Quel bisogno impellente che lei si affacci alla finestra....

“Dai fai il bravo, stasera esciti e ubriacati!! Così magari la smetti di rompere le balle…”

“Come esciti?? Come ubriacati, sono quasi astemio??!! Come rompere le balle, sono un sopportabile per definizione??”
“Sì insomma rilassati! Smettila di prenderti così sul serio, non va beneeee!!”

“Sul serio? Non va bene? Come? Io? Veramente, lo sai, sì ok, hai ragione lo so… (silenzio…. silenzio…), dai affacciati un secondo alla finestra per favore che ho un gran bisogno di vederti immediatamente, inventati che devi  stendere i panni, raccogliere le mollette del bucato, imbiancare la facciata del palazzo,  annaffiare l’albero di natale del vicino che sta appassendo anche se è di plastica, per favore affacciati non mi fare aspettare che non resisto” e ancora insisti: “Hai presente Romeo e Giulietta, e i Montecchi e i Capuleti, dai affacciati, un attimo, un secondo, è romantico, sì lo so che non sei romantica e sono tutte sciocchezze ma cosa te ne frega, affacciati, voglio vederti!!”. E lei è fortunata che in macchina non hai un CD di Ornella Vanoni e un pianoforte altrimenti ti saresti piazzato sotto la sua finestra con “L’appuntamento” a tutto volume e tu a scrivere messaggi del tipo: “sei in ritardissimo affacciati per favore!!”, finestrino aperto e braccio sullo sportello anche se fuori ci sono 10 grado sotto zero, però tu sei resistente come un sasso.
“Ma cosa fai qua? Ma non dovevi andare a cena? E la macchina? Perché la macchina, dovevi andare a piedi? Te sei matto lo sai?”

Sì tu lo sai che sei matto, ne sei perfettamente  ed  assolutamente consapevole però  passi, e ripassi, e avanti, e indietro, e la macchina e la neve e Castel Bolognese e l’Ausl e fai un sacco di kilometri e va bene e l’orco che tutto a un tratto è diventato un tecnico che Pietro Mennea gli fa una pippa e poi ti accorgi che stai diventando troppo volgare e ti ripigli.
Ti ripigli? Non è mica facile!! Che storia è questa? Che dialogo è questo? Non lo so, perché non si può mica sapere sempre tutto, a volte capita che le cose si fanno  senza sapere il perché, si dicono così, si  raccontano, la sera tardi,  al mattino presto, a notte fonda, è che…. hai voglia di dire adesso razionalizzo, adesso dormo, domani non ci penso perché devo lavorare, devo fare l’antitetanica, il vaccino antiinfluenzale, tachifluedec da sciogliere in acqua calda e devo prendere il caffè, ma l’irrazionale è irrazionale. L’irrazionale è figlio dell’emozione, come questo racconto sconclusionato. E l’emozione di che cosa è figlia?? Di niente, anzi di niente di spiegabile, l’emozione è figlia di un qualcosa che gli antichi (ho sempre sognato di dire “che gli antichi”) chiamavano pathos, si pathos, quella cosa che ti prende all’improvviso e non sai descriverla, che tu ci pensi ma non ci riesci, ci provi , ci riprovi, dici “adesso io!!!”, si dice sempre adesso io quando vuoi fare quello che le cose le decide davvero e invece….
Ecco “invece”, è l’invece che ti frega, l’invece è un po’ come il “pero’”, scrivevo qualche racconto fa dei trentanovenni , quelli che dicono “sì ho trentanove anni pero’… praticamente quaranta”, anche a trentotto dicevano così: “ho trentanove anni però… praticamente quaranta”, insomma c’è sempre un pero’ così come c’è sempre un invece, così come c’è sempre un trentanovenne in crisi d’identità. E intanto tu decidi di decidere e poi fai il contrario. Perché fai il contrario?? Perché  il contrario” è quello che davvero desideri, ma lo desideri un casino questo contrario. Il contrario, per definizione, è quello che non si dovrebbe fare, razionalmente non si dovrebbe fare, chi usa la testa non lo fa, chi invece usa il cuore, l’olfatto e il tatto lo fa, fa il contrario. Sì, il contrario è figlio degli odori, del cuore e del sorriso. Tutto chiaro no? Mi spiego meglio: prova a vivere senza sentire i profumi, senza la tachicardia da emozione scomposta e senza toccare ciò che ti passa per le mani. E’ una roba insensata.
E intanto lei continua a stare affacciata alla finestra e non ne ha mica voglia, però tu sei là sotto, passi, ripassi, inversione a U e quello dietro suona, e tu ti incazz…, anzi ti arrabbi, poi ti accorgi che è John Lazzano e fai finta di niente, accosti e fai passare, e intanto lei è ancora lì affacciata alla finestra e tu pensi “Bè se poi sta lì forse ha voglia di vederti pure lei? Forse è felice della tua follia, è felice per la tua follia, forse è matta pure lei?!”

