L'amante di Babbo Natale
Una storia quasi vera
"Cosa fai?!"
"Io sto leggendo un libercolo bianco mentre sorseggio una lacrima di Montenegro in ghiaccio che mi ha offerto un cameriere rumeno con l'accento veneto che nel frattempo sta smontando il ristorante"
"Sembra l'inizio di un film!"
"Un thriller"
"Ma rumeno? Sei sicuro?"
"Direi di sì"
È facendo attenzione ai particolari che si costruiscono le storie, tutte, quelle d'amore, quelle di letto, quelle di lavoro, quelle per sempre e quelle di giornata, anche quelle di vita.
Sono i particolari ad attraversare il tempo.
I particolari giusti, al posto giusto, nel momento giusto, come le lucine di Natale, vanno a dicembre, che poi le incontri passeggiando, e ti fanno sorridere.
Di quel sorridere malinconico, che ti ricorda quanto era veloce il risveglio con la testa nel quartiere generale di Big Jim, che poi tu Babbo Natale non lo hai mai visto ma lo sai che esiste.
Ed esiste ancora adesso che sono passati trent'anni.
Di quel sorridere malinconico, che ti ricorda quanto fa male Big Jim che se ne va.
E allora a Natale poi le luci non hai mica voglia di accenderle, perché cambia tutto, almeno sembra.
Ed ecco allora i particolari, ecco, proprio loro, il cui ricordo riaffiora improvviso, passeggiando lontano da casa, e se il ricordo è così forte allora sono molto più di semplici particolari, sono pezzi di vita vera, che hanno dato il senso, ti hanno fatto grande, ti hanno fatto quel che sei.
E ti faranno trovare la strada giusta ancora una volta, perché la strada giusta si trova sempre.
Sempre.
Basta ascoltarla.
Già, a me stasera è venuta in mente questa storia qua, cercavo una soluzione e ho trovato il perché.
"Forse non è rumeno, aveva solo fretta di chiudere e parlava a scatti, era questo a tradire l'accento. Mi ha pure raccontato che lunedì è giorno di chiusura, perché il lunedì non si fanno affari, e dovrò trovare un altro ristorante per la cena"
Gli Intesi
Metti una sera a cena da solo...
Cittadella... enoteca, cena da solo dentro la porta, la serata sa di mura antiche, vino rosso, lardo e crostini, sangue di tagliata, ragazzi che spritzano.
Sedersi di fianco a due francesi agée, che hanno ordinato polenta e porcini con contorno di costata di manzo, e ad una coppia di amici probabilmente lombardi che stanno importunando in inglese la cameriera di colore con accento veneto, ha tutto il suo perché.
Poco distanti, due tavoli a margine, stanno due coppie clandestine, evidentemente clandestine, ma clandestine tristi.
Sono diverse, diverse e tristi.
Una è lei che c'ha sonno e lui che c'ha sete; l'altra è lui che fa il galante e lei che fa la figa annoiata... "ho caldo, la luce è troppo forte, posso cambiare sedia, si può abbassare la filodiffusione, possiamo cambiare tavolo?".
Lei che c'ha sonno sta cercando di ravvivare la serata, spiega, si atteggia, si avvicina, si posiziona di profilo con la gamba accavallata e raccoglie i capelli per mostrare il profilo greco, che forse è un po' troppo greco e un po' troppo profilo.
Lei che si annoia, col capello rosso arrabbiato, cambia tavolo davvero e si destreggia per ancheggiare svaccando, con l'espressione da Crudelia de Mon (che non so se si scrive così ma va bene chè internet non funziona e non posso verificare).
La lei che c'ha sonno ora ride, ride e toglie briciole dal tavolo, ride e in un impeto di romanticismo spinto poggia la mano sulla spalla di lui.
Arriva un tiramisù.
Il lui della lei che si annoia si alza sconsolato, camicia sbottonata al quarto bottone, pelo sul petto con riporto, chiede il conto.
Ora l'espressione di lei è simile a quella di Mano nella terza puntata della "Famiglia Addams".
Non ci sono più i clandestini di una volta, no, no... tristi pure loro, la nuova frontiera dell'evasione sarà la singoltudine irregolare, l'accoppiato insoddisfatto non cercherà più la trasgressione della relazione parallela, racconterà invece di una partita a calcetto il lunedì sera per uscire da solo.
