"Non sono più capace di innamorarmi", considerazioni sul tema.

Si parte sempre da una domanda, una roba tipo: “Ma perché non sono più capace di innamorarmi??”

Per rispondere responsabilmente  ad un quesito del genere servirebbe un pizzico di romanticismo, un tot di salvifico cinismo  ed una tonnellata di ironia. Perché altrimenti si rischia di cadere nella noia, tipo gli editoriali domenicali di Eugenio Scalfari; e non si colgono le sfumature poi,  sì perché ai troppo romantici sfuggono i dettagli, e i dettagli altro non sono che  sfumature con i sottotitoli, e finisce che ci  si scrive addosso, e lo si fa con quell’ inchiostro  rosso alla melassa, tutti "luna piena che si tuffa nel mare" e "cioccolatini a forma di cuore", convinti che il mondo giri intorno a San Valentino. Ed è così ogni volta che si innamorano, i romantici intendo,  e gli capita spesso per inciso, tipo centoventicinque volte nel corso della vita.

Ma provare a rispondere è necessario, ci tengo, perché mi incuriosisce capire come mai a qualcuno capita ad un certo punto di accorgersi di “non sono più capace di innamorarmi”.

E ci tengo ancora di più proprio ora, alle 23.35,  che mentre sono qui al PC con la finestra aperta, ironia della sorte, ho sentito una donna che salendo sull’auto parcheggiata di fronte ha detto al suo ragazzo (non è sposata, si capiva dalla voce): “Andiamo a Brisighella a vedere la luna?”.  E devo capire, devo capire se mi ricapiterà un giorno di avere di nuovo voglia di farmi una domanda diversa da: “Scusa… ma a Faenza la luna non c’è?”.

Per prima cosa c’è da dire che se è vero “non sono capace” allora vuol dire che comunque sia si può imparare, e se è vero anche  “non sono più capace” allora vuol dire pure che un tempo lo si sapeva fare. E questo è un dato da tener presente, perché forse esistono dei corsi di recupero, oppure uno si mette lì, si applica e impara da solo da bravo autodidatta del sentimento ritrovato. Ma questo attiene al come fare per smettere, qui dobbiamo parlare del perché!   

Un’amica mi ha detto che la causa prima sta nel ripeterselo troppe volte: “E smettila di volerti autoconvincere di questa cosa!! Non sono capace, non sono capace, non sono capace, va bene che repetita iuvant, ma qui iuvant davvero poco”.

Un’altra amica invece mi ha suggerito di non dirlo ad una ragazza in occasione del primo appuntamento, dice che può risultare antipatico: “Ciao sono Luì, ho quarantadue anni, i capelli, porto spesso i jeans, lavoro, e non sono più capace di innamorarmi!”. Che io non capisco davvero il perché, le donne sempre si lamentano che gli uomini non sono sinceri, che pur di raggiungere il loro sporco obiettivo fingono di essere quello che non sono, che “non c’è nessun problema, tu dimmi quello che devo fare e io lo faccio, dimmi quello che devo dire e io lo dico,  però dopo, con comodo ma non troppo, me la dai”, e quando invece uno dice la verità questa si offende pure.

Che se a me una ragazza dice una cosa del genere mi scatta subito la sfida dentro e “adesso vediamo se è vero che non sei più capace”, e mi sale l’adrenalina, sparisce l’ansia da prestazione che neanche lo zenzero, e mi sento Usain Bolt… va bè facciamo Pietro Mennea, anzi va… facciamo Teodoro Brambilla, comunque insomma…  mi impegno e faccio tutto quello che posso per farle cambiare idea.

Tuttavia al di là di queste considerazioni tipicamente  femminili, Io credo invece che un vero perché non ci sia, la cosa più simile alla verità assoluta che mi viene in mente è che semplicemente ci si abitua a non essere innamorati.

Le delusioni;  l’età che fa selezione e si diventa più esigenti - che questo è tutto da dimostrare tra l’altro; la paura di buttarsi per non soffrire di nuovo - che questa è la scusa preferita dall’uomo che punta solo al suo sporco obiettivo, così come della donna che vuole solo farsi due settimane di sesso spinto ma tenta di dare l’impressione di una falsissima profondità d’animo tipica delle epigoni di Venere!
E ancora la paura delle responsabilità – e qui invece siamo nel campo delle accuse di chi non si capacità del perché la storia non esploda immediatamente in un  “Nove Settimane e mezzo” tutto miele e tendine per poi planare la decima settimana direttamente in un rassicurante “Flamingo Road”; e poi ancora lo stress del quotidiano che uccide il sentimento o il rapporto difficile e conflittuale con i genitori – elementi tipici invece dell’analisi socio-psicologica di stampo freudiano.

E possiamo trovare altre mille giustificazioni che puzzano di scusa rancida lontano un kilometro, quando la realtà invece è che non si è più capaci di innamorarsi perché ci si abitua a non esserlo.

