Augusto e Amanda, e Giulia, e Alessia, e Samantha, e l’Amministratore di Condominio, e le cioccolatine Kinder, e Lei.

La verità è che Augusto non si era mai dimenticato di lei.

Sposato con Amanda, tre figli, forse quattro (sì perché quella volta che incontrò Giulia lui mica è sicuro di come sia andata veramente a finire…),  quasi benestante, un cane, un gatto e un inseparabile, che Lucilla, la più piccola dei tre, aveva vinto alla pesca di beneficenza della “Sagra del Tortello Burro e Salvia di Abiategrasso”, quell’altra volta che andarono a fare una gita fuori porta.

Ma Augusto non si era mai dimenticato di lei.

Amanda era bella, quarant’anni di corsa, alta, magra, capello lungo e ramato, un lavoro interessante, amiche interessanti, accondiscendente a tratti, spacca balle ad altri tratti, elegante alle volte, disinvolta quasi sempre, con un’innata propensione al corteggiamento passivo, era convinta di essere perfetta, non piena di sé o saccente … no questo no, semplicemente era certa di essere quanto di meglio si potesse desiderare, naturalmente certa, “... non è colpa mia se sono un po’ di più..”.
Non so se avete presente il tipo, sono quelle fatte così per l’appunto, parlano quasi sempre per prime e anche per ultime, usano un linguaggio ricercato, inglesismi nei momenti clou della conversazione, hanno lo sguardo altero della predestinata, sono simpatiche, battuta pronta, sempre pettinate, vagamente ammiccanti, grande sicurezza sessuale, anche se in realtà in un’ideale classifica di “scopaggine” le trovi fisse al terzo posto perenne.

Ma Augusto non si era mai dimenticato di lei.

Augusto era relativamente semplice, come quasi tutti gli uomini, trentacinque istinti di base più o meno evoluti (tranquilli non li elenco tutti), eccentrico con naturalezza tanto da non rendersene nemmeno conto, una vita divisa a metà dal tempo: Augusto prima dei quaranta, Augusto dopo i quarantacinque (il lustro di mezzo non è degno di nota, solo transizione e noia).

Augusto dopo i quarantacinque è quello che noi oggi conosciamo: un “ragazzo” disilluso, dallo sguardo spento, mattiniero, con un sacco di interessi, infedele alla coppia ma fedele a sé stesso, relativamente magro (come molti over quarantacinque – nda), uno splendido padre, un sognatore silenzioso (traduzione: uno che i sogni se li tiene per sé), eloquio fluente, Samantha lo definiva “banalmente affascinante con quel suo misto di mistero e imbambitezza”, un buon lavoro che gli piaceva molto ma non lo divertiva più.

Ma Augusto non si era mai dimenticato di lei.

Perché abbiamo fissato a quarantacinque lo spartiacque? Perché fu più o meno allora, un martedì pomeriggio che pioveva forte, che Augusto decise che si era rotto le balle.
Non lo disse a nessuno se non a sé stesso, fu uno sbrocco silente,  era lì di fronte al PC che stava rimestando un file di Excel ed ebbe questa agitata illuminazione.
La sera prima aveva cenato a base di pesce e bevuto vino, aveva sognato molto, aveva sognato lei, si era svegliato ed era andato in cucina a mangiare una cioccolatina Kinder e due tocchi di grana (era uno che amava i contrasti).
Forse pensate che sia questo, questo nel senso del sogno-della Kinder-del pesce-del grana-di lei, ad aver favorito la svolta, ma in realtà non c’entra nulla, l’ho raccontato solo perché mi sembrava una cosa simpatica, la verità è che capita a molti uomini il martedì pomeriggio quando piove di ripensare alla propria vita, e Augusto anche in questo non ha fatto eccezione.

La propria vita … la propria vita il martedì pomeriggio … non fu niente di trascendentale, semplicemente si ricordò di non essere felice, dico ricordò perché in realtà  già lo sapeva di non essere felice ma lo aveva dimenticato, capita a molti uomini di essere smemorati (uno su tre dicono le statistiche) e lui iniziò a pensarci solo perché “felice” era l’etichetta di una delle colonne del file Excel, evidenziata in giallo fluo quella cella portava un nome così importante e manco se ne rendeva conto, Excel non sa come vanno le cose tra gli uomini, si limita a mettere tutto in tabella in maniera logaritmica e ingegneristica, ma non sa come vanno le cose tra gli uomini, no, no, non lo sa proprio.

Ora voi crederete che lui non fosse felice perché non riusciva a smettere di pensare a lei, ma non è così, che lei “non fosse” lo aveva metabolizzato da tempo, continuava a pensarla certo, quasi tutti i giorni ogni volta che succedeva qualcosa, qualcosa tutto, qualcosa come aprire lo sportello dell’auto, mangiare una fragola, salutare un cliente, fare un disegno al capo, addormentarsi, svegliarsi e lavarsi i denti.
Una presenza invisibile e costante, pure un po’ invadente, ma lei invadente lo era sempre stata, occupava spazio, non perché fosse grassa – tutt’altro – ma perché sapeva dov’era lo spazio di lui e amava incunear visi  dolcemente occupando tutto l’occupabile.

Augusto non era felice perché aveva perso.

Cosa aveva perso dite? Nella vita aveva perso di tutto, aveva perso tempo, aveva perso le occasioni, aveva perso al Superenalotto e anche al Lotto, aveva perso le chiavi di casa, aveva perso il portafogli, la speranza, la voglia, aveva perso persone a cui voleva bene, aveva perso tre gradi all’occhio sinistro, aveva perso l’amore, sì sì l'aveva perso, aveva perso un cane, aveva perso a calcetto, ma soprattutto aveva perso il sorriso.

Eh già …  aveva perso il sorriso.
Questa era la cosa che gli spiaceva di più, anzi questa era la cosa punto.
Augusto non riusciva più a sorridere, si sforzava di farlo, ma niente, non riusciva, zero, nada, nulla.
Augusto non era felice perché non sapeva più sorridere.
Farselo venire in mente il martedì pomeriggio quando fuori pioveva non fu un bene, ma non fu nemmeno colpa sua, ed è per questo che decise di invitare Alessia per un caffè, per distogliere la mente dai propri pensieri, poteva cancellare “felicità” dall’etichetta di Excel, ma il format non era suo e sarebbe stato irriguardoso..
Il caffè fu piacevole, Alessia fu piacevole, lui continuò a pensare a lei ma Alessia la rivide ugualmente, la volta dopo per un aperitivo e poi a cena, ed infine anche dopo cena, una sera che Amanda aveva la riunione di condominio e Luca gli prestò l'appartamento chè tanto lui era fuori per lavoro. 
E anche questa volta non possiamo dire che la colpa fosse di Augusto se Luca lavorava molto, è il destino a dettare le regole.
Un cliché direte voi, ma in fondo Augusto è un uomo (e Alessia è una donna) e si sa che gli uomini, quando non sono felici, cercano di non pensarci.  

Ah, ancora un attimo soltanto, dimenticavo di dirvi che l’Amministratore di Condominio è nuovo, Amanda ha detto che è meglio se va lei anche alla prossima, perché quel signore trentottenne con le spalle larghe ha un caratteraccio e Augusto finirebbe con il litigarci dopo tre minuti.
Anche Amanda non è felice ... ....  non è felice e non è certo colpa sua se è cambiato l'amministratore di condominio, ha scelto l'Assemblea, e quella sera a votare c’era Augusto mica lei….