Birra e salsiccia, You Porn e pop corn per sesso onirico e fuga dalla realtà, ma se vuole lasciare le briciole sul tavolo nessuno gli romperà i coglioni, e la musica a palla, e la sedia scomoda e il tavolo sotto ad un faro a led, e il vino, corposo, abbondante, rosso, in calici ampi, molto ma molto ampi.
La lei che c'ha sonno sta bevendo a carretta e si lascia andare ad un bacio appassionato a metà, però sorride, sembra un po' meno triste; la lei annoiata sta aspettando al tavolo, il lui che fa il figo è scappato con la cameriera veneta di colore, il titolare dell'enoteca è incazzato per la perdita della dipendente, io sto aspettando il conto, mi serve la ricevuta che poi devo fare il rimborso.
Una lacrima di grappa morbida addolcisce.
La serata sa di mura antiche, vino rosso, lardo e crostini, sangue di tagliata, ragazzi che spritzano.
Si fa presto a dire: "vado ad un corso di formazione"
Donna, i 40 per te iniziano a 35.
Ogni tradimento ha il suo perchè....
La ragazza ad un certo punto attacca: “Ricordi Giulia?? Sandro l’ha beccata con Valerio, a casa di lui, alle due del pomeriggio, a letto, quasi nudi, lui ancora con i calzini, lei con le meches appena rifatte, rosse. Ma scusa…, ma perché diavolo si tradisce!? E con il calzino calzato poi!!”
La risposta è stata fulminea: “Semplice cara… è per fuggire alla noia di un rapporto troppo rassicurante, salvo poi rientrare ogni sera nella noia di un rapporto doverosamente rassicurante. E’ una questione di aggettivi.”
Fantastico, ho iniziato lentamente ad avvicinarmi a loro, fingendo nochalance e un vago "mi sposto perchè ho caldo", mi interessava origliare, storie di vita, intrighi, amplessi e dolori.
E’ stato molto istruttivo, ne è uscito un fantastico e tragico quadro d’insieme, una “specizzazione” del tradimento e dei traditori, partendo dall’assunto che è la noia il vero motore dell’instabile rapporto di coppia, ed è sempre la noia il collante del duraturo rapporto di coppia.
La conversazione fra le due è stata interessantissima, veloce e nevrotica, uno spaccato di vissuti, mai un giudizio, una semplice serie di punti di vista, racconti e considerazioni, di donne e di uomini, innamorati e disillusi, felici e tristi.
Provo a raccontarla come l’ho ascoltata, la specizzazione del perché, e tu che leggi sii consapevole che i perché del tradimento sono molteplici, ad ognuno il suo.
Ed ecco che allora c’è chi tradisce perché non può farne a meno, due è meglio di uno, esistono in natura bulimici da relazione sessuale multipla e clandestina, è la ricerca della quantità che apparentemente appaga, uomini e donne pari sono, entrambi i generi si muovono in maniera frenetica.
Bugiardi professionisti, freddi racconta balle, specialisti della negatività plausibile che si abbandonano all’evidenza proprio per renderla incredibile.
Non si innamorano mai, a casa, di fianco, hanno sempre la persona che avrebbero voluto come padre o madre dei propri figli. Il tradimento? Per loro è solo un modo per rendere più sopportabile il rapporto primitivo (nel senso di "quello che è venuto prima"), l’amore è un sentimento troppo pesante per reggerlo in due, serve essere almeno tre.
La noia è la molla? Probabilmente sono annoiati dentro e cercano invano di fuggire da questo senza accorgersi di abituarsi all’eccesso, dimenticando però che l’abitudine, qualunque essa sia, comunque annoia.
C’è invece chi tradisce perché non lo ha mai fatto.
E’ un po’ come andare al cinema da soli, all’inizio non lo fai perché ti sembra brutto, fa triste, però ne hai voglia, c’è proprio quel film lì che ti piacerebbe un sacco e a tua moglie “non le va”, tuo marito ha il calcetto, e tu le balle piene, ed è a questo punto che te ne freghi: prendi e vai, vuoi vedere l’effetto che fa. Arrivi tardi, giusto 30 secondi prima dell’inizio della proiezione, ti infili in silenzio nel posto assegnato e ti abbassi sulla poltroncina per non dare troppo nell’occhio.
