Che strano... la paura è blu di colore... blu scuro...

23 marzo.. quasi un anno, che storia… la relatività del tempo, davvero una gran teoria, quasi un anno che è volato, quasi un anno che non passa mai….dodici mesi e cambia il mondo, oggi il mare è mosso, molto mosso, alla mia bimba direi che è “arrabbiato”, un surfista con un remo sta cercando di cavalcare l’onda. Immaginatevi se in un “Mercoledì da Leoni” insieme alla tavola da surf spuntasse fuori un remo!! Ma che roba è?? Non s’è mai visto, anzi non si può vedere…  

Poco fa stavo controllando gli accessi a questo mio blog, “il problema del quarantenne” e “il bravo ragazzo dal cuore spezzato che vorrebbe diventare maledetto” da soli han fatto 500 contatti, “Non sono mica Brad Pitt” non se l’è filato nessuno, “F” dice (più o meno) che “la gente legge e commenta solo ciò in cui si riconosce”, quindi se questo è vero Brad Pitt non ha emuli, mentre di quarantenni problematici con il cuore spezzato che vogliono diventare maledetti è pieno il mondo. E io che credevo di raccontare di niente.
Un bimbo sta giocando sulla sabbia con il suo papà, si lanciano un pallone da rugby, è troppo grande per il piccolo, deve usare ambo le mani per lanciare e non ce la fa…

Mi incuriosisce analizzare le statistiche dei miei post, mi diverte capire cosa piace e cosa no, cosa vien letto e cosa no, se “F” ha ragione sono preoccupato che qualcuno si immedesimi nei miei personaggi, mi spaventa pensare che possano esisterne altri oltre quelli di cui racconto io. Prendete Luì, ma chi è Luì?! E l’Orco, vi ricordate l’Orco? Dai se esistesse davvero un tipo così ci sarebbe da preoccuparsi, sì... da preoccuparsi,  ma soprattutto se davvero esistesse una ragazza che ama la tagliata cotta bene, bè allora… mioddioo… sarebbe davvero la fine.
Una ragazza con il tacco 12 si sta avventurando sulla sabbia, arranca, sprofonda, non ne esce, l’ho sempre detto… il tacco 12 devi saperlo portare, anche sulla sabbia, altrimenti vai di ballerine, che sono un po’ come la tagliata ben cotta ma almeno eviti di rappresentare uno spettacolo raccapricciante..

L’Orco.. dove sarà ora l’Orco? Credo abbia da poco festeggiato i 40, lanciato lentamente sulla via dei 41, sempre lui, ne sono certo. L’Orco non cambierà mai, ecco questo è il problema, non cambiare mai, anzi il tempo passa e lui peggiora.
Ieri ho incontrato un amico, si parlava del più e del meno, “Che fai questa sera”, “Niente”, “Tu?”, “Mahh… non so…  opzione a, opzione b, opzione c, sono indeciso” (è un amico collezionista, almeno così ama dipingersi), poi si è lasciato andare: “Niente sai? Niente, stasera non faccio niente e nemmeno domani”. “Perché??” chiedo io, “Perché non mi va!” dice lui, “Sono innamorato” aggiunge. “E allora? Non fai niente? Sei innamorato e non fai niente? Stai con lei, no?”, “Ho detto che sono innamorato, mica fidanzato! Lei non c’è…” – fa lui – “Ah, ok… è partita?”, “No, non è venuta, non c’è, è altrove” – “Be ma è fantastico allora! Perché non azioni l’opzione b? E’ sempre pronta, mi ricordo, non ti ha mai abbandonato, piuttosto bidona il resto del mondo ma a te un no non lo dice…”. Ed ecco allora che attacca: “L’opzione b non la voglio, la c mi annoia, la d mi fa tristezza e la e mi fa ultima spiaggia. Ad un certo punto bisogna saper scegliere, o tutto o niente, ti ricordi quando ti parlavo di meglio niente che piuttosto? Ecco questo è il momento del meglio niente”.

