Dilf, l'evoluzione dell'uomo.

Ci siamo, la letteratura più chic e il giornalismo d’inchiesta si sono buttati sull’argomento, Vanity Fair all’ultimo momento ha bruciato il reportage “Clitorideo o vaginale, quale futuro per l’orgasmo femminile??” per dedicare sette pagine centrali al tema davvero caldo del momento: “il Dilf, storie di uomini che forse ce la fanno”.

Viviamo in un’epoca utero-centrica, Milf e Cougar spadroneggiano, quote rosa ovunque,  l’uomo sentimentale è tale solo “in funzione di”. Pensate: è toy boy in quanto oggetto di piacere per donne alla ricerca di testosterone; è spesso marito per un desiderio di maternità; è amante per un desiderio di lei di fuggire dalla noia di un rapporto acido ma rassicurante;  è muratore perché lei c’ha la casa da ristrutturare; è imbianchino perché ha bisogno del doppio lavoro per pagare gli alimenti a lei; c’è perfino un Renzi qualunque che è Presidente del Consiglio perché Maria Elena voleva fare la ministra.

Lo so che ora almeno tre donne sono partite alla ricerca della mia auto, e tutte e tre con un solo obiettivo: essere la prima a bruciarmi la macchina! Ma perdonatemi, il gusto del paradosso mi stuzzica e diventa necessità quando si vuole porre l’attenzione sul problema.

Sì perché un problema c’è, ed è il baratro in cui sta cadendo l’uomo medio, soprattutto il “brav’uomo”, scritto così, con l’apostrofo.

Il “brav’uomo” è l’evoluzione del bravo ragazzo, non aggiungo altro, si capisce già.

Ma come in tutte le catastrofi, perché di questo si tratta, giusto un attimo prima che la categoria imploda definitivamente,  ecco che arriva lui: il Dilf.

Il Dilf non è l’equivalente maschile della Milf attenzione, troppo riduttivo, il Dilf è uno stile di vita, uno stile nato dalla necessità di sopravvivenza, è l’evoluzione della specie, ecco questo è, l’evoluzione della specie, sono sicuro.

Il Dilf da piccolo era un bravo bambino, quello con i capelli a caschetto, le mani pulite e le scarpe lucide; poi è diventato un bravo ragazzo, quello che non faceva mai buco, che “permesso e scusatemi”, che ha dato il primo bacio a 23 anni non per “portare rispetto” ma perché non sapeva esattamente dove mettere la lingua e si vergognava.
Poi eccolo diventare un “brav’uomo”, quello con un lavoro impegnativo, i capelli neri, la macchina nera, le corna e le scarpe lucide, poi quarant’anni compiuti.
Sì le corna, poi sì.. quarant’anni compiuti.

E qui però il confine diventa labile,  non tutti i “brav’uomini” diventano Dilf, alcuni diventano semplicemente rassegnati.  
Rassegnati tipo bicicletta e beccaccino, carne alla griglia e Gazzetta dello Sport, Tv, divano di stoffa, pay-Tv, pigiama, Tv satellitare, espressione triste, la forfora, il lavoro, il pettegolezzo acido, la nostalgia, la Gazzetta dello Sport, la forfora, il capello che non diventa brizzolato... assume contorni di beige.
Il “brav’uomo” è un bravo papà, ma è spento.

Il brav’uomo che diventa Dilf invece perde l’apostrofo e cambia l’ordine, diventa un uomo bravo. Provate a leggerlo di corsa, sì così… velocemente, “un uomo bravo”, sentirete che fa tutto un altro effetto.
Un uomo bravo nell’intorno dei quaranta. Spettacolo puro.

L’uomo bravo che evolve due sono le cose che fa per iniziare, anzi tre, quasi una testimonianza di cambiamento: compra un piumone all’Ikea, una camicia di jeans e impara a limonare.

La prima perché il piumone fa! Fa caldo, fa moderno, fa pure un po’ modernariato, è l’evoluzione della coperta imbottita e fa sembrare il capello un po’ più brizzolato e un po’ meno beige. Il piumone Ikea è simbolo di libertà, libertà di dormire senza pigiama e pure senza maglietta, e dormire senza pigiama fa pandan con il jeans stretto senza scarpa e senza ciabatta, piede nudo su parquet. Che un attimo dopo sei due paia di piedi nudi su parquet, e due attimi dopo è un po’ di tutto su parquet.
La seconda non lo so perché, ma io un Dilf me lo immagino con la camicia di jeans.
La terza è perchè deve riscattare tutti gli under 23 che sono ancora lì a capire dove devono mettere la lingua.

Il Dilf è un bravo papà, ma è vivo.

Il Dilf nei primi anni di attività ha una vita sentimentale disastrata, un insoddisfatto, un non accontentabile, un cacciatore di emozioni a prescindere. Spesso il lavoro prende il sopravvento sul sociale, e il sociale diventa fatto di pochi amici, tanti conoscenti, amiche, solitudine, calici di media ampiezza, vino rosso e spremute d’arancio, acqua naturale, libri e giornali, cartoni animati, un-due-tre per le vie di Roma, nascondino, l’affare del secolo, la noia, tutto assolutamente fatto solo perché lo vuol fare.

Il “brav’uomo” invece  lo fa perché “altrimenti cosa faccio alla mia età…”.

Il Dilf tiene le aspettative basse, che “beh pensavo peggio…” è molto meglio di “e io che credevo…”, e poi è rassicurante, caldo, uno che ti puoi fidare, c’ha pure la pancia ed è passionale che non te lo immagini.

E la donna del Dilf? Quella vera intendo?
Il Dilf cerca la donna sicura, impegnata, impegnativa, con un bel culo, imprevedibile  nella sua maniacale organizzazione, e assolutamente un po’ paracula, proprio come lui.
Quella insomma che: “Certo che sarebbe certamente più saggio aspettare, ma se lo voglio, lo voglio subito”.
La vuole anche in carriera, non importa quale, l’importante è che abbia aspettative, proprio come lui.
Se poi usa pure lei jeans stretti senza scarpe basta solo un parquet e l’acronimo è servito.
E poi vuole quella che legge “Vanity Fair” e “Così parlò Zarathustra”, che usa la mail, l’I-pad, l’I-phone, che registra Grey’s AnatomY, ma se deve scrivere una cosa importante usa un post-it giallo, e lo appiccica in bagno.
Perché è libera, libera di scegliere, tanto libera da scrivere persino le cose importanti in bagno mentre fa la pipì.

Tutti questi sono dettagli che a mio avviso confermano la tesi, l’uomo se vuole evolve, e il Dilf ne è la dimostrazione. Non mi è ancora chiaro che cosa serve esattamente per fare lo scatto, certamente la pancia, leggermente accennata magari  e il saperla portare soprattutto, anche sotto al piumone dell’Ikea, sì perché il resto, tutto il resto, bhe…  è fuffa.