La notte non porta consiglio

La notte sarebbe bene dormire, a meno che tu non sia fornaio, perché la notte amplifica ogni pensiero, ogni rumore, ogni problema, ogni preoccupazione, e non c'è affatto bisogno di ingigantire sta roba.
La notte sveglia i ricordi, che arrivano quasi sempre nel momento sbagliato tra l'altro, come le cartelle di Equitalia.
La notte stimola i sogni, che dopo una certa età e certi fatti somigliano più ad una raccolta di occasioni perse, piuttosto che al libro dei vorrei... e quando si dice la prospettiva.
La notte è lunga senza il conforto di TopCrime e Giallo se il digitale terrestre ti abbandona.
La notte è la patria dei "se avessi" e non porta nessun consiglio sensato.
La notte non andrebbe affrontata da soli, ma nemmeno in compagnia di uno "scalda sonno", non serve, soprattutto se dormi poco e sei un tipo caloroso di tuo.
La notte è fatta per l'amore, sudato, agitato oppure solo abbracciato non importa, anche se personalmente, potendo scegliere, preferirei il primo pomeriggio che fa meno scontato e mezza giornata di ferie in camuffa.
La notte è troppo lunga per gli svegli, troppo corta per gli stanchi, troppo buia per i paurosi, troppo luminosa per chi non vuol vedere e troppo notte per tutti gli altri.
La notte secondo me l'ha inventata l'Enel, prima era solo un giorno un po' meno impegnativo.

Riflessioni in attesa che arrivino i giornali

Pensavo, ma perché è così radicata la convinzione che diventare grandi debba accompagnarsi con il diventare noiosi? Sì ripetitivi, forzatamente calmi, spenti, rassegnati al reumatismo, ma non quello artrosico (che non so se scientificamente si dice così ma a me rende l'idea) ma mentale.
Una vita a tappe: l'innocenza, la spensieratezza, l'eccesso tollerato, la forza e poi la noia.
Quasi la noia fosse un punto d'arrivo, diventi grande e devi essere noioso, nell'accezione stanca del termine, sei grande e devi avere la testa a posto, e mai nessuno che dica qual'è il posto giusto.
Nel luogo comune degli spenti si confonde la noia con la saggezza, quasi fossero sinonimi.
Voglio sfatare il mito, si può diventare grandi senza essere noiosi, si può esser saggi senza essere omologati, può calare la vista ma non la voglia di fare, si può essere seri quando serve senza rinunciare ad essere scemi quando non serve essere seri.
I grandi possono sostituire l'ormone calante con la voglia di fare, una faccia seria non è il volto che si dà al senso del dovere.
Conosco uno che da una vita fa tutto quello che deve fare, senza sosta, senza nessuna sosta, ora è grande, ma non è noioso, qualche volta è un po' scemo, ma continua a fare tutto quello che deve fare, inseguendo ugualmente  le proprie passioni che possono essere pure quelle di un adolescente. Non è vietato, giuro!

La barba bianca viene dal freddo

Quasi niente è davvero come sembra, molti recitano una parte, spesso a propria insaputa! 
Che detta così è pure una grande banalità, un po' come i ricordi, non sono quasi mai veri, bensì sono l'apoteosi dell'automediazione, sono finti, passati, edulcorati, depurati da ciò che si vuol dimenticare, arricchiti dal ciò che ci piacerebbe e da quel  raccontare a colori che ogni volta aggiunge qualcosa.
So di persone che son partite con amplessi di una mezz'oretta e alla terza versione già si raccontava di una notte intera. 
Trombate epiche a durata flessibile.
Spesso mi chiedo se tutto quello che ricordiamo sia davvero successo.
Forse è verosimilmente successo.
Così come le convinzioni,  molti sono convinti che "io ne so una più di lui"
, lo dicono, lo fanno capire, ne sono certi, cercano di dimostrarlo, e sono talmente concentrati su questo che finiscono col dimenticarsi quello che erano convinti di sapere.
Si stimano, si stra-stimano, spesso parlano a voce alta per sentirsi meglio, si circondano di mediocri per esaltare il proprio ego. 
In realtà passano la vita a farsi trainare, e magari arrivano pure lontano.
Poi c'è qualche persona vera, poche, io credo di averne incontrate due, ad una sono molto grato, perché è un giusto e in quanto giusto destinato al "meno di quello che vale".
Sono le 00.48, che cazzarola c'entra questo pippone a quest'ora?? 
Niente, però a questo stavo pensando adesso, qui, prima di addormentarmi, potevo scrivere in alternativa della mia barba sempre più bianca, e potevo cercare di spiegare che è così per colpa del freddo, ma sarebbe stato troppo complicato e sì sa, io scrivo per rilassarmi.

IL FASCINO SUPERIORE DELLE CIRCA QUARANTENNI

Postulato: oggi la donna top è la circa-quarantenne. 

Il "circa" sta per "un po' di meno" - "un po' di più", quanto po' dipende, può essere un "po' tanto" o "un po' poco", nessuna regola fissa!

Questo, detto in maniera così decisa, è per replicare seccamente ad una mia fascinosa amica che si colloca in quella fascia e che sostiene invece che lo scettro sia strettamente in mano alle ventenni.

Ora non voglio attirarmi l'ira delle ventenni che non si sa mai, ma questi sono i fatti e non è colpa mia.

Certo serve la base, non è sufficiente avere quarant'anni per avere fascino, tutt'altro! Il fascino è fatto di particolari, e i particolari da un lato sono parte della persona, stanno nel patrimonio genetico, ma dall'altro nascono dall'attenzione.

I particolari genetici sono il modo in cui la quarantenne ti guarda, quello in cui sorride, quella ruga leggera d'espressione che arriva giusto giusto due attimi prima delle labbra, il tono della voce, quel non prendersi troppo sul serio pur avendo la consapevolezza del potenziale, la sensualità quotidiana, e poi la capacità di ascoltarti... ma quanto è affascinante e rara in una donna la capacità di ascoltare??
E particolari che partoriscono fascino sono pure i fianchi appena appena più morbidi, che partono subito dopo una gamba che sa quello che fa ogni volta che si muove! 

Poi ci sono i particolari figli dell'attenzione, e qui gioca l'esperienza e la voglia di essere attente, tipo il modo in cui ci si siede su uno sgabello piazzato lungo uno dei corsi principali della città in una giornata di sole! 
In questo caso l'irruenza delle ventenni, che lo prendono e ci siedono a cavalcioni, si disintegra di fronte alla sicurezza della quarantenne che dice: "scusa... lo sgabello è mio" e lo conquista, non lo occupa!

La quarantenne affascinante è sicura di se, quando cammina per strada o tra le scrivanie in ufficio, magari con quella longuette nera tipica di chi vince senza stravincere (il contrario della minigonna da diciottenne modello "stasera esagerissimo"), lo sa che lui il culo glielo guarderà, ma non perché è un depravato, ma solo perché è uno attento ai particolari che fanno la differenza.