Ecco, il traditore e la traditrice di questa specie fanno così. Non è mai capitato loro e la curiosità li divora, vorrebbero ma non si può, “eh ma però chissà... ma poi però che sarà??”, “non l’ho mai fatto in fondo… per una volta…”. Si giustificano con “nella vita bisogna provare tutto”, arrivano giusto 30 secondi prima dell’inizio della pausa pranzo, si infilano in silenzio in macchina di lei e si abbassano sul sedile per non dare troppo nell’occhio. Spesso questo è l’inizio della fine, sì perché mancando di professionismo corrono due rischi clamorosi: farsi beccare, innamorarsi.
La noia è la molla? Probabilmente sono solo noiosi in cerca di riscatto.
C’è poi chi tradisce perché cerca "fuori dalla coppia" quello che non riesce a trovare "dentro la coppia". La trasgressione ad esempio, il sesso spinto, l’amore spontaneo, le parolacce, i sorrisi e gli sguardi, i complimenti che non si fanno e non si ricevono più, il “voglio prendere l’iniziativa io”. Vogliono quello che non hanno, ma non lo vogliono tutti i giorni, solo un po’, di tanto in tanto, tipo la cioccolata al latte che se la mangi a nastro poi non te la gusti più.
Due vite parallele, la routine e l’eccitante, il rassicurante e l’imprevedibile, il canonico e l’esaltante, il doveroso e lo spontaneo, due facce di tante medaglie.
La noia è la molla? Probabilmente la noia è l’anticamera dell’insoddisfazione, con la coppia ufficiale che diventa il medicinale generico che cura ma non guarisce e la coppia clandestina che diventa l’originale, che guarisce sì, ma c’ha pure, e dico “c’ha”, un sacco di effetti collaterali.
C’è poi chi tradisce perché lo fanno tutti. Questi sono dei fedifraghi modaioli, dei traditori da passerella. Tradiscono e vogliono che si sappia, fanno finta ma poi gigioneggiano, dei poveretti oserei dire, nove volte su dieci sono pure cornuti, cornuti dentro fra l’altro. Non hanno nemmeno la capacità di scegliere con convinzione, saltano sul primo amante che trovano.
La noia è la molla? Sì, probabilmente è stata la molla della loro partner ufficiale, che ha tradito per prima tra l’altro, e non per moda, per convinzione, la convinzione di essersi messe con un coglione.
E poi c’è chi tradisce perché è “meglio prima io che prima lei”, e altre che lo fanno perché “lui lavora troppo”, e quelle che “sei cambiato, voglio quello che eri una volta, c’è giusto il nostro vicino che somiglia da pazzi a quando avevi vent’anni”.
C’è chi tradisce perché la vita è difficile, è arida, e poi i figli, i problemi, l’Imu, la Tasi, Renzi, l’Isis, il TG, la mafia, la macchina dal gommista, le domeniche all’Ikea, il dentista, e poi “perché non facciamo più l’amore??”.
C’è chi tradisce perché “gli voglio troppo bene per lasciarlo, ma non sono più innamorata e voglio sentire il mio cuore battere ancora”.
C’è chi tradisce perché “non avevo niente da fare”.
C’è chi tradisce perché “sono depresso” - “e perché sei depresso?” - “perché non godo più del vivere insieme”.
C’è chi tradisce perché "fatta la prima fatte tutte".
Ci sono quelli che tradiscono “solo con il pensiero” e anche quelli che tradiscono “solo con il corpo”.
C’è chi tradisce perché “mi sono sbagliato”, c’è chi tradisce “non lo so il perché”, e chi tradisce perché vuole rimanere giovane.
E poi c’è chi tradisce per caso, ed è su questo che hanno convenuto le due donne: “Cara sappi che c’è chi tradisce per caso”.
Credo sia un buon venticinque per cento del totale.
Può capitare così all’improvviso, senza un perché apparente: “ero lì sull’autobus che leggevo il giornale ed ero appena andato a comprare i calzini da Calzedonia che guarda te che roba, mah… proprio fuori porta Mascarella!”.
E se s’innamorano? Eh a volte succede, a volte si innamorano, a volte capita.
E se capita è un gran casino, sì un bel casino, con due sole alternative tra l'altro: farsi del male o fare del male.
E si può evitare? Io questo non lo so, forse no, al caso non si comanda, ci sono gli antidoti certo, e ce n’è uno che si chiama “amore vero”, una roba rara, ma per caso può pure capitare che ci si possa sbagliare nel valutare "se era proprio amore vero”, così ad esempio: "Ohhh i sintomi c’erano tutti, ma io... Io mi sono sbagliato mi sono”.
