Nagasaky Toku, Luca, Ancilla, Agata... noi...


Poi ci sono i personaggi dei libri letti, dei racconti scritti, dei film visti, delle serie compulsate, delle storie raccontate, tutta una marea di genti e situazioni che dopo l'ultima pagina, l'ultimo frame, l'ultimo titolo di coda, l'ultimo bicchiere di vino, l'ultima chiacchiera, finiscono non si capisce bene dove.

E' così.
Scompaiono. 
Un attimo di esitazione, il libro si chiude o le luci si riaccendono, tutto finito, solo il retrogusto di un ricordo appena immagazzinato non si sa dove e non si sa per quanto. 

Sono arrivati per caso questi signorotti della fantasia, senza ragioni apparenti, come capita spesso con le code in autostrada, ce li siamo trovati lì di fronte sullo scaffale della Kentucky di Corso Saffi, proprio-come-mentre frugando nell'angolo del prezzo aggressivo (comunemente noto come la mucchia delle bazze) ci è caduto l'occhio sul ripiano a fianco... ed ecco quella copertina un po' strana, con quel suo fare un po' misterioso, seminascosta, semimpolverata, semilucida e semiopaca (dipende dall'umore), che stava lì a dirci: "dai comprami, sono qui, sono bello, sono pieno di storia, pathos, sentimento, azione, suspense, dai comprami per bacco!".

In realtà la ragione vera per cui abbiamo comprato quel libro è che di fronte al di fianco c’era lei, morettina, età giusta, espressione leggermente annoiata, jeans-blue chiaro e aderente che lasciava al tempo stesso poco e moltissimo spazio all'immaginazione, gamba lunga, caviglia stretta, camicia bianca, sorriso arrogante, un marito, un cane, un figlio maschio, una bici senza pedalata assistita (oggi è importante dirlo per non farsi assorbire dal cliché), e fuori sicuramente un'amica che stava per arrivare, obiettivo aperitivo, uno spritz per l'amica e una cedrata Tassoni per lei.

E noi, avvicinandoci con tutta la finta noncuranza da uomini fisicamente a due passi dall'età di mezzo ma mentalmente tardo adolescenti, spariamo un: 
"Scusa, posso? Se non lo prendi tu L'ultimo passo verso la felicità di Nagasaky Toku lo compro io. E' una bomba, ho letto la recensione su Anobii, otto stelle, anzi forse pure nove, e non puoi immaginarti Luca, il protagonista, innamorato di Ancilla fin dalla seconda pagina, lei muore, alla ottantanovesima, poi riappare alla centotrentottesima. 
Una verve narrativa che Fabio Volo spostati. 
Ah scusa che ore sono? E posso chiederti il tuo nome???"

Lei si gira, noi sgraniamo gli occhi (non chiedetemi perché uso il plurale, ma ho iniziato così, mi sembrava carino e ora proseguo, ma il soggetto è singolare, forse pure single, lui, lei no, si è già detto, sposata, un figlio...), lei ci guarda, e:  "Ah conosci Nagasaky Toku?!"
Noi: "Conosco... sì insomma di vista, cioè per sentito dire, così ne ho letto qualche volta sulle pagine culturali di Tv Sorrisi e Canzoni, ma bravo eh!! Davvero bravo"
Lei: "Curioso, Nagasaky Toku che scrive di Luca e Ancilla.."
Noi: "Eh sì, un orientale rapito dallo spirito dell'occidente, un occidente di provincia, la provincia di Ravenna, tra Russi e Godo, zona di grande charme!! Luca vive lì!"

Lei ci guarda ancora un attimo, sorride, non si capisce se per simpatia o perché forse lavora alla narcotici ed è abituata a trattare con tipi come noi, guarda il cellulare  (l'amica dello spritz si è già seduta e le ha watsappato), si avvia all'uscita, poi prima di scendere i tre gradini che la porteranno in strada si gira, abbassa gli occhiali da sole: "Mi chiamo Agata... e se incontri Nagasaky salutamelo"
Noi: "Va bene, lo farò senz'altro, ma non mi hai detto che ore sono?!"

E' così che nascono le storie, quelle dei libri che ancora non esistono e quelle delle vite che già trascorrono, un susseguirsi di casualità, di sguardi, di detti e di non detti, di voglia di lasciarsi tentare contrastata da amiche fuori che aspettano, di intrighi, di ritardi, di mogli, di mariti, di figli, di noi, di lei, di loro, insomma di un casino di cose e di genti.

Ma tutto alla fine scompare, non per sempre, solo fino a quando qualcuno non deciderà di rileggere quelle pagine, o di guardare quella pellicola (so che è tutto digitale ormai ma dire pellicola fa molto più dandy), o di raccontare la seconda puntata,  o di dar buca all'amica rispondendo al suo watsapp con un: "Hei, imprevisto, molto imprevisto non riesco, scusa scarso preavviso ma tu hai già capito che comunque ero con te! A buon rendere!!"

Fuori piove, le finestre della nostra camera da letto danno su di un cortile interno, glicine e viuzza pedonale a fianco, discrezione (salvo telecamere), ventidue gradi in soggiorno. 
Agata: "Chissà se Nagasaky avrebbe fatto iniziare la nostra storia così?"
Noi: “Dici così sul mio letto sgualcito dopo aver fatto l'amore come se non ci fosse un dopodomani?"
Agata: "No, dico così alla nostra età"
Noi: "Eh non so... tu sei più giovane di noi, tu sei sposata noi siamo vedovi, tu sei bella noi meno, tu sei seria noi no, tu sorridi noi diciamo cazzate, tu ci hai colpiti al primo istante noi ti abbiamo offerto da bere, non lo so se avrebbe iniziato così"
Agata: "Fammi un favore ora"
Noi: "Dicci"
Agata: "Smettila di usare quel cazzo di noi"
Io: "Va bene, però tu baciami e dimmi che ore sono, te l'ho chiesto un sacco di tempo fa!"