Si abituano i single e si abituano gli accoppiati, detto in altro modo si abituano i liberi e  anche gli impegnati!
Eh sì, pure loro si abituano, perché coppia non è certo sinonimo di amore profondo, esistono per fortuna coppie furiosamente innamorate, ma anche coppie che semplicemente lo sono state, una volta, tanto tempo fa;  così come coppie che “innamorati non lo siamo stati mai”, nemmeno all’inizio, nemmeno per un attimo.
Ed esistono coppie che “non lo sappiamo  se siamo  innamorati”, nel dubbio si abituano a non esserlo, e magari riescono pure ad andare d’accordo, con la complicità di distrazioni comuni, nel senso che entrambi sono distratti da altro, nello stesso momento ma in luoghi e con persone diverse, insomma si fanno tutti e due un amante stabile che rende la vita più piacevole i feriali dalle 12.30 alle 14.30 e qualche volta pure il sabato pomeriggio nell’intorno delle 15.   

E per chiudere, che sto obiettivamente iniziando a rompere le balle al povero lettore, l’ultima domanda:  “C’è qualche possibilità per l’abituato disinnamorato?”.

Mah…., in tutta sincerità devo dire che non lo so… forse me la potrei cavare con un dipende, che dipende fa sempre figo, da l’idea di "quello che la sa lunga", e poi il dipende lascia sempre una via d’uscita, la porta aperta del dipende, ed allora: “Sì c’è qualche possibilità per il disinnamorato abituato, però… però dipende!”.

E qui vedete un po’ voi, facciamo che dipende da quello che vi pare, io dipende da un sacco di cose, da un profumo ad esempio, da uno sguardo, dal lavoro che fa e pure dal lavoro che non fa, dalla voglia di libertà e dal senso di responsabilità, dal tacco 12, dalla tagliata al sangue, dal se mi lascio spettinare i capelli volentieri oppure no, da quanto sono lunghe le gambe, da quanto carattere ha, dal sapore, dipende da quanto sorride e da quanto si prende sul serio, e soprattutto dipende dal fatto che all’improvviso accade che le abitudini iniziano a starmi strette, così…, tutte… e tutte ad un tratto, senza aver nemmeno il tempo di rendermene conto.
Ecco, da questo dipende!

Le storie confuse stanno appese agli specchietti

“Ma  lo sai che hai davvero un brutto carattere?? Anzi, lasciatelo dire, hai  un carattere davvero di merda!”

“Ah sì?! Così mi dici? Questo po’ po’ di accusa mi lanci? Solo perché sono irrequieto, insoddisfatto, arrabbiato,  volubile, poco diplomatico, gentile per finta e comprensivo per interesse, col TSH Reflex alterato, che prima ti dico non cercarmi, poi cercami, poi è meglio se mi lasci stare, guarda anzi è meglio se ti lascio stare io, o forse è proprio meglio se ci lasciamo stare a vicenda, ma se non mi chiami ci rimango male, però se mi chiami allora non rispetti il mio spazio e non mi ascolti, però chiamami per favore…. che ne sento il bisogno…  e se non lo fai per forza che mi arrabbio….??? Ecco solo per questo sostieni che il mio carattere sia brutto???“

E pensare che si erano tanto baciati, lingua a go go all’ombra del navigatore e sguardi profondamente sorridenti quando si salutavano, come si fossero conosciuti da sempre e non da dieci minuti, l’esatto contrario di certi “arrivederci amore” scambiati dopo una vita passata insieme, che sanno di muffa e rancore lontano un miglio.

E invece loro no, loro un caldo sudato della madonna, che Luì quando rientrava a casa era costretto a farsi due docce, una subito ed una subito dopo essersi svestito, e per quanto tentasse non riusciva a lavarsi di dosso quel senso di profonda e immotivata soddisfazione che tanto lo sconcertava, e ora? Ora recriminazioni e accuse come nella peggiore delle saghe.
I rapporti confusi fanno male, questo è un dato di fatto, esaltano ma fanno male, e sì ok, per chi cerca l’emozione sono un toccasana, sono il sale, e pure lo zucchero, e senza emozioni e confusione non si vive, o si vive per finta, però fanno male credete a me.
Sì ci sono amiche che mi raccontano di quanto può essere nemica dell’amore l’abitudine consolidata di sapersi l’uno a fianco dell’altra, e hanno ragione, hanno ragione perchè spesso la tranquillità diventa ripetitività nei gesti trasformandosi in silenziosa disattenzione, distrazione, routine, tg e sciacquone del wc che parte senza ritegno anche quando si parla di vita.

E il dramma è quando ci si accorge che capita molto più spesso di tirare lo sciacquone che parlare di vita.
Poi certo c’è confusione e confusione, sono d’accordo, prendete Luì, lui nella sua testardaggine è un confuso a prescindere, per questo si affida al navigatore, cerca la via.
Solo Agata lo capisce davvero e a volte lo lascia solo.

