Olga

Olga sapeva di libertà, Luì se ne accorse nell'istante stesso in cui la vide entrare negli uffici della sua azienda, alta... irrequieta... felice... sprezzante... dolce... determinata... semplicemente intensa... sì... intensa, credo che intensa sia l'aggettivo che nascosto tra i tanti possa permettersi di raccontare questa giovane donna.
Luì non le disse nulla, semplicemente la osservò, si limitò a questo, quella prima volta lasciò che altri si occupassero di lei e delle sue faccende, ne rimase però estremamente colpito, direi intrappolato se non fosse azzardato, intrappolato in qualcosa che non saprebbe nemmeno compiutamente descrivere ne son certo. 
Fascino? Troppo banale.
Personalità? Troppo riduttivo.
Allure? Troppo francese.
Carattere? Troppo generico.
Bellezza? Troppo scontato.
Gambe? Troppo evidente.
Sguardo? Troppo abusato.
Culo? Troppo volgare per quanto fantastico.
Sensazioni? Eh, sensazioni si avvicina, Olga sapeva trasmettere sensazioni.

Ed ora voi direte: "Sensazioni?! Ma sensazioni de ché?!"
Proviamo a spiegare.
Sensazione è tutto ciò che è capace di lasciare un segno, sensazione è il pensiero che persiste, è il profumo immaginato, è la pelle che vorresti accarezzare, son le parole che vorresti sentire, il viso che continui a vedere tra i tanti, le storie che vorresti farti raccontare.
Sensazione è il "non si può" che vorresti sfidare, oh sì se lo vorresti sfidare, sensazione è la battaglia campale da combattere contro il "non si può"! 
Combattere per vincere? Per perdere? Non importa, non sono importantu il perché, il quando e il come, importa solo che lo vorresti.
   
La seconda prima volta che Luì riuscì a passare un po' di tempo con lei ebbe semplicemente conferma di tutto ciò che ho raccontato poco fa, non ne fu sorpreso, lo aveva messo in conto, ne aveva immaginato financo il sapore e dimostrò il suo teorema: le sensazioni non tradiscono mai, soprattutto quando sono così intense ed improvvise.
E' invece il raziocinio a tradire, sono il troppo pensare, il progettare, il prevedere, l'elucubrare ed il promettere che tradiscono.
E' il verosimile dell'aver vissuto in "una storia qualsiasi purché sia storia" a distruggere stima e ricordi.
E' il voler dare “un volto-un nome-una casa-un colore” ad un sentimento generico per quanto voluto e cercato a tradire.

Le sensazioni invece no, le sensazioni (come le emozioni) non tradiscono, rendono probabilmente insoddisfatti ma non tradiscono, non mentono, non ingannano.
Le sensazioni (come le emozioni) partono dal "chi" e possono arrivare "al come-al dove-al quando" così come possono non arrivarci mai, ma prima di ogni cosa, prima di ogni credere, prima di ogni progettare, prima di ogni pensare, prima di ogni tempo (ieri-oggi-domani) c'è il "chi", solo e semplicemente "chi".

Chi? Lei.
Chi? Lui.
Chi? Loro.
Chi? Niente.
Chi? Nessuno, ma un nessuno d'un bello che lo ricorderai per un sacco di tanto tempo ancora.

Ecco che cosa affollò la testa di Luì negli attimi che seguirono il paio d'ore più corto della storia.

Caffè e sensazioni, alta, incredibilmente spontanea, affascinante più che fascinosa, lo sarebbe stata pure senza tacchi, ubriaca di "non si può" e "pezzi di vita" e "romanzo" buttati lì con una naturalezza devastante, inebriata da una romantica e sfuggente passione per il fare e per l'essere.
Travolgente nella sua semplicità ricercata ed attenta.
Elegantemente pericolosa.
Come pensare che l'uomo dell'impossibile, delle coincidenze, del racconto convulso, l'uomo dall'immaginazione contorta, dal gusto raffinato ed eccentrico, non ne uscisse irrimediabilmente colpito?
E sì badi, irrimediabilmente non è un male, è semplicemente un dato, un dato di fatto senza nessuna necessità di cura, anzi un dato di fatto che segna un tempo costruito da attimi sempre più rari.

