La storia di un ragazzo e una ragazza, una sedia a dondolo ed una bottiglia di "Punt e Mes" che incontrano un insonne cronico innamorato dell'unicità in una serata uggiosa di fine febbraio

Punt e Mes, un punto di dolce e mezzo di amaro Carpano, questa la definizione precisa coniata per questo vermuth d'antan, vintage come i colori della bottiglia, rosso antico su sfondo bianco, vetro verde classico, il tappo in alluminio vermiglio o rosso acceso scarlatto per i profani. 

L'aperitivo degli insonni aveva detto qualcuno.

L'insonnia sì, ecco qual era  il problema, oddio problema, considerato che la cosa andava avanti da mesi, diciamo in maniera più o meno controllata, più che un problema si potrebbe dire fosse la situazione standard, la situa come la definirebbe un boomer che si atteggia a millenials. 

Luì soffriva d'insonnia.

Perchè? Mah le ragioni credo possano essere disparate, o disperate se volete, la più plausibile è una confusione dei ritmi circadiani del sonno, dal latino circa diem, che poi vuol dire "intorno al giorno" (lo dice Wikipedia mica io quindi deve essere vero), ma la cosa potrebbe essere conseguenza, anzi certamente lo è, della vita intasata che stava conducendo da tempo, o sregolata se vi piace di più, sregolata e abitudinaria, abitudinaria e sregolata, tutto contemporaneamente.

Questa apparente contraddizione, la sregolatezza dell'abitudine intendo, abbiamo quindi convenuto è la prima causa dell'insonnia di Luì, e a ciò si deve poi aggiungere la produzione incontrollata di pensieri confusi, un vero e proprio affastellamento di sinapsi, una roba che partendo da una frase ascoltata per caso in mezzo a un profluvio di coincidenze deraglia in zero due in un castello di supposizioni, spesso infondate, ma a volte - parecchie volte - prodromiche alla verità, e comunque materia d'incontrollabile analisi notturna.

Quella sera non fece eccezione. Paolo Fox lo aveva avvisato, "c'hai la luna contro", proprio così aveva detto l'astrologo paraculo, "c'hai la luna contro, cerchi la polemica, con tutti, anche con te stesso, non stare lì a rimuginare che fai solo casino, lascia stare, verranno tempi migliori, lo so che lo sai che ti hanno raccontato un sacco di cazzate e tu hai fatto finta di credere a tutto, ma porta pazienza, vedrai ad aprile 2039, dai, non avere fretta", ma Luì che del Paolo nazionale era un fans sfegatato nonostante avesse cercato in diverse occasioni di cacciarlo sotto con la macchina, la pazienza l'aveva finita. E sì il 2039 non era poi così lontano, bisogna dirselo, ma visto che attendeva una svolta dal 1988, perché si ricordava perfettamente quel 31 dicembre da Magalli in cui il maledetto aveva posizionato l'Ariete al 2° posto assoluto della classifica dei segni più fortunati del mondo, questo nuovo rimando non fece altro che aumentare la sua ritrosia al sonno.

Agata non c'era, era partita per le Maldive insieme a Giulia, la sua migliore amica, un viaggio premio di ventotto giorni gli aveva detto, "premio per chi?" aveva pensato lui senza dirglielo, e questo comunque significava che non avrebbe potuto chiamarla per sfracellarle i coglioni, non poteva rovinarle la vacanza, già la tediava senza sosta quando stava in Italia, un superpippone internazionale proprio non poteva farglielo, anche perchè Agata non avrebbe mai risposto al telefono, aveva messo le mani avanti prima di partire: "Non provare a chiamarmi, io te l'avevo detto che stavi facendo l'ennesima cazzata, ora ti arrangi".

Agata aveva il dono della sintesi al contrario di Luì, poche parole, concetti chiari e chiave e chi vuol capire capisce. Luì nove volte su dieci non capiva, anzi Luì nove volte su dieci fingeva di non capire. 

Pioveva, una di quelle pioggerelline noiose che fanno tanto ottobre inoltrato anche se in realtà non era terminato nemmeno febbraio, pioveva e tirava vento, di fronte al Duomo una coppia di ragazzi portava a spasso una sedia a dondolo (giuro, proprio così portavano a spasso una sedia a dondolo, avete letto bene), lui serissimo, leì bella, molto bella, sorridente, i capelli lunghi e biondi e con una berretta finto kashmire grigio topo, incontrandolo lo guardarono in modo strano, quasi sorpresi e straniti di vederlo lì, sorpresi loro capito? Come se passeggiare alle 23.45 di un lunedì qualsiasi con una sedia a dondolo marrone sotto braccio, dopo essersi fotografati fronte edicola, fosse una roba da tutti i giorni. Il selfie col dondolo, robe da matti!

Pioveva e Luì passeggiava, la sedia ormai lontana insieme ai suoi portantini lasciò spazio a quel silenzio umido. Silenzio fuori, silenzio dentro, silenzio tutt'attorno, inquietante per molti, as usually per Luì, il silenzio della sera si dimostrò ancora una volta il più fidato dei compagni (cavoli questa nemmeno Pascoli l'avrebbe scritta meglio!). 

Molti anni prima una donna di nessuna importanza ma con cui avrebbe avuto a che fare giocoforza per tanto tempo ancora, gli disse: "Ho vissuto molto, forse pure troppo, ho ballato scalza, ho bevuto vodka e respirato eccessi, ora voglio solo normalità". Mentiva, aveva vissuto molto sì ma non cercava la normalità, cercava solo la comodità, Luì invece no, della comodità se ne era sempre strafottuto le balle, Luì cercava solo un'emozionata ed emozionante unicità. Cercava unicità e aveva trovato il silenzio, il silenzio e l'insonnia.. probabilmente più di qualcosa era andato storto.

Il rischio vero per le persone come Luì è di abituarcisi a quel silenzio, è di abituarcisi a quell'insonnia, è di abituarcisi a quell'assenza di unicità pur continuando a cercarla come un matto e sempre nella stessa direzione. Il rischio vero per le persone come Luì è di non avere più voglia di correre il rischio di regalare pezzetti di sé a chi non vuole scoprire l'insieme e te lo dice quando è troppo tardi.

Insieme, è una parola bellissima, alle elementari la odiavo con tutti quei finito-infinito-vuoto-disgiunto, poi crescendo, ma crescendo parecchio, ho iniziato ad apprezzarne la potenza, se oggi dovessi dare una definizione di insieme direi: "un insieme è un raggruppamento di quattro piedi che si avvicinano sfiorandosi sotto una coperta calda tendente all'infinito".

La domanda vera a questo punto però è un'altra: "ma la sedia a dondolo, quei due, dove l'avranno portata?"