Ah sì ecco, si erano tanto baciati e ora lei decide di lasciargli  le sue cose appese allo specchietto dell’auto nel più squallido dei parcheggi, che roba, chissà se lo farà davvero? Intanto Luì per non correre rischi ha cambiato parcheggio e tra poco affitterà un garage, e comunque meglio la Dorina del mio libro quasi preferito che rispedisce lo spazzolino con le Poste, almeno resta quel sottofondo drammaticamente poetico, lo specchietto nel parcheggio è davvero: “guarda, non mi sei piaciuto per niente, puzzavi pure, ora lo hai capito!!??”
Per fortuna che poi  lei gli ha raccontato che ha provato diverse volte a cancellare il suo numero dal cellulare ma questo poi riappariva sotto altre spoglie, ecco allora lì a capito che indipendentemente dallo specchietto, indipendentemente dal silenzio forzato, beh in fondo in fondo non si era poi sbagliato, qualcosa era successo davvero e così ha deciso di non darsi all'alcool.

I rapporti confusi lasciano il segno, questo è un dato di fatto, perché san far tutti a far finta di lasciarsi cadere nelle storie facili e durature, ma è a farsi travolgere dal complicato che ci vogliono le palle. E Sofia pare ne sia parecchio dotata, anche se le nasconde con attenzione, di Luì già si sapeva, e questo lo si doveva capire fin da subito, almeno io l’ho capito, voi non so, spero l’abbiate almeno immaginato.

“Ciao Agata, andiamo a correre domani?”
“Luì, la settimana scorsa mi sono fidanzata, e lui è molto geloso, non è che posso raggiungerti ogni volta all'improvviso. 
Comunque ... comunque va bene, andiamo a correre, la sua gelosia sta iniziando a soffocarmi, ho bisogno di aria!!"

Lo spazzolino da denti non si restituisce mai

Lo dovevi sapere subito... così ho scritto qualche pagina fa.

Effettivamente la fine del libro lo aveva spiazzato, il dentifricio e lo spazzolino no, non glieli doveva rispedire, in fondo era terminata la loro storia d'amore clandestina ma se per caso al povero Livio fosse scappato di doversi lavare i denti da quelle parti?!

E dire che Luì l'ha sempre sostenuto: "Dopo... amici mai!".
Al massimo conoscenti, un ciao di circostanza, un come stai disinteressato, tempo richiesto dall'incontro che segue la fine della relazione: "quattro minuti compresi i preliminari e i denti non te li lavi più da me".
Ok ci sta sempre una sveltina lacrime e rimpianti, ma dopo non ci si deve sorridere nemmeno un po', al massimo uno sguardo malinconico alla John Belushi, whisky e occhio perso nell'oblio.
Non si può essere amici di chi ti ha visto nudo e pure particolarmente da vicino, un post coitus interruptus presuppone un minimo di risentimento, l'amore finito deve fare rumore da qualche parte, quindi niente slanci al sapore di "ti vorrò sempre bene qualunque cosa succeda", è una puttanata atomica.
Una roba che si dice perché fa politicamente corretto, ma fa pure vomitare.
Comunque, tutto questo premesso, è vero pure che i pezzi di vita non si restituiscono, va bene riconsegnarsi i regali preziosi, dividere il conto in banca, la casa, l'auto, e le ferie con i bambini,  ma mai ridare lo spazzolino, l'accappatoio, oppure il perizoma che lui gli ha sequestrato quella sera che giocavano a "you porn anche tu" sulla spiaggia di Rimini.
Restituire lo spazzolino è un po' come dire "ti schifo, e un po' ti schifavo anche prima quando schizzavi lo specchio del bagno", fa brutto.
Così come restituire il perizoma, fa maleducato, sembra tu le abbia fatto un favore a conservarlo ma "finalmente te lo ridó chè  ho paura mi si possanno attaccare le piattole". 

Luì ad esempio non è più amico di nessuna, a parte Agata che lo sopporta da una vita e non si capisce il perché, però conserva  gelosamente la paletta di plastica del primo gelato comprato insieme, una scarpa tacco dodici spaiata, una Big Babol usata poco, il badge di quella sera che lei era di servizio, un libro bruttissimo con una dedica bellissima, una foto, un pezzetto di cuore.
Ah certo.... pure un perizoma, ma c'è solo un problema, non si ricorda di chi è, un po' come i boxer usati che la Sda Express Courier gli ha riconsegnato ieri, carini eh, nero gessati, c'era anche un bigliettino, firmato Leila, la sua ultima ex, "ti vorró sempre bene qualunque cosa succeda", qui il problema è un altro però, quei boxer non erano suoi. 
Che si sia confuso il corriere??