Ma allora la domanda diventa: “Come si fa a sapere se
davvero si ha quello che si vuole?”. Io
non ho la risposta a questo, posso solo dire che una qualche certezza
bisognerebbe pure averla nella vita, sapere quello che si vuole è per lo meno
doveroso. Poi sì è vero, a volte ci si può pure confondere, credi che… e
invece, ma dura poco, massimo sette mesi e mezzo poi ti illucidisci. Se non ti
illucidisci ti demolisci, un po’ com’è capitato a me.
Comunque, dando per assodato che l’obiettivo sia noto ora si
deve decidere se per godere comunque è sufficiente andarci vicino vicino,
oppure arrivarci un pressappoco o anche solo “piuttosto che niente è meglio
piuttosto”.
Resta una quarta alternativa: piuttosto che piuttosto è
meglio niente.
Qualche anno fa partecipai ad un corso di sopravvivenza
bancaria, altra esperienza e altro datore di lavoro ma si era già in una fase
calante dove il clima per i poveri bancari era in cambiamento, ecco allora che fummo invitati a partecipare ad un corso di formazione: “Gestire l’insoddisfazione
del cliente”. Titolo ambizioso ed emblematico dei tempi, a metà strada tra lo
psico-terapeutico e la finanza creativa.
Di quel corso mi è rimasto ciò che ad un certo punto disse il bravo (davvero)
docente di turno: “Il primo modo per gestire l’insoddisfazione per un obiettivo
mancato è cambiare obiettivo!”.
Ora detta così può sembrare una cagata ma a ben pensarci è
una grande verità. Lo so che dopo aver letto il titolo tutti penseranno che io mi
riferisca al rapporto sentimental carnale uomo/donna-donna/uomo,
da quando ho smesso di scrivere di politica mi diverto a raccontare di questo,
manco fossi un sociologo, comunque è così, sono scontato. Oddio, il discorso si
potrebbe pure allargare a tutto il resto
ma dopo entrerebbero in ballo altre questioni, tipo il morire di fame, se ad
esempio piuttosto che fare un lavoro che non ci soddisfa decidessimo di non far nulla, o anche solo se
piuttosto che lavorare, che non deve essere quello che vogliamo, decidessimo di
farci mantenere, ecco in questo caso se
hai del culo un alternativa c’è: puoi sposarti. Ma questa è un’altra storia e
la racconterò solo in presenza del mio avvocato.
Diceva il prof: cambiare obiettivo. Ecco, in teoria dico io
è una gran verità, però c’è un ma, anzi un se. Se l’obiettivo è interscambiabile
allora non è un obiettivo. E’ un’esigenza. Si può aver l’esigenza di stare in
compagnia; di trombare almeno tre volte la settimana, chi c’è c’è non conta, sì
insomma conta poco; si può aver l’esigenza di condividere il quotidiano; si può
aver l’esigenza di trovare il letto caldo, la vasca da bagno pronta con i fiori
di loto, la tavola apparecchiata, di avere il sabato pomeriggio e la domenica
mattina con qualcosa da fare; si può perfino aver paura di invecchiare, di
ammalarsi, di ritrovarsi a mangiare un arrotolato prosciutto e mozzarella la
domenica sera sul trespolo di una barachina di fronte al parco con di fianco un
esercito di accoppiati con tre/quattro bambini a testa che urlano e si
picchiano; si può perfino aver paura di avere paura da soli. E questo è brutto,
basta provarlo una volta solo e ci si accorge che è davvero brutto.
Quindi a fronte di queste esigenze si decide che piuttosto
che niente è meglio piuttosto, che tanto vale andarci vicino e se vicino poi
non si riesce allora va bene anche pressappoco:
va bè magari i fiori di loto son troppo? Van poi bene anche due
margherite! Ok se poi non ci sono le margherite è sufficiente che ci sia l’acqua,
e se è fredda? Va be’, fai presto e ti lavi lo stesso. E se non trombi tre volte
la settimana? Mahh, va poi bene anche tre volte al mese, al limite anche tre
volte l’anno, e se proprio deve essere una disgrazia anche una volta ogni tre
anni. Poi se l’esigenza ce l’hai e l’obiettivo è interscambiabile perché l’importante
è godere, va poi bene anche tre volte l’anno con trentadue persone diverse, che
più o meno sono tre volte la settimana.
Insomma un compromesso lo troviamo sempre.Ma almeno c’è un modo per capire la differenza tra un’ esigenza e un obiettivo? Come lo riconosci? L’obiettivo è quando dici: “Ho voglia di stare con te, cosa dici se andiamo a mangiare una piadina anche se oggi è domenica sera e al parco c’è un casino della madonna perché ci sono 89 bambini che si stanno picchiando e ho visto uno dei genitori legato alla cancellata e tra un po’ è il turno di un altro?”, oppure aggiungi: “Ho voglia di dormire con te, cosa dici se restiamo in macchina perché mi hanno cacciato fuori di casa perché ad un certo punto ho detto che non c’avevo più voglia?”, o ancora: “Ho voglia di fare l’amore con te, è un problema se trombiamo tre volte al giorno per le prossime 28 settimane consecutive e se mi licenziano per scarso rendimento è lo stesso che tanto un altro lavoro lo trovo?”, oppure: “Devo andare a Bologna, ho un appuntamento alle 8.05, sono le 7.55 e sono al casello di Imola, cosa dici se torno subito indietro che se non vengo a darti un bacio in bocca con la lingua impazzisco?!”, e infine: “Ho voglia di sentirti vicino, ma vicino vicino, cosa dici se mi dici che ne hai voglia anche tu anche se non puoi, non potrai, non vuoi, non vorrai per mille se e mille ma e sei a trecentoventicinque km di distanza da me, però giuri che ne hai voglia davvero però non è importante che lo giuri che tanto lo capisco dal tono della voce e dalla luce che hai in quel cavolo di occhi che è vero verissimo???”. E da ultimo: "Ho voglia di sorridere? Dove sei??"
Ecco, questa è la differenza tra un obiettivo e un’esigenza e tra chi si accontenta e gode e chi non si accontenta, gode poco, ma intensamente un bel po’…
E piuttosto che piuttosto è meglio niente? Era la quarta alternativa, esiste, sono in pochi a sopportarla perché si deve avere il coraggio di aver paura da soli, perché l’obiettivo, anche se irrealizzabile, è più forte di tutto il resto, anzi è l’obiettivo che da il senso, quindi non risolvi il problema di trombare tre volte a settimana ma non te ne crucci neanche tanto, perché una volta con l’obiettivo giusto vale almeno trentasei settimane…
“E quelli dell’incastro che dopo tanto tempo si attraggono
per tutta la vita di cui hai parlato in uno dei racconti precedenti?”? Sono
fuori gara. L’ho detto, sono l’eccezione inossidabile, goduti per sempre. Da
non avvicinare salvo pagarne le conseguenze.