Batman


C’era una volta un ragazzotto che si era convinto di essere un supereroe. 

Passò i giorni a risolvere problemi più grandi di lui, certo di poter e dover salvare il mondo che gli girava attorno imparò ahilui a non aver paura di nulla, concentrato e perseverante macinò soluzioni progettando la vita anziché crescere serenamente come si confà a quell’età, capace solo di rimandare il piacere a momenti migliori che non arrivarono mai, credette - illudendosi - di essere financo in grado di rallentare il tempo tanto da poterlo fermare.

Si convinse, il tapino, di essere totalmente autosufficiente, infallibile, onnisciente e predestinato a grandi cose. 

Un pataca insomma, nel senso deteriore del termine.

Collezionò emozioni vissute costantemente a metà, inseguì desideri diventando grande due passi per volta, bruciò le tappe camminando sulle braci di fuochi tanto intensi quanto inutili. Si lasciò travolgere dall’impossibile credendo di poterlo governare,  sopravvalutò le proprie capacità in afflati di spasmodica vanità, si convinse di essere Batman.

O tutto o niente, o quello o niente, il massimo o niente, o vittoria o niente, o brivido o niente, vinse il niente.

Si accorse di aver perso, se ne accorse un giorno per caso, quando rincasando dopo l’ennesimo slalom tra i gorghi del quotidiano in cui si era cacciato, richiuse la porta dietro di se ed ascoltò il silenzio. 

Viveva a metà in una casa costruita a sua immagine e somiglianza, tra cumuli di ordinata, presuntuosa e pomposa vetustà, immerso in un mondo di antichi suppellettili solo apparentemente gettati a caso sul pavimento o aggrappati alle pareti, ricordi di un passato che non passava, di una vita mai davvero  vissuta, il tutto avvolto in un assordante silenzio che aveva gradualmente inghiottito la voglia di avere voglia.

Fu allora che si accorse di non avere più niente da dare, più niente da offrire e nemmeno più niente da prendere, a nessuno e da nessuno, un supereroe senza più super e senza più  eroe. Un noioso, banale e scontato cliché, vittima di un ego apparentemente gentile e smisurato, in realtà fragile, costretto  ed ostinato al limite del comprensibile.

C’era una volta un ragazzotto che credeva di essere Batman, che nascosto dietro ad una stoica e buffa maschera da pipistrello ( 🦇 ) lasciò il posto all’ultimo dei Robin di turno, senza più sogni né velleità, senza più sorriso né mantello.