Il lungo mare, i panini, il corsivo

Che poi sta cosa di parlare in corsivo ci sta sfuggendo di mano, è davvero odiosa, lagnosa,, antipatica, sì, ma nonostante questo sta dilagando, è la nuova variante omricoen 69, la mascherina non serve., la settima dose neppure.

Secondo me i primi a parlare in corsivo sono stati i riminesi, per via dell’accento, a loro viene naturale, ce l’hanno nel dna però… mica si sforzano, e su di loro non è nemmeno brutta, anzi..

Ricordo Massimo, non era proprio di Rimini ma di Torre Pedrera, faceva il fornaio, anzi i suoi genitori facevano i panettieri lui faceva parte della famiglia, erano i fornai ufficiali dell’hotel Graziella, fronte strada-fronte spiaggia-fronte mare, una posizione invidiabile devo dire, per l’hotel intendo, dove stava il forno non l’ho mai saputo. Massimo l’ho conosciuto alle Terme, a Riolo, credo trentanove anni fa, aveva un sacco di macchinine, stava in albergo da me, sudava un sacco e questo non si abbinava con la terapia idropinica, ma a nove anni te ne freghi e sudi ugualmente. La cadenza riminese l’ho notata per la prima volta allora.. Non l’ho più rivisto, non ricordo nemmeno il cognome e non so nemmeno se il forno è ancora operativo. L’hotel Graziella invece sì, la pensione Lea invece no, Riolo-Rimini, il centro della Romagna negli anni 80. Sono cose che restano.

Il signore sui sessanta con la camicia bianca, una figlia a Londra, il blazer blu, il jeans DD, il pull aragosta adagiato sulle spalle, i capelli lunghi e brizzolati, sfoggia una quarantottenne bionda mesciata, gambe lunghe e salopette cortissima, abbronzatura ambrata e labbra stranamente naturali, le tette non so, non era chiaro. Sono innamorati, almeno lui, glielo ha detto passando di fianco a me: “quando mi sono innamorato di te era giovedì…”, lei ha sorriso, probabilmente lo ricordava, o forse è stato un sorriso di circostanza che dire “giovedì quando?” sembrava brutto. Leggevo poco fa che innamorarsi d’estate non è opportuno, meglio ottobre, potevo approfondire: “giovedì 21 ottobre?”, ma mi è parso indiscreto e li ho lasciati alla loro passeggiata post-cena, non volevo rovinare il momento. 

Il carretto “Panine, bibite e piadina” ha un fascino tutto suo, lungomare, zona passeggio, Franco spaccia prosciutto e scquacquerone e sua nipote mangia hot-dog a nastro, quattordici anni, senape e maionese come non ci fosse un domani, il 10% del MOL della serata se ne va in salse ingurgitate dalle ragazzina, ma si vede che Franco è contento ugualmente, chissà se i panini li compra al forno di Massimo.

Due adolescenti stanno cercando di cambiarsi il costume per strada senza dare nell’occhio, uscite dalla spiaggia si stanno riorganizzando per la serata,, pure loro con la salopette, saranno mica parenti della mesciata? Hanno due bici e un sacco di energia, faticano a trattenere l’adrenalina che precede l’incontro con la movida di metà luglio, una delle due deve assolutamente vedere Enrico, fa il barman al Torquaise, se lo saluta in corsivo la ucciderà, dovrei metterla in guardia. 

Una ragazzina sui diciannove sta in posa sciantosa mentre l’amica la fotografa, fa la vamp di fronte ad una siepe, micro-abitino aragosta (sarà mica il colore dell’estate ‘22?), l’amica è praticamente accosciata/sdraiata fra due auto per cercare di cogliere la sfumatura migliore dal bassissimo all’alto che slancia, nel frattempo il loro accompagnatore ebete cerca di far funzionare il parchimetro: “amo mi fotografi la targa che non me la ricordo e mi mandi un messag?”, l’auto era a ventiquattro centimetri da lui, c’è qualcosa nel mondo che non funziona.

Un bimbotta si avvicina al carretto dei panini, si chiama Giulio, non ha fame, vuole vedere da vicino la nipote di Franco, è affascinato dalla maestria con cui spalma la senape sul panino e rapito dalle guance paffute di lei. Vorrebbe salutarla, chiederle: “ciao come ti chiami?”, ma non ne ha il coraggio. Servirebbe Emanuele, lui si che riuscirebbe a rompere gli indugi, Ema (così lo chiamano gli amici) ha la faccia tosta del futuro playboy, tutto racchettone e parlantina, le direbbe: “Hei ciao, il mio amico vorrebbe sapere come ti chiami, se me lo dici fermo trentadue persone e ti vendo ventotto piadine al salame!”.

Sarebbe un errore, finirebbe che ad uscire con la ragazzina degli hot-dog sarebbe Ema, e a Giulio non resterebbe che aiutare Franco a farcire baguette, è la dura legge della vita, i timidi (soprattutto d’estate e soprattutto se si chiamano Giulio) sono destinati a soffrire.

S’è fatta una certa, vado, magari domani ripasso e vedo com’è finita coi panini, a sto punto sono curioso.