TITOLO: “2.854 MODI PER DIRE NO”

SOTTOTITOLO: “2.854 MODI PER CAPIRE QUANDO E’ NO”.

Questo è un manabile, da stampare e conservare nel portafogli, quindi cercherò di essere sintetico, esaustivo ed efficacie.

Si rivolge ad un pubblico doppio, a due distinte categorie di lettori, tutto uguale, solo diversi punti di vista: il ROMANTICO ed il SERIAL KILLER. Premetto che scriverò al maschile perché appartengo alla categoria e quindi mi viene più facile, ma i fatti qui hanno valenza  ambosex, ruoli e generi interscambiabili e se questi due signori, o signore, faranno attenzione, potranno risparmiarsi un sacco di problemi, oppure potranno cacciarvisi dentro con assoluta coscienza.
In entrambi i casi sarò stato d’aiuto.

Allora dicevo.... partiamo dal ROMANTICO, per il romantico capire quando è NO è più difficile, perché normalmente il romantico è un buono, un po’ credulone, direi lillone, il romantico ci crede, è in buona fede, è pure convinto di avere un sacco di tempo da perdere, lui ama dire “investo tempo perché sei speciale, lo meriti più di tutte le altre”, e quindi è facile che il poveraccio si travi, si perda, si attorcigli attorno ad una storia che nel migliore dei casi è già finita e  nel peggiore manco è cominciata.

Il SERIAL KILLER invece sa che non ha tempo, ogni lasciata è persa, e persa oggi persa domani qui diventa un casino per uno come lui, quindi capire al volo quando è no è sintomo di elevato professionismo. Inutile insistere, cercare di convincere, il serial killer sa che per una che dice no ce ne sono altre 27 che dicono sì. Lui non ne fa mai una questione di qualità, ma di quantità, perché la sua teoria è che in mezzo alla quantità si trova anche un po’ di qualità, l’importante è concludere perché a far delle “bucce” si muore di fame. Quindi capire il no è sinonimo di “non stiamo qui a perdere tempo”. La serial killer è molto molto molto più spietata del serial killer.

Il modo di dire no si è evoluto nel tempo, così come la comunicazione tutta d’altra parte, i social network, le chat, gli sms, whatsapp, via via hanno sostituito le cabine a gettoni o gli incontri nei parcheggi a due isolati da casa, luogo preferito per chi voleva dire no, soprattutto se c'era la nebbia, sì perché il parcheggio con la nebbia fa melodrammatico, da il senso del tragico, del vero, del sofferto, e un no melodrammatico-tragico-vero-sofferto è tutto un altro NO!

Al di là dell’evoluzione comunicativa comunque il leitmotiv è sempre lo stesso: il NO è NO. La tecnologia sta solo aiutando a nascondere le emozioni, a volte la vergogna, a volte c’è l’idea che un sms faccia meno male. La tecnologia si sostituisce al coraggio, tutti diventano veri e profondi via whatsapp, almeno per i primi 10 messaggi, poi sbroccano. Ma veniamo ai casi concreti, non elencherò tutti i 2854 scenari, tranquilli, mi limiterò ai principali, quelli che mi vengo in mente.

1 - “Amore tu devi essere felice, e io non credo di essere in grado in questo momento di poterti dare la felicità”, e ci sono cento varianti: “meriti di più e io forse non sono di più”, “ho pensato a lungo, sei troppo bella dentro per accontentarti di questo niente fuori”, “non posso chiederti quello che non puoi darmi,  penso che dovremmo capire meglio quello che vogliamo”, “dovrei lasciarti libero, non posso continuare ad opprimerti con la mia presenza, mi fa troppo male”. La formula è spesso dubitativa, zeppa di “forse.. penso… credo….”, pause, silenzi, lacrime, sguardi persi nel vuoto. Non fatevi illusioni o non perdete tempo, è no. “Devi essere felice” è no, punto.

2 – Cinque appuntamenti sono andati, la terza volta in cui si sono visti lei gliel’ha smollata, a casa di lui, non è rimasta lì a dormire, lui doveva alzarsi molto presto al mattino. Il quarto e quinto appuntamento sono passati discretamente, l’hanno fatto di nuovo, anche in quell’occasione a casa di lui che sempre presto si doveva alzare il mattino seguente. Sesto appuntamento, lei questa volta lo aspetta a casa propria, lui fa tardi. Arriva stanco, non si è cambiato dopo il lavoro, è leggermente spettinato e con l’occhiaia, questo il dialogo:
“Oggi giornata terribile, sono distrutto”
“Ma cos’è successo cucciolo?”
“Niente, lascia stare, guarda preferisco non parlarne, restiamo in casa?”
“Certo, non ti preoccupare, come vuoi…, ma dai… però... se non ne parli con me? Sono qui anche per questo!!”
“Guarda, il lavoro, un casino, davvero lascia stare…”
“Ok, come vuoi, guardiamo la tv? Ti faccio un the? Un biscotto? Una tisana? Una fetta di dolce?”
“Hai una birra?”.
“Certo, vieni che ti faccio un massaggino..”
“Guarda, preferisco di no, ho la cervicale”
“Avvicinati che ti coccolo un po’”
“Guarda, preferisco di no, ho mal di stomaco e penso pure di aver contratto un principio di scabbia, non vorrei contagiarti.”
….. 25 minuti di silenzio immobili a guardare “Alle Falde del Kilimangiaro” tenendosi distrattamente la mano sinistra…
“Ora vado, devo assolutamente dormire…”
“Ok, ci sentiamo domani mattina cucciolo, riposati…”
E’ no, fidatevi, chiamerà, ma il domani mattina saranno le 14.30 del pomeriggio, una telefonata di tre minuti, problemi di lavoro, la sera non passerà, poi chiamerà dopo tre giorni, i problemi di lavoro stanno diventando insormontabili, e considerando che non si chiama Obama e non lavora alla Casa Bianca bè rassegnatevi… è un banalissimo ed eloquente no.

3 – Storia che deve partire, almeno nelle intenzioni di uno dei due. Si sono conosciuti al Clan, in penombra, fuori faceva freddo, si scambiano i numeri di telefono, non subito, a fine serata, dopo il terzo bicchiere, dopo che lei ha chiesto a lui, responsabile acquisti in un’azienda metalmeccanica, “ma se devo comprare quattro bulloni del 13 dove posso trovarti?”.
Giorno dopo, sms di lei: “Ciao :-)!" sms di lui: “Buongiorno.”, lei: “Hai visto che bella giornata??:-))”, lui: “vero, ieri sera faceva molto più freddo”, “Questo sole mi sta mettendo davvero di buon umore, l’ufficio ha una luce tutta particolare oggi :-))) che fai di bello?”, “lavoro”, “Ma... pensavo.., a che ora esci dall’ufficio oggi pomeriggio?:-)))), “alle 23.30, ho una riunione”, “ e domani?? :-)) :-))”, “alle 24.00, ho una riunione”, “e sabato che fai?:-))) :-)))", “ho una riunione”.
E’ no, difficile da credere e da accettare ma è no, potrete tentare la settimana dopo, durante il week end, il mese successivo, a Natale, a Pasqua dell’anno a venire ma è no. Anzi attenzione, se dovesse arrivare un sì nell’arco dei 18 mesi successivi con ogni probabilità lui è stato mollato dalla sua amante ed è incazzato come una bestia, vi utilizzerebbe solo come un ripiego.

4 – Storia lunga, c’è stato un litigio, una roba seria, una di quelle cose che possono financo scatenare guerre, lui si è arrabbiato perché a cena con amici comuni, quando lui ha ordinato la seconda bottiglia di rosso, lei ha osato dire: “Caro, e se facessimo bianco?”. Lui è andato su tutte le furie, in auto, al rientro, da soli, ha attaccato a rinfacciarle di quella volta  alle elementari che non gli aveva passato Italiano, poi si è inalberato tacciandola di scarso rispetto perché in bagno lei fa sempre la pipì con la tavoletta abbassata e una volta finito non la rialza, poi non sopporta più le pettegole delle sue amiche, e crede che davvero sia giunto il momento di una pausa di riflessione, "devo capire", ha bisogno di stare da solo, per un po’, deve riflettere.
E’ no, fate un test se avete dubbi, provate a chiamarlo dopo tre minuti che vi ha riportata a casa, il telefono sarà occupato e  dopo mezz’ora lo troverete spento, fino al mattino successivo, vi consiglio pure di fare un’improvvisata a casa sua se avete ancora dubbi, non troverete anima viva, dovreste provare a casa di Agata, ma voi ancora non sapete nemmeno dell’esistenza di Agata e tantomeno sapete dove abita. Quindi rassegnatevi, è no.

5 – Tentativo di approccio, con uno stratagemma lei è riuscita ad avere il numero di lui.
Lei: “Ciao!!”, lui: “chi sei?”, lei: “sono Alessia! Dai ti ricordi l’altra sera a casa di Alice, ero quella con il vestito verde a pois!”. Passano tre giorni, sms di risposta di lui: “verde a pois neri?”, passano tre secondi, sms di risposta di lei: “Sì, sono io, allora ti ricordi!!!!!”. Passano due settimane, sms di lui: “Hai i capelli neri?”, passano due secondi, sms di lei: “No, bionda, dai forse la luce soffusa, avevo da poco fatto i riflessi ramati! Sai faccio la parrucchiera!”. Passano quarantasette giorni, sms di lui: “Ultimamente ho la forfora, che shampoo mi consigli?”.
E’ no, so che può sembrare sconvolgente, ma è no, se avete passato intere serate con le amiche a decifrare la punteggiatura degli sms di lui per capire se poteva nascondere un messaggio vagamente allusivo e foriero di interesse, bè, mi spiace, avete perso tempo.

6 – Facebook, una ragazza  chiede l’amicizia, lui la concede perché sulla foto del profilo c’è un quadro di Picasso e crede si tratti di un’amica d’infanzia appassionata del pittore, poi una volta concessa lui controlla le foto, non è lei, dopo dieci minuti non si ricorda nemmeno più il nome ma non la canclla. Passano due giorni, lui scrive: “Oggi piove”, lei “mi piace”.  Passano tre giorni lui scrive: “Oggi mi sento allegro”, lei “mi piace”. Passano quattro giorni, lui scrive: “Ok, sto per andare al lavoro”, lei “mi piace”. Cinque giorni, “mi sento triste”, “mi piace”, “ho caldo”, “mi piace”, “accidenti!!”, “mi piace”. Dopo una settimana lei si collega e manda un messaggio in posta privata “ciao!!”. Nessuna risposta. Dopo 10 giorni lei ricontrolla e non lo trova più su facebook e pensa: “Che Strano? Ma come mai si sarà cancellato? Forse che abbia troppo da fare? Forse si è stancato di tutta questa socializzazione? O forse è andato in Kazakistan e là le restrizioni nel mondo internet si sa sono terribili!”.
No, semplicemente è no, e statene certi... non si è cancellato, l’ha solo bloccata.