La quarantenne non ha paura, ha le sue debolezze, magari si emoziona, ma non ha paura. 
Se c'è da scappare scappa, senza fuggire però,  accelera il passo; se la domanda è "esci con me questa sera?", la risposta è "dove mi porti?" oppure semplicemente "no!".
Qualcuna si inventa che non può perché i figli di sua sorella festeggiano l'onomastico, in quel caso o deve uscire con l'amante oppure ha la cena del corso di pilates allo Sporting di Milano Marittima e non ha piacere che si sappia! 

La quarantenne affascinante si è ritagliata i suoi spazi che fanno spesso pandan con il tacco 9,5 che porta con la disinvoltura della scarpa d'ufficio; è sicura di se perché non deve dimostrare niente a nessuno, e l'uomo, sempre poverino ricordiamocelo, non va in ansia, lo percepisce e si mette a suo agio, e solitamente pure lui da il meglio di se. 

La quarantenne è disinibita, conosce il proprio corpo e conosce pure quello dell'uomo, e non è arrogante ma solo consapevole, e questo rende la cosa decisamente più interessante.

La quarantenne sa che l'amore esiste, si è innamorata in passato, forse si innamorerà di nuovo in futuro, a volte è innamorata nel durante, però non esagera, non sono tutti cuori-fiori-cioccolatini-peluche e selfie on the web, ma "mi piace stare con te ora, perché mi piace la tua pelle e mi piace quello che dici e come lo dici, e mi fai ridere!" (l'importante è che questa cosa qui da ultimo non venga detta al povero uomo quando nudo si alza da letto per raggiungere il bagno, potrebbe non capirne il senso profondo e rimanerci male - nda).

La donna quarantenne affascinante attenta al particolare non si lascia coinvolgere dal toy boy, per questo non ho una spiegazione scientifico-sociologica ma, se è vero com'è vero tutto quanto detto fino a qui, la soggetta in questione cerca il meglio e il meglio lo può trovare solo nel quarantenne affascinante attento al particolare e un po' paraculo, che non fa massa, fa singolarità! 

I nemici della quarantenne affascinante sono la noia, la convinzione dell'ineluttabilità del quotidiano, i peli sotto le ascelle, la mancanza di complimenti veri detti al momento giusto senza secondi fini, il troppo pensare! 

Sì perché pensare troppo intristisce, e l'intristimento fa venire le rughe cattive e i capelli bianchi, e questo fa passare la voglia di piacersi e di piacere, e di ancheggiare, e di andare in bici con la gonna e gli stivali.

La donna quarantenne affascinante ha solo un difetto, che potrebbe essere pure un'opportunità se vogliamo, è spesso sentimentalmente impegnata, e questa è una complicazione per l'uomo quarantenne affascinante single, che anche lui dal par suo ha solo un difetto, è un po' lento, e questa invece, sempre alle volte, potrebbe essere una complicazione non proprio opportuna!!!

L'uomo abbandonato

Da "vita di #Luì..."

Riassunto: vi ricordate di Agata e Luì? Qualche post fa? No? Sono due tipi, anzi una tipa e un tipo, cercate indietro nel blog o su FB e rileggetevi la storia da soli che i riassunti mi annoiano.

La fuga silenziosa di Agata aveva gettato Luì nello sconforto, e quando Luì è sconfortato diventa pericoloso, soprattutto per se stesso.
Tre giorni erano passati e lo sconforto si era fatto rubrica telefonica passata al setaccio e 25 whats app inviati ad altrettanti numeri.
La percentuale di insuccesso è stata spaventosa: una non poteva uscire perché sabato doveva sposarsi; una non poteva uscire perché non si ricordava chi era Luì, un'altra non sarebbe uscita perché si ricordava troppo bene chi era Luì; quattro non hanno risposto; tre hanno risposto con una parolaccia; una ha risposto con due parolacce; un'altra ha scritto: "ok esco, però questa volta mi sposi"; due: "mi spiace non riesco, stasera esce mio marito"; tre: "scusami stasera no, mio marito non esce".

Non si dovrebbero abbandonare le persone senza dare spiegazioni, ma d'altra parte non si dovrebbe spiegare neppure troppo, il troppo stroppia si sa, e sa pure di alibi. 
Il giusto sarebbe: "Ciao, io vado, non torno più", poi a seconda del perché: "non torno più perché ti amo" - "non torno più perché non ti amo più".
E chi resta non dovrebbe fare domande, dovrebbe prendere atto e tacere, è sufficiente un: "Ciao... ci vediamo in giro, è stato bello"! E soprattutto non si dovrebbe mai aggiungere: "...però mi dispiace, mi dispiace perché ci credevo davvero in noi". 
È la frase più patetica che possa essere detta, fa zerbino da paura, non serve a nulla e fomenta nell'altro/a un sentimento da "fattene una ragione e non cercare di farmi sentire in colpa che già non capisco perché ho aspettato tanto".

Se Agata non fosse fuggita in totale camuffa e Luì avesse avuto l'occasione di parlarle, di certo avrebbe sfoderato tutto il repertorio del perfetto mollusco lessato, uno schifo di uomo fantoccio, poi avrebbe comunque attraversato la fase 25, altrimenti detta "adesso te lo faccio vedere io chi sono!".
Per fortuna Agata gli ha risparmiato questa sceneggiata.

L'uomo innamorato e mollato fa sempre sceneggiate, e passa sempre dal "vado con le prime 18 che mi capitano", per questo ne chiama 25, sa di non essere in grado di raggiungere il cento per cento. 
Alcuni sono costretti a cercarne 47 per ottenere il risultato.
E questa è una delle robe più insoddisfacenti che possano capitare nella vita di un uomo, il sesso fatto così prende la forma del "quando finisce??", e le ragazze stesse fingono l'orgasmo con quindici minuti d'anticipo per fare presto.
Se poi dovesse capitare di risvegliarsi insieme ecco allora che l'uomo innamorato (di un'altra) spiega al mondo che cosa significa "fantasia al potere", si inventa di ogni per andarsene: "Io scappo scusami, devo andare alla laurea di mia figlia" - "Laurea?? Ma come se ha cinque anni?"; "Piccola io vado, oggi mi operano il cane, sono in ritardo"; "Sai darling mi devo alzare, soffro di risveglio precoce!".
Conosco uno che ha chiamato i carabinieri denunciando di essere stato rapito.
La donna lo sa, qualche volta si finge una neo-comprensiva, qualche volta manda a fare in culo, spesso non saluta.

Non ci si dovrebbe innamorare, non ad una certa età, Luì lo sapeva, ad una certa età si diventa troppo sinceri con se stessi per raccontare la verità agli altri, e visto che innamorarsi è essere sinceri, bisogna lasciar stare fin da subito.
E poi ad una certa età si diventa refrattari, refrattari alla novità, vince lo status quo, la tranquillità, e questo soprattutto nelle donne.
I single si crogiolano nella singletudine, gli accoppiati si convincono che la noia della coppia consolidata sia sinonimo di amore maturo, quelli travolti da una storia passata continueranno a farsi travolgere, gli apatici non vivono e giudicano la smania degli altri.

