Autogrill

Che poi dico io, ma fare un “Imola-Faenza” in autostrada e fermarsi in autogrill all’altezza di Solarolo è così grave?
L’autogrill mi piace, non c’è niente da fare, è così da sempre, un coacervo di genti, di camion, di nafta, di tedeschi e di Crisbì.
Un caffè, poi ti chiedi da dove arriva quello con la giacca blu e la barba lunga che puzza di sudore e compra una Fanta Lemon che l’ultima l’hai vista nel 1989, e la tardona abbronzata con il tacco platinato e lo sguardo perso sul barista, e una brioche miele e cereali che fa tanto colazione anche alle 19.48.
E “Antonella” col cartellino sulla divisa, che distribuisce panini con un’espressione stantia, che capisci che ha mestiere perché lo scontrino lei te lo straccia, a differenza di queste nuove leve che invece te lo rigano con l’unghia in una novella obliterazione 4.0, dove abiterà?
Al lavoro andrà con l’auto o in motorino?
Sì, perché in fondo queste sono le domande che restano dentro.



Più o meno come: “ma chi la compra la mortadella a tocchi in autostrada?” Che c’è sempre lì nel banco “salumi e formaggi tipici d’Italia”, costa come il plutonio, ma è immancabilmente splendida, una signora mortadella direi.
L’autogrill fa viaggio, ma fa anche sosta, fa gita e vacanza, ma anche lavoro e fa anche “la prima volta che hai dormito in una cuccetta di un mega camione”.
E mi ricordo quel giubbotto smanicato mille tasche modello pescatore incazzato trovato tra Parma e Piacenza.
E son convinto che qualcuno sì sia pure innamorato in autogrill, magari cenando al Self.
E son convinto che s’incontrino pure gli amanti in autogrill, uno in direzione sud, l’altra in direzione nord, e via a limonare nel sottopasso.
E son convinto che nessuno si sia mai dimenticato qualcun’altra per sbaglio in autogrill, no, ce a voleva proprio lasciare, lì, in quel luogo atipico e franco lungo una strada senza uscite a raso non regolamentate.

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