Bene, mi fermo qui, solo una roba ancora, ho detto del Romantico e del Serial Killer, ma c’è una terza categoria che potrebbe essere interessata a questo bignami del disilluso, è  “il cacciatore di no”, quello che si incaponisce perché non ha la voglia, non ha il coraggio, ne ha le balle piene, è un matto, un single abituato, un romantico che ha fatto finta di fare il killer e continua a scappare di fronte a chiunque possa  dire sì. Ecco forse questa è la categoria che potrebbe trarre il maggior beneficio da questa roba… Buonanotte signori!!!      

PRESSIONE 80-120. L'INSODDISFAZIONE

Qualche tempo fa un’amica mi ha chiesto: “Ma perché tu scrivi sempre dell’amore??”

Ora non ricordo che cosa le risposi allora, forse un tentativo di frase ad effetto per fare colpo, per sembrare profondo, una roba da piacione immagino, o potrei aver giocato la carta dell’intellettualoide autodidatta e disastrato che ha vissuto troppo intensamente, una roba che un’altra mia amica, tale Rak, mi avrebbe risposto: “Ma parla come mangi”. Amica questa con il dono della sintesi efficace. Una specialista.
In realtà, e ci pensavo ieri mentre camminavo sulla sabbia bagnata, io non scrivo dell’amore. Scrivo spesso di uomini, di donne, della favolosa età di mezzo comunemente nota come “quarant’anni”, scrivo di incasinamenti e complicazioni, scrivo di quello che vedo oppure anche solo di quello che mi sembra di vedere.
Ma non scrivo dell’amore, semplicemente scrivo di insoddisfazione.
Sì di insoddisfazione, perché è questa la molla, è l’insoddisfazione che muove il mondo.

“Stasera cosa facciamo? Usciamo? Sì ma poi dove andiamo se usciamo? Al cinema? Sì ma poi a vedere che cosa? E a che ora? Oppure restiamo in casa? Sì ma poi cosa facciamo se restiamo in casa? Guardiamo la tv? Si ma poi che cosa?  O leggiamo un libro? O facciamo l’amore? Eh cosa dici? Facciamo l'amore???”
“Ma oggi è mercoledì!”

“Ok, allora cosa facciamo? Prepariamo gli gnocchi per domani? E perché allora non andiamo a casa di Ricki a giocare a pinella? Sì però c’è pure la Fede a casa di Ricki, e che noia quella donna… Va bè guardiamo i Cesaroni.”
Insoddisfazione, questo potrebbe essere uno degli esempi tipici del sintomo evidente dell'insoddisfazione latente,  il brodo primordiale da cui tutto nasce.
I Cesaroni come via d’uscita, la soluzione che chiude la serata.
Esistono varianti che possono chiamarsi Milena Gabanelli per i livorosi giustizialisti che soffrono la mancanza di un sesso davvero soddisfacente; oppure Top Crime e Giallo per i gelosi con la sindrome del tradimento becero dietro l’angolo; oppure per gli inguardibili romantici quel programma di Enzo Miccio di cui non ricordo  il nome che racconta di come ci si può sposare sentendosi  George Clooney  pure a Torpignattara.
Insoddisfazione. E’ questa la molla.

E dopo centoventisette serate del tipo di quella sopra descritta ecco che succede un fatto, ora lo racconto.  (Il corsivo sta a significare che mi inserisco io, io narratore intendo).
Un minimo di ambientazione per capire meglio il senso: bar sotto l’ufficio, pausa pranzo, due colleghe, una delle due è quella dei Cesaroni, l’altra la sera prima è andata a letto con il gatto alle 20.45, una con l’insalata di sedano, l’altra con la bresaola, acqua leggermente frizzante per trasgredire, silenzio interrotto da sospiri..., poi... arriva lui… alto, elegante, brizzolato, abbronzato, aitante, penetrante, tenebroso, con il Rolex e il gabardine che lascia intravedere una giacca sartoriale e sotto la giacca la camicia leggermente sbottonata, le iniziali al quinto bottone, i polsini slacciati, naturalmente Tods, un filo di barba, un filo di pancia, il filo di scozia del calzino, una lacrima di profumo inebriante….

Signorina buongiorno, le chiederei un caffè… alto per favore”
E spalle al bancone si gira verso le due colleghe, sorride, si avvicina…

“Buongiorno signore, posso?”
Vuole il quotidiano appoggiato sulla sedia vuota che sta sotto la borsa nera della ragazza che dorme con il gatto, Pachino si chiama, il gatto intendo.

“Certo, abbiamo già letto, prego, prego…” - è la sig.ra Cesaroni che parla, e mentre lo fa un rossore leggero parte da dentro, dalla pancia,  non è timidezza ma adrenalina, il cuore accelera, pressione arteriosa che passa da 80-120 a 85-160, sudore freddo, l’acqua sul tavolo diventa da leggermente frizzante a gasata della madonna, le gambe si accavallano, il tacco nove diventa un dodici, le labbra si posizionano in status cuore ammiccante e mentre tutto questo succede, con tono basso per non farsi sentire da lui, ma deciso per farsi sentire dall’amica collega, aggiunge:
“L’ho visto prima io, se provi a fare la gattamorta come al solito ti caccio sotto con la macchina, e poi tu hai già Alberto e anche il tuo vicino di casa, e dormi col gatto perché Alberto è sposato e il tuo vicino di casa russa e non ha il becco di un quattrino”

“Ok, ma anche tu hai Angelo, sposati da quattro anni se non sbaglio?!”
“Acida! Ecco cosa sei, acida. Ma fa niente, tu stammi vicino, seguimi e non prendere iniziativa”  questa l’ho copiata ma secondo me qui ci sta bene.

“Lucia il caffè lo prendo al banco, tutto il giorno a sedere e stasera non riesco nemmeno in palestra…. Ma Lucia per favore puoi aggiungere un po’ di cacao… come hai fatto per il Signore??”
lui, professionista di altri tempi con l’esperienza del maledetto, il capello del vissuto, il tono di voce dell’uomo che non deve chiedere mai…

Ottima scelta il cacao, è fantastico, mi raccomando non aggiunga zucchero, sarebbe un delitto, ucciderebbe il piacere… ah sono imperdonabile, un vero cafone, dimenticavo… io sono Carlo!” - e la stretta di mano è decisa, al limite del vigoroso, prolungata e con lo sguardo che si conficca negli occhi di lei.

“Piacere mio… io sono Agnese” – e la stretta di mano è decisa ma arrendevole subito dopo il primo secondo, prolungata ma leggermente sfuggente, con lo sguardo che si lascia trafiggere per poi lasciarsi lentamente cadere, abbassandosi, in una finta malinconia spezzata da un sorriso che ha portato un raggio di sole in una giornata nebbiosa – insomma una puttanata di farsa all'Italiana per suscitare interesse. Due attori. Due professionisti.
Adesso non vado oltre con i dettagli, non sto a raccontare di come si siano scambiati il numero di telefono, l’indirizzo della casa al mare di lui che è sempre libera durante l’autunno-inverno, non starò a raccontare di come lei si sia iscritta ad un corso di Inglese, poi ad un corso di Pilates, poi ad corso di taglio e cucito acrobatico e del perché non abbia visto né l’ultima puntata dei Cesaroni su Canale 5 e nemmeno la replica su Mediaset Extra, no sarebbe troppa roba per un racconto breve, però dirò il perché: insoddisfazione... questa è stata la molla.

Insoddisfazione per una pressione arteriosa costantemente 80-120, piatta, normale, e dire che prima, prima di conoscere Angelo, l’obiettivo era quello, 80-120. Sì, una scelta matura, consapevole, un uomo d’oro, una casa, un cane, un figlio, una figlia, le vacanze in Sardegna, la birra, il cinema,  la pinella da Ricky, i mille interessi in comune… poi? Poi, l’insoddisfazione, infida, bastarda, subdola (abbondo con gli aggettivi che ho letto da qualche parte che danno fascino!), l’insoddisfazione che attanaglia, e Angelo che si distrae, trascura, fa tardi la sera e non si accorge di nulla, sicuro di sé e sicuro di lei, sicuro di loro forse, a ben guardare un poco insoddisfatto pure lui,  Angelo che non cerca più, che non è più curioso, che si è fatto critico sul giro vita, critico sulla coscia nonostante il metro e cinquanta di gamba, critico sul culo a suo dire un po’ flaccido,  che si è assuefatto alla sveltina del sabato sera con la luce spenta e pare torni a vivere, ma solo apparentemente sia chiaro, durante  la settimana you-porn, qualla della vacanza in Sardegna.
L’insoddisfazione. Che roba.

Ma è tutta così? Non lo so. Forse no, io osservo, qualcuno mi racconta, qualcuno mi dice di aver sentito dire, poi a pranzo sono sempre fuori casa, frequento i bar sotto l’ufficio e spesso mi capita di incontrare insalate di sedano e bresaola, e conosco Carlo, uno-dieci-cento Carlo, e conosco pure Angelo, uno-dieci-cento Angelo, e se devo essere sincere Carlo e Angelo non sono poi così diversi, dipende solo da chi guarda e da dove li incontri, al bar in pausa pranzo oppure la sera dopo cena. E anche Agnese, non è così cinica e libidinosa, ma solo insoddisfatta. E non è una colpa essere insoddisfatti, è una conseguenza del vivere, una roba così, un modo per dire: “Hei Angelo di merda vuoi accorgerti di nuovo di me o no? Guarda che la mia gamba di 150 cm fa, e fa pure un bel po’ se voglio (e spesso voglio), e  il sedere flaccido non è il mio ma quello di tua sorella!!”. E Angelo spesso se ne accorge, di solito dopo nove mesi, massimo dodici, ma se ne accorge, e recupera, perché in fondo è così che deve andare, se l’è sposata lui Agnese, mica Carlo.
Ma è tutta così? Non lo so. Forse no, forse qualcuno si innamora, io non lo so, io parlo di uomini e di donne, non di amore, non ne sono capace, non sono mica innamorato adesso. Lo sono stato? Sì, due volte, ma era tanto tempo fa, non mi ricordo mica o se mi ricordo l’ho voluto pure dimenticare, non perchè non sia stato tremendamente fantastico, ma così, per non fare nostalgia. E mi è capitata tutta questa roba qua? Non lo so. Forse no, ma era diverso, era diverso perché una volta ero giovane ed ero pure soddisfatto, anzi soddisfattissimo, e l'altra volta ero diversamente giovane, diversamente giovane tipo quarantenne, ed ero altrettanto soddisfatto, ed ambo le volte se qualcuna mangiava insalata di sedano nel bar sotto l'ufficio io, sinceramente, manco me ne accorgevo.