Io sta roba al mio amico collezionista l’ho sentita raccontare cento volte, non so nemmeno perché continuo ad ascoltarlo, e giuro sembra convinto ogni volta.
Una ragazza sola, molto bella, con il capello che scende nervosamente sul collo sta guardando il surfista con il remo,  ha un cagnolino con se, sta scavando una buca, è nervoso perché l’onda che arriva distrugge lo scavo, abbaia, saltella, sprofonda e riaffiora in maniera sempre più convulsa, niente da fare…

“Scusa… ma questa scelta qui di non attivare nessuna opzione… non so.. ma sei sicuro? Non è che poi ti sentirai solo?” – chiedo io – “Solo? Non ho mai pensato seriamente alla solitudine, non ho mai avuto paura di restar solo, anzi a dire il vero non ho mai avuto paura… ora però.. proprio adesso che me lo chiedi… cazzo non è bello soli, però non è bello nemmeno accontentati… soli? Che strana sensazione questa volta…”.
Il mio amico poi se n’è andato senza salutarmi, chissà che cosa aveva per la testa, adesso  il cagnolino della fans del surfista col remo non scava più, è stanco e bagnato,  lei l’ha preso in braccio… Dove sarà ora il mio amico? Davvero ho letto la paura nei suoi occhi, è blu scura la paura, si vedeva chiaramente e lui a ripetere: “per la prima volta mi sento solo...”, che strano detto da lui, ma son certo che resterà fedele alla sua idea, fedele fino alla fine, piuttosto che niente è meglio niente, mi pare ancora di sentirlo: “se a Natale non c’è il quartier generale di Big Jim faccio il bambino senza regalo”, che strano però... che strano vedere la paura nei sui occhi… me li ricordo sorridere… la paura no, quella davvero credo di non averla mai vista....

Non sono mica Brad Pitt...

Oh piano con il sarcasmo che è fuori luogo, tipo non lanciatevi in:  “non avevamo mai nutrito il sospetto…”, “credevi che qualcuno si potesse confondere..”, “certo, altrimenti non ti avrebbero scaricato le due di cui racconti di esserti innamorato…”, “peccato mi sarebbe piaciuto conoscere Angelina..”.

La mia è solo un’amara constatazione, non che nutra particolare ammirazione per i biondi, anzi, mi stanno pure un po’ sulle balle, peggio del biondo c’è solo il paraculo, però sono certo che così la vita sarebbe  più facile…

Ne faccio un discorso generale, di snellezza nell’approccio, di magnetismo, di continuazione, di poche parole, di quantità, il bello e dannato non fa fatica, non ci deve mettere del suo, basta poco impegno, un minimo di attenzione al bicipite…  giusto giusto che non sia troppo rilassato, una cura leggera dell’addominale che deve lasciare quel non so che di scolpito, la barba che c’ha da essere (è un must, non se ne può più fare a meno), una tecnica di approccio di poco sopra la media, un lessico essenziale-forbito- sofferto  del  tipo: “hei, sei troppo intrigante in questa serata che si avvicina al solstizio, se solo non fosse così difficile per noi… mmm… potrei passare con te il resto della mia vita, almeno fino a quando il mondo non mi costringesse a partire di nuovo…”, tutto detto sottovoce, un po’ baritono dal volume smorzato, lo sguardo perso altrove che ritorna su di lei a tratti, una chiusura sempre in partenza... sì perché il bello-dannato- sofferente deve sempre ripartire!