Sia chiaro, questa volta lo sbaglio più grande non è stato tradire ma far finta di essersi innamorati.
Sono uno sporco possibilista? Un giustificazionista irresponsabile? Può darsi, non credo ma può essere, in questi casi però bisognerebbe avere chiara una roba: “Se ti sei sbagliato, rimedia”.
Ecco, è così, è finita, un bel dedalo di lui e di lei, e le due hanno pagato il caffè, e io ho pagato il caffè, e solo una domanda è rimasta senza risposta: “Ma perché cazzarola Valerio non si è tolto i calzini??”.
Elogio dell'improvvisato
Dilf, l'evoluzione dell'uomo.
Viviamo in un’epoca utero-centrica, Milf e Cougar spadroneggiano, quote rosa ovunque, l’uomo sentimentale è tale solo “in funzione di”. Pensate: è toy boy in quanto oggetto di piacere per donne alla ricerca di testosterone; è spesso marito per un desiderio di maternità; è amante per un desiderio di lei di fuggire dalla noia di un rapporto acido ma rassicurante; è muratore perché lei c’ha la casa da ristrutturare; è imbianchino perché ha bisogno del doppio lavoro per pagare gli alimenti a lei; c’è perfino un Renzi qualunque che è Presidente del Consiglio perché Maria Elena voleva fare la ministra.
Lo so che ora almeno tre donne sono partite alla ricerca della mia auto, e tutte e tre con un solo obiettivo: essere la prima a bruciarmi la macchina! Ma perdonatemi, il gusto del paradosso mi stuzzica e diventa necessità quando si vuole porre l’attenzione sul problema.
Sì perché un problema c’è, ed è il baratro in cui sta cadendo l’uomo medio, soprattutto il “brav’uomo”, scritto così, con l’apostrofo.
Il “brav’uomo” è l’evoluzione del bravo ragazzo, non aggiungo altro, si capisce già.
Ma come in tutte le catastrofi, perché di questo si tratta, giusto un attimo prima che la categoria imploda definitivamente, ecco che arriva lui: il Dilf.
Il Dilf non è l’equivalente maschile della Milf attenzione, troppo riduttivo, il Dilf è uno stile di vita, uno stile nato dalla necessità di sopravvivenza, è l’evoluzione della specie, ecco questo è, l’evoluzione della specie, sono sicuro.
Il Dilf da piccolo era un bravo bambino, quello con i capelli a caschetto, le mani pulite e le scarpe lucide; poi è diventato un bravo ragazzo, quello che non faceva mai buco, che “permesso e scusatemi”, che ha dato il primo bacio a 23 anni non per “portare rispetto” ma perché non sapeva esattamente dove mettere la lingua e si vergognava.
Poi eccolo diventare un “brav’uomo”, quello con un lavoro impegnativo, i capelli neri, la macchina nera, le corna e le scarpe lucide, poi quarant’anni compiuti.
Sì le corna, poi sì.. quarant’anni compiuti.
E qui però il confine diventa labile, non tutti i “brav’uomini” diventano Dilf, alcuni diventano semplicemente rassegnati.
Rassegnati tipo bicicletta e beccaccino, carne alla griglia e Gazzetta dello Sport, Tv, divano di stoffa, pay-Tv, pigiama, Tv satellitare, espressione triste, la forfora, il lavoro, il pettegolezzo acido, la nostalgia, la Gazzetta dello Sport, la forfora, il capello che non diventa brizzolato... assume contorni di beige.
Il “brav’uomo” è un bravo papà, ma è spento.
Il brav’uomo che diventa Dilf invece perde l’apostrofo e cambia l’ordine, diventa un uomo bravo. Provate a leggerlo di corsa, sì così… velocemente, “un uomo bravo”, sentirete che fa tutto un altro effetto.
Un uomo bravo nell’intorno dei quaranta. Spettacolo puro.
L’uomo bravo che evolve due sono le cose che fa per iniziare, anzi tre, quasi una testimonianza di cambiamento: compra un piumone all’Ikea, una camicia di jeans e impara a limonare.
La prima perché il piumone fa! Fa caldo, fa moderno, fa pure un po’ modernariato, è l’evoluzione della coperta imbottita e fa sembrare il capello un po’ più brizzolato e un po’ meno beige. Il piumone Ikea è simbolo di libertà, libertà di dormire senza pigiama e pure senza maglietta, e dormire senza pigiama fa pandan con il jeans stretto senza scarpa e senza ciabatta, piede nudo su parquet. Che un attimo dopo sei due paia di piedi nudi su parquet, e due attimi dopo è un po’ di tutto su parquet.
