Il bimbotto, il baule, il vermut. Storie di vita vissuta.

Che poi non te lo immagini un mercato del pesce così, banchi chiusi, l’odore che persiste ma senza eccessi, minigonne e tacchi al posto dei cefali, un vociare giovane che dalla piazzetta a fianco sovrasta una musica vintage con venature di démodé, il conetto del fritto, il Banco stranamente semivuoto, Filippo che pare ormai irrimediabilmente orientato al vino bianco quasi da non riconoscerlo più.

La coppia seduta sul trespolo lo guardava con sospetto, non si capisce se per il Caprettone, per la scarpa rossa o per il fatto di essere solo, ma lui pareva fregarsene, abituato “all’autonomia” si dava arie da uomo vissuto, un misto tra un agente segreto in trasferta è un critico culinario della guida Michelin. 

Tre tavoli a destra stavano una ragazza mora con gli occhi tristi ed un ragazzo calvo con l’espressione torva, non parlavano, non mangiavano, torturavano il tonno tataki rigirandolo nel piatto, vittime probabilmente del voler essere altrove, un male comune nella  postmodernità, si vorrebbe quasi sempre (e sottolineo quasi) essere altrove, non fosse stato vietato all’Interno lui avrebbe acceso la pipa, lei invece se ne andò in bagno, ritornò dopo ventisette minuti, lui era all’amaro, se ne andarono, tre euro di mancia, il bagno era pulito.

Fuori faceva caldo, oddio caldo, forse faceva solo tiepido, tipo Saint Tropez dopo il 10 ottobre, che direte voi: “ah sei andato a Sant Tropez dopo il 10 ottobre?” No, non sono mai andato nemmeno a giugno, però faceva bello scriverlo a questo punto, e comunque faceva tiepido, ma la mostra fotografica di Pasolini “Folgorazioni figurative” che doveva essere a 50 metri dall’incrocio tra Ugo Bassi e Piazza Maggiore….. il FIlippo non la trovò mai. Fotografò tuttavia il cartellone pubblicitario che l’annunciava, gesto estremo per fissare l’attimo.

Un signore e una signora, distinti, abbronzati, forse liberi professionisti, forse lei medico dermatologo e lui avvocato tributarista, fissavano la vetrina e: “mmm sì..” - “beh…” - “ma dici che…” - “no, lì no…” - “il prezzo?” - “non so, forse 25k” (k pronunciato k, perché fa figo non per altro). L’oggetto del loro desiderio era un baule LV sormontato da due bottiglie liberty, o magari erano proprio le bottiglie ad essere nel mirino, non lo sapremo mai, i due proseguirono lasciandosi alle spalle un alone mistico di Narciso Rodriguez..

Filippo era stanco ma non abbastanza per andare a dormire, pensieri pesanti lo preoccupavano: “ma il mascarpone meglio con il cioccolato fuso o a gocce?’”, “dovrei? non dovrei? ma se posso…”, “Jung o Freud?”, “le ciglia vanno infoltite a ciuffi o con la striscia?”, “che ci faccio qui?”.

Ecco l’ultima era la domanda più insidiosa., “che ci faccio qui?”.

Dall’angolo sulla destra del Tabacchi sbucò un bimbetto, era solo nonostante l’ora tarda, guardò FIlippo con fare tra l’interrogativo e il giudicante: “Che ci fai qui dici? Ci fai che ti va, ci fai che hai pensato questa fosse la cosa meno noiosa di una serata noiosa che hai deciso di fare, ci fai che l’abitudine ti rassicura nonostante tu sia innamorato dell’imprevisto, ci fai che forse avevi fame, ci fai che perché non qui? Vedi FIlippo quante risposte per la stessa domanda?”

Il bimbotto girò sulla sinistra e scomparve. Filippo basito si fermò un attimo, controllò di non essersi addormentato con le scarpe sul divano ed essere preda di sogni alcolici, stava quasi per entrare a comprare il baule ma si ricordò giusto in tempo di non avere 25k nel portafogli, perciò desistette.

Una musica dolce accarezzava i giovani seduti ai tavolini del “Café de Paris”, due di loro si baciavano a bestia, altri due si guardavano, un gruppetto da quattro stava organizzando un’orgia per il dopo cena, nel tavolino rotondo di fianco ad una lampada rococò il bimbotto degustava vermut rosso, guardò FIlippo che passava li a fianco, un cenno di saluto, in alto il bicchiere e: “ciao Filippo, ricordati di vivere…. ma soprattutto ricordati di offrirmi il vermut”..

“Certamente” - rispose Filippo - “ca va sans dire”.