Allora è giusto rinunciare alla felicità per evitare di farsi male? Assolutamente no, non è giusto, però non ci si deve meravigliare se poi si fa del casino, l'importante è non aver paura delle conseguenze. Le conseguenze fanno parte della vita.

Quindi? Quindi non lo so, Non so che cosa succederà a Luì, non so neppure che succederà ad Agata, tutta sola in quel paese silenzioso.

To be continued...





L'uomo tipo non è complicato, è solo un tipo di uomo.

Quando quattro ragazze nella stessa sera ti dicono, quasi accusandoti, “Ma come siete complicati??!!”,  qualche certezza vacilla.

E tu che hai sempre sostenuto il contrario inizi a farti domande, non dovresti ma lo fai.

Ed ecco allora che è bene fissare qualche paletto e fare un po’ di chiarezza.

Facciamo un minimo di premessa, quasi una legenda: semplice non è sempre sinonimo di basico, normale non è una bestemmia anche se fa schifo, è bene distinguere tra medio e banale.

Di chi parlo? Dell’uomo chiaramente. Sì, le quattro ragazze di questo si lamentavano, della complicatezza dell’uomo, quasi un’accusa di “femminizzazione” caratteriale del maschio tipo.

Accusa tra l’altro che sempre più spesso viene gettata sul tavolo, la femminizzazione del sesso ex-forte intendo, e non solo caratteriale, ma anche fisica (l’uomo depilato e botulinizzato), e femminizzazione di tempo (l’uomo che impiega più di trenta minuti per prepararsi prima di uscire), e anche di modi e abitudini (l’uomo che sempre più spesso si siede per fare la pipì), e poi di emozioni (anche gli uomini piangono).

Bene, sappiate che non è vero, l’uomo non è complicato.

Parlo dell’uomo normale è chiaro, del maschio tipo per intenderci, quello sui quaranta e qualcosa, professionalmente attivo, jeans e Tods, camicia e maglioncino oppure giacca e cravatta, capello corto ma non asimmetrico, barba curata ma non troppo anzi quasi al limite della circostanza, circonferenza vita (quella che una volta era la pancia) leggermente accennata ma rassicurante, orologio al polso, che legge almeno un quotidiano al giorno, che dice parolacce ma solo quando è arrabbiato o quando vuole sintetizzare, che ama cenare al ristorante ma crede pure che si possa mangiare a casa senza necessità di imitare ogni volta Carlo Cracco.
Quello che dice buongiorno-grazie-prego, quello a cui piace un sacco guardare le donne, quello a cui piace fare l’amore e qualche volta pure scopare, quello curioso, che ascolta volentieri ma vorrebbe pure intervenire nella conversazione, quello sposato-fidanzato e con l’amante e pure quello single.
L’uomo medio insomma,  quello che fa statistica.

E’ chiaro che se ci spostiamo sull’uomo omologato allora è un’altra cosa, non è complicato neppure lui, ma per altre ragioni.
L’uomo omologato è quello col pantalone corto e le scarpe lucide che poi va a letto col pigiama di flanella quando è solo o col boxer aderente quando è in compagnia, a volte vegano, ama il sushi anche se non l’ha mai assaggiato, si disegna le sopracciglia,  mangia il prosciutto crudo senza grasso, si guarda allo specchio in palestra non per la postura ma per vedere se la maglietta cade sul punto giusto.
L’uomo omologato a volte prende pure la via del politicamente corretto, clarks e pantalone di velluto, giacca non abbinata e barba trasandata con cura, ma poi va a letto pure lui col pigiama di flanella quando è solo e con lo slip anni settanta leggermente sovrabbondante quando è in compagnia.
L’uomo omologato è  sposato-fidanzato e con l’amante e a volte single, in questo cosa non si distingue da quello tipo, diciamo che qui tutto il mondo è paese, cambia forse la tipologia di partner ma poi nemmeno tanto.
L’uomo omologato non fa statistica, fa massa.

Anche l'uomo omologato non è complicato, spiegare il perché è inutile, diciamo solo che non è complicato perché non ha capito che cosa significa essere complicato, l’ha cercato pure su Wikipedia, ha digitato “uomo complicato” ma niente, non si è aperta nessuna pagina e quindi è andato subito in bagno a radersi i peli sotto le ascelle e puoi fuori in piazza a manifestare per la pace nel mondo.
L’uomo tipo invece non è complicato perché è  soltanto logico.
Un logicamente semplice, un lineare a modo suo se proprio vogliamo caratterizzarlo.

L’uomo tipo è curioso di vivere la propria vita, anzi azzarderei una provocazione: l’uomo tipo è un uomo alla ricerca di una felicità strutturata.

Felicità strutturata… che bella cosa. La felicità strutturata è semplice una volta trovata, e quindi l’uomo strutturalmente felice è semplice, e mi ripeto proprio perché voglio dar forza al concetto.

Ma attenzione, ed è forse qui che le quattro ragazze si ingannano nel loro giudizio, essere alla ricerca di una felicità strutturata non significa affatto non complicarsi la vita!!
Anzi, nove volte su dieci l’uomo tipo proprio questo fa: si complica la vita.

Allora amiche mie, datevi e dateci una possibilità, se incontrerete ancora uomini tipo sulla vostra strada non tacciateli di “complicatezza” a prescindere, fermatevi un attimo ad ascoltarli...

E quando vi dicono che non sono pronti perché sono usciti da una storiaccia ma purtroppo la storia non è ancora uscita da loro, magari è vero, non è tanto difficile da capire, è così. Punto.
Due le alternative per voi: avete la voglia e la pazienza di aspettare col rischio di restare deluse? Sì o no, una sola risposta. E’ desolante forse, ma è semplice.

Quando l’uomo tipo vi dice "ti amo", magari lo dice perché le parole sono gratis e gioca questa carta pur di portarvi a letto, ma magari è vero, e questo, per inciso, non toglie che voglia portarvi a letto ugualmente. Però punto, nessun retroscena.
Due le alternative per voi: gli credete o non gli credete, ci finite a letto oppure no, ma non è complicato, è semplice, sì o no. E’ disarmante forse, ma è semplice

Quando l’uomo tipo è arrabbiato e non ve lo dice non ha necessariamente qualcosa da nascondere, magari vuole solo evitare una discussione per una banalità che sul momento gli ha fatto girare le balle ma che passerà dopo due sorsi di Brancamenta. E quando invece l’uomo tipo è arrabbiato e ve lo dice, non vi cerca perchè è un bambino capriccioso incapace di arrangiarsi da solo, magari vuole proprio discutere per qualcosa che davvero ritiene importante. Punto, è tecnicamente umano, non altro.
Due le alternative per voi: vi rendete conto che effettivamente attribuire diversi livelli di importanza ad una stessa cosa non è solo possibile ma pure normale, quindi fomentate la discussione oppure la assecondate, sì o no. E’ pericoloso, ma non è complicato.

