimato dai più, divertenti a modo loro, affascinanti per i primi quattrocentotrentotto giorni, ma un po' coglioni.

Ne conosco uno che risponde proprio proprio a questa bislacca ed approssimativa descrizione, è un tipo un po' così, non saprei raccontarlo nel dettaglio, non è semplicissimo da capire, credo che faticherebbe pure lui a dipingersi per due volte nello stesso modo tanto è confuso.

Ma una caratteristica tutta sua, che sarebbe interessante analizzare approfonditamente per capire se è tipizzabile per categoria, però ce l'ha: non azzecca un giudizio sulle persone manco dopo un corso serale intensivo di "capisci l'altro/a - il linguaggio non verbale e i dati di fatto come strumenti di analisi dell'antropologia moderna" tenuto da Julio Velasco in persona.

Sembra una roba banale ma guardate che non è così, il tipo in questione, e i tipi come lui in generale (passiamo al plurale che fa più figo e tipizza) sono vittime di loro stessi e delle proprie fantasiose idee (scientificamente definibili come idee del cazzo, spesso con un culo della madonna e gli occhi marroni, ma non mi sembra il caso di fare troppo gli eruditi che poi la gente si annoia) in cui proiettano l'altra (e qui passiamo al femminile che comunque sono etero e non mi piace fare troppo il generalista).

Guardano, osservano, ascoltano, interpretano silenzi, scambiano per verità frasi interscambiabili dette durante amplessi incredibilmente loquaci, millantano capacità divinatorie, si convincono di vedere quello che nessuno vede, si convincono di poter "tirare fuori" quello che nessuno vede, e non pensano mai nemmeno per un istante che "se nessuno vede" magari non c'è. O no?? Oppure c’è “ma l'ha visto pure un altro e c'ha pensato prima lui" che è esattamente la stessa cosa?!

E su queste basi farlocche ci costruiscono il mondo, il proprio mondo, il proprio fantastico mondo avulso dal contesto, dalla realtà, un po' come andare a cena in un ristorante vegano convinti che in fondo in fondo il tofu sia il fratello maggiore della chianina, ma non lo chiamano così perché la vacca fa quel tanto di volgare che magari spaventa le famiglie che fuggirebbero tutte in massa da McDonald che lì si CrispyMcBacon a bombazza, che sempre vacca è ma si sa che l'inglese rende tutto molto più friendly.

E di queste improbabili elucubrazioni si innamorano davvero, ma davvero davvero, tipo "cavoli come sono innamorato", e non pensate ad un amore finto, di facciata, una roba che "lo dicono tutti e lo dico anch'io che non costa niente e rende tanto e se stiamo trombando non conta", no, no, una roba seria con i controcazzi, di quelle robe che catalizzano il pensiero costantemente che nemmeno Battisti in "e penso a te" avrebbe immaginato tanto. 

E non pensate nemmeno che una volta resisi conto della verità abbandonino la propria idea, è no, troppo facile, i cinquantenni adolescenti ritardati perseverano nell'errore, iniziano a trovare giustificazioni, ad elaborare strategia alternative, a riprogrammare, a bilanciare, a straminchiare, a travolgere ignare passanti (che poi spesso ignare non lo sono proprio per niente), al solo scopo di inseguire la propria emozionante emozione.

Ecco, altra caratteristica dei cinquantenni adolescenti ritardati è di essere vittime oltre che di loro stessi, pure delle loro emozioni. Non ne provano quasi mai, ma quelle due volte che capita a distanza anche di ventidue/ventitre anni l'una dall'altra, fanno un casino che la metà avanza e avanza pure per parecchio. 

“Poi sono cinquanta”… sì, abbiamo iniziato così giusto? E allora credo sia giusto finire ripartendo proprio da qui, da poi sono cinquanta, così da dare un senso a questo racconto insensato, e cosa si fa per ripartire da qui? Si fanno gli auguri. 