Ah dimenticavo, per gli amanti del "vogliamo sapere come è andata a finire", vi dico che la storia di Carlo e Agnese è durata fino alla fine dell’inverno successivo, quasi primavera, quando la casa al mare di Carlo “si è di nuovo occupata”, è arrivata Elisa, la fidanzata di Carlo, e più o meno nello stesso periodo Angelo si è accorto che forse le gambe di Agnese non sono così male, anzi, e anche il suo sedere dopo l’inverno in palestra e il corso di pilates e di inglese è un po’ meno flaccido, anzi...
Tutti soddisfatti quindi, tutti tranne la collega di Agnese, non so il suo nome, so solo che continua a mangiare bresaola nel bar sotto l’ufficio e a dormire col gatto. Porella.... vittima delle circostanze, e soprattutto vittima della moglie di Alberto che ha scoperto tutto, un macello...

SE NON TI INNAMORI GODI SOLO A META'

Se non ti innamori godi solo a metà…. ragionare di questa cosa di fronte ad un Super Lillo e ad una birra media  alle 20.45 del lunedì sera all’apparenza non è facilissimo, ora chi Faentino non è magari non sa che cos’è un Super Lillo, ma  vi assicuro è impegnativo… buono eh... ma impegnativo. È  la mozzarella che ti frega, ti lasci coinvolgere, un tocchetto via l’altro e sei già a 2600 kcal che manco te ne sei avveduto, un po’ come le storie uomo donna: un bacio via l’altro e sei già nel parco secolare di Villa Emaldi a decidere chi deve stare vicino alla zia e chi invece dovrà sedersi fra Ugo e la Marta, che devono necessariamente star  divisi perché altrimenti la festa corre il rischio di diventar tragedia, faida parentale, catastrofe della peggior specie.

E tu non ti sei accorto di nulla, solo un ricordo vago di un pezzetto di lingua, la passione che stracciava i vestiti, tu che aspettavi prima sotto casa, poi dentro casa, poi in camera da letto, poi lei che entrava in casa tua senza aspettare, un bicchier d’acqua in soggiorno se era arrivata di corsa, due calici di rosso se c’era più tempo,  il divano cappottato, la prima notte a dormire da te, la seconda notte a dormire da te, poi le bomboniere oppure in alternativa l’avvocato o l’analista (avvocato se si è partiti in troppi, l’analista se si è arrivati da soli) , poi… poi dipende..., dipende da un sacco di cose…, servirebbe un libro per raccontare tutti i dipende ed  ora non è il caso, concentriamoci su questa insignificante metafora culinaria.  

So che il passo tra la mozzarella del Super Lillo e il pranzo nuziale può sembrare un pelino azzardato ma vi assicuro,  meno di quello che si possa immaginare. Mi spiego..

Voglio vederla quasi solo al maschile questa volta, un  universo di sentimenti semplici ma profondi, veri e concreti, che le donne spesso non comprendono fino in fondo, anzi… aggiungerei molto spesso, convinte come sono che solo per loro sia impossibile scindere sentimento e sesso, amore e carnalità, anima e corpo, psiche ed eros,  che in verità raccontano questa roba ogni tre per due ma spesso sono più ciniche e seriali del peggiore degli scaricatori di porto che bivaccano sulla darsena di Ravenna dalle 14.45 alle 16 del pomeriggio .

Ecco che per questo, tutto quanto sopra doverosamente premesso,  voglio e devo deludervi Signore mie:  l’uomo è capace di distinguere le classiche “due botte” dal “voglio stare con te quasi tutta la vita  perché mi completi”.

  è capace… ed è il “mi completi” che fa la differenza, anzi è “il come mi completi” che distingue davvero.
Sì perché il “come mi completi” fa l’intensità, fa l’intensità del rapporto,  che per i meno romantici si può tradurre in:

 “Ciao Ivo, ieri sera l’ho vista…”
“E allora Luì, dimmi… com’è andata? Anzi com’è?” (“com’è andata?” e “com’è?” nel gergo amical-maschile sono due cose molto diverse: la prima domanda si interessa alla storia nel suo complesso perché la felicità di un amico è la tua felicità, la seconda mira a conoscere i dettagli , sì perché spesso è il dettaglio che fa la differenza e se per caso un giorno i due si mollano un paio di referenze attive fanno sempre comodo – nda)

“Ah com’è…. Come vuoi che sia?! E’ molto di più di quello che sembra, e davvero mi son reso conto che è così perché siamo noi!”

“Ehh?”

“Sì, è così perché siamo noi, sarà la chimica, sarà l’intesa e pure l’intensità, ma io una roba così mica l’ho mai vissuta. Vedi Ivo, hai presente Giulia? Ecco sì… lei era bella, mi piaceva, sì dai mi ispirava pure parecchio se devo essere sincero, però… a metà. E poi Agata, hai presente Agata? Sì, così… parlavamo un sacco, poi i baci col ciocco, e poi sveglia, sempre molto sveglia, e disinibita poi… molto disinibita, però… a metà. E se penso a Giovanna, bè effettivamente Giovanna era calda, molto calda, ma io ti ricordi Ivo, non ce la volevo a casa mia, no, proprio non ce la volevo, mi dava noia, sempre a toccare tutto, sempre a puntualizzare, soprattutto la sera… dai Ivo, Giovanna era calda… però… a metà”.

“E lei invece?”

“No, lei no, leì però non mi è nemmeno passato per la testa, neanche un istante,  lei è entrata senza chiedere permesso, dolcemente prepotente con venature di una  sfrontata ed irresistibile timidezza, lei che quando è uscita mi ricordavo il cognome, il giorno del suo compleanno, il colore del perizoma, la targa della macchina, la prima e l’ultima frase della nostra interminabile conversazione, il sapore della sua bocca, la sua canzone preferita e cosa mangiava all’asilo il mercoledì a pranzo. Lei che il suo profumo mi è rimasto sul cuscino per almeno due settimane (anche perché il cuscino Luì l’aveva sigillato sotto vuoto – nda) , lei che continua ad anticipare ogni mio pensiero, lei che-io-glielo-avevo-detto-ad-un-altro-mio-amico-un-giorno-che-facevamo- degli-esempi-che-può-capitare-pure-a-quarant’anni-di-aver-voglia-di-impazzire-di-lei-una- due- tre-volte-in- un-giorno, e lei che soprattutto ha una padronanza del congiuntivo  talmente eccitante che come fai a non innamorarti?”

“Luì, hai detto innamorarti??”

“Sì, innamorarti, credo di averlo detto….”

Ecco care Signore, queste non sono le classiche “due botte”, sono la differenza, quella che l’uomo se ne accorge subito, e magari non lo ammetterà mai per non far la figura del problematico e per dare alla donna l’illusione di quella superiorità sentimentale che è convinta erroneamente di possedere dalla notte dei tempi.
Ma "le due botte” l’uomo lo sa, sono come il Super Lillo senza mozzarella, possono pure essere piacevoli però non filano,  ingrassano meno, minor rischio di colesterolo cattivo, ma lasciano in bocca il senso dell’incompiuto, che hai finito di cenare e manca qualcosa, guardi il menù, vorresti un qualcosina ancora ma non sai cosa, un dolcetto? Una Sambuca Molinari con la mosca? Un caffè diverso dal solito? Un biscottino secco con la marmellata alla pesca bianca? Insomma qualcosa manca... ecco manca il sapore particolare... quello che: "ahh, ci voleva proprio!".
Si, decisamente, se non ti innamori godi solo a metà perché manca il sapore particolare!!!!! 

LA COPPIA SCOPPIA

Voto per l’originalità del titolo: zero. Credo sia stato abusato tante di quelle volte che neanche riesco a contarle, ma  questo è quello a cui sto pensando da oggi pomeriggio....
La coppia scoppia… e lo strano è che sempre più spesso scoppia ancor prima di esser diventata tale. Sempre più spesso la coppia non nasce, stiamo vivendo in un’epoca di “spaiati”, unicità che vagano per le città alla ricerca di qualcosa che apparentemente non c’è: l’Altro (si noti la maiuscola, non è un errore!).
Esagero? Credo di no. E quelli che apparentemente ci riescono? A trovare l’altro intendo (altro con la minuscola stavolta), nel tanto per cento dei casi sono unici pure loro, sì unici, sì perché si può essere unici pure in due, a volte si è unici anche in tre, ci sono un sacco di single sposati, o fidanzati, o conviventi, sì… e più di quanti se ne possano immaginare. Come distingurli? Continuano a cercare l’Altro, magari non apertamente, non lo dicono a nessuno, nemmeno a se stessi, ma cercano. Li vedi che girano in giro, senza distinzione uomo donna, solo differenze comportamentali, l’uomo gigioneggia, la donna svampeggia. 
“ Luì….  come stai?”
Luì è single da quasi sempre, scoppiato da una vita, era singole pure quando si è innamorato l’ultima volta, non per scelta ma per circostanza, stato su FB “relazione ingombrante”, convinto di aver trovato l’Altra, l’Altra non aveva trovato Luì, anzi l’aveva trovato per un po’ in mezzo ad un sacco di altri impegni, diciamo che l’aveva preso in prestito,  “mi sono quasi innamorata di te perché non avevo niente da fare dalle 14 alle 15” potrebbe essere la colonna sonora,  insomma  cose che capitano.
Ora Luì fa il teorico, un po’ di vita vissuta alle spalle, spesso fuori dalle regole, a volte sopra alle regole, fase da collezionista spinto dall’orgoglio ferito, poi asceta concentrato su chi dice no, forse perché vuole sentirsi dire no, poi  osservatore attento, a volte tentato dalla voglia di un abbraccio caldo-stretto-e da tanti baci con la lingua, raccoglitore di storie sue e di storie altrui.
Credo possa essere il tipo giusto per parlare di coppia che scoppia.

“Agata… come mai questa domanda proprio ora? Bene… sono qui…”

“Luì perché non mi sposi?”

