Bologna-martedì-18.04

Sono attimi rubati al quotidiano, pezzetti, robe così, ti ritagli un piccolo spazio, riordini i pensieri e le sensazioni, calici profumati, “genti” di fretta, ragazze dalle lunghe gambe, un sangiovese, le vetrine, i discorsi di giovani a fianco che travalicano il confine della privacy, la loro, non la tua.

Ci sono situazioni, città, vie, pertugi, che parlano al tempo che passa e che a volte ritorna, è curioso osservare ciò che ci sta attorno, a volte è un rivivere, altre volte un vivrei, spesso un vivrò, anche solo sognato.

Bologna il martedì alle 18.04 è viva, veloce, confusa, colorata, varia, tiepida, accesa.

Bla, blablabla, bla bla, qualcuno dice così, in realtà l’essere bisognerebbe prima capirlo e poi giudicarlo, oppure banalmente fregarsene senza commenti, non serve.

Giocare con le frasi e le parole per raccontare a se stessi e al mondo che cosa succede nel microcosmo di una via antica del centro storico è un gioco rilassante.

Attardarsi tra tortellini e salumi, luci e lustrini, osterie e panettoni artigianali, dopo una giornata di lavoro è dolce, dolce e leggermente malinconico, che poi l’uno è parte dell’altro.

Descrivere i sapori e le sensazioni e gli attimi non è mica facile, la grammatica e la sintassi non sono matite, l’unica cosa è gettare appunti, per descrivere che succede.

Ecco, tutto qua.

I sogni

“E i sogni?”

“Beh sai il tempo è passato, il sole, poi la pioggia e il vento, le cose della vita che ti inseguono e ti precedono, i rompicoglioni, il traffico, l’uguale sempre uguale e la consapevolezza che continuerà così e forse anche peggio, eh sai... non sogno più.”

“Sarà che dormi poco?”

“Dici? Non so... forse dormo troppo, o forse ho perso l’attimo, mi han perfino rapito le emozioni, si son perse tra i giorni e gli errori, le occasioni andate e quelle assassinate, son state schiacciate da responsabilità bambine e doveri ancestrali che mi han tolto via via pure il sapore che è scappato deluso e rassegnato.”

“Ance-chè???”

“Ancestrali. Perché i sogni han bisogno di libertà e di visione, e la visione non può tremare per il pregiudizio atavico, una visione che trema si spegne e senza visione non sogni, banalmente prosegui nell’attesa”

“Sei leopardesco questa notte?”

“Felino?”

“No Giacomo”



Il nostalgico della porta accanto...

Ho camminato tanto ed ora mi è tutto chiaro, ho trovato la risposta: la nostalgia è solo il giramento di palle che parte quando ci accorgiamo di non avere più vent’anni.

E a vent’anni “il mondo è bello e invitante di colori, e ancora sugli alberi ci sono solo fiori, che prima o poi si dice diverranno pure frutti e allora tu che fai golosamente aspetti...”, ma ad un tratto razionalizzi e consapevolizzi: il tempo è passato.

Eh sì, il tempo è passato e tu rischi di restare digiuno, gli attimi diventano sempre più preziosi e ti diventa all’improvviso evidente che sprecarli fa dimagrire, metaforicamente s’intende.

E allora acceleri, in maniera nevrotica e irregolare, cercando di assecondare il tuo metabolismo altalenante, provi a ripartire da dove hai lasciato ritracciando i passi fatti nella convinzione di riuscire ad evitare gli errori e recuperare il tempo perso.

Ma non ce la si fa, ed è questa evidenza che produce nostalgia, e la nostalgia attiva la produzione di dopamina, e l’accelerazione cardiaca originata dalla dopamina fa sognare.
Sì sì sognare. 
Sognare di notte e un po’ anche di giorno.

C’è qualche base scientifica in quello che sto  scrivendo: assolutamente no, solo evidenza empirica ed elaborazioni novembrine.

L’evidenza la troviamo negli amori bruciati sull’allarme dei quaranta, la troviamo negli amori reload degli amanti irregolari, la si scorge nell’insoddisfazione motivata delle coppie stanche e negli amplessi apocalittici al termine dei quali s’invoca mentalmente la sempiterna botola.
“Apriti botola, ti prego apriti”.

La nostalgia è marrone come la sabbia, grigia come la nebbia, gialla come il sole a primavera, rossa come le fragole, fredda come le lenzuola di un letto sfatto in un appartamento al mare fuori stagione.

Voglia di ritornare ai venti e alla potenza sconfinata dell’aspettativa indomita che si credeva eterna.