Quando un uomo tipo non vi dice subito ma poi diventa meno presente ed infine se ne esce che ha bisogno di una pausa di riflessione, due sono le alternative: ha bisogno di una pausa di riflessione, ha un’altra. Punto, terzo non datur.
Due come sempre le alternative per voi: lo aspettate, accettate l’invito di un altro uomo tipo che vi sta massacrando di messaggini-mail-telefonate e caffè da tre mesi a questa parte strafottendosene dello stato “impegnata” su FB. Sì o no. E’ cinico, ma non è complicato.

Bene, la chiudo qui... così, tranciando, ma consentitemi una cosa ancora, una piccola chiosa per chiarire il concetto: l'uomo tipo non è complicato ma è solo uguale alla donna tipo, una donna che a ben vedere non fa altro che cercare la felicità, anzi diciamo pure una felicità strutturata, che probabilmente questa... ecco...  diciamolo pure, questa sì che con ogni probabilità è un po' più complicata da trovare.
E la donna omologata? La donna omologata è andata a comprare la ceretta per il suo toy boy, ci racconterà un'altra volta.

L'irrequietezza: quell'eterna lotta tra l'ormone, la saggezza e l'età

A chi non è mai capitato di sentirsi dire "sei irrequieto"?? 
A me è successo due giorni fa, e chi me lo ha detto ha pure aggiunto "chi si accontenta gode".
A parte che secondo me chi si accontenta gode poco, più che altro si accontenta e basta, diciamo che godicchia, sì magari sta tranquillo, anzi apparentemente tranquillo, di quella tranquillità un po' insipida però, che necessita di frequenti iniezioni di sapidità perché possa sopravvivere.
Di quella tranquillità agitata soltanto da momenti di colpevole evasione: uno o due tocchi di incoscienza ogni sette giorni. Non solo incoscienza sentimentale si badi, ma anche professionale, e sociale, e relazionale. 
Oppure tutte le cose insieme che fa più figo, del tipo che due volte alla settimana ci si incontra con l'amante (sentimentale), subito dopo l'orario d'ufficio con la scusa del lavoro (professionale), in un luogo pubblico e pieno di gente (relazionale-sociale), così da crearsi un alibi da negatività plausibile ("troppo evidente perché nasconda qualcosa"), che se anche qualcuno dovesse beccarli a limonare potrebbe pure pensare che sono solo troppo amici, quasi al limite "dell'amicissimi" per essere precisi.
Sarebbe molto più grave un bacio in auto in un luogo appartato dopo le 23.00, con le luci spente ed il freno a mano inserito, e con le labbra che si avvicinano solo tre secondi dopo che si è spento il lampione a controllo del movimento sul marciapiede di fianco. 
In questo caso ci sarebbe il dolo, non solo apparente ma proprio specifico.
Ecco questi sono alcuni esempi di "tranquillità agitata salva coppia stabile", molto frequenti in quel periodo della vita in cui l'ormone fa a botte con la saggezza per dimostrare di essere ancora vivo, e fa bene fra l'altro, perché la saggezza fa invecchiare precocemente, quanti ventenni saggi con i capelli già bianchi, è una costante, la saggezza è un po' come l'acqua ossigenata: sbianca. 
L'età manco a dirlo è quella nota, quella che va da subito dopo i quaranta per fermarsi un attimo prima dei cinquantotto (il limite massimo l'ho fissato questa sera, prima non c'era!), solo qualche differenza uomo donna, ma cose di poco conto, la donna "agitata tranquillamente" inizia a 42, quelle in pista già da prima meritano un capitolo a parte, siamo nell'ambito del "killer professionista", un'altra storia.

Comunque, a parte questa digressione involontaria, io sono qui per dire, cara amica mia, che non sono affatto irrequieto, sono solo un "incontentabile", che come definizione non mi piace affatto ma non ho trovato niente di meglio.

E gli incontentabili sono un'altra categoria, sono quelli che cercano non solo il meglio, ma il meglio impossibile, così da essere ben sicuri di non riuscire a trovarlo, tanto da poter continuare ad aeternum nella propria ansimante ricerca!
Mi spiego con due esempi collegati a quello che dicevo prima, così magari si capisce meglio: l'incontentabile, l'amante, oltre a volerla bisettimanale e finalizzata al rompimento della routine quotidiana, la vorrebbe pure follemente innamorata e, assurdo per assurdo, vorrebbe innamorarsi pure lui!
E se poi proprio proprio potessero vedersi solo in auto e solo dopo le 23, con tutte le cautele di cui si è detto sopra modello agente Cia infiltrato nella mafia, va bene, ma finito di "baciarsi" poi si va insieme al Linus a prendere un caffè con affogata una pallina di fior di latte appena uscita dalla mantecatrice.
Questo sono gli incontentabili, dei ricercatori del quasi impossibile, che spesso trovano solo il temporaneamente possibile a dire il vero, l'emozionantissimo a scadenza detto in altri termini... degli utopici del sentimento in sostanza.

E qual'è l'età media di questi personaggi? Dai 40 ai 58 per gli uomini, per le donne inizia un po' dopo... verso i 42!

Riflessioni semiserie sulla finta libertà

E poi c'è chi dice che la solitudine sia il prezzo che si deve pagare alla libertà.
Altri invece sostengono che la libertà sia la scusa per chi è costretto a stare solo, solo per colpa degli eventi, o per via delle responsabilità che lo inseguono, responsabilità talmente ingombranti da togliere spazio a tutto il resto.
Quindi libertà come rifugio, libertà di tacere, di fare, di andare, di non andare, tanto liberi da poter far tutto ciò che si vuole... sì... solo quando non c'è altro che li obblighi ad essere "liberi in consequenza".
E che vuol dire "liberi in consequenza"??
Vuol dire che c'è tempo, ci deve essere tempo, vuol dire che la libertà viene dopo, viene dopo una sequenza di "devi", tipo devi essere e devi fare, e soprattutto dovevi fare e dovevi dire, che è pure peggio... perché oltre alla limitazione della libertà c'è il germe del senso di colpa, quello che poi crescendo diventa "hai sbagliato tutto", e il germe del senso di colpa è costantemente annaffiato dall'egoismo di chi non molla, il padrone delle responsabilità.
E allora ecco che il solo finge di essere libero, e aspetta, così, un po' tutti i giorni, e il tempo passa.
E insieme al tempo passano le persone, passano le situazioni, le opportunità, gli eventi, spesso passano gli amici che saranno pure un po' meno liberi ma, ma certamente lo sono per scelta non per dovere. 
E passano i giorni, gli anni, potrei aggiungere pure le settimane ma farebbe troppo calendario.
E più il tempo passa e più i doveri che hanno reso libero il solo, diventano insopportabili. 
L'ineluttabilità diventa cinismo, aridità, incapacità di innamorarsi, di godere e soprattutto di scegliere.
Insoddisfazione.
Che brutta roba che è l'insoddisfazione negativa, quella figlia della delusione, non quella gioiosa che stimola il riscatto, quella tignosa del "mi sono rotto le balle e succeda un po' quel che vuol succedere".
Consequenza di stati d'animo, via l'uno avanti un altro in rapida successione.
Un po' come quello che ogni nuovo giorno una nuova storia, amanti in sequenza, tutti progenia dell'insoddisfazione, spesso auto-obbligati al ritorno nel porto sicuro della relazione originale, quella stabile, quella un po' meno libera ma più rasserenante.