Ecco, se poi questo si abbina ad un lavoro interessante, una giacca di lino con il jeans vissuto durante l’estate,  un cardigan a filo grosso con il jeans vissuto durante l’inverno, la scarpa eccentrica e l’occhiale da sole blu notte, bè è fatta, non ci si deve affaticare…

Poi non importa se il jeans vissuto l’ha preso in saldo al Factory Oultet un giorno che passava di lì, l’occhiale blu notte l’ha ricevuto in regalo dal cugino che ritornava dalla Tailandia, se il lavoro interessante è una chiavica, se il tono sofferente è perché le scarpe eccentriche sono strette, no, non importa, se sei Brad Pitt, o almeno credi di esserlo anche se con una buona dose di approssimazione, bè è facile…

Sì perché l’importante è essere convinti e scegliere i giusti obiettivi. Sì, soprattutto i giusti obiettivi.

Il Brad Pitt dei poveri solitamente si lancia su due distinte categorie di donne: la 32-41enne “single abituata” con la sindrome del latino-americano e dell’aperitivo lungo, oppure la “non-single” 36-47enne alla ricerca di emozioni forti. Questa seconda categoria nasconde poi due differenti profili: la seriale e l’occasionale, altrimenti dette “non posso ma lo faccio ugualmente, l’importante è essere plausibili” e “vorrei ma lo faccio poco, l’importante è negare”.

Ecco allora il ns Brad Pitt queste cose le sa e pur mantenendo il suo stile da tenebroso in conflitto perenne con la vita, si adegua all’obiettivo con tecniche differenizate.

La seriale la blandisce millantando decine di avventure parallele, la chiama “darling”, l’incontra negli sprazzi di tempo, si finge “non geloso”, non le scrive mai, aspetta che sia lei a dire: “alle 13.15, ci vediamo al solito posto”, lui è lì dalle 21 della sera prima ma dice: “ok, però facciamo 13 e 20!”. Lei lo sa e arriva alle 13.30, anche perché prima  era impegnata con la futura vittima. Di fatto una lotta fra pataccari, entrambi consapevoli di esserlo che si mentono a vicenda per sentirsi vivi e superare la monotonia del quotidiano, garanzia di una vita di coppia duratura…. quella che hanno a casa. L’amore con la seriale è intenso-professionale, quantitativamente elevato, poco emozionante, sfrontato.

L’occasionale invece la fa sentire importantissima, lascia intendere che pur di vederla cinque minuti è disposto a rinunciare ad un pezzo del suo preziosissimo tempo rubandolo al suo preziosissimo lavoro, perché l’occasione va colta, lei è importante per i massimi e non si può lasciar perdere. Priorità allo stato puro, minuti e passione, appena due centimetri dall’innamoramento.
L’amore con l’occasionale è divertente, a volte lascia dei graffi, è fatto di rossetto sbavato, perizoma dimenticato a casa di lui, paura e ansia.

La single abituata invece la coltiva con cura, le dice: “sono quasi Brad Pitt, ma sono stanco di vivere così intensamente e credo, per la prima volta davvero, di aver incontrato LA ragione per non ripartire… devo capire ed è difficile, ma quello che provo è forte, molto forte…”.
E la cerca con regolarità, soprattutto all’inizio, i primi sette giorni… poi rallenta un attimo, inizia a parlare di conflitto interiore, la single che stava diventando un po’ meno abituata si preoccupa, alcune vivono attimi di puro terrore, altre di sconforto. Lui però non molla… almeno per altri sette giorni e quando chiude lascia uno spiraglio, la classica porta aperta: “Stellina…parto, sono costretto, devo capire il  mio perché, tu non aspettarmi ma… ma se mai dovessi tornare, quando tornerò, tu sono certo sari felice tra le braccia di un altro, perché lo meriti sai, e quindi non ci sarà più spazio per me, e io soffrirò di questo, anzi sto già terribilmente soffrendo ora, però… se mai tu dovessi avere ancora voglia di abbracciarmi… ecco forse allora io mi pentirò di tutto quello che ti ho rubato e tu… allora… addio… o forse arrivederci…. stella”. Lei lo aspetterà, è matematico. Da single abituata diverrà single in attesa. Uno strazio.
L’amore con la single abituata è appiccicoso, qualitativamente elevato se si superano le prime tre volte, ripetitivo dopo la sesta volta, destinato a finire, destinato a ricominciare, destinato a trasformarsi in “ero Brad Pitt e ora sono qui che aspetto che lei ritorni… è uscita a cena con le amiche, sono le tre di notte… ci sarà stata parecchia gente al ristorante??”.