Sì è matta pure lei, questa è la risposta che ti dai, e forse è la verità, una verità che non è che ti fa stare più tranquillo, però  almeno dici “Siamo in due” , e intanto Babbo Natale seduto sul pan-cake di fianco alla bilancia ti guarda e ti saluta ed è solo a quel punto che ti dici “si ok….  esciti…, ubriacati…., però insomma hai quarant’anni, se non altro sragiona con parsimonia….".

40enni... che strani che sono...


"Ma ciaooo, ma quanto tempo, come stai-cosa fai-hai dei figli-sei dimagrito, ma quanti anni hai?? L'età di mio fratello Luigi o di mio cugino Luca??"
"40, ho 40 anni"

Ma non è mica vero, ne hai 39, ne hai 39 già da un po’ ma la risposta è sempre quella anche se vorresti chiedere: “Ma chi cazzarola sono Luca e Luigi?”.
E mentre rispondi pensi: “Oue, 40 ti ho detto, non sono mica un ragazzino, ne ho viste di cose io”, e ne hai viste veramente, anche troppe forse, però hai 39 anni e non 40. E allora perché?

A 30 anni dicevo: “Ehh per un uomo a trent’anni inizia, per una donna…”
A 35 dicevo: “Ehh per un uomo a trentacinque anni inizia, per una donna…”
A 36 dicevo: “Ehh per un uomo a trentasei anni inizia, per una donna…”

Poi ho smesso, oggi dico: “Ho 40 anni io”, punto esclamativo dopo le virgolette e puntini di sospensione che fanno tanto riflessione. Qualche volta (ma solo qualche!) aggiungo: “Quanti me ne dai?”. Non so che risposta vorrei, però ho la fissa, lo chiedo sempre.

Comunque cosa fa normalmente un 39enne che ha 40 anni? Ma fondamentalmente ha due alternative: o torna indietro o salta direttamente ai 62. Se torna indietro organizza un viaggio a Barcellona, anzi il viaggio l’organizza Lorenzo, che invece ha ancora 39 anni veri, lui stimola ma si aggrega,  prenota un Ryanair che va bene che paga Marco ma non vuole approfittartene, decide di stare fuori 3 giorni, fa una scorta da litro di gel a fissaggio forte che così durante l’atterraggio anche se è ventoso non gli tremano i capelli, porta con se l’Eutirox e una foto della sua ecografia con la dedica del medico che aveva sentenziato: “La tua tiroide è alla frutta, cosa vuoi aspettare di diventare grasso, pelato, sempre stanco e irascibile??” e non l’ha detto ma lo pensava: “impotente??”. Dietro la foto c’è  poi l’indirizzo di casa del medico così che il 40enne possa spedirgli una cartolina: “Grasso-pelato-irascibile tua sorella, sono a Barcellona io!” e non lo scrive ma lo pensa: “Per l’impotente chiedi a tua sorella?!”.