“Agata, basta con questa storia, non ti sposo prima di tutto perché errare è umano ma perseverare è diabolico e poi tu sei già sposata, e non sei innamorata di me, e ci conosciamo solo da una settimana, e abbiamo iniziato subito dalla parte sbagliata anche se è divertentissimo e lo so, a tratti direi appassionante, fa battere il cuore,  fa sudare, fa perdere la testa, ma ho la più che fondata certezza che non sia amore.”

“Ma io credo di non poter più vivere senza di te?! Mi manchi, mi manchi già che sei ancora qui e so che tra poco me ne andrò..”
“Agata… vedi… non ti manco io, ma semplicemente non hai voglia di ritornare nella tua casina e pur avendo il tuo maritino di fianco sei incazzatissima perchè  non riesci più ad essere distratta da lui!”

“Distratta??”
“Sì distratta! Distratta tipo che tu arrivi, togli il cappotto, lo guardi, lui ti guarda sorridendo e tu fai cadere il cappotto nel portaombrelli. Distratta che hai una voglia improvvisa di baciarlo e dimentichi le scaloppine al limone sul fornello che dopo devi gettare le scaloppine e pure il fornello. Distratta che hai talmente voglia di sederti di fianco a lui sul divano per raccontargli tutto quello che di bello-brutto-forte-intenso-scemo-inutile ti è capitato durante la giornata che dimentichi che la sedia a dondolo su cui vi state arrampicando completamente nudi è a dondolo, e conseguentemente rovinate a terra. Ecco tutto questo ti manca, non io”
“Sei uno stronzo Luì”

“No, sono uomo di mondo, sono uno che è passato di lì mentre tu cercavi ste cose qua e mi hai trovato, e pure io ho trovato te, niente da dire, e ne sono pure felice (…purché tu non resti a dormire a casa mia!...), ma mi sembra un po’ pochino per un matrimonio…”
“Luì me ne vado, non so se vorrò rivederti…”
E Agata esce e raggiunge il parcheggio, e Luì si alza dal letto e raggiunge il bagno, e Agata scrive un messaggio, e Luì legge un messaggio: “Luì sei uno stronzo, ci vediamo domani, solita ora… mi fanno ancora male le gambe… stronzo. Un Bacio. Agata”. E Luì pensa: “Ok, però a dormire da me non resti nemmeno se tuo marito è in trasferta in Uganda”.

Bip-bip – “Ciao Luì, andiamo al cinema questa sera?”

“Sta scrivendo…” – “Ciao Simo, ok, passo io, 20.06 sotto casa tua!”
20.06 – smack-smack sulla guancia
“Luì, che bello che sei venuto”

“Simo, mi piace vederti lo sai. Ma che succede, oggi è mercoledì…”

“No Luì… è finita. Dai non ce n’era, due mesi e già mi andava stretto, e c’aveva caldo, e c’aveva freddo, e così no perché mi spettino, e “haa è stato fantastico” che sembrava rantolasse, e poi non sapeva niente di me, non avevo voglia di raccontargli nulla e non me ne poteva fregare di meno di quello che lui mi raccontava, e poi io carne bianca e lui carne rossa, io Aulente e lui Verdicchio… dai una tragedia… e poi sbaglia i congiuntivi, mangia con la bocca aperta, sì ok addominali scolpiti e occhi verdi e capello nero maledetto e panta grigio perla d'ordinanza… ma una noia… ma che tipi ci sono in giro? Ma ti rendi conto?”
“Simo, ma dai, credevo c’avessi fatto il callo! E’ la trentasettesima volta che ne parliamo negli ultimi sei mesi. In giro  effettivamente c’è questo, c’è nessuno, dei nessuno che escono per locali, che fanno aperitivi, che giocano a calcetto, che bevono bollicine esclusivamente perché impazziscono  sentondosi Vip mentre dicono:  “per me una bollicina darling” (darling perché l’hanno sentito da uno sburo qualche sera prima e lei, la darling, ha riso per trentotto secondi di seguito… - nda),  dei nessuno che rincorrono se stessi perché non riescono più a distrarsi!”

“Distrarsi?”

“Sì distrarsi, una roba che spiegavo oggi ad un’amica, lascia stare, è troppo lunga… Comunque ci sono anche un sacco di “nessune”. Quasi peggio dei tuoi nessuno. Nessune che vagano per locali, che bevono bollicine e si selfano mentre bevono bollicine, perché adorano scrivere “bollicine” sotto il selfie con tanti emoticons a forma di stelle-stelline e calici.
Oppure nessune che hanno il male dentro, il male che si chiama “orologio biologico accellerato” che sta per scadereee-sta per scadereeeeee-sta per scadereeeeeeee, e ti viene un’ansia che hai voglia di Xanas, Tavor e Lexotan a nastro!
E nessune che l’ultimo libro che hanno letto è “Storia della ceretta dal dopoguerra ad oggi”.
E ancora le nessune politicamente impegnate, che vorrebbero amarti ma il mondo ha bisogno di loro e non possono amare te e salvare il mondo allo stesso tempo.”
“E’ devastante Luì, sono a ridosso dei quaranta, tu già li hai superati e niente. Tutto intorno la delusione, la desolazione, la delusione per la desolazione. Ma non è Luì che siamo noi ad essere sbagliati? Ipercritici per comodità, noi che scartiamo prima per paura di essere scartati dopo. Non è che sono loro i normali e noi gli strani? Luì non è che è sbagliato riuscire a vivere anche da soli?! Luì non è che continuare ad inseguire chi non si può avere alla fine è una scusa per nascondere la propria incapacità? ”

“Incapacità di?”
"Incapacità di essere coppia, di essere due, di esserlo felicemente, di continuare ad essere esageratemente appassionati al limiti dell’infoiamento anche dopo i primi due anni! Incapacità di abbandonare la libertà di fare quello stracavolo che ci pare! Luì, non è che siamo sbagliati noi?!”

“Simo la coppia scoppia non per nostra incapacità, noi siamo solo scoppiati incalliti, ossidati dal tempo, scoppiati che pensano troppo, si accontentano per niente e non cercano il perfetto in assoluto ma vorrebbero semplicemente Altro, Altro e Altra con la maiuscola. Un’Altra che “haaaa” ti ricordi che esiste, e se esiste da qualche parte dovrà pur essere, perché rinunciare a cercare!”
“Scoppiati incalliti… Forse hai ragione Luì. E la soluzione?”
“Simo, ora andiamo al cinema poi dopo vieni da me e me la dai, Ok??”
“Scemo! Se la volevi davvero non dovevamo diventare amici io e te! E forse chissa, ci saremmo pure innamorati!!”

“Sì probabile... innamorati giusto giusto quel poco che vien subito prima che la coppia scoppi in una bella convivenza d’ordinanza o in una beata e libera solitudine di ritorno, solitudine part-time s’intende, perché anche i puri cedono qualche volta.
Dai Simo, il cinema lo pago io, tu offri i bomboloni caldi quando usciamo.”


La coppia scoppia e si continua a cercare Altro, mi raccomando però, se in giro incontrate Luì, non fateci caso... in fondo....  è solo un cercatore!!!


Whats app e i suoi stati, storia di una ragazza moltiplicata per 139 caratteri

A fregarmi è sempre stata la curiosità, curioso in particolare di tutto quello che mi sfugge e spesso ciò che mi sfugge mi affascina.... oppure mi affascina ciò che mi sfugge??? Baahh adesso non ricordo precisamente e poi non è importante, andiamo avanti! Curioso dicevo, per questo  guardo, e leggo, e cerco di capire, e penso, ripenso, mugino e rimugino, e talvolta scrivo.

A  fregarmi è sempre stato whats app, na roba (leggasi “na” così come si scrive) che ti chiedi: “ma prima… come facevi a sopravvivere con l’sms?!”. Sì whats app, con le sue chat, un flag, due flag, tra poco tre flag, è on-line o non è on-line, nascondi il line e rimetti il line, archiva o elimina, stampa, invia a mezzo mail, aggiorna la tua App… e poi…. e poi alla fine lo “Stato”.
Ahh lo “stato”, quella cosa che in 139 caratteri, compresi gli spazi, devi raccontarti, devi raccontare come stai, o chi sei, o che cosa fai, e dove vai, cosa vuoi, cosa vorresti, perché lo vuoi. In che “stato” sei? In che stato sarai, devi raccontarlo o la chat perde la propria ragione di essere…
“Lo stato”. C’è un mondo dietro ad ogni ”stato”, anzi c’è un mondo dietro ad una sequenza di ”stati”, e allora capita che ci siano sequenze più sequenze di altre, “stati” che come dicevo incuriosiscono, e questi, quelli che incuriosiscono, quelli scritti da persone molto interessanti, li leggo, li leggo per capire... anche se spesso non capisco nulla... o capisco poco, ma anche stavolta non importa, è lo “stato” che conta.


“Maresciallo ciao, tu sei inglese madrelingua è vero?”
“Ehh!! Madrelinguissima per l’esattezza”

“Allora mi traduci questa cosa che non capisco!”
“Questa cosa, cosa?”

“The “earth” without “art” is just “eh”… e Jooo i a…. e schlafen… e Monty Monty Python…”
“Sei scemo? Che roba è?”

“Va bè se non sai l’inglese non ti arrabbiare con me Maresciallo, ho chiesto”
“Ma non ha senso, mi hai sciorinato una serie di frasi in lingua mista che non hanno senso fuori dal contesto!!”

“Ma sì che hanno senso, allora ascolta… adesso te lo traduco io, non letterale, ma sostanziale, ti faccio una traduzione sostanziale, leggi con attenzione, a volte toglierò le virgolette che mi piace di più ma  sappi che sarò  ugualmente io a raccontare”.
Quelle frasi parlano di una ragazza…, una giovane donna, quasi bambina (!) con lo sguardo da grande che si interroga sulle scelte che non ha fatto, che poi come sai altro non sono che scelte ben precise, scelte appositamente non fatte, ma lei si interroga ugualmente, ha comprato pure un manuale… un manuale per capire, per capire se può fermarsi e tornare indietro, oppure andare avanti, rammaricarsi o essere soddisfattissima. Ha comprato un manuale, un “manuale distruzione” come lo chiama lei, perché è una precisa, almeno nelle intenzioni, non lascia nulla al caso, sempre nelle intenzioni, ed è per  questo che si documenta, per decidere, anche per non decidere se serve. Ma c’è un problema,  il manuale l’ha scritto una donna triste, una donna che oggi non c’è più e io le ho detto che non lo deve leggere, perché lei è felice, ha il sorriso dentro, e non deve leggere cose tristi, scritte da scrittrici tristi che sono evaporate prematuramente. Ma cosa vuoi, lei è caparbia….e lo leggerà nonostante il mio consiglio.