Sì Brad Pitt ha vita facile, ahh se fossi Brad Pitt…

Il problema del quarantenne....

Ho notato che il titolo fa mezzo racconto, nel senso che se il titolo è accattivante gli accessi al blog nei primi trenta minuti sono infinitamente maggiori, e nove volte su dieci è accattivante ciò che porta con se un richiamo leggermente velato al sesso, se ad esempio avessi aperto questo pezzo intitolandolo “Il problema del quarantenne trombante” o  come fanno l’amore i poveri quarantenni nell’anno 2014”, bè credo che probabilmente avrei avuto molte più chance di essere letto.

Invece sta cosa del problema del quarantenne forse mi taglierà le gambe, qualcuno non leggerà temendo si tratti di un trattato sull’ipertrofia prostatica e la necessità di una diagnosi precoce, altri penseranno ad un nostalgico remember sulle partite di calcetto giocate senza il tutore al ginocchio sinistro, ma visto che non ho mai giocato a calcetto nemmeno a vent’anni  e il mio PSA per ora è nella norma, vi tranquillizzo, parlerò d’altro.  Ho già scritto di questa età di mezzo, l’ho fatto in maniera schematica e stereotipata qualche tempo fa, sono ritornato più o meno velatamente sul concetto in altre storie, e vorrei evitare di ripetermi ma non è facile. “J”, una delle mie “misteriose” lettrici, mi ha scritto nei giorni scorsi: “hai presente quelle giornate in cui ti gratti la testa.. ma non capisci? Ma a 40 anni inizia una regressione??”.
Non lo so se inizia una regressione, di certo c’è che i quarantenni oggi un problema ce l’hanno, forse anche più d’uno, ma un problema c’è. 
Sì c’è perché altrimenti non si spiegherebbe questa crisi costante dell’età di mezzo (che badate è cosa diversa dalla mezza età!!). Ognuno vive la propria storia, tutti di fondo, quasi tutti via, non voglio fare il catastrofico , vivono la propria crisi, per ragioni diverse s’intende, tutti però sono accumunati ultimamente da un tratto comune: la barba. Sì, il quarantenne oggi si fa crescere la barba, lunga, corta, a chiazze, spettinata, non importa, regola-pelo da faccia e barba d’espressione, un must, sintomo evidente di un problema comune. 
Io ho iniziato a 39 anni, quindi sono fuori statistica. 
Comunque barba a parte, che non c'entra niente mi rendo conto ma ci tenevo a scriverlo, la diversità del problema dipende dalle situazioni.

Prendiamo ad esempio il quarantenne sposato con prole che vuole evadere per sentirsi vivo, e allora inizia a inseguire le emozioni, a cercare gli sguardi che non vedeva  più da un po’ di tempo, a cercare ristoro ai propri problemi, e rivoluziona la propria vita, può farlo per un giorno, per un mese, per un anno, per un sacco, in maniera spesso disordinata, senza ragione ma con sentimento, senza sentimento ma con istinto, spesso con un'esagerazione di passione.  Dipende. Quasi sempre fa un casino, a volte anche due casini, però si è sentito vivo e lo scopo è stato raggiunto.

