I sogni si consumano

Luì quel giorno passeggiava lungo la battigia, l’aria odorava di salsedine (splendidamente banale), fragole 🍓 e tabacco.

I colori erano quelli della primavera inoltrata: giallo, nutella e azzurro cielo quasi blu.

Cinguettii di passerotti mangiapiadina, urla di gabbiani emuli di Livingstone, sciabordio di onde tranquille facevano da colonna sonora.

La brezza leggera.

La sabbia.

I sardoncini.

Poi lì, all’ombra di un pedalò esausto, a due passi dal bagno diciassette, Luì inciampò in una "mucchietta" di sogni stantii, logori, financo leggermente appicicaticci, certamente consumati.

Eh già, eh già perché sì, i sogni ahimè si consumano, Luì lo sapeva, lo sapeva da tanto tantissimo tempo, da quando ancora  poco più che tardo adolescente di mezza età tutto ad un tratto smise di sognare.

I sogni hanno una scadenza, “si consiglia di sognare preferibilmente entro il..”, ed entro il è la data fissata dall'orologio del Capitano del tempo.
Un uomo alto il Capitano, barba ben fatta, abbronzato color oliva, capello impomatato, saggio a tratti saccente, lateralmente sfuggente, un po’ poeta e un po’ stronzo, certamente autorevole.

Un giorno il Capitano scrisse un messaggio a Luì, glielo scrisse su Teams (era precursore dentro), gli scrisse così: ”Giovane uomo mettiti comodo, sto per raccontarti una storia, ti racconterò la storia del tempo, la storia del tempo che passa, di quel tempo che per te inizierà a undici quando svegliandoti all'improvviso inizierai a faticare, faticherai moltissimo, faticherai e suderai e in mezzo a tutto quel faticare principierai pure a sognare! 
Ohhh sììì se sognerai, sognerai a pacchi, tonnellate di sogni, sogni a catinelle, progetti e gloria, enfasi e resurrezione, e ci crederai, ti affannerai, studierai, penserai e allora correrai, correrai tanto velocemente che senza nemmeno rendertene conto arriveranno i ventotto, e qui t'innamorerai e sognerai ancora, lampo inconsapevole di un futuro disperso, e aspetterai, aspetterai poco paziente a dire il vero e pure un sacco imprudente, inconsapevolmente audace e pure un po' rincoglionito. 
Giocherai con la vita giovane uomo, con la vita ed i suoi azzardi, i suoi inciampi, le sue gioie, le sue noie, i suoi slanci di niente che si tufferanno nel tutto senza saper nuotare, finché ad un tratto, tutto ad un tratto, ti accorgerai che saranno già i trentacinque e poi i trentasette, quindi i quaranta o giù di lì, e ad un altro tratto, senza avvisaglie, senza pubblicità né intermezzi, ti accorgerai - un poco svampito - di non ricordare... di non ricordare più l’ultima volta che hai sognato per davvero. 
Finito. Stop. Smarrimento onirico, un virus mutante che obnubila.”

Luì prese il messaggio e lo archiviò nella cartella spam.

Lui questo Capitano non lo capiva proprio, e anche lo avesse capito non lo avrebbe di certo ascoltato, l’ascolto non è la prima qualità di Luì, forse nemmeno la seconda, bisogna dirselo in tutta franchezza, poi che cosa cazzarola voleva dire questo Capitano con quella pioggia di parole in successione?
Non lo so, non lo so nemmeno io che sono il narratore e queste cose dovrei saperle visto che le ho scritte, facciamo che ognuno adesso  si da la risposta che vuole, la mia già la sapete, senza presunzione di verità ribadisco questo: i sogni si consumano.

Sì, i sogni si consumano, si accumulano e poi si consumano, nascono e si consumano, crescono e si consumano, invecchiano e si consumano, stanno fermi e si consumano, si muovono e si consumano.
I sogni arrivano di notte e svampano di giorno.
E insieme ai sogni si consumano i sognatori e si consumano pure i sognati, i sognanti e le sognate, è tutto un consumarsi, è per questo che poi li trovi lì tutti insieme accatastati sulla spiaggia a fine giornata all'ombra di un pedalò insabbiato.

Stanchi sono i sogni ad una certa età.