Sai Maresciallo lei è una ragazza che dice di voler bene a tutti, ma ci sono giorni in cui ne ucciderebbe almeno un paio di quei tutti, che si sforza di rincorrere pensieri superficiali e qualche volta ci riesce pure, li trova in mezzo ad un sacco di altri pensieri profondi. Pensieri superficiali nascosti dietro ad un orecchino vintage molto chic  che si abbina a tubini neri molto corti e stivali aggressivi… entrambi indossati per noia, la noia che usa come scusa per  non doversi cambiare d’abito il martedì mattina rispetto all’uscita del lunedì  sera, ma in realtà il tubino nero e lo stivale aggressivo nascondono la voglia di affascinare con semplicità .
“Mahh, e tu sei sicuro che quelle quattro frasi raccontano una storia del genere?”

“Certo Maresciallo, lascia fare e ascolta, lo sai che ne so, ascolta ancora cos’ho da raccontarti…
Questa ragazza pensa che ci siano persone che “non sono di questa terra”, che detta così non vuol dir nulla e ti sembra pure scontato se vuoi, ma se la ascolti quando ti racconta che l’apparenza inganna, e spesso anche tanto, capisci che non è scontato, e lo capisci nonostante lei sia una grandissima ciozzara, una ciozzara con la faccia da fidarsi, una della peggior specie insomma, e capisci che non è di certo a se stessa che pensa quando dice ste cose, sì perché lei è terrena e ha molto chiaro in testa che il tempo è una bugia e anche se cerca di non esagerare con la razionalità, ripetendoselo spesso,  quando aforismando ti dice: “se il dito indica il cielo e l’imbecille guarda il dito” sai che vorrebbe aggiungere, “l’imbecille non ha capito un cazzo..”, ma non lo fa, perché è educata, educata dentro.  

Educata dentro e razionale fuori, fascinosa di fianco, semiseria sopra, ciozzara tutto intorno. Un puzzle insomma, un puzzle a colori che corre sul lungo mare, galoppa sul cavallo e perde sei-uno sei-uno a tennis, ma quando la mattina si sveglia adora far colazione sul terrazzo di casa con le valige sempre pronte, perché tra l’altro ha un sacco di ferie, molte più di qualsiasi altra persona normale, ferie che ama trascorrere non solo rilassandosi sul tappetino del pilates ma pure indossando oro alle caviglie, vista mare su telo “rosa killer”, perché è attentissima al particolare, a tutti i particolari, e soprattutto perché….  the “earth” without “art” is just “eh”.
“Vedi maresciallo che tutto torna??”.

“Mmmh, a te non è la curiosità che ti frega e nemmeno whats app…”
“Dai maresciallo, non essere sempre così razionale….”.  

      

Il Single abituato...

Sono abbastanza sicuro di quello che sto per scrivere, c’ho pensato a lungo, ho riflettuto, analizzato, elecubrato, si anche questo... ho elucubrato, anche  se questa parola non si può sentire, insomma mi sono fatto un’idea parecchio precisa sul mio stato, ho deciso: sono single.

Qualche dubbio continua a venirmi solo quando entro in un bar e chiedo un caffè, tre volte su quattro la barista di turno mi guarda e mi fa: “Due?”. “No, uno… grazie” è la risposta tipica, ho chiesto un caffè, sono io non noi, sono entrato in uno... non in due! Giuro, mi capita spessissimo, e la barista di solito è talmente convinta nel chiedermi "due?", che mi guardo attorno per controllare se mi sono dimenticato che qualcuno mi sta facendo compagnia. Non ho una risposta al perché di questo fraintendimento da bancone, forse biascico mentre parlo e non si capisce, o forse statisticamente il caffè si prende  in due e la domanda sorge spontanea, riflesso incondizionato da deformazione professionale, o forse ho la faccia da “due”, e questo sarebbe davvero strano, perché io mi sento molto tipo da “uno” e dovrei ripensarmi se così non fosse. Ecco comunque, a parte sta cosa, tutto il resto della mia analisi ha dato una risposta univoca: sono single.
L’ho capito subito, anzi l’ho capito prima di subito,  qualche tempo fa per l’esattezza, ho fatto un esperimento, facile facile a dire il vero, chiunque ci può provare, si fa così: si prende un giorno, uno qualsiasi, il mercoledì ad esempio, o la domenica, la domenica pomeriggio più tipicamente, si prende che arriva un messaggino, uno di quelli che vanno per la maggiore, uno di quelli sui gruppi di whats app ad esempio, oppure un banalissimo sms, uno che più o meno fa così: “Hei ciao, andiamo a cena al mare questa sera?”. Premetto: domenica pomeriggio di metà ottobre oppure mercoledì sera di metà dicembre che fanno più prova del nove. Alla domanda così posta il single può/deve reagire solo in un modo (in  corsivo il pensare, in stampatello l’agire o il dire): “Domenica pomeriggio? Ho mia figlia? No. Ho voglia di andare? Sì?”, “Ok, a che ora ci vediamo? Passo io o passi tu?”. Se tutto questo succede e se succede nell’arco di 34 secondi dall’arrivo del messaggio la risposta è solo una: puoi definirti single.

Bene, ho già raccontato molto dei single in questi anni, ma continua ad essere un argomento che mi affascina, il single quarantenne, categoria a rischio, meriterebbe di essere salvaguardata, e credo di scriverne così spesso proprio per questo, per sensibilizzare, mica perché single è bello  no…, non dico questo…., è bello o è brutto dipende, dipende dal come, dal dove e dal perché.
Ma come si capiscono il come, il dove ed il perché? Con un esperimento,  facciamolo, eccolo: il single solitamente dorme solo, non sempre, spesso però capita. Dove? Nel suo letto, e questo è importante, sì perché l’esperimento sia attendibile il letto deve essere suo, troppo facile dormire nel letto d’altre, non è mica impegnativo, non coinvolge, fa albergo, a volte ostello, qualche volta stazione delle corriere, mentre per capire davvero il letto deve essere suo e basta. Diverso sarebbe per il “non single” che si trova, per una serie di circostanze non ben definite, a dormire in assenza di legittima partner, allora in quel caso "il dove" sarebbe il letto di lei, lei nel senso dell’altra, ma questo è un esperimento che qui non rileva e rischia di fare casino, quindi passiamo oltre! Dicevo allora dormire, sì dormire..., quella cosa che solitamente si fa dopo aver fatto altro, perché dormire è intimo, molto intimo, e dormire nello stesso letto lo è ancora di più. Il Single vero solitamente non ama condividere il letto, il Single vero, quello abituato, all’idea di dover condividere il materasso con lei per tutta la notte  attacca così (ricordati che pensare è corsivo!): “Certo che sono molto felice se ti fermi da me questa notte” - ”Cazzo no, no non ti fermare ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego, si lo so che  te l’ho chiesto io, è vero, è vero  ma non me l’avevi ancora data, vai via, vai via per favore, ho sonno, ho caldo, voglio guardare la tv, leggere, sudare, alzarmi a fare la pipì! Ti prego, ti prego, ti prego… vai via! Ci vediamo domani o forse è meglio il mese prossimo, ma non fermarti qui a dormire, per favore non lo fare!!” - “Certo che mi fa piacere se resti a dormire con me, russo un po’ ma mi perdonerai, domani mattina devo essere in ufficio alle cinque ma cosa vuoi... è presto, tre ore riusciamo a riposarci comunque, ah dimenticavo, io dormo con la luce e la tv accesa, soffro di insonnia da buio, una roba rara, mi servono luce e rumore assordante altrimenti non riesco a prender sonno…. però davvero sono contentissimo se resti (però davvero è devastante, è come mi piaci abbastanza - nda)!!” – “Se riesco a farti uscire da qui entro dieci minuti mi sbronzo con la sambuca, giuro che lo faccio!”.  
Ecco il single abituato fa così, quanto appena raccontato sono il dove ed il come, e sono un come ed un dove che fanno bella la vita del single che dorme solo nel suo letto, lo fa scientemente, lo vuole e non se ne duole. E "il perché"? Dicevo che il perché è l’ultima cosa che serve per capire se single è bello oppure no. Seguendo la logica dell’esperimento il “perché” lo si capisce non appena finito di fare altro, si fosse pure in cucina, sul Chesterfield o  sul pavimento del bagno, si finisce di fare altro e ci si risveglia appiccicati nel cuore della notte… nel letto, e più che appiccicati direi  incastrati, i capelli lunghi e neri di lei sul cuscino di lui e il profumo di lei  sul lenzuolo di lui, sul materasso di lui, sul copriletto di lui e sulla pedana del bagno di lui. Sono le otto e lui, il single, deve essere in ufficio alle otto e venti e nonostante questo dice: “no, aspetta, restiamo ancora un po', ancora tre ore, facciamo in tempo dai, è presto”, e mentre dice questo: “Ma perché è già finito? Ti prego, ti prego, ti prego, sveglia di merda non suonare….ahhhh”. Ecco se il perché è questo allora single è brutto.   
Bello, brutto, comunque single. Ora abbiamo anche una serie di criteri oggettivi per capire se sì o se no, e se bello o se brutto. E’ importante, perché se il single quarantenne improvvisa e non fa la giusta analisi, rischia di cadere nell’errore da “inesorabile orologio biologico ”, sindrome tipicamente femminile fino a qualche tempo fa , ma che ultimamente colpisce pure molti uomini,  sembra sia contagiosa, per ora non c’è cura, l’unica possibilità è la prevenzione, l’autoanalisi. La sindrome da orologio biologico porta l’uomo single a fare sciocchezze, tipo convincersi che c’è assolutamente bisogno che "qualcuna" dorma di fianco a lui, che "qualcuna" si svegli di fianco a lui, senza un vero perché o percome o perdove, una "qualcuna" indistinta, indefinita, una “piuttosto che niente” se vogliamo riallacciarci ad un’altra roba raccontata qualche mese fa, una cosa triste insomma. Ed è per questo che analizzo, per evitare che questa roba triste abbia la meglio.

Plin-plin (segnale di messaggio entrante – nda): “Andiamo a mangiare la paste… al mare, ora?”. “C’è mia figlia? No.”. Digito risposta, 22 secondi: “Infilo i jeans, la camica, esco, ci vediamo da te…”. Sono single, sì sono sicuro, ho le prove. Bello, brutto? Non lo so. Perchè? Forse perchè il mio letto non profuma più da un po’ o... almeno... non me ne sono più accorto…..