Poi ci sono i quarantenni sposati senza prole, variante più libera del caso precedente, stessa spinta emotiva all’evasione senza però aver provato la “più fantastica” delle ragioni di vivere, che da un lato da minori problemi ma dall’altro toglie un pezzo enorme aggiungendo una dose letale di lucido nichilismo.
E poi c’è il quarantenne single destabilizzato, di ritorno o no non importa. La crisi di questo soggetto attraversa varie fasi, all’inizio quasi sempre c’è una delusione, una delusione che può essere d’amore, professionale, sociale, d’amore con implicazioni professionali o professionale con implicazioni d’amore, e questo è vero se uno si porta spesso il lavoro a casa. Crisi in sostanza di ciò che ruota attorno alla propria vita.
In questa fase ecco allora che si aprono due alternative: la depressione cronica o il collezionismo. Sulla prima credo di non dover spiegare niente, sulla seconda, il collezionismo, spenderei due parole. E’ una sindrome strana, quasi una bulimia da riscatto, ci si lancia in una serie insensata di avventure psico-carnali, dove per i pirmi cinque minuti l’uomo dei 40 è convintissimo che “è incredibile questa volta proprio quando meno me l’aspettavo guarda cosa mi è capitato non ci posso davvero credere è fantastica è la donna della mia vita dove è stata fino ad ora???”, 5 minuti, poi a metà del primo servito caldo si passa a “però… il cuore non mi batte… va bè… diamo tempo… proviamo…”, e quando arrivi ad inserire la chiave nella toppa di casa, dove tu la stai portando perché ti sei convinto che un vero collezionista questo deve fare, stai già pensando a quanto manca prima che se ne vada. Cinismo allo stato puro, in questa situazione l’uomo può pure arrivare a fingere l’orgasmo. Adesso non fate della morale spicciola tacciandomi di machismo che di donne che hanno finto l’orgasmo è pieno il mondo, non può farlo pure un uomo?? Ecco.
Il collezionista poi diventa sempre più consapevole delle proprie potenzialità, acquista sicurezza, sperimenta la tecnica, diventa ancora più cinico, e aumenta il numero delle proprie conquiste con una facilità esponenziale, diventa un leone esperto in gazzelle ferite, ma con una differenza, l’unica vittima in tutto questo è lui: un patetico consapevole che finge di non capire, charme e sangiovese per dimenticare.

La fase “collezioniamo” è a tempo, può durare qualche mese, un anno, due, tre, dieci, poi finisce. Dopo dieci finisce comunque perché il 40enne a quel punto è divenuto un 50enne e mantenere collezioni numericamente importanti diventa un po’ più complicato, magari si fa una selezione più attenta.
Una volta finita inizia la fase “ascetica”, il troppo vivere si trasforma in: “prendiamoci una pausa, respiriamo, che dove sto andando??!”. Qui si decide di non battere chiodo, e diventa strano, perché il 40enne ascetico acquista quell’aria mistica e misteriosa che intriga, diventa un fascinoso che chissà quanto starà soffrendo, e questo è assolutamente irresistibile per la donna che vuole parlare con lui, vorrebbe farsi raccontare, vuole vederlo, avverte il pericolo che stimola, ma lui fugge, fugge fedele a non si sa bene chi, a una lei che non c’è? A se stesso? Alla ricerca di un riscatto, o perché effettivamente ha fatto gli esami e l’ipertrofia ha tolto vigore? E’ un mistero.

Poi si dice che termini anche la fase ascetica, a volte con una ricaduta nel collezionismo, a volte con il cuore che ritorna a battere. Sì, il cuore che ritorna a battere, qui non c’è più schema che tenga, non so fare il mio solito diagramma mentale, se-poi-quindi-allora, qui si dovrebbe raccontare ogni singola storia, ogni singolo battito, perché tutto è diverso, tutti diventano diversi, lui-lei-le emozioni insomma, unicità allo stato puro, quindi non schematizzabile. Qui servirebbe uno scrittore vero.

E allora? Qual'è la morale, il senso? Come finisce questa storia? Io credo che finisca che se il cuore continua a battere non sono io a dover raccontare che succede perchè non ne sono capace, se invece smette e si cade nuovamente nella delusione... bè allora rileggetevi tutto dall’inizio!!!