Se  torna indietro il 40enne di solito salta le pause pranzo, cioè salta il pranzo ma fa la pausa, si rilassa ma non troppo, va un attimo a casa a controllare se il parquet del bagno è ancora bagnato dalla doccia bollente della sera prima, ripensa alla sera prima, fa quelle due o tre cose che a vent’anni non faceva,  pensa alla pausa pranzo, va a prendere un caffè  anzi “DUE!!” (maiuscolo perché il barista preferito dal 40enne URLA, poi non saluta quando entra il cliente, il caffè lo fa a razzo e cattivo come l’orco, fa pagare due euro ma fa lo scontrino per 1,50 e  guarda sempre di sbieco, però a lui piace un sacco quel bar), poi pensa al caffè dopo la pausa e solo dopo ritorna in ufficio. Tutto questo in meno di 37 minuti e mezzo. Il 40enne è veloce. Solitamente prima di rientrare in ufficio invia un sms con una frase ad effetto.

Il 40enne che torna indietro fa poi altre cose strane, tipo scrivere quando dovrebbe leggere, tipo alzarsi ogni mattina alle 7 anche quando è in ferie per andare a prendere “DUE caffè?!!”, tipo partire alle 14.30 quando ha un appuntamento alle 16.30 a meno di dieci minuti da casa e per caso si ferma per strada sotto ad un tiglio a fare due chiacchere in auto con una quasi coetanea quasi conoscente che aveva invece un appuntamento allo 14.25 dall’altra parte della città ma si sa che tanto è sempre in ritardo.
Il 40enne che torna indietro qualche volta va anche alle Terme a ballare l'alli galli.
Il 40enne che torna indietro lavora molto, produce anche molto, è distratto in senso lato ma è attento ai particolari, particolari all’apparenza insignificanti tipo alzare il riscaldamento durante le pause pranzo (anche se lui ha sempre caldo e il riscaldamento non funziona e così non ottiene comunque il risultato), oppure farsi un centinaio di km per scegliere il colore di un particolare che starebbe da Dio con lo smalto rosso e quel profumo fantastico (perchè i colori si abbinano anche ai profumi! Poi sbaglia colore e forse sarà necessario cambiare almeno lo smalto), oppure vuole essere tanto attento che ama passare sotto casa di chi parla al telefono con lui perché le persone lui le vuole vedere in faccia quando parla, ne ha bisogno. Oppure tanto attento che quando compra una giacca per se o il cuscino per il divano di casa sua pensa se possono fare pandant con la spallina dei quell'abitino grigio bellino bellino...

Il 40enne che torna indietro non ha la faccia del 40enne, anzi non ha proprio la faccia, e lo dico nel senso romagnolo del termine, “Un ha miga la faza, paro’…!” (e perdonatemi ma non so scrivere in romagnolo). Il 40enne che torna indietro può essere una sorpresa, all’inizio di più, dopo di meno, però, comunque, ci crede sempre, qualche volta di più, qualche volta di meno.

Bene si diceva anche del 40 che passa direttamente ai 62. Non merita di essere raccontato: “Hai 39 anni, non dico fare le cagate di quello di prima pero’….”    

Anche l'orco qualche volta corre... non è tecnico ma corre...


“Ma se tu mi addomestichi la mia vita sarà come illuminata…”, “il tuo (rumore di passi) mi farà uscire, come una musica…”.
Tu stai camminando per strada e il tuo cellulare trilla, un messaggio, anzi whats app, apri e leggi e quello è ciò che sta scritto.