Il colpo di fulmine!

È il momento di fare un po’ di chiarezza, bisogna spiegare, si fa presto a dire  “colpo di fulmine”, troppo abusato e preso troppo alla leggera questo  sillogismo fatto di due premesse, colpo e fulmine, a cui consegue un risultato altamente probabile che possiamo comunemente definire errore.

Il colpo di fulmine è una roba che inganna, una roba bislacca che come puntualizzano quelli che ne sanno, si confonde troppo spesso con l’innamoramento. 
E l’innamoramento è figlio della passione, e la  passione è sorella del “tempo determinato”, e tempo determinato è sinonimo di inizio rapido e fine certa, e fine certa è il risultato della noia, e la noia dell’annoiamento, e l’annoiamento dello sbadiglio che colpisce la coppia non solo prima di addormentarsi, ma prima ancora di mettere piede in casa.
La casa di entrambi, quella dove prima arriva uno e poi arriva l’altro. 
Si vedono “accoppiati” che iniziano a sbadigliare già quando pigiano il pulsante dell’ascensore che li porterà al terzo piano vista giardino, il giardino dei loro sogni,  gli stessi accoppiati che la seconda parola dopo il primo “ciao” di ordinanza arriva poco prima del telegiornale delle 20, e solitamente è: “ah”... “ah” di  “Ah dimenticavo... è arrivata la bolletta della luce, scade il 18”. 
Preciso: sono rientrati entrambi dal lavoro alle 17.45
E dire che quegli accoppiati lì, quando si sono conosciuti, era tutto uno  spettacolo, era tutto di fretta, erano messaggini e telefonate, t-shirt ai piedi del letto, cuscini ai piedi del letto, lenzuola ai piedi del letto, scarpe ai piedi del divano di fianco alla porta d’ingresso (è un classico, la prima cosa che si scaraventa è la scarpa, qualcuno racconta di aver sfilato prima la maglietta di lei, ma sono casi rarissimi), e poi ancora  telefonino lanciato nella vasca da bagno, jeans sulla poltrona del salotto rigorosamente Chesterfield, e caos e rumori strani e sguardi uno sopra l’altro e capelli che si spettinano e goccioline di sudore che scendono a terra da ogni parte del corpo e sapore di lei e sapore di lui. 
Insomma quella roba che, sempre “quelli che ne sanno” di cui parlavo poc’anzi, chiamano manifestazioni primitive dell’innamoramento.

Ecco tutto questo con il colpo di fulmine non c’entra nulla, o quasi… si forse le goccioline di sudore scendono a terra anche nel colpo di fulmine, ma certo dopo il sudore non c’è lo sbadiglio. 
Sì perché il colpo di fulmine è uno stato della mente prima che del cuore, inizia nei modi più impensati ed inizia molto prima, inizi che non te ne accorgi, inizia che tu ad esempio  esci di casa in bici, vai a prendere un caffè, fa caldo, butti l’occhio sulla sinistra ed inizi a mescolare il caffè anche se tu lo prendi amaro. 
Mescoli quasi inebetito, e non lo sai perché, sei  lì che continui a fissare quella coppia annoiata e mescoli, lui ad un certo punto scompare dal tuo campo visivo, sarà il caldo ma vedi solo lei, e non sai perché la guardi… sì ok è bella, diresti simpatica, di certo affascinante, sembra timida, elegante, ma quante ce ne sono di donne così? 
Altre tre almeno le conosco, sono sicuro.  
Ma poi guardi meglio e ti pare un po’ sfacciata, anzi guardi ancora meglio e ti pare molto sfacciata, tu continui a mescolare il caffè, il caffè si sta raffreddando e lei diventa pure un po’ arrogante, ti guarda con insistenza, sembra quasi si chieda “ma… ma… ma quando la finisce di mescolare??”, però pure lei non riesce a non fissarti; lui, lui nel senso dell’altro, è seduto di fronte  ma scompare pure dal suo campo visivo, anche uditivo a dire il vero. 
È una vita ingrata quella di lui, un lui destinato a scomparire mentre  lei continua a guardare te che la guardi, e  si diverte, non sai perché, non lo sa nemmeno lei, sarà la chimica… sarà il caldo…. sarà la faccia di lui, ma si diverte.

Al colpo di fulmine non segue l’amore, o innamoramento se vi piace di più e volete far contenti “quelli che ne sanno” e ci tengono che si dica che ne sanno, no… al colpo di fulmine molto semplicemente segue la follia.
La follia è anche tutta quella roba lì di cui parlavo prima, il caos, i rumori, il sudore e i tuoi jeans incastrati nella maglietta di lei, ma la follia è soprattutto totale perdita del controllo. 
Il colpo di fulmine è perdita di controllo.
Il colpo di fulmine è nella testa, non nel cuore! I battiti accelerati, la tachicardia incessante,  sono conseguenza non dell’ormone che si libera tra un ventricolo e l’altro, né tantomeno  del Viagra,  ma del cervello che va in loop.

I sintomi si possono confondere con quell’altra cosa molto più fallace che è passata alla storia  con la volgare definizione di “amore”, lo so…. ne sono consapevole, è difficile distinguere, ma l’osservatore attento, così come il single d’esperienza, queste cose le sa.
Ma c’è una cura? No, nessuna cura per il colpo di fulmine, se ne cade vittime senza possibilità di salvarsi, quando arriva arriva.

E quanto dura? E’ pure questo a tempo determinato? No… il colpo di fulmine, quello vero s’intende, quello a due per capirci, è  diverso dall’infatuazione a senso unico, non finisce, non si trasforma nemmeno in patologia ma è semplicemente devastante e va di corsa, di molta corsa, di corsissima, tanto che sarebbe forse bene spostarsi quando arriva…
Ah dimenticavo, ho detto all’inizio che il colpo di fulmine si trasforma spesso in errore e non ho spiegato il perché.
Lo faccio ora: non lo so perché..... non lo so ma è talmente fantastico che chissenefrega se diventa errore, in fondo c’è tutta la vita per rimediare….

Son le relazioni complicate quelle che durano....


“Dai non ci credo, è finita? Cioè ha smesso lui? Ma andava tutto bene... davvero non riesco a capire, non ho mai visto una coppia tanto felice, affiatata, bella, intima, passionale. Sincronizzata, sì perfino sincronizzata: lunedì casa davanti alla tv, martedì un salto dai tuoi, mercoledì a cena da Luigi e Sara, giovedì gli gnocchi, venerdì lui che calcetto con gli amici e tu che aperitivo con le amiche, sabato pizza e poi sesso sfrenato  dalle 23 alle 23.45,  domenica mare e a letto presto che lunedì si lavora, davvero… devo confessarti che era perfino invidiosa. No finitaaaa, dai non ci credo, ma…”

“Eh sì, credici,  se n’è andato, ieri mattina si è svegliato, mi ha guardata un attimo e mi ha detto che non è più innamorato di me, che non è felice, che sì ok va bene, che non si litiga mai, che è  tutto sempre perfetto ma io... io merito di più, anzi merito qualcosa di diverso, anzi non sa che cosa io meriti ma se proprio deve essere sincero è lui che crede di meritare qualcosa di più.. poi in successione mi ha detto che mi vuole troppo bene per farci spegnere in questa storia fatta di quotidianità e noia, mi ha detto che di fronte abbiamo ancora i tre quarti della nostra vita  per emozionarci e per questo mi lascia libera, sì perché in fondo lui è un democratico e quindi pensa che tutti debbano avere una possibilità, e poi mi ha spiegato che possiamo rimanere amici perché ci conosciamo così bene che sarebbe un peccato perdere quello che si è costruito in questi  due virgola cinque anni, poi ha concluso dicendo che un giorno  lo ringrazierò per quello che sta facendo e mi renderò pure conto che per quanto sfrenato possa essere 45 minuti il sabato sera, dopo la pizza, non sono un gran ménage e forse qualche volta ci si poteva spingere anche su  di una tagliata al sangue e una bottiglia di rosso leggermente barricato, e ha chiosato dicendo che non era sua intenzione fare polemica ma anziché chiudere la serata con un rientro a casa qualche volta si poteva andare in spiaggia a limonare e magari pure a bombare sulla sabbia (limonare e bombare sono tipiche espressione del neo quarantenne nell’anno 2014 che fatica ad abbandonare lo slang informale  figlio della propria adolescenza - in altre parole  quando si rompe le balle e vuol farsi capire smette di essere un attore  e dice le cose come le pensa – nda) . E non ci crederai ma  tutto questo lo ha detto mentre  faceva le valige, tre valige per la precisione, tutto di filato, una pausa solo per lavarsi i denti, poi un bacio sulla fronte, una pacca sulla spalla, mi ha restituito le chiavi di casa e se n’è andato..”
“Tre valige? Un bacio sulla fronte? La spalla? Ma piangeva? Tremava? E dove è andato? Ma scusa andava tutto bene, era perfetto, mai un litigio??!!  Sì, ma non ci credo, ha preso l’autobus? Un taxi, la sua macchina, il treno, un aereo, dove cazzo è andato??”

“Dove è andato non lo so, almeno non esattamente, so però che ad un certo punto ha squillato il campanello , ho dato un occhiata al video-citofono e mi sono ritrovata una bruna col capello lungo leggermente boccoloso,  l’occhiale da sole calato, rossetto rosso, un velo di phard, orecchino con brillante luccicosissimo ma delicato, scollatura generosa ma non volgare, che passandosi una mano sul capello mi ha detto: Gigi è pronto? Mi aveva detto alle otto e mezza?!...”

“EHH??? Alle otto e mezza??”
“Sì, e lui da dietro ha urlato: buongiorno Katia, scendo, mi sto lavando i denti!”