Ah sì, quanto è solo il libero... ma... ma quanto è poco libero il solo.

Ma te Luì chi sei??

"Luì, scusami  solo una domanda, ma se io ti chiedessi di raccontarti, che cosa mi diresti? Sì insomma, tipo chi sei tu?  Anzi piuttosto chi ti credi di essere? Perché magari chi ti legge da tempo un’idea se l’è fatta, ma qualche dubbio ancora ce l’ha!”

“Ma che domanda è Narratore? Tu mi hai inventato e tu dovresti raccontare chi sono!  Che ne so io, io so che sono nato un giorno che tu eri lì che mangiavi una piadina con le sarde fresche, bevevi un Sangiovese stupefacente e guardavi le gambe lunghissime che ti stavano di fronte, e così all’improvviso hai deciso che dovevo essere io a raccontare la tua storia fantastica che stava prendendo una bruttissima piega. 
Ed è stato allora che hai iniziato a scrivere di me, della mia vita, del mio caos, delle mie fissazioni, dei miei clichè, dell’attrazione noiosa per il capello lungo e moro   le gambe col tacco - e i caratteri spigolosi.
E per farlo hai coinvolto un sacco di persone che se ne stavano belle tranquille per i fatti loro, come la povera Agata ad esempio, che davvero si è appena fidanzata dopo tutto quel tempo a starmi appresso e tu a romperle le balle!
E la ragazza del disastro, quello che si rinnovava ogni giorno dalle 13.30 alle 14.45 festivi esclusi, la donna che ha elevato la pausa pranzo a incontro con il sublime e che è stata una delle responsabili di tutto questo. 
E Sofia, solo lei ci mancava, Sofia che mi ha fatto impazzire pure il navigatore con il suo profumo e il suo sapore, proprio quando credevo di aver trovato la strada giusta.... e ancora oggi il navigatore è lì che la cerca… 
No, non lo so se ti so rispondere, non so se sono capace di raccontarmi davvero.
E se proprio tu dovessi insistere,  se proprio mi costringessi a definirmi…. ecco allora  ti direi che sono un anarchico del sentimento (oltre che un abusivo); un liberale della relazione a senso unico – il mio; un cantore della coppia che al comodo della banalità preferisce comunque la scomodità della singoltudine.
Sono uno che a vent’anni era molto più bravo-razionale-coscienzioso che a quaranta, pure un po’ più coglione forse, anzi diciamo imbranato che forse sta meglio, ma questo è per entrare nel fino.
Sono uno che quando fa, fa davvero, altrimenti disfa, e te ne accorgi subito.
Sono uno che è bravo a sparire quasi quanto è bravo ad essere presentissimo.
Sono uno che si invaghisce del difficile, cerca l’impossibile, adora la conquista, e al tempo stesso si lascia conquistare dalla semplicità di una tuta con le scarpe da ginnastica che cammina alle sette e trentadue del mattino, portata però con l’eleganza tipica del nonchalance. “

“E bravo Luì, direi quasi perfetto, ma consentimi ancora una roba, una domanda così che credo tu sia preparato, ma secondo te Luì… l’amore? Luì l’amore esiste??!!”

“Allora sei scemo Narratore?! Ma che razza di cosa mi chiedi? E poi a me, uno che non è riuscito a cucire una storia neanche per finta!
Non lo so Narratore, io a una cosa così non posso che dare una risposta ad occhio, ti direi a sentimento ma sarebbe già un mettere le mani avanti per anticipare la conclusione.
Io allora ad occhio ti rispondo, e rispondendo ti dico che secondo me l’amore esiste, ho impostato la frase in modo infantile proprio per dare l’idea dell’assenza di basi scientifiche in quello che dico.
Sono convinto che ne esista un tot nella vita di ciascuno di noi, a volte due tot, c’è chi dice che si possa pure arrivare a tre tot, ed io, per quanto mi riguarda  e per inciso, credo di essere arrivato molto vicino all'essermi giocato quasi tutti i tot.
L’amore esiste, a volte arriva all’improvviso, così,  poi se ne va e ritorna in maniera più meditata, l’amore che ritorna è comunque quasi sempre un bluff o una comodità semi-senile.
L’amore è cinico, sì perché capita sovente che di fianco a due felicemente innamorati si trascini un terzo distrutto che ogni santo giorno che Cupido lancia sulla terra, delegato da Dio in persona,  pranzi col Prozac sorseggiando l’Amaro Medicinale Giuliani, e il cinico sta nei due che giustamente manco si accorgono del depresso, non è affar loro, o almeno non lo è più, ci penserà qualcun altro.
L’amore esiste come esiste il cioccolato, e proprio come il cioccolato ha un sapore dolce e forte, te ne accorgi lasciandolo scivolare sulla parte posteriore della lingua,  ma come il cioccolato si scioglie facilmente, ed allora ecco l’amore sciolto, il pallido ricordo della tavoletta a due strati che era, meglio mangiarlo tutto subito finché ce n’è! Sì perché non bisogna mai star lì a risparmiare sull'amore, fa male, fa vecchio, fa triste, fa matrimonio comodo d'interesse!! E per dinci... siam quarantenni!!!"

“mmmh..”

“Cosa mmmh Narratore??”

“Mmmh così, pensavo…”

“A cosa Narratore?”

“A te Luì, pensavo che sei un tipo singolare. Per fortuna….”

"Non sono più capace di innamorarmi", considerazioni sul tema.

Si parte sempre da una domanda, una roba tipo: “Ma perché non sono più capace di innamorarmi??”

Per rispondere responsabilmente  ad un quesito del genere servirebbe un pizzico di romanticismo, un tot di salvifico cinismo  ed una tonnellata di ironia. Perché altrimenti si rischia di cadere nella noia, tipo gli editoriali domenicali di Eugenio Scalfari; e non si colgono le sfumature poi,  sì perché ai troppo romantici sfuggono i dettagli, e i dettagli altro non sono che  sfumature con i sottotitoli, e finisce che ci  si scrive addosso, e lo si fa con quell’ inchiostro  rosso alla melassa, tutti "luna piena che si tuffa nel mare" e "cioccolatini a forma di cuore", convinti che il mondo giri intorno a San Valentino. Ed è così ogni volta che si innamorano, i romantici intendo,  e gli capita spesso per inciso, tipo centoventicinque volte nel corso della vita.

Ma provare a rispondere è necessario, ci tengo, perché mi incuriosisce capire come mai a qualcuno capita ad un certo punto di accorgersi di “non sono più capace di innamorarmi”.

E ci tengo ancora di più proprio ora, alle 23.35,  che mentre sono qui al PC con la finestra aperta, ironia della sorte, ho sentito una donna che salendo sull’auto parcheggiata di fronte ha detto al suo ragazzo (non è sposata, si capiva dalla voce): “Andiamo a Brisighella a vedere la luna?”.  E devo capire, devo capire se mi ricapiterà un giorno di avere di nuovo voglia di farmi una domanda diversa da: “Scusa… ma a Faenza la luna non c’è?”.