Noi (io) e Agata in fondo stiamo bene insieme, non potrebbe essere diversamente, siamo la parte bella della storia, quella che pompa emozioni, ma anche quella che rassicura, che rilassa, che fa pensare, che mette i telefoni a faccia (o pancia?) in giù,  che porta a decisioni sbagliate che tanto avremmo preso ugualmente ma soltanto in maniera un po' più triste. 

Le storie iniziano per caso, come i libri. 
I personaggi crescono per caso, come nei libri. 
Scompaiono per scelta, sempre come nei libri.
Finiscono perché tutto finisce, come le pagine dei libri.
Finiscono bene? 
Finiscono male? 
Finiscono direi, finiscono e basta, perché in fondo che importa se è bene o se è male se comunque è finita??
E questo, non dimenticatelo, di nuovo ed ancora come nei libri. 
Ah!! Stavo dimenticando io una roba: le storie alle volte  "fanno giri immensi e poi ritornano", immensi sì, e poi ritornano sì… ma solo se sei Antonello Venditti, che tra l'altro - ricordiamolo - non fa nemmeno lo scrittore.

E poi un’ultima cosa, erano le "diciotto e cinquanta", l'ora dico, stava scritto nella pagina dopo, mi era sfuggito, me ne sono accorto rileggendo. 

 

I gabbiani.. sai mica dove vanno a dormire?!

Che poi dico io, i gabbiani dove vanno a dormire?

La giovane donna sabbia e bikini giocava a racchettoni con il giovane uomo tatuaggi e barba incolta, ogni due palleggi un bacio, ogni tre baci uno sguardo complice (mica pizza e fichi, ho detto complice), poi un tuffo all’imbrunire tra onde avvolgenti e un freddo della madonna.

Ma loro solo brividi  di passione.


Poco distante Agata rimirava l’orizzonte (cazzarola rimirava!), poteva pure chiamarsi  Giulia, o forse Franca, financo Adele, ma era bella e triste, mi piacerebbe sapere perché… forse il cuore sulla sabbia lo aveva disegnato lei, ma si sa, mai disegnare cuori sulla sabbia, si cancellano!


A duecentotrentaquattro metri lucine colorate e ampi calici, musica anni ottanta e brindisi suadenti, approcci semialcolici e numeri di telefono scambiati come figurine, qualcuno chiamerà qualcuna l’indomani mattina, tra le sette e le sette e un quarto, imbottigliati nel traffico del lunedì.

“Ciao sono io!”

“Io chi?”

“Quello di ieri, camicia bianca e mocassini”

“Ah, ciao!!! Beh io mi chiamo Alice”

“Io Giulio, ci rivediamo mercoledì?”

“Meglio giovedì!”

“Allora facciamo martedì”

“Ok, alle otto passo da te”

“Ma non sai nemmeno dove abito”

“Non importa, ti troverò”

“Come?”

“Scriverò Alice su Google Maps!”

“Va bene, aggiungi pure corso Mazzini, angolo via Sebastiano Cariddi”

“Cariddi?”

“Si Cariddi, sarò vestita di verde”

“Perfetto, a domani!”


Il sole era sparito, lì dietro la baracchina della piadina, “il sogno dello scquacquerone”, Rosario e Concetta bevevano birra e non si guardavano nemmeno, lui non voleva sposarla e lei si stava stufando di aspettare, fidanzati già da tre mesi che bisogno c’era di aspettare ancora?!! 


Il pattino del bagnino si stava asciugando sulla battigia, tutto il giorno a solcare onde, su e giù e avanti e indietro a sorvegliare bagnanti, a vigilare villeggianti, era esausto.

Il bagnino non c’era, turno finito, Annarosa lo stava aspettando a casa, aveva preparato per lui cotolette di sardoncini e patate fritte.

L’abbinamento era certo azzardato ma lei lo amava, e questo a lui bastava.

Finite le sarde avrebbero bevuto vermentino di Gallura e fatto l’amore sul divano.


La barcaccia del pescatore stava salpando, per dove non si sa, a bordo stavano Andrea, due rumeni, un armeno, un napoletano, un cane bassotto nato a Firenze e trasferitosi a Marina Centro un anno prima insieme a Lucilla, la capitana del vascello.


Franco stava seduto sulla panchina vista sabbia, Mia Martini cantava Minuetto sullo smartphone, e intanto raccontava a Giorgia di come avrebbe fatto bene a sfrattare quell’inquilino brutto.

“A dare gli appartamenti in affitto bisogna stare attenti”

“Ah lo so, ma cosa vuoi, c’avevo bisogno”

“E nonostante tutto ha ancora voglia di uscire la sera?” 

“Sì, anche se è grasso e stanco”

“Domani ci saranno 27 gradi”

“Confronto ai 38!”

“Eh già!”

“Sai che non ha nemmeno la televisione in casa?”

“Bah, tanto non c’è mai nulla di buono”

(Quando si dice pensieri in libertà..)


Un venticello frizzante accarezzava tutto quel pezzetto di mondo bizzarro, uomini e donne e cani, storie e storielle, amori-passioni e matrimoni mancati, inquilini e grasse fidejussioni già viste alla Tv.

La normalità è il profilo migliore della fantasia, non c’è che dire, 27 è meglio di 38, e aggiungerei che pure 40 è meglio di 48, ma la domanda resta: i gabbiani… dove vanno a dormire?