I nostalgici non sono tutti uguali, proprio come non erano uguali tutti i ventenni.
Conosco nostalgici tristi, altri felici, pochi soddisfatti, tutti persi nel passato convinti di poter trovare lì il loro futuro.
Illusi.

Il nostalgico vero diventa egoista e pure un po’ cinico: “la nostalgia è mia e la gestisco io, tu spostati giovinastro”.

Ma la nostalgia è sempre single? No, no, si può essere dei nostalgici anche in coppia. Quasi sempre c’è una correlazione negativa però, come lo spread e i Btp: se il primo scende il secondo sale, e viceversa. Questo nella coppia si traduce in “io vorrei che lei fosse” e “ io vorrei che lui diventasse”, di nuovo passato e futuro in un opposto gioco delle parti.

Vent’anni... la sfortuna è continuare a sentirseli. 
Sì perché vent’anni sono un po’ come andare in bici, una volta imparato ne sarai capace per sempre, chi dice il contrario semplicemente non ha voglia di pedalare.

E perché tutto questo? Perché è l’ormone che fa casino, ne son certo. Colpa del testosterone, che da all’uomo quest’illusione di potenza perpetua e alle donne fa crescere i peli.
E se ci sono nostalgici anche dei peli, allora li non se ne esce più.







Vorrei? Potrei? Dovrei? Perché?

Sera.. quasi notte, 45 anni.. quasi grande, ti dicono che devi mettere la testa a posto, ma tu ti chiedi: “a posto dove esattamente?”, e un’idea ce l’avresti pure, ma spesso non si può. 

È incredibile come gli anni che passano si colorino quasi sempre di cliché, travolti dal luogo comune che ci vorrebbe obbligati a fare quello che si deve proprio quando si è raggiunta la maturità per fare quello che ci va.
Passi una vita a dipendere dalle convenzioni e dalle convinzioni, e proprio quando hai il potere di affrancartene, zac, “la testa a posto, la testa a posto”.

Sfido io che poi si diventa vecchi.

Il dovere, il senso del dovere.... da bambino devi perché “sei piccolo e devi diventare grande”, da adolescente devi perché sei “già grande” ma devi diventare ancora più grande, da adulto devi perché “ormai sei diventato grande”... ma da grande?? Da grande vero, che cosa devi diventare cosa?

Capita ad un certo punto che si confonda il devo con il dovrebbe, il voglio con il vorrebbero, l’io con il noi. 
Piani diversi, un po’ come la moglie e la Donna della propria vita, a volte coincidono, ma non necessariamente.

Tu che leggi, sì proprio tu, pensati bambino, giurami che non ti sei mai “innamorato” di quella del primo banco solo perché era la più carina per i tuoi amici? E dimmi, se hai il coraggio dello sporco mentitore, che alle medie ti sei messo con Alice solo perché piaceva a te e non anche ai tuoi amici?! 
E confessa infine la verità: solo ventenne ti sei affrancato e hai scelto Giulia pure se ai tuoi amici stava parecchio sulle balle, poi a ventuno l’hai mollata per Nicole non appena ti sei accorto che forse i tuoi amici un po’ di ragione ce l’avevano, ma questa è un’altra storia e andiamo avanti.

Ecco... a quaranta-quarantatré-quarantacinque anni invece si dovrebbe poter scegliere. 
Sì sì, si dovrebbe poter scegliere, potresti e dovresti decidere di fare tutto quello che ti pare purché sia economicamente sostenibile e non delittuoso e rispettoso di chi ami (non di tutti, di chi ami ho detto).
Avresti la saggezza pure per fare il cazzone, saresti nella condizione di poter essere egoisticamente in carriera o irresponsabilmente innamorato della persona sbagliata nel momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Potresti vivere di priorità, e la tua priorità potrebbe essere anche il dovere sia chiaro, perché il mio non è un invito alla dissolutezza, anzi, ma solo un auspicio di volontà.

E allora perché tutta questa insoddisfazione più o meno latente che attanaglia l’età fantastica? 
Che sia la crisi? L’alopecia? La prostata? 
O la convinzione che il tempo sia stato perso, che il treno sia passato, che davvero non ci siano più le mezze stagioni?
L’insoddisfazione “è” perché ci si lascia invecchiare con la scusa (LA SCUSA) del devo, perché il comodo prende il posto del sogno, le priorità son dettate dalla paura e non dalla volontà.

Luoghi comuni anche questi? Un po’ sì, ma se ci fermiamo un attimo a riflettere, forse ci renderemo conto che così comuni poi non lo sono, son solo ovvietà trascurate.