La seconda non lo so perché, ma io un Dilf me lo immagino con la camicia di jeans.
La terza è perchè deve riscattare tutti gli under 23 che sono ancora lì a capire dove devono mettere la lingua.
Il Dilf è un bravo papà, ma è vivo.
Il Dilf nei primi anni di attività ha una vita sentimentale disastrata, un insoddisfatto, un non accontentabile, un cacciatore di emozioni a prescindere. Spesso il lavoro prende il sopravvento sul sociale, e il sociale diventa fatto di pochi amici, tanti conoscenti, amiche, solitudine, calici di media ampiezza, vino rosso e spremute d’arancio, acqua naturale, libri e giornali, cartoni animati, un-due-tre per le vie di Roma, nascondino, l’affare del secolo, la noia, tutto assolutamente fatto solo perché lo vuol fare.
Il “brav’uomo” invece lo fa perché “altrimenti cosa faccio alla mia età…”.
Il Dilf tiene le aspettative basse, che “beh pensavo peggio…” è molto meglio di “e io che credevo…”, e poi è rassicurante, caldo, uno che ti puoi fidare, c’ha pure la pancia ed è passionale che non te lo immagini.
E la donna del Dilf? Quella vera intendo?
Il Dilf cerca la donna sicura, impegnata, impegnativa, con un bel culo, imprevedibile nella sua maniacale organizzazione, e assolutamente un po’ paracula, proprio come lui.
Quella insomma che: “Certo che sarebbe certamente più saggio aspettare, ma se lo voglio, lo voglio subito”.
La vuole anche in carriera, non importa quale, l’importante è che abbia aspettative, proprio come lui.
Se poi usa pure lei jeans stretti senza scarpe basta solo un parquet e l’acronimo è servito.
E poi vuole quella che legge “Vanity Fair” e “Così parlò Zarathustra”, che usa la mail, l’I-pad, l’I-phone, che registra Grey’s AnatomY, ma se deve scrivere una cosa importante usa un post-it giallo, e lo appiccica in bagno.
Perché è libera, libera di scegliere, tanto libera da scrivere persino le cose importanti in bagno mentre fa la pipì.
Tutti questi sono dettagli che a mio avviso confermano la tesi, l’uomo se vuole evolve, e il Dilf ne è la dimostrazione. Non mi è ancora chiaro che cosa serve esattamente per fare lo scatto, certamente la pancia, leggermente accennata magari e il saperla portare soprattutto, anche sotto al piumone dell’Ikea, sì perché il resto, tutto il resto, bhe… è fuffa.
Le cose succedono, chi ci pensa è perduto
Ho quasi cambiato idea, io "per esempio" continuo a non esserne capace, sarà l'inquietudine, però....
Ma è lunedì, ed un salto alle Cicogne il lunedì è da fare, a comprare niente, due cose giusto così, ricordate no?? Il lunedì è la giornata single e si può andare per intortare, o semplicemente per osservare, oppure per acquistare "ad esempio" le bacche di Goji Berries.
Io questo ho fatto, le bacche intendo, e lì… tra uno scaffale e l’altro, tra un carrello e l’altro, cercando di evitare una coppia che limonava al reparto latticini nascosta dietro la pubblicità della mozzarella di bufala d.o.p., non riuscivo a non pensare a quello che giusto ieri, un’amica così per caso, mi ha scritto: “..l’amore, quello vero, talmente intenso da dare inquietudine…. è il solo che merita di essere cercato, trovato e raccontato…”.
Che guardate non è una roba banale, ma proprio per niente.
Io avevo appena pubblicato su questo mio blog una storia datata che raccontava di uomini che si stavano abituando alla negazione del romanticismo, e questo per senso pratico e soprattutto per colpa di donne ciniche-pretenziose-fredde-utilitaristiche-con la fissa della misure over performance, che questa giovine tutto ad un tratto se ne esce con una cosa così.
Un’apologia “dell’amore vero che da inquietudine”!! Mah?!
Ok, ancora qui sono a parare, lo so che qualche mio amico poi domani dirà: “hai rotto le balle con queste storie”, ma cosa volete, questo concetto merita di essere approfondito, ne sento giusto il bisogno e mi diverte.
