Domenica pomeriggio

Al mare, tutti al mare se ne stavano, sabbia, beach volley, mojito e bikini, lettini e Piz Buin, baci e sorrisi, urla, schizzi, salsedine… a fine giugno d’altronde capita… ma loro no.

Loro decisero di arrampicarsi in collina, un po’ scazzati, leggermente sudati fuori dall’aria condizionata della loro auto e un po’ innamorati, non si sa bene di chi, forse l’uno dell’altra pur non dandolo a vedere, forse l’una di un altro, forse l’uno di un’altra.

Erano alla ricerca di tramonti e panorama, lui tramonto e lei panorama, parlarono poco e pensarono molto durante tutto il viaggio, a cosa poi non si sa, sembravano cugini più che fidanzati, cugini di secondo grado, due cugini che s’incontrano al bar per caso, nulla da fare e “ci facciamo un frullo da qualche parte” - “va bene, prendi tu l’auto” - “ok, andiamo”.

Trovarono quello che cercavano, era pure comodo.

Di fianco a loro un ragazzo di mezza età (figura mitologica ma reale) camicia bianca e naso lungo, passeggiava col cane chiedendogli di ascoltare le cicale, “senti l’intensità del loro cicalare?”, così questo diceva a quel nero e obiettivamente brutto quadrupede, che lo guardava tra l’attonito e il “ma che cosa ti sei fumato?”. Loro lo osservarono, si guardarono stupiti e sorrisero.

Evviva, un sorriso, evviva evviva.

Di fianco al parcheggio stava una baracchina enoteca gourmet, lui prese due calici di rosso, uno per ciascuno, era comunque un generoso, e s’incamminarono verso il parchetto vista tutto, c’era un tavolino di legno grezzo e c’era pure una panchina con i braccioli rossi (facevano pandan con il sangiovese), si sedettero, uno di fianco all’altra, lei appoggiò la testa sulla spalla di lui, sembrava serena.

“Cin”, “cin”, “a cosa?”, “a… al povero cane costretto ad ascoltare cicale”. Ancora un sorriso.

Il tutto intorno, quello panoramico, era fatto di viti, campi di grano già raccolto, rotoli di paglia sparsi, campanili e casolari, formiche 🐜, valli e colline, acacie e cedri del Libano, silenzio rotto solo da cinguettii e da quelle scassacaz.. delle cicale.

Lei si alzò delicata, il calice nella destra, si avvicinò alla balaustra, pure quella in legno grezzo, lasciò per qualche minuto che il suo sguardo affondasse tra il niente di quello spettacolo obiettivamente bello, poi guardò lui, lui che la stava osservando questa volta attentamente, sembrava proprio fosse lì per guardare solo lei..

Non fosse stato per Elettra Lamborghini che usciva dalle casse della baracchina la scena la si poteva immaginare pure romantica.

Non fosse stato per quel dialogo afono fatto di sguardi e di altrove, li si poteva immaginare pure una coppia per davvero.

Come succede che ad un certo punto capita che non ci sia più niente da dirsi? È strano ma è molto più frequente del morbillo, non è eccezione, anzi credo sia eccezione il contrario.

Perché succede? Davvero me lo chiedo. Ci si è già detti tutto? Ci si vuole tenere in serbo qualcosa da raccontarsi dopodomani? Meglio tacere che dire qualcosa di cui poi ci si pentirebbe? Si tace per non tradire le mille balle raccontate nel corso del prima? Si diventa avari di parole? Che sia l’alitosi? O le tonsille infiammate che dolgono al passaggio delle consonanti?

Un’amica mi disse un giorno che a spegnere il dialogo è la passione che se ne va senza lasciare spazio alla complicità.

Io mi permisi di contraddirla in parte dicendo che se c’è complicità c’è pure passione.

Lui la raggiunse alla balaustra, il calice nella sinistra, “mi ami?” - “tu?”. 

Lui non rispose, lei non chiese altro, appoggiò di nuovo la testa sulla spalla. Lui aveva la camicia bianca, lei i capelli neri, erano belli da vedere.

La complicità non lascia mai il posto alla passione perché la complicità è passione, così come il vino è rosso e punto, i baci con la lingua,  la nutella con il pane fresco, i jeans con la camicia.

La complicità non lascia il posto alla passione perché la passione si nutre di complicità (è banale lo so, ma così è) e tutto il resto è fuffa.

“Dici che avremmo fatto meglio ad andare al mare?” - “no, no, al mare no… avremmo fatto meglio a fare l’amore guardandoci negli occhi e sussurrandoci nelle orecchie” - “oggi?” - “no, prima di oggi, direi almeno ieri…”.

“Andiamo?”

“Andiamo..”