Ora non mi dilungherò oltre sul racconto di Agata, dico solo che per cercare di riprendersi dallo shock e capire i perché della sua vita difficile la sera ha chiamato Franco, il pastaio sotto casa, quello che ogni giovedì prepara gli gnocchi freschi, e singhiozzando gli ha chiesto se riusciva a liberarsi per il solito aperitivo... anche se non era venerdì, aggiungendo poi: "Puoi venire da me, ho la casa libera per un po' ".  Ecco non mi dilungherò su questo ma perderò due minuti per descrivere Katia e Franco, gli altri, quelli che c’erano prima di nascosto e forse ci saranno d’ora innanzi... almeno per un po'.
Katia è una collega di Gigi, Gigi e Katia, sempre fianco a fianco, sempre da clienti, sempre a  fare il budget e poi sempre la riunione di direzione, e addirittura sempre a fare jogging, ogni  venerdì sera, nell’anello che circonda il campo da calcetto. Katia ha un figlio e una relazione complicata con il padre del bambino (che non chiama mai compagno), è infelice a meno che non sia al lavoro o a fare jogging il venerdì sera, o in spiaggia a limonare subito dopo. Katia è attenta, dice a Gigi quello che Gigi vorrebbe sentirsi dire, fa a Gigi quello che Gigi vorrebbe sentirsi fare, Katia ascolta Gigi, Katia perde la testa con Gigi, se ne frega se la incontrano gli amici del padre di suo figlio quando è con Gigi. Katia non crede nell’amore a lungo termine ma di Gigi si è innamorata, ne è quasi sicura. Katia per il momento resterà a vivere con il padre di suo figlio, è passata a prendere Gigi alle otto e mezza perché lui ha la macchina dal carrozziere, sta pensando che è giunto il momento di far diventare la sua storia con Gigi da clandestina a “colleghi chiacchierati” mentre la storia con il padre di suo figlio si trasformerà di converso in relazione molto complicata.

Franco fa il pastaio, prima di quello era il direttore finanziario della filiale Italina di una multinazionale del petrolio, una delle sette sorelle, ora il giovedì fa gli gnocchi. Gli vengono bene e lui si rilassa. Il negozio di pasta fresca l’ha comprato con i soldi della liquidazione. Ha abbandonato la sua carriera da CFO perché si è innamorato, una ragazza più giovane di lui, lui che aveva quarantuno anni quando si è innamorato di lei, lei che faceva la pastaia ma il negozio era troppo piccolo, lui che si è innamorato talmente tanto di lei  da non poterne più fare a meno. Franco oggi è single. Perché? Perché lei ad un certo punto si è resa conto che poteva fare tranquillamente a meno di lui. Franco si è comprato il 50% del negozio di pasta pagandolo un fottio, ma lei così è stata felice. Franco non riesce a togliersela dalla testa, lui è figo, lei pure, ma lui non riesce a fare a meno di lei anche se è costretto dagli eventi e soprattutto è costretto da Luca, il nuovo compagno di lei, figo pure lui ma molto più grosso di Franco. Franco è diventato un bulimico da relazione  istantanea, sfodera uscite convulse e clandestine con le clienti del negozio, clandestine perché due su tre sono in stato “non single”, convulse perché se entro le prime due ore non è riuscito a portarsela a letto le riporta a casa e getta il numero di telefono, gli gnocchi però continua a venderglieli. Franco ora sta spiegando ad Agata che non è bene che loro si vedano ancora, lei non può usarlo come ripiego e lui non è pronto per una storia vera, ha ancora testa e cuore occupati da “lei”, sta vivendo un periodo complicato,  “Agata perdonami di non essere in grado di darti quello che meriti, sono certo che troverai qualcosa di veramente bello non appena smetterai di cercare, qualcuno che ti renderà felice davvero, credimi lo faccio per te, un giorno mi ringrazierai, hai ancora tre quarti di vita di fronte a te, troverai l’emozione”.
So di certo che Agata si è rotta di tutti questi ringraziamenti.

Sono passati sei mesi, Katia ha mollato Gigi, si è accorta che lui era troppo innamorato, tanto innamorato da essere diventato uno zerbino, e poi ha beccato il padre di suo figlio con la maestra di suo figlio, Katia a quel punto ha capito di essere ancora innamorata di lui. Perché? Soprattutto perché è uno stronzo, è complicato, affascinante, sportivo e soprattutto la maestra di suo figlio è figa, ed ora, da quando ha saputo che Katia vedeva Gigi, è diventato pure attento, premuroso, presente e non vede più la maestra del figlio.

Katia adesso in pausa pranzo rientra a casa, cucina lei per tutti, tutti i giorni, tranne il giovedì, si perché il giovedì compra gli gnocchi, ha scoperto un negozietto di pasta fresca, è uno spettacolo, lo gestisce un quarantunenne, un tal Franco, uno che prima faceva il CFO…

Le donne invecchiano e gli uomini diventano interessanti... se si incontrano...

Nooo, l’ho fatto apposta, giuro, è una provocazione, un trucco squallido buttato lì per catturare l’attenzione, non è vero, è uno di quei luoghi comuni senza basi scientifiche, non c’entra quasi nulla nemmeno con quello che sto per scrivere, si ok si dice che l’uomo diventi interessante col tempo mentre la donna tende a spegnersi, ma sono tutte frasi fatte buone per compiacere  i sempliciotti, gli insicuri e i rompiballe che la prima cosa che ti chiedono quando ti vedono è: “Ma così.. secondo te… per curiosità sai… ma… ma quanti anni mi dai?”.

In realtà sono arrivato alla conclusione che il tempo che passa non cambia le persone, le trucca.
Sì le trucca… stende un velo, fa cambiar d’abito, fa cambiar le abitudini, ma non seguendo una logica “tempo che passa-prestazioni calanti-aspettative che si adeguano-vita che si normalizza-relazione che si stabilizzano-ecc. ecc. ecc.”. No, gli anni nuovi hanno cambiato lo schema: “tempo che passa-prestazioni calanti-aspettative crescenti-fitness-welness-dieta bilanciata-pilates-voglia di emozionarsi-wi fi-relazioni complicate-relazioni sovrapposte-relazioni doppie-relazioni triple-relazioni presso aule di tribunale-relazioni in pausa pranzo-relazioni di metà pomeriggio-relazioni social network-ritorni di fiamma-ritorni temporanei alla normalità-nostalgia-malinconia-lo sport che fa bene all’amore-passione che credevo che fosse solo dei ventenni invece col cavolo a quaranta fa molto più fuoco-delusione-collezionismo-osservo gli altri che mi stanno vicino-faccio un figlio-ne faccio due-forse tre-riparto-prestazioni calanti ma neanche tanto-fase nuova-ecc. ecc. ecc.”.

Confusione? Affatto, è la realtà, sembra un po’ stereotipata come cosa ma è quello che capita. Gli anni nuovi questo hanno portato, e si badi non do un giudizio, non dico bene né dico male, faccio una fotografica, e sono convinto che chi appare ancora legato al vecchio modo di vivere il tempo che passa in realtà nasconde qualcosa, potrebbe covare l’insoddisfazione di chi è pronto/pronta ad esplodere, potrebbe essere in attesa, potrebbe avere uno-due-tre amanti e starsene buono buono per non dare nell’occhio, potrebbe essere un innamorato rilassato, comunque aspettatevi un cambiamento improvviso, spesso devastante.
Le fasi che avanzano sono contraddistinte da evidenti segni esteriori, chi impara ad osservarli ne ha metà della fatta, in un quattro e quatto-otto sa chi ha di fronte.
Prendiamo l’uomo, quello che il tempo lo rende interessante. Prendiamolo a venticinque anni, appena uscito dall’università (ne prendo uno a caso, uno che a suo tempo decise di fare l’università!), la cravatta è d’ordinanza, un must, un obbligo, la vuole, la indossa ogni giorno, ne compra dei pacchi, porta la cravatta per sembrare più grande, più serio, più rispettoso e più rispettabile, vorrebbe metterla anche quando esce con una ragazza, poi si rende conto che è scomoda da togliere, si fatica a limonare perché stringe al collo e limita i movimenti, si potrebbe incastrare tra il volante e il cruscotto, fa troppo serio e la ragazza non ama il troppo serio, a ventecinque anni vuole quello spettinato con lo sguardo che sfugge, figuriamoci la cravatta.

E allora prendiamo la donna, quella che il tempo la fa invecchiare, bè a venticinque anni fa un po’ paura a dire il vero, il ragazzo medio che incontra la donna venticinquenne che sto per descrivere vive in un’ansia da prestazione perenne, anche quando fa la doccia a casa da solo,  sia chiaro non lo spettinato, sto parlando del medio, il ragazzo medio, quello con la cravatta, quello che diventerà interessante poi, non subito, sì perché lo spettinato è un’altra cosa.
Ma dicevo della donna, appunto prendiamo la donna,  prendiamo quella appena uscita dalle superiori (una a caso, come prima… senza una regola),  appena uscita dalle superiori il tacco dodici diventa d’ordinanza, se siamo sul finire degli anni ottanta il tacco dodici diventa l’appendice delle All-Star, anzi l’evoluzione delle All-Star, quelle che in alcuni casi torneranno verso i 35 in un binomio indissolubile: decolté 12 cm e All-Star nere in un’alternanza calcolata a tavolino. E questo perché la donna in quella fase vuole affascinare-sedurre-conquistare-consumare-usare-conservare un pochino finché serve, finché non diventa noioso, finché non ti vuole presentare i suoi, finché non è geloso, finché non passa di lì uno spettinato maledetto…..  a ben pensare questo la donna non smette mai di farlo, solo che dopo, da grande dico,  inverte gli argomenti, usa prima la testa poi la coscia, e questo non perché a 25 anni sia stupida ma perché a quell’età si adegua al flusso ormonale maschile, fatto di tanta quantità e di attenzione alla coscia… non alla testa. Il tacco 12 si abbina in questa fase ad un abbigliamento assolutamente modaiolo, impersonale, omologato, tutte uguali, senza carattere, l’equivalente della cravatta per l’uomo medio appena uscito dall’università. Semplicemente standard.
Poi il tempo passa e ritorniamo al nostro neo-laureato di prima, ora la cravatta non c’è, non sempre  almeno, anzi sempre più spesso viene a mancare, la camicia é aperta sul secondo bottone, al lavoro con jeans e giacca, camicia manica lunga con bermuda al mare o in piscina, non è spettinato però se ne frega. Attenzione, so bene che l’abito non fa il monaco, ma qui siamo nella fase mi vesto “come cazzarola mi pare perché ho deciso che faccio quello che mi pare”, e insisto perché non voglio che passi un messaggio sbagliato, qui l’importante è il “faccio quello che mi pare”, descrivere il look fa parte della scenografia. Quando l’uomo passa alla fase faccio quello che mi pare quasi sempre dietro c’è una forte delusione d’amore, non un matrimonio finito, una delusione d’amore, che è diverso, ed ecco che l’uomo da medio diventa interessante anche se non è spettinato. Un lampo, zac e cambia la prospettiva. L’uomo  non è  diventato felice, appagato, arrivato o figo, semplicemente è diventato interessante.