Ecco io credo che se queste esistono davvero allora l’uomo ha ancora una piccola speranza di riuscire a salvarsi dal suo inarrestabile e autoindotto processo sentimental-disgregativo! (Quest’ultima considerazione tutta senza punteggiatura mi sembra proprio forbita!!).
Immaginate che cosa può succedere se due così si incontrano, non è importante lo stato di partenza, non conta se single, fidanzati, sposati, separati, divorziati, disinteressati (categoria quest’ultima che va per la maggiore over-40), si incontrano e basta.
Beh signori, potrebbero essere scintille… io immagino un po' di segnali di base e se questo fosse un tema direi: ed ora lo “svolgimento” dei fatti a partire da quella volta che quei due si incontrarono magari per un caffè.
Di base, sempre "per esempio", potrebbe esserci che lui, nonostante si tratti di primo appuntamento, non senta necessariamente il bisogno di compiacere lei, anzi potrebbe sentire proprio il bisogno di essere se stesso; e lei potrebbe non sentire il bisogno di ridere ad ogni insensata battuta di lui, solo per educazione o semplicemente per rassicurarlo.
Di base, ed è il momento di togliere il dubitativo, lui sente all’improvviso il bisogno di ascoltare quello che lei ha da raccontargli guardandola itensamente negli occhi, certo sentendo anche il bisogno di guardarle spesso le gambe, e magari anche il culo mentre lei si alza per andare in bagno, ma soprattutto gli occhi; e lei, mentre lui parla, si fissa sul tono della voce, gli guarda le mani e pensa, anche se non lo ammetterà mai quella sera stessa: “incredibile, è proprio quello che volevo dire io!”.
Di base due romantici inquieti che si incontrano la prima volta il caffè lo bevono amaro, e lui racconterà della propria vita come se ne parlasse a se stesso, così, senza filtri, senza chiedersi: “oddio che cosa penserà se non le dico subito che Bulzaga prima di Natale è paragonabile ad un orgasmo multiplo??” (ma poi esisterà davvero mi chiedo?? L’orgasmo multiplo intendo, non Bulzaga!!); e lei, sempre un po’ con i pensieri di corsa, sempre un po’ col telefono in silenzioso se non è completamente sola, gli dirà che tutto sommato lo trova pure un po’ interessante nonostante sia un uomo.
Di base due romantici inquieti dopo il primo caffè si salutano con sofferenza, sì la sofferenza di chi ne ha voglia zero di salutarsi ed andarsene, si accorgono così "per esempio" di avere ancora un sacco di cose da dirsi, che mica se le ricordano che cosa di che cose sono, ma sanno che devono dirsele.
Ma si salutano ugualmente, perché sono tipi interessanti e impegnati e hanno anche un sacco di cose da fare oltre che da dirsi, e se ne vanno, ma appena saliti in auto poi succede che sentano il bisogno di scriversi un attimo, perché c’era giusto quel concetto che era rimasto in sospeso, ed era una roba che riguardava la “guerra dei trent’anni”, sì lui è certo di averle raccontato di quella volta che la maestra lo interrogò su questo, ma poi il discorso era rimasto a metà, e lui deve assolutamente sapere e allora: “…ciao, scusa, ma volevo chiederti, sai prima…, quando si diceva del il Sacro Romano Impero Germanico…. ecco una curiosità, che cosa fai domani mattina a colazione???”; e lei: “domani mattina a colazione ci vediamo alle 7.45 nel bar di fronte la stazione”.
Di base due romantici inquieti si cercano, ma si cercano un casino, senza motivo apparente, come il ferro con la calamita, come gli stickers di mia figlia con lo sportello della mia automobile, come il cacio e i maccheroni, come la tagliata al sangue e il Sangiovese superiore, come Stanlio e Olio, come Bud Spencer e Terence Hill, come la sabbia e il mare, come le stelle e il cielo, come gli album da disegno delle elementari e il Vinavil, come la fiamma e la candela, come due che all’improvviso si sono incontranti e non sono più capaci di smetterla. Di incontrarsi intendo, perchè mi piace precisare.
Ho cambiato idea, a guardare attentamente, in fondo in fondo, cacchio cacchio, lemme lemme, l’uomo romantico forse esiste, la donna romantica forse esiste, ma se ne stanno nascosti ben bene che a far del casino c’è sempre tempo. Sempre?! Sì, insomma, un po’ di tempo, non troppo però, che poi la vita passa.