Per prima cosa c’è da dire che se è vero “non sono capace” allora vuol dire che comunque sia si può imparare, e se è vero anche  “non sono più capace” allora vuol dire pure che un tempo lo si sapeva fare. E questo è un dato da tener presente, perché forse esistono dei corsi di recupero, oppure uno si mette lì, si applica e impara da solo da bravo autodidatta del sentimento ritrovato. Ma questo attiene al come fare per smettere, qui dobbiamo parlare del perché!   

Un’amica mi ha detto che la causa prima sta nel ripeterselo troppe volte: “E smettila di volerti autoconvincere di questa cosa!! Non sono capace, non sono capace, non sono capace, va bene che repetita iuvant, ma qui iuvant davvero poco”.

Un’altra amica invece mi ha suggerito di non dirlo ad una ragazza in occasione del primo appuntamento, dice che può risultare antipatico: “Ciao sono Luì, ho quarantadue anni, i capelli, porto spesso i jeans, lavoro, e non sono più capace di innamorarmi!”. Che io non capisco davvero il perché, le donne sempre si lamentano che gli uomini non sono sinceri, che pur di raggiungere il loro sporco obiettivo fingono di essere quello che non sono, che “non c’è nessun problema, tu dimmi quello che devo fare e io lo faccio, dimmi quello che devo dire e io lo dico,  però dopo, con comodo ma non troppo, me la dai”, e quando invece uno dice la verità questa si offende pure.

Che se a me una ragazza dice una cosa del genere mi scatta subito la sfida dentro e “adesso vediamo se è vero che non sei più capace”, e mi sale l’adrenalina, sparisce l’ansia da prestazione che neanche lo zenzero, e mi sento Usain Bolt… va bè facciamo Pietro Mennea, anzi va… facciamo Teodoro Brambilla, comunque insomma…  mi impegno e faccio tutto quello che posso per farle cambiare idea.

Tuttavia al di là di queste considerazioni tipicamente  femminili, Io credo invece che un vero perché non ci sia, la cosa più simile alla verità assoluta che mi viene in mente è che semplicemente ci si abitua a non essere innamorati.

Le delusioni;  l’età che fa selezione e si diventa più esigenti - che questo è tutto da dimostrare tra l’altro; la paura di buttarsi per non soffrire di nuovo - che questa è la scusa preferita dall’uomo che punta solo al suo sporco obiettivo, così come della donna che vuole solo farsi due settimane di sesso spinto ma tenta di dare l’impressione di una falsissima profondità d’animo tipica delle epigoni di Venere!
E ancora la paura delle responsabilità – e qui invece siamo nel campo delle accuse di chi non si capacità del perché la storia non esploda immediatamente in un  “Nove Settimane e mezzo” tutto miele e tendine per poi planare la decima settimana direttamente in un rassicurante “Flamingo Road”; e poi ancora lo stress del quotidiano che uccide il sentimento o il rapporto difficile e conflittuale con i genitori – elementi tipici invece dell’analisi socio-psicologica di stampo freudiano.

E possiamo trovare altre mille giustificazioni che puzzano di scusa rancida lontano un kilometro, quando la realtà invece è che non si è più capaci di innamorarsi perché ci si abitua a non esserlo.

Si abituano i single e si abituano gli accoppiati, detto in altro modo si abituano i liberi e  anche gli impegnati!
Eh sì, pure loro si abituano, perché coppia non è certo sinonimo di amore profondo, esistono per fortuna coppie furiosamente innamorate, ma anche coppie che semplicemente lo sono state, una volta, tanto tempo fa;  così come coppie che “innamorati non lo siamo stati mai”, nemmeno all’inizio, nemmeno per un attimo.
Ed esistono coppie che “non lo sappiamo  se siamo  innamorati”, nel dubbio si abituano a non esserlo, e magari riescono pure ad andare d’accordo, con la complicità di distrazioni comuni, nel senso che entrambi sono distratti da altro, nello stesso momento ma in luoghi e con persone diverse, insomma si fanno tutti e due un amante stabile che rende la vita più piacevole i feriali dalle 12.30 alle 14.30 e qualche volta pure il sabato pomeriggio nell’intorno delle 15.   

E per chiudere, che sto obiettivamente iniziando a rompere le balle al povero lettore, l’ultima domanda:  “C’è qualche possibilità per l’abituato disinnamorato?”.

Mah…., in tutta sincerità devo dire che non lo so… forse me la potrei cavare con un dipende, che dipende fa sempre figo, da l’idea di "quello che la sa lunga", e poi il dipende lascia sempre una via d’uscita, la porta aperta del dipende, ed allora: “Sì c’è qualche possibilità per il disinnamorato abituato, però… però dipende!”.

E qui vedete un po’ voi, facciamo che dipende da quello che vi pare, io dipende da un sacco di cose, da un profumo ad esempio, da uno sguardo, dal lavoro che fa e pure dal lavoro che non fa, dalla voglia di libertà e dal senso di responsabilità, dal tacco 12, dalla tagliata al sangue, dal se mi lascio spettinare i capelli volentieri oppure no, da quanto sono lunghe le gambe, da quanto carattere ha, dal sapore, dipende da quanto sorride e da quanto si prende sul serio, e soprattutto dipende dal fatto che all’improvviso accade che le abitudini iniziano a starmi strette, così…, tutte… e tutte ad un tratto, senza aver nemmeno il tempo di rendermene conto.
Ecco, da questo dipende!

Le storie confuse stanno appese agli specchietti

“Ma  lo sai che hai davvero un brutto carattere?? Anzi, lasciatelo dire, hai  un carattere davvero di merda!”

“Ah sì?! Così mi dici? Questo po’ po’ di accusa mi lanci? Solo perché sono irrequieto, insoddisfatto, arrabbiato,  volubile, poco diplomatico, gentile per finta e comprensivo per interesse, col TSH Reflex alterato, che prima ti dico non cercarmi, poi cercami, poi è meglio se mi lasci stare, guarda anzi è meglio se ti lascio stare io, o forse è proprio meglio se ci lasciamo stare a vicenda, ma se non mi chiami ci rimango male, però se mi chiami allora non rispetti il mio spazio e non mi ascolti, però chiamami per favore…. che ne sento il bisogno…  e se non lo fai per forza che mi arrabbio….??? Ecco solo per questo sostieni che il mio carattere sia brutto???“

E pensare che si erano tanto baciati, lingua a go go all’ombra del navigatore e sguardi profondamente sorridenti quando si salutavano, come si fossero conosciuti da sempre e non da dieci minuti, l’esatto contrario di certi “arrivederci amore” scambiati dopo una vita passata insieme, che sanno di muffa e rancore lontano un miglio.

