Non è obbligatorio diventare grandi...

Dici “mah... ad un certo punto bisognerà pur diventare grandi, pare lo debbano fare tutti quelli che intendono restare vivi...”.

Io c’ho pensato a lungo, e non ne sono per nulla convinto.

Diventare grandi non è mica obbligatorio, me ne sono reso conto poco fa passeggiando dopo cena, e ho deciso che quest’ansia da “crescita necessaria” sia parecchio negativa per la società.

Sì, sì... diventare grandi spegne i sogni, intristisce la libido, fa le coppie smunte, i single spenti e con le rughe, gli amanti disillusi, i bambini anziani anzitempo, i Babbi Natale disoccupati.

Le feste sono l’apoteosi di tutta questa necessità di riscossa fittizia dell’adulto! 

Chi si atteggia a grande sfoga nel regalo affermato la propria pseudo-superiorità.
La bottiglia di Chateau Margaux diventa una prolunga dell’IO, un Sassicaia 2010 esalta il reddito quasi a voler dire: “oue figa... ne ho un casino di tredicesima!”
Se non Dolomiti no party.
Se non viaggi con l’agenzia in centro sei solo un plumone bamboccione Ryanair dipendente.
Se il budget non lo declini in grigio alle 20.15 sei uno che la carriera ti puzza.

E tutto questo nell’epoca dei social si moltiplica per enne alla ennesima!
L’adulto ingrandito si esalta di selfie.
Tutto chiaramente ammantato da una cerimoniosa aurea di matura sobrietà, “sono serio io che sono grande”, che manco te la godi la spataccata termonucleare che hai organizzato.
Sarebbe un po’ come riuscire a portare a cena Alessia Marcuzzi e poi chiedere ad un amico se se la può portare a letto lui che a te ti si sgualcisce il blazer di cachemire.
Un giovinotto dentro non farebbe mai una roba così, magari sarebbe vinto sul più bello da una crisi d’ansia da prestazione, ma stai sicuro che ad una gazzosa e piadina da Salvatore seguirebbe un “stacca il tuo biglietto per il paradiso e vieni a bere una Sambuca da me!”.tt

No, diventare grandi è una scemenza giusta giusta per i tristi. 

I grandi hanno le corna e le portano con rassegnazione, manco s’incazzano più, perché si convincono che arrabbiarsi per quello sia roba da ragazzini in surplus di testosterone.

È così anche sul lavoro, i manager migliori sono i quarantacinquenni con le voglie di un trentenne e la forza di un quarantenne.

Ma c’è una speranza, ne son convinto: diventare grandi non è irreversibile.
Sì perché ci si può anche far chiamare senior e avere pure una seniority che fa la mucchia, ma l’importante resta il non prendersi mai troppo sul serio nonostante la fluidità dell’Inglese. 
Adulti nei modi, adolescenti nello spirito, bambini nei sentimenti, quarantenni nel sesso, prenotare un tavolo a cena con il nome di un amico, suonare i campanelli di notte e poi scappare, lottare con il coltello tra i denti per raggiungere un obbiettivo, difendere le proprie idee, ridere almeno tre volte al giorno, lasciarsi cullare dalla nostalgia ma solo le sere pari dalle 23.10 alle 24, cantare Maracaibo in auto con il finestrino aperto al semaforo rosso, ma soprattutto darsi sempre un’altra possibilità chè intanto il tempo c’è.

Ecco, questi sono i primi passi per restare ragazzi, per restare giovani e forti, possibilmente per non perdere i capelli.

E ora vado a dormire, ma prima scrivo due righe a Babbo Natale che settimana scorsa ho dimenticato di farlo, gli chiederò una Stelvio, magari è ancora in giro e gliene avanza una nero splendente lì tra i pacchi dei ritardatari.... buonanotte.