“Posso prenderti la mano?” “No”

“Lasciati prendere la mano”
“Si ma non troppo”
“Perché?”
“Perché non è una mano ciò che voglio”
“E cosa vuoi allora?”
“Vorrei te”
“Me?!”
“Si te”
“Ma te non ti sembra troppo?”
“Troppo cosa?”
“Troppo tardi, troppo tanto, troppo diversi, troppa noia, troppa distanza, troppo uguale, troppo celebrale tu, troppo inquotidiano, troppo niente, troppo troppa ostinazione, troppa illusione, troppo solo fisico io, troppo sempre uguale, troppa idealizzazione?”
“No”
“Solo no? Non ti sembra poco?”
“No, no perché ho sempre detto troppo e stretto poco, ora vorrei  soltanto stringerti”
“Passi dalla prolissità alla sintesi, non ti si addice e comunque è tardi e lo sarebbe stato anche prima, sarebbe stato tardi pure prima si, perdi tempo e ti fai del male ora”
“E’ mio”
“Cosa?”
“Il tempo”
“Quindi puoi gettarlo via? Ti sembra giusto?”
“Mi sembra inevitabile”
“Ti sei fissato”
“Forse non mi conosci davvero, anzi forse non vuoi conoscermi davvero”
“Dici?”
“Ipotizzo?”
“È perché non vorrei?”
“Ah a questo dovresti rispondere tu. Non sono onnisciente io, ma credo che tu possa immaginare di saper già tutto di me e quel tutto non ti piace e non vale la pena andare oltre”
“Immaginare? Quindi solo lo immagino di sapere già tutto di te?”
“Si”
“Sei sicuro?”
“Si di questo si”
“Perché?”
“Perché non ti sei mai fatta vivere davvero e non sono semplice da sapere se mi usi solo a metà”
“Mi dai la mano, così come si fa tra vecchi amici?”
“No”
“Dai! Perché no?”
“Perché non siamo amici… ma soprattutto non siamo vecchi”