Leggi, rileggi… rileggi ancora, accelleri, rallenti, cammini, ti fermi,  ti siedi sulla panchina di fianco alla giostrina chiusa perché è andata al mare, è tardi, rileggi e pensi: “Adesso rispondo”.  “Rispondo? Che cosa rispondo?”. Non lo sai, non trovi le parole, c’è ancora qualche pensiero ma non sa prendere forma. Allora ti alzi e riparti, ritorni a casa, “mi faccio una doccia calda bollente e non metto neanche la spugnetta sul bordo” e il bagno chiaramente si allaga e il parquet si bagna e tu te ne freghi, perché si asciugherà, dopo, domani, dopodomani, non è importante. E non metti nemmeno tutte le virgole o ne metti pure troppe, perché vuoi dare l’idea che il momento sia intenso e travolgente, stop and go, e quindi cerchi di affannare pure la scrittura.
“..se tu mi addomestichi..”, hai letto altre volte quella frase, così di sfuggita tra le pagine di un libro bambino fatto per i grandi, ma non ti sei mai fermato a riflettere, lo fai ora sotto la doccia calda. “Addomestichi? Ma io non sono mica capace sai?” “Non sono capace, giuro! Io faccio il povero impiegato non sono un domatore, non so addomesticare… “. Basta decidi di andare a letto, sei sufficientemente lavato, vai a letto perché vuoi addormentarti e invece no, pensi, pensi e rifletti… “addomesticarti?” “se ti addomestico ti illumini?”, cazzarola che responsabilità, tu dovresti dormire invece non riesci, perché pensi, e a che cosa poi?  Pensi ad una passeggiata appiccicata di mezza estate, con lei che ad un certo punto se ne esce e ti dice “sai che siamo proprio una bella coppia?” e sorride, e tu pensi  “ma non siamo una coppia?”, eppero’ siete due, state camminando appicciati, ci sono almeno 38 gradi quindi non lo fate per riscaldarvi, state uscendo a cena, tu non guardi la strada guardi lei, avete messo insieme le monetine nel parchimetro, hai prenotato per due, ordinate per due, non aspettate nessun altro, vi sedete molto vicino, il cameriere vi chiede: “siete due?” e tu dici “sì”, usate un solo menù pur avendone due, parlate-vi guardate-sorridete-vi lasciate guardare-sorridete-parlate-(che poi cosa ci sarà da parlare così tanto?) e poi  vi baciate, e lo fate tuttattaccato! Cazz.. ho detto vi baciate? E non vi curate nemmeno di quelli a fianco  che dicono “ma che bella coppia”, e ho detto vi baciate, quindi forse ha ragione lei…  siete una coppia?

 “Addomesticami!”. E cosa vuol dire? Non sono capace, è caldo, è molto caldo, un caldo bollente, sudato, sudato come quel sabato pomeriggio che tu credevi che fosse normale e invece, invece è iniziato tutto da lì, e se non è iniziato proprio lì bè insomma ha contribuito molto, perché la normalità si gestisce è lo straordinario che ti mette in difficoltà. Se sudi così tanto il sabato pomeriggio devi essere pronto a sopportarne le conseguenze, pronto come l’orco, non basta il Polase, il Gatorade o il ghiaccio sulla fronte o un decreto salva Italia di un Monti qualsiasi . Ci vuole di più. Più punto, senza aggiungere altro. E non serve neanche la standing ovation del tuo vicino di casa che vi guarda esterefatto mentre allaga il cortile annaffiando le piante.
“Addomesticami!”. Dai non sono capace davvero, al massimo posso provare a farti sorridere, come potresti sorridere una mattina che svegliandoti presto controlli il web e trovi un racconto strano di un tipo strano, e allora guardi fuori dalla finestra e sulla strada di fronte a casa vedi un orco che corre, felpa e Fred Perry e calzoncini,  roba davvero poco tecnica,  vuol far dieci km con le chiavi di casa in mano , non ha neanche il marsupio, vuole andare alla chiusa di Santa Lucia a periziare un campo di ulivi e pini marittimi che tu una volta avevi visto perché sempre quel tipo con una scusa ti aveva fatto salire in macchina dicendo “dai vieni con me che non ho bisogno però non si sa mai”. E mentre sorridi pensi:  “Che sia iniziato tutto da lì?”