E invece loro no, loro un caldo sudato della madonna, che Luì quando rientrava a casa era costretto a farsi due docce, una subito ed una subito dopo essersi svestito, e per quanto tentasse non riusciva a lavarsi di dosso quel senso di profonda e immotivata soddisfazione che tanto lo sconcertava, e ora? Ora recriminazioni e accuse come nella peggiore delle saghe.
I rapporti confusi fanno male, questo è un dato di fatto, esaltano ma fanno male, e sì ok, per chi cerca l’emozione sono un toccasana, sono il sale, e pure lo zucchero, e senza emozioni e confusione non si vive, o si vive per finta, però fanno male credete a me.
Sì ci sono amiche che mi raccontano di quanto può essere nemica dell’amore l’abitudine consolidata di sapersi l’uno a fianco dell’altra, e hanno ragione, hanno ragione perchè spesso la tranquillità diventa ripetitività nei gesti trasformandosi in silenziosa disattenzione, distrazione, routine, tg e sciacquone del wc che parte senza ritegno anche quando si parla di vita.

E il dramma è quando ci si accorge che capita molto più spesso di tirare lo sciacquone che parlare di vita.
Poi certo c’è confusione e confusione, sono d’accordo, prendete Luì, lui nella sua testardaggine è un confuso a prescindere, per questo si affida al navigatore, cerca la via.
Solo Agata lo capisce davvero e a volte lo lascia solo.

Ah sì ecco, si erano tanto baciati e ora lei decide di lasciargli  le sue cose appese allo specchietto dell’auto nel più squallido dei parcheggi, che roba, chissà se lo farà davvero? Intanto Luì per non correre rischi ha cambiato parcheggio e tra poco affitterà un garage, e comunque meglio la Dorina del mio libro quasi preferito che rispedisce lo spazzolino con le Poste, almeno resta quel sottofondo drammaticamente poetico, lo specchietto nel parcheggio è davvero: “guarda, non mi sei piaciuto per niente, puzzavi pure, ora lo hai capito!!??”
Per fortuna che poi  lei gli ha raccontato che ha provato diverse volte a cancellare il suo numero dal cellulare ma questo poi riappariva sotto altre spoglie, ecco allora lì a capito che indipendentemente dallo specchietto, indipendentemente dal silenzio forzato, beh in fondo in fondo non si era poi sbagliato, qualcosa era successo davvero e così ha deciso di non darsi all'alcool.

I rapporti confusi lasciano il segno, questo è un dato di fatto, perché san far tutti a far finta di lasciarsi cadere nelle storie facili e durature, ma è a farsi travolgere dal complicato che ci vogliono le palle. E Sofia pare ne sia parecchio dotata, anche se le nasconde con attenzione, di Luì già si sapeva, e questo lo si doveva capire fin da subito, almeno io l’ho capito, voi non so, spero l’abbiate almeno immaginato.

“Ciao Agata, andiamo a correre domani?”
“Luì, la settimana scorsa mi sono fidanzata, e lui è molto geloso, non è che posso raggiungerti ogni volta all'improvviso. 
Comunque ... comunque va bene, andiamo a correre, la sua gelosia sta iniziando a soffocarmi, ho bisogno di aria!!"

Lo spazzolino da denti non si restituisce mai

Lo dovevi sapere subito... così ho scritto qualche pagina fa.

Effettivamente la fine del libro lo aveva spiazzato, il dentifricio e lo spazzolino no, non glieli doveva rispedire, in fondo era terminata la loro storia d'amore clandestina ma se per caso al povero Livio fosse scappato di doversi lavare i denti da quelle parti?!

E dire che Luì l'ha sempre sostenuto: "Dopo... amici mai!".
Al massimo conoscenti, un ciao di circostanza, un come stai disinteressato, tempo richiesto dall'incontro che segue la fine della relazione: "quattro minuti compresi i preliminari e i denti non te li lavi più da me".
Ok ci sta sempre una sveltina lacrime e rimpianti, ma dopo non ci si deve sorridere nemmeno un po', al massimo uno sguardo malinconico alla John Belushi, whisky e occhio perso nell'oblio.
Non si può essere amici di chi ti ha visto nudo e pure particolarmente da vicino, un post coitus interruptus presuppone un minimo di risentimento, l'amore finito deve fare rumore da qualche parte, quindi niente slanci al sapore di "ti vorrò sempre bene qualunque cosa succeda", è una puttanata atomica.
Una roba che si dice perché fa politicamente corretto, ma fa pure vomitare.
Comunque, tutto questo premesso, è vero pure che i pezzi di vita non si restituiscono, va bene riconsegnarsi i regali preziosi, dividere il conto in banca, la casa, l'auto, e le ferie con i bambini,  ma mai ridare lo spazzolino, l'accappatoio, oppure il perizoma che lui gli ha sequestrato quella sera che giocavano a "you porn anche tu" sulla spiaggia di Rimini.
Restituire lo spazzolino è un po' come dire "ti schifo, e un po' ti schifavo anche prima quando schizzavi lo specchio del bagno", fa brutto.
Così come restituire il perizoma, fa maleducato, sembra tu le abbia fatto un favore a conservarlo ma "finalmente te lo ridó chè  ho paura mi si possanno attaccare le piattole". 

Luì ad esempio non è più amico di nessuna, a parte Agata che lo sopporta da una vita e non si capisce il perché, però conserva  gelosamente la paletta di plastica del primo gelato comprato insieme, una scarpa tacco dodici spaiata, una Big Babol usata poco, il badge di quella sera che lei era di servizio, un libro bruttissimo con una dedica bellissima, una foto, un pezzetto di cuore.
Ah certo.... pure un perizoma, ma c'è solo un problema, non si ricorda di chi è, un po' come i boxer usati che la Sda Express Courier gli ha riconsegnato ieri, carini eh, nero gessati, c'era anche un bigliettino, firmato Leila, la sua ultima ex, "ti vorró sempre bene qualunque cosa succeda", qui il problema è un altro però, quei boxer non erano suoi. 
Che si sia confuso il corriere??


La prossima volta però....

"Ma tu poi avevi delle strane idee in testa?"

"No... Assolutamente! No, io sono partito che avevo solo voglia di andare, mica pensavo a cosa poteva succedere, come e perché. 
Non pensavo, avevo solo fretta, e il navigatore invece che stava lì ad insistere ... Svolta a destra, fra 300 metri svolta a destra, ora svolta a destra... e si è pure spazientito, sì perché io odio tutti questi che insistono nel dirmi cosa devo fare, e quindi non l'ho ascoltato e sono andato dritto, così dritto che a momenti stiravo una ragazzina in bicicletta che non so perché se ne stava in giro a quell'ora tarda.
Comunque ce l'ho fatta e sono arrivato, ho impiegato 10 minuti, non di più!"

"E poi? Poi che è successo? Cosa le hai detto?"

"Mah, ho detto ... sono qui ... che come cosa ora che ci penso non è molto originale, ma lì ero e lì volevo essere"

"E lei? Cos'ha detto lei??"

"Lei ha detto ... non so se ti faccio entrare..."

"Noooo! E tu? Tu cos'hai fatto?"

"Ho abbassato il finestrino e ho detto ... se vuoi parliamo da qui... Poi lei mi ha fatto entrare!"