"E com'è finita Luì?"
"Non è finita, e non è finita solo perché non è mai iniziata"
"Eh ma che stronzataa! Tutto sto casino per niente?"
"No no, niente è quando niente ti viene trasmesso, niente è quando niente resta, niente è quando ti trovi in mezzo al sostituibile, niente è quando non ti accorgi di chi ti passa a fianco. Quello che ti ho raccontato io è tanto, sì sì, tanto tanto, son sensazioni cariche di scintille ed emozioni... vere anche se a senso unico, buone come il caffè."
                                                                    
 

  

Regolamentamente

Quando una struttura inizia ad alimentarsi esclusivamente di regole, prescindendo dalle persone che la compongono, prescindendo dai territori in cui opera, massificando non le procedure ma le specificità, favorendo la conoscenza formale ed organica e limitando gli spunti particolari d’innovazione, la struttura apre la porta al proprio declino.


La regola diventa la scusa dietro cui nascondersi.

Quando Luca, Mario e Giuseppe non sono più ciò che sono diventati grazie a ciò che hanno dimostrato di saper fare, ma diventano punti di raccolta di direttive col paraocchi, la struttura perde il contatto con la realtà.

L’eccellenza nasce dalla valorizzazione delle individualità, che non significa individualismo come troppi credono, ma competenza ad personam.

Vedo organizzazioni perdere posizioni per mancanza di visione, vedo persone confondere il fare con il delegare a prescindere, sempre verso il basso, in modo acritico e senza leve d’azione.

Quando i compiti sono dati a compartimenti stagni senza perché, senza condividere sogni strategici, l’uomo non esce dalla propria area di confort e non produce surplus ma consuma status, e cerca il modo più rapido e indolore per uscire dalla mischia, annientandosi nel quotidiano.

Le battaglie si vincono con cuore e con ragione, è per questo che servono uomini e non masse compiacenti.
È per questo che servono individui liberi che pensano all’interno di organizzazioni eccellenti, che non temono la concorrenza d’idee ma si arricchiscono di competenze in competizione.
Il resto è sconfitta o tutto al più rapido parassitismo.


Sessantottopercento sensazioni

“Ciao”
“Ciao”

“Com’è?”
“Cosa?”

“Come cosa? Lei!”
“Ah! Allora Chi!!!”

“Sì, lei insomma... dai”
“Bella”

“Solo?”
“Perché Bella ti sembra poco?”

“No, ma un tempo mi avresti sommerso con un profluvio di aggettivi per descriverla”
“Vado sintetizzando questa sera, Bella con la B maiuscola spiega già molto da sè”

“Maiuscola?”
“Sì, la B”
“Ah”

“Vedi... quando incontri una donna mai vista prima  il sessantotto per cento è sensazione, il dodici per cento è pregiudizio e il venti per cento è caso. 
La sensazione la fa sempre da padrona perché è lei a  trasmettere...”

“Trasmettere cosa?”
“Trasmettere il senso”

“Il senso?”
“Oh ma qual è il problema, perché mi fai ripetere continuamente?”

“Dai vai avanti”

“Il senso di sé. 
Semplicemente il senso di sé.
La sensazione cattura i particolari e i particolari danno il senso al tutto.
Particolare è ciò che dice e come lo dice, il tono, lo sguardo mentre ascolta, la voglia di raccontarsi ma anche no, i colori, l’impazienza, la nochalance con cui si sfila il giubbotto, il modo di ordinare e bere il caffè, un’antica timidezza nascosta da un’altera e splendente ritrosia. 
Un intuito fuori dal comune malcelato da educati silenzi.
Le gambe.
Le mani.
La cura del dettaglio.
La capacità di nascondere pensieri che vorresti indovinare.
La diffidenza.
I sorrisi in crescendo.
Il rossetto.
La perspicacia.
La complessità, l’evidente complessità.
La forza.”

“E tutto questo tu lo capisci così, al primo fugace incontro per caso?!”
“Sì, esatto così”

“E il dodici per cento di pregiudizio?”
“Si chiama esperienza”

“E il venti per cento di caso?”
“Si chiama culo, ci vuole un gran culo a incontrare per caso una donna così”

“Ed è solo Bella?”
“Con la B maiuscola”

“E quindi che farai ora?”
“Niente, niente più di quello che ho già fatto, le cose che vogliono succedere succedono, tu chiedi una volta, due volte, due volte e mezzo, e poi tocca a loro, alle cose che han voglia di essere, al tempo, al culo e alle sensazioni.
Inutile inseguire oltre il dovuto”

“Dici?”
“Dico”
“Bene....”
“Dai”

“Ciao Luì”
“Ciao Doc”



Emozioni e pipponi

Emozioni - def.

