Realtà, sogno e immaginazione....

La vita è beffarda, a volte succedono cose, a volte succedono cose strane,  spesso sei convinto stia succedendo tutto quando invece non succede proprio nulla.

Questa mattina ho trovato un bigliettino sulla mia auto, un post-it giallo, sopra ci stava scritto più o meno così: “… ricordi che mi avevi chiesto di ricordarti di raccontare? Ecco raccontami questo, raccontami della mente, del pensiero, di ciò che vivo e di ciò che riesco a vivere e a rivivere pensando…. e raccontami di come si fa tra realtà, sogno e immaginazione…. dai raccontami un po’… ciao. A presto”.

Ecco.... a come raccontarlo senza cadere nella noia trasmettendo un’emozione che non sia solo mia, ci sto pensando da questa mattina, al senso di queste parole ci penso invece da trentaquattro anni.

Cara scrittrice di post.it, e dico scrittrice perché mi piace pensare tu sia donna, realtà-sogno e immaginazione te le racconto con una foto, quella che troverai al termine di queste righe di corsa, fermati un attimo, scendi lungo la pagina, chiudi gli occhi, riaprili, dai un’occhiata e ricomincia a leggere da qui solo dopo aver guardato.

Vedi… questa sera avrei voluto essere seduto su di un divanetto vista spiaggia, un calice di rosso, un banalissimo Sangiovese riserva, il fresco del mare a metà marzo, le noccioline, le fragole, le luci, i miei ricordi a far compagnia ai miei pensieri  e quella intensa sensazione di infinito.
Ecco questo era il sogno.

E invece sono qui, un favore ad un amico e son rientrato troppo tardi, troppo tardi per il mare, troppo tardi per il Sangiovese (financo le Maioliche erano chiuse!) e troppo di corsa per lasciare che i ricordi partorissero pensieri, almeno come li avrei voluti io.
E allora la sera diventa un calice rubato, acqua cristallina ma non riserva, via XX Settembre senza la spiaggia, ed ecco benvenuta la realtà.

Ma non è finita qui sai? Eh no, perché ad illuderti, a raccontarti che poi forse quello che senti in lontananza non è la vibrazione di un “Siemens silent super frigor” ma è lo sciabordio dell’onda, ci pensa l’immaginazione.
L’immaginazione che ti fa spegnere la luce principale facendoti passare alla lampada artigianale che tanto ti piace, l’immaginazione che ti fa roteare l’acqua nel calice per vedere se pure lei c’ha gli archetti e i tannini, l’immaginazione che ti salva la serata lasciandoti fantasticare su brindisi e sorrisi, in attesa che la notte ti accompagni a dormire.

Vedi, tutti noi siamo una somma di ricordi, una catasta di cose successe, di occasioni raccolte-perse-sfuggite-rubate, siamo mille e mille attimi incastrati fra coincidenze che ci hanno fatto succedere la vita.
Siamo bambini che sono cresciuti solo fuori, con il bisogno di essere compresi e protetti da chi amiamo davvero.
Siamo sentimenti nascosti perché fan troppo rumore, siamo sentimenti persi  perché erano troppo silenziosi, siamo sentimenti mutilati perché l’esistere ce li ha strappati via.
Siamo così, a volte senza un perché, semplicemente così.

Ed è per questo che sì… sì spesso viviamo solo a metà, magari a tre quarti o per dirla come il tuo post.it “viviamo quello che possiamo vivere”, rinunciando a trovarne il senso,  e non per codardia o per mancanza d’intelligenza, ma solo perché un senso non c’è.

I giorni scorrono tra le nostre mani, il tempo passa, le rughe sul volto aumentano in maniera inversamente proporzionale alla quantità di Crema Douglas che hai usato tra i venticinque e i trenta, i sorrisi son sempre più cauti per quanto più profondi, ti piace ancora limonare-fare l’amore e anche scopare.
Impari a capire al volo la differenza che c’è tra un “grazie” e un “ti amo”.
Dai un senso al “mi manchi”, anzi è “il mi manchi” che da un senso spietato a ciò che ti succede o ti è successo, a undici o a quarant’anni.
Fai colazione con la disillusione, pranzi senza pensare, ti lasci cullare dalla cena, ti addormenti tra le braccia di chi ami se puoi o se c’è, ti immergi nell’intensità di un c’è stato se sei solo o sola.
Ognuno a modo suo, ognuno a vivere la vita che può.

Realtà, sogno ed immaginazione non sono altro che la storia di coloro che esistono.
Non siamo forse noi i nostri sogni? Non siamo forse noi ciò che ogni giorno ci capita? E non siamo forse noi ciò che ogni istante immaginiamo?
Anzi io credo che noi si sia soprattutto immaginazione e sogno, perché per quanto si possa vivere il presente noi continuiamo ad essere ciò che siamo stati e come lo siamo stati, e ciò che vorremmo essere e come lo vorremmo.
Travolti dal passato proiettati sul futuro, incidentalmente sul presente.
Pensa all’amore, non è forse così?
E il lavoro? Non è forse nella ricerca della riuscita di domani, costruita sulle spalle di ieri, che viviamo l’oggi?
E la concretezza del quotidiano? Non è forse data da ciò che ci è stato insegnato per arrivare a ciò che vorremmo insegnare a chi sarà dopo di noi?

Vivere quello che si può vivere è un limite che ogni giorno vogliamo superare, ma ne restiamo costantemente travolti, al netto delle botte di culo, e allora sognare diventa l’antidoto, ricordare aiuta il sogno, immaginare ci fa restare svegli.

Ho letto da qualche parte che “il futuro è solo una scusa per vivere il presente”, io credo che il passato sia di converso il miglior modo per ricordarci di quanto sia stato comunque bello vivere e lasciarsi vivere.


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