La stanza sul lago e la sua vista al tramonto.
Aspetta che mi affaccio un attimo va, vediamo cosa fa, si tuffa? Non si tuffa? Non è che magari a contatto con l’acqua poi si spegne?!
Al momento si riflette, la più vanesia delle stelle lì a bruciare tutto il giorno finisce con il coricarsi esausta, l’ho sempre sostenuto io, il troppo bruciare stufa.
E gli ulivi?
Poco più di qualche settimana ancora e saranno pronti, pronti per lasciarsi scuotere da signori avidi di olio e bruschette, perché è la bruschetta la vera ragione che spinge l’uomo alla spremitura, ad ognuno la sua, ad ogni uliveto la propria compagnia festante, poi ad ogni giara la propria casa e ad ogni casa la propria famiglia o quasi tale.
Una brezzolina speziata sta accarezzando i cipressi, poi quella pianta curiosa che non conosco, alta, slanciata, un po’ strafottente, le foglie rigogliose e i fiori bianchi, fosse una donna la paragonerei ad un’aristocratica inconsapevole con le infradito, i pantaloncini di jeans sdruciti e stracciati e i capelli spettinati.
Splendida… da innamorarsene all’istante, così com’è capitato all’oleandro di fianco, ha perso le foglie dietro a quel sentimento sconosciuto.
Devo chiedere alla signora dell’albergo come si chiama, così da non portarne mai una nel mio giardino, nemmeno per errore.
Ora è il momento di scendere, attraversare questo pezzetto d’incredibile passato incastonato nel silenzio e nel sapore di buono.
Fa fresco, il Lugana compensa, ho deciso di farlo sposare con la tagliata di tonno e la misticanza, con assaggi a margine di pizza margherita.
Stavolta non siamo andati a caso, un minimo di piano lo abbiamo elaborato, ma giusto un minimo… domani invece come sempre faremo caso al caso!