“Le emozioni sono un processo multicomponenziale, articolato in più componenti, hanno un decorso temporale e sono attivate da stimoli interni o esterni” 


Multicomponenziale, la parola più brutta del mondo.

Emozioni, la parola più bella del mondo.


Dicevo ieri: “sono dannato d’emozioni”, mi han detto: “sei libero grazie alle emozioni”.


Ho pensato.


Libertà e dannazione in fondo sono contigue, si sfiorano, s’incrociano, si osservano.


La continua ricerca della libertà non è già di per se una dannazione?

Accarezzare la solitudine per godere contemporaneamente dell’amore - ad esempio - non è forse il modo migliore per essere liberi?

Quando i fatti della vita hanno deciso molto per noi, quando il tempo ha accatastato situazioni e ricordi, quando ci s’incontra condizionati dal proprio passato, dal proprio presente, dal proprio futuro, non è forse l’emozione l’unica via d’uscita?


I cacciatori di emozioni vengono spesso tacciati d’egoismo, d’incapacità d’amore, quando in realtà in ogni gesto, in ogni silenzio, in ogni fuga, in ogni sussulto, in ogni sguardo, in ogni goccia di saliva, in ogni non detto, c’è solo l’intensità di un pensiero complicato ma Vero.


C’è bisogno di vibrare, di godere, di piangere, c’è bisogno di spregiudicatezza, di vento, di attese e impazienza, c’è bisogno di vita, di parole sincere per quanto impossibili.


Troppi figli del piuttosto affollano le vie, il piuttosto a volte lo subisci a volte lo spacci, il piuttosto è la morte dell’anima.

Tra il vero ed il piuttosto c’è la stessa correlazione che c’è tra un Luigi XVI e un’Ikea Kungsbacka, tra l’Esselunga e l’Aldi, tra l’oro e lo stagno.

E il tutto nella consapevolezza postuma che ognuno di noi, almeno una volta ma più spesso due, è stato il piuttosto di qualcun altro.


L’emozione rende liberi sì, liberi di essere veri, liberi di vivere gli attimi, liberi di essere irripetibili, liberi di ricordare.


L’emozione e gli “stimoli interni od esterni”, un po’ come dire sangue ed ossigeno, motore e carburante, sesso e amore, felicità e incompiuto, soli e insieme, caffè e brioche, luce e tenebra, baci e sguardi, pensieri e parole, pensieri e carezze, parole e abbracci (dati e trattenuti), fuori e dentro, mare e vento, unicità e paura, sorrisi e batticuore.


Chiamiamoli cacciatori di emozioni nelle riserve del vivere vero, saranno felici di sentirselo dire.



Credevi fosse vero, era tutto verosimile

Le emozioni... ahhh che belle che sono le emozioni, così stratosferiche, fantasmagoriche, indelebili ahimè, vibranti, rincoglionenti, uniche, gratis come lo zucchero nel caffè, bagnate, calde, rabbiose, insonni, anormali, insostituibili (quelle vere), profonde, paurose, dolci come la cioccolata, rare come la marmellata di more fatta a mano, inutili, sfuggenti ma così persistenti nei loro colori.

Le emozioni sono fatte di luoghi, di sapori, di sguardi, di muretti, di sorrisi che credevi unici, di parole date e ricevute che credevi sincere, di languori, di andare e ritornare, di salite, discese, telefonate annoiate e fuoco e passione, fughe e rimpianti.

Le emozioni sono bar e caffè ai bordi dell’autostrada, sole e castelli, tartare e Sangiovese, urla e silenzi, vibrazioni, panorami e pattìni, foto sopravvissute alla furia della vendetta.

Emozionarsi è struggersi, sprofondare, volare, amare.

Le emozioni sono fatte di non so perché, arrivano da sole e lasciano cenere.

Ma le emozioni sono soprattutto inevitabili, eh sì proprio così.... inevitabili.
Le cerchi, le trovi, te ne innamori e inevitabilmente le perdi affogate nella pozzanghera del verosimile. 
Il verosimile che tutto inghiotte, il verosimilismo, l’evoluzione del nichilismo, credevi fosse vero invece era staminchia.