E la donna…, bè la donna è più difficile da rinchiudere nella semplicità dello stereotipo, per comodità prenderò sempre la nostra neodiplomata di prima, la neodiplomata diventata grande e mamma magari, una vita felice sulle spalle, un bimbo, forse due, perché non tre, presa da mille cose, sempre con il tacco dodici nel cuore se non al piede, che confonde il tempo che passa con la monotonia, che confonde la disattenzione di un uomo distratto di suo con l’inevitabile destino, che si dimentica per un po’ di essere affascinante, che ha bisogno di uno stimolo esterno per riaccendersi, che ad un tratto decide, lei non altri, che “adesso basta, facciamo che mi prendo quello che voglio, per un po’, finché mi va..”.
E di lì passa magari l’uomo interessante senza cravatta con il primo bottone aperto, che non è uscito con l’intenzione di limonare ma se proprio dovesse capitare così si sente di più a suo agio.

Uomo interessante e donna che decide a prescindere: mix letale nove volte su dieci.
Le costanti sono: passione travolgente e incontrollata, emozioni fortissime la cui mancanza apparirà insopportabile, bisogno e voglia, voglia e bisogno, poi calcolo e razionalità, spesso la donna, qualche volta l’uomo. Il risultato? Nove volte su dieci un brusco ritorno alla realtà, quella di prima, con l’uomo che diventa un po’ meno interessante e la donna un po’ più vecchia ma più soddisfatta perché il prima è un po’ meno distratto. Cosa resta? Quasi nulla, ritornano le famiglie o le solitudini che hanno preceduto la storia e resteranno tali fino alla prossima volta, e ci sarà probabilmente una prossima volta, una prossima volta fatta da protagonisti diversi  che farà sembrare tutto più ordinario, tutto più uguale.
La morale? Non c’è nessuna morale, almeno credo, solo che se  dovessi riscrivere questo pezzo, rileggendolo, ora il titolo sarebbe: “Le ragazze fingono di invecchiare e l’uomo crede di diventare interessante…”, tutto il resto è fuffa.

A 41 anni sei nel ciocco però capita che non sai più innamorarti, o quasi, sarà mica colpa delle cotolette??

La mia amica F potrebbe rabbrividire per quello che andrò a scrivere, anzi dipende, forse no, perché non so ancora dove questo racconto andrà a parare, sono all’inizio, solo sensazioni, come sempre…

Una settimana fa, più o meno, stavo leggendo un bellissimo  libro che mi è stato regalato con grande entusiasmo e ad un certo punto mi sono ritrovato un due tre righe che facevano all’incirca così: “Io non so se sono ancora capace di amare veramente qualcuno o qualcosa, oltre alla cotoletta che servono da Peter Luger… Scusami Helen..”. Ho chiuso il libro e sono andato a correre. Erano tre mesi che non lo facevo, di correre dico, e mentre correvo ho pensato con intensità a come poteva stare la povera Helen in quel momento.
Oggi sono andato a correre per la seconda volta dopo d’allora, al rientro mi sono messo on line per cercare di condividere Runtastic e invece ho  trovato Simona che citava: “…non c’è un giorno che ritorni, non due notti uguali uguali, né due baci somiglianti, né due sguardi tali e quali”. Volevo uscire di nuovo e ritornare a correre, ma sono un bancario, tra l’altro altamente deprofessionalizzato, e non un atleta. Sono andato a farmi una doccia. La stessa frase me l’ero ritrovata ormai una vita fa in un messaggino watshappato. Le coincidenze a volte…  pure allora stavo correndo.

Ora a parte dov’ero e cosa facevo mentre leggevo ste cose, che capisco essere davvero  poco interessante, vorrei portare l’attenzione sulla consecutio logica che sta dietro alle due frasi. Oddio frasi, "ai due perché", ecco sì "ai due perché" mi piace.
Il concetto è questo: nella vita ti può capitare di mangiare le cotolette da Peter Luger, oppure le costolette d’agnello fritte da Gigi il Troione, puoi sposarti Helen, o diventare l’amante di sua cugina, puoi fare pure dei figli, uno, due, tre, quanti riesci, puoi avere un lavoro interessante, ben pagato, un mutuo, una casa, due case, tre case, quattro case, una macchina nuova incidentata, un Ciao Piaggio usato, tre cani, un canarino, una bicicletta, puoi essere socio al Golf Club, al Country Club, allo Yatching Club (non so se si scrive così ma non vado a controllare e me ne frego!),  puoi non riuscire più a pagare le rate del mutuo perché spendi tutto il tuo stipendio in tessere Club, puoi diventare pure vegano, ma... e dico ma… …  se per caso però  ti capita un giorno, di baciare di notte, con la lingua s'intende, una ragazza con il tacco... che ama la tagliata al sangue... con lo sguardo che di “tale e quale” non ha proprio niente..., e tu ne sei ben certo di questo perché baciando con gli occhi aperti te ne accorgi subito..., e se poi anche l’espressione è un po’ così, tipo tra l’arrabbiato e lo sfrontato con venature di fascinosa ed irresistibile sicurezza di sé, bè ecco..., dicevo..., ecco… Helen  effettivamente mi dispiace, io mi sono impegnato un casino, davvero tanto...., ma io, Helen, giuro... non ti amo.
E nemmeno tu Rosalin, credevo che… e invece.
E Agata…, tu Agata… tu che mi dicevi perché non ci vediamo quando  ti va, se ti va, dove ti va, bè ecco, Agata… sono dispiaciuto…  non mi va.
E tu cara Angelina, che la mattina dopo ero l’amore della tua vita, mi dispiace, ma almeno lascia che ti dica come mi chiamo di cognome, poi magari proviamo, non ti amerò mai, ma se non altro quando ci diremo addio saprai esattamente chi sono!
E tu Teresa che forse ti ho detto ti voglio bene, e a te non fregava niente, bè ecco quando me ne sono accorto, che non ti fregava niente intendo e pure che sei rimasta anche poco soddisfatta, bè quando me ne sono accorto mi sono sentito rincuorato… mentivo sapendo di farlo e ho avuto quello che mi meritavo.

Ecco, lo so che ora qualcuno dirà: “Il solito cinico mitomane”,  ma non è così, mitomane sì, non ho uno yatch e non conosco Helen, però cinico no, solo realista.
Ora innamorarsi è difficile, amare è anche peggio, spesso ci si può invaghire!

A 39 anni, la vera adolescenza dell’uomo medio, si rischia moltissimo in questo senso e si può anche uscire di senno e non rientrarci più se per caso capita, ma la certezza è una sola: mai cercare di trovare le stesse emozioni, gli stessi brividi, lo stesso bisogno di lei, ché tanto non c’è nulla da fare, non torna.
E’ diverso? Sì, è diverso, è sempre diverso, uno è amore, l’altro è mi sembrava. Può capitare non lo escludo che uno è amore e poi anche l’altro è amore, ma le probabilità sono le stesse che si hanno di trovare un buono benzina da 10 euro giocando con l’applicazione YouWin.

Poi arrivano i 40, e l’uomo medio matura, passa dalla fase adolescenziale alla fase della quasi consapevolezza, nel senso che continua a cercare perché ancora ci crede di poter riuscire a ritrovare qualcosa di simile, “due baci somiglianti” magari, ma niente è un bluff, collezionismo e birra alla spina.
Poi dipende sempre dalle situazioni, il single è così, lo sposato non innamorato è così con due possibili varianti: se la fa andar bene e riversa la sua insoddisfazione di mediocre in un’invidia acida che sa tanto di zitella (sì perché il numero delle trombate annuali di questo soggetto è di poco inferiore a quello di una  zitella brutta!);  se la fa andar bene ma nel frattempo accumula un numero di relazioni extraconiugali tale che servono almeno tre telefoni cellulari dual sim per gestire il traffico.
Non è chiaramente contemplato in questa cosa il quarantenne innamorato davvero che sta costruendo la sua prima, massimo seconda, storia unica.
Poi arrivano i 41, il ciocco per l’uomo medio (ciocco inteso nel senso romagnolo del termine, si badi!), con un inciso: la vita si sta allungando e il ciocco si sta gradualmente spostando in avanti, se non si allunga comunque si intensifica e studi di una certa rilevanza dicono che a partire dal 2015 il ciocco per l’uomo medio sarà intorno ai 42 anni!!
Ecco dicevo arrivano i 41, fase del ciocco post-adolescenziale con l’esperienza della vita vissuta, il vigore di un fisico maturo mantenuto da una discreta attività sportiva, e la ricerca che continua. Anche qui dipende dalle situazioni, non ritorno sul tema però  due parole per lo sposato non innamorato versione uno voglio spenderle: a forza di inacidire è andato a male, ora la sua attività sessuale è passata da 1 volta ogni sei settimane, il sabato, a 1 volta in assoluto, l’ultima, sta aspettando il momento buono perché vuole giocarsela bene, non sa ancora quando capiterà.
Anche a 41 comunque nulla... “non due notti tali e quali”, anche perché il 41enne diventa un po’ geloso del proprio letto, e prima di far dormire qualcuno lì sopra per tutta la notte ci pensa dalle 9 alle 10  volte, e per il 41enne che "non si rassegna  al brivido che non ritorna",  9 o 10 volte sono un’esagerazione, quindi il problema  viene aggirato: non due notti tali e quali perché ti riaccompagno alla macchina prima che faccia mattina.

Ma perchè allora non ci si rassegna? Perchè si continua in questa ricerca spasmodica? Non sarà mica perchè si è vivi (a parte lo sposato non innamorato versione uno)? O piuttosto perchè quella volta o due che è capitato è stato talmente travolgente che in fondo non si riesce a farne a meno?? (a parte sempre lo sposato non innamorato versione uno).

Ahh cara Helen..., se solo ci fossimo conosciuti prima, prima che io mi innamorassi davvero intendo, non dico la prima volta, ma almeno la seconda sì, prima della seconda forse ci sarebbe stata ancora qualche possibilità, chissà, ora invece… difficile, non essere arrabbiata con me… non è colpa mia, è la vita.
P.S.: c’è chi dice che può capitare anche una terza volta, non di trovare due baci somiglianti, ma di trovare qualcosa che il giorno dopo anche il 41enne possa dire tra sé e sé: ”mmh però..., non è uguale ma…. ma perché ci sto pensando così tanto, sarà mica stata la strada di Celle e quel parcheggio di quel ristorante chiuso??”.  Qui il tema sarebbe da approfondire, ma sono quasi certo si tratti di fantascienza, e io di fantascienza non ci capisco nulla, poi sicuramente sarebbe talmente complicato che nemmeno si potrebbe affrontare l’argomento. Quindi? Quindi, punto. Ci si ferma qui, "punto", come amava dire una mia amica che se non altro mi ha insegnato a correre.