E perciò auguri cari cinquantenni o presunti tali, che state iniziando a puzzare un po' di stantio anche se vi inondate di Prada Parfum 458J, viaggiate in SUV ma sognate una Fiat Tipo 1600 JTD, vi gonfiate i muscoli con la palestra e le labbra col botulino, sognate ad occhi aperti durante il giorno perché la notte la prostata ingrossata vi tiene svegli causando frequenti minzioni, esaltate il brizzolato con l'abbronzatura, vi innamorate delle stronze, comprate i jeans stretti a vita bassa, controllate i trigliceridi, guadagnate paccate di soldi o vi ammazzate di reddito di cittadinanza che in fondo è la stessa cosa quanto a riprovazione sociale. Auguri cari cinquantenni che non vi arrendete mai perché si arrendono solo le pippe, auguri a voi che uscite a cena e tirate tardi più che a vent'anni giocando a calcino e bevendo Martini Vermut, un po' divertenti e un po' patetici, ma con ancora un sacco di roba di dire e da dare a chi è in grado di cogliere le differenze. Auguri cari cinquantenni che guardate al domani come se non ci fosse un domani e che vi crogiolate nel passato per cambiare l'oggi, che nemmeno Emmett Lathrop Brown Ph. D saprebbe fare meglio.

E auguri soprattutto a voi cari cinquantenni adolescenti ritardati, categoria bistrattata e sottovalutata come poche (ammesso che esista davvero questa categoria), il cui valore o disvalore emerge sempre a scoppio ritardato, spesso quando è troppo tardi e non serve più a nulla.



Un sabato sera al banco

Poi ti accorgi una sera a cena di vivere un eccesso di libertà, un eccesso di tempo, un eccesso di spazio, di pensieri, di idee, di silenzi, di kilometri, un eccesso di chi non vuoi, di chissenefrega, di libri, un eccesso di quello che ti pare, di ricordi, di passato remoto-prossimo-imperfetto, di abitudini, di noia.

Eccessivamente eccessivo, con quel retrogusto di meglio niente che piuttosto, quel piuttosto a cui comunque a volte ti abbandoni per evitare di impazzire davvero, il tutto condito da spezie orientali e carenza di ciò che davvero conta, o contava, o contò, o conterebbe.


Il tonno pinne rosse, le alici marinate, il sangiovese, il pesce spada alla siciliana, il chimichurri che non hai idea di cosa diavolo sia ma sai solo che è buono, tra foto scattate a caso e per caso, storie scritte di getto e rilette e ripensate il giorno dopo.


È così che si cena il sabato sera… non si dovrebbe ma si fa, e i tuoi vicini di banco, occasionali, sconosciuti, belli, lei bionda, lui brizzolato, tifosi della Fortitudo, sbirciano il titolo del tuo “compagno” d’avventure, “bello, bravo, lo abbiamo letto entrambi, scusa se siamo stati invadenti” e tu pensi “nessuna invadenza, anzi ho sentito calore, e si bello, molto,  ma purtroppo non l’ho scritto io”, poi li guardi guardarsi, sono affiatati, complici, sorridenti in sincrono, hai ascoltato i loro discorsi, hai osservato il loro brindare luccicante, ti sei lasciato affascinare e pure un po’ cullare dal loro ascoltarsi a vicenda (che Dio solo sa quanto sia raro), e sei felice per loro perché sono “veri” e il vero merita la felicità.


Le coincidenze a volte sorprendono, stanno lì a ricordarti le occasioni perse, a ricordarti che non a tutto c’è una spiegazione, che il chimichurri esiste, che il tempo non è infinito, che ci si innamora degli sguardi e della voce, che il fumo fa male, che non bisogna fare pipì in autogrill, che la primavera è la stagione degli inizi, o almeno dovrebbe, e che “la vita va vissuta e non solo pensata”… o se non altro non troppo…. diciamo solo un po’.