Lui questo lo sapeva, lo sapeva da tanto di un tantissimo di tempo fa, ma ha sempre fatto finta di nulla.

E allora che fare? Niente, non c’è niente da fare, perché prima di consumarsi ai sogni succede altro, i sogni prima di consumarsi capitano.
I sogni capitano, così, all'improvviso, tra un dire e un niente, tra un sorriso e un bacio, un abbraccio e una lacrima, una ragione e un sentimento, un tutto e un sempre, un brivido di fronte ad un fuoco acceso, malinconico suggello di una sera fatta di emozioni e addii.
I sogni capitano come la pioggia a ferragosto, la neve ad aprile, il sei al Superenalotto al botteghino del Bar Sport e Gazzosa.

Luì finì la sua passeggiata mangiando piadina con le sarde in Casina, bevendo un birra bionda e chiudendo con un caffè amaro.
La ruota immobile faceva panorama, consumata pure lei, monumento del sempre che ritorna, tradizione di ogni estate che si rispetti.
Un delfino saltava lì a fianco... ah no, questo no, i delfini non ci sono più lì a fianco, se sono andati, proprio come i sogni di un bambino neo adolescente di mezza età.



Hai mai provato a raccontare il fuoco?

Bruciano le passioni, bruciano le emozioni, brucia la rabbia, bruciano i sogni, c'è chi dice bruci pure il vino rosso rubino, in calici absolutely di media ampiezza.

Brucia il mare mentre lo guardi da un muretto mangiando gamberetti, sardoncini fritti e battiti di cuore.
Brucia il viaggio di ritorno in autostrada, bruciano gli afrori umidicci di un amore romanticamente irriverente.

Ho visto abitacoli di comode auto diventare incandescenti, letti esplodere e specchi rifletterne le fiamme.
Ho sentito parole farsi carezze e poi abbattersi con la forza di un uragano.
Ho sentito orgogliosi non detti sgretolare dialoghi a cuore aperto che manco Barnard avrebbe fatto meglio (o peggio).

Bruciano i ragazzi e le ragazze, così come bruciano gli uomini e le donne, non tutti con la stessa intensità, non tutti con lo stesso crepitio e non tutti nello stesso momento, fuochi asincroni si potrebbe chiamarli... quelli fuori tempo.

Ho visto pulsioni evaporare nel giro di un niente, dal tramonto all'alba, quasi che il calore sprigionato fosse troppo intenso per superare indenni la notte.
Ho visto fiamme ardere per anni, sotto e sopra la traccia, la traccia del sentimento, la traccia del perché, la traccia del come, ah sì... la traccia del come è la più fetente di tutte, fetentemente ineluttabile o quantomeno autoimmune,  che logora lentamente sotto la gragnuola degli anticorpi del raziocinio.

Brucia il tempo, bruciano gli impazienti travestiti da saggi, bruciano le urla ma sono certo brucino di più certi silenzi.

Ho visto sorrisi ardere per poi spegnersi tra le lacrime, ho visto l'irrazionalità diventare padrona del tempo, coppie scoppiate tra troppi lui-lei-essa-egli.
Ho visto "i bastioni di Orione" di fianco al rudere dell'Hotel Savioli Spiaggia e anche lì faceva un caldo della madonna, il fuoco non risparmia proprio nulla, diteglielo agli umani.

Il fuoco... ah è fantastico il fuoco, è fantastico osservare le fiamme mentre fanno l'amore, ché è così che nascono le scintille.

Ho visto illusi ricercare il calore di quella fantastica volta in altre dieci-cento-mille volte, sarebbe meglio non affannarsi consci del fatto che se tutto fosse unico nulla sarebbe unico.

Giocare con le parole, scaraventandole a caso tra pensieri indecisi, è un po' come accudire le braci di un rogo depresso da troppi però.

Ho visto dandy coi jeans sorseggiare sambuca ghiaccio e mosca come fosse Martini, in locali fuori dal tempo, avvolti dal fumo di un toscano a metà, tra giocatori di ramino e una languida dama al bancone, tutta charme-cervello-perizoma e intensità.

Ho raccontato storie e continuerò a farlo, perché mi diverte dar forma al niente e pur anche al tutto, così... tra una scintilla rabbiosa e un dolce spasimo della mente.