E quando sei dentro possono succedere un sacco di cose, quasi un'esagerazione di cose ...
La prima comunque è che può non succedere niente, niente di nulla, silenzio, imbarazzo, un bicchier d'acqua, dieci minuti e ciao, ci vediamo alle Cicogne fra tre anni; la seconda è che può succedere che lui ci prova e lei lo uccide, stesso risultato, solo che alle Cicogne non si rivedranno mai; la terza è che può succedere che lui la guarda negli occhi mentre lei parla, e sorride, e ascolta, e il tempo passa e lui non se ne accorge e lei neppure, il finestrino dell'auto è ancora abbassato e il navigatore: " ...rientra..., fra tre minuti rientra...".
Quest'ultimo caso è pericoloso, una rogna direi.
Sì perché se lui ha voglia perfino di ascoltarla con attenzione alle due di notte, beh allora magari subito dopo gli viene pure voglia di baciarla.
E voglia di baciarla è grave, pericoloso per l'appunto, perché non ho detto due botte, ho detto baciarla, e aver voglia di baciarla  vuol dire aver voglia di sentirne il sapore, l'odore, i brividi.

"E l'hai baciata Luì?"

"No..."

"Ahh... e perché?"

"Mah... primo perché sono un pollo, poi perché non si può fare sempre tutto quello che passa per la testa, poi perché io sono timido e lei forse mena, e poi perché magari mi sarebbe pure piaciuto, e magari sarebbe piaciuto anche a lei, e a quel punto sarebbe stata la fine, da grave sarebbe diventato gravissimo..."

"Luì e da quando tu hai paura del gravissimo??"

"Eh... bello, è vero... io non ho paura del gravissimo... il gravissimo al massimo a me mi commuove... Sai cosa? La prossima volta la bacio..."

La notte bisognerebbe starsene a letto, e se invece si decide proprio di andare bisogna usare la testa e basta, uscire con una maglietta e non in camicia e soprattutto ascoltare il navigatore.
Sì perché se il navigatore ti dice svolta a destra un motivo c'è, e quando si guida inutile star lì a pensare a lei che sorride, si deve guardare la strada e svoltare a destra.
 
"E quando te ne sei andato Luì, lei che ha detto??"

"Ha detto buonanotte, e per favore non tornare.." 
 
"Noooo!?! E tu?"

"Io ho detto buonanotte a te, ho voglia di rivederti, ci sentiamo domani..."

"Ahh, arrogante, e il navigatore??"

"Il navigatore ha detto ...svolta a destra, fra 300 metri svolta a destra, ora svolta a destra, oppure... senti a me...  fai un po' quel cazzo che ti pare... come al solito, la prossima volta però... Baciala!"


Il PRINCIPE AZZURRO NON PORTA LE PALLADIUM

Non fatevi ingannare dal titolo, le Palladium non c’entrano quasi nulla, è solo un modo per fare pubblicità pro domo mia che non si sa mai che c’è una ragazza che le adora, si incuriosisce, ci crede e mi chiede il numero di telefono.

Comunque il punto non è questo, il punto è un altro, è successo che qualche ora fa una donna, una di quelle che potenzialmente potrebbero avere un 10 su 12 (per i dettagli di questa cosa vi rimando al mio dodecalogo di qualche mese fa – nda) , mi dice più o meno così:“…credo ancora nel principe azzurro… e se mi dovesse capitare di incontralo, anche solo tra le pagine di un libro … io perderei il contatto con l’intorno…. e pensa potrei pure credere nel lieto fine”.

Fantastico, dopo “perdere il contatto con l’intorno” è arrivata a 10,5 su 12, e dopo “il lieto fine” ha raggiunto gli 11 su 12.

Però ahimè devo deluderla, il principe azzurro non esiste, e lo dico nonostante io stia indossando una calzamaglia blu, un corpettino dorato, una corona d’argento ed una spada d’oro, e il tutto solo per calarmi nella parte!

Il principe azzurro non esiste, non esiste perché sarebbe troppo facile, pensate a questo giovinotto
d’altri tempi proiettato ai giorni nostri, sarebbe certo bello slanciato, aitante, ricco, potente, moderno, una bella macchina, un padre che sa sempre tutto lui, il sorriso splendente, il look giusto, generoso, intelligente, presente quando serve e assente quando non serve, premuroso, molto premuroso, passionale… no anzi..., passionale no, passionale meno, uno così non è passionale, è pulito magari, ecco pulito sì, ma non passionale…
Comunque, torniamo sul pezzo, uno così sarebbe una favola ma, e dico MA, con un enorme difetto: sarebbe un “banalmente noioso”, un facile in altre parole.
E i facili, si sa, non vanno.
Si è così, non vanno…, la storia racconta di uomini facili, e io posso aggiungere di aver conosciuto personalmente anche qualche donna facile (che detta così fa un po’ puttaniere, ma qui facile sta per “non complicata” e non la si deve confondere con il più gettonato “generosa”!), che al di là del genere era tutto perfetto, non una sbavatura, non un difetto, non un rumorino fuori posto, non una sera fuori a vedere la partita, l’uscita con le amiche massimo due volte al mese, non una volta che lui non fosse comprensivo, non una volta che lei non fosse dolce e, nonostante tutto questo, lui che si chiedeva: “ma perché diavolo non riesco a… no, ecco, non riesco a… tipo.. sì insomma non ce la faccio che… uffa!!”;e lei che spesso si trova a pensare: “amici, stiamo diventando amici, lo sento, è il mio migliore amico, gli voglio bene… se perdessi la testa per un altro a lui andrei a chiedere consiglio su come fare!”.
E lui che inizia a distrarsi per un'altra lei e lei che inizia a pensare ad un altro lui, magari un po' meno azzurro e pure un po' meno principe.

Ecco questo è il destino dei principi azzurri e delle principesse rosa: perdersi in facili storie già finite sul nascere. Solo questione di tempo.

Sì lo so, ora i ben-pensanti diranno che sono un cinico qualunquista, e aggiungeranno “tu e il tuo amico Luì cazzeggiate, siete dei delusi che vedete tutto negativo, le storie azzurre esistono!!“ E poi chioserebbero con un “Confondi l’innamoramento con l’amore, la passione con l’amore, l’ormone con l’amore… il letto con l’amore, il cofano della macchina con l’amore, non può essere tutto come all’inizio, le cose cambiano, si matura, ci si evolve…”, e tutta una serie di scemenze del genere.

La passione da sola non è amore, è vero, ma l’amore è certamente passione....

“Agata ma quante volte hai fatto l’amore con il tuo ragazzo nell’ultimo mese?”

“Luì ma sei invadente! Ma.. non so, non ricordo, credo, cinque volte, fammi pensare… allora… lunedì 16, sabato 21, mercoledì 25 e domenica 29, il 29 due volte, dalle 22.30 alle 23.15, dopo ho fatto la doccia. E tu Luì quante volte, ora tocca a te?!”

“Io? Ah io mi ricordo perfettamente Agata, l’ho fatto ogni volta che ne abbiamo avuto voglia… una volta era un giorno che lei è arrivata ed era bellissima e profumava di buono; e poi un’altra volta che lei mi è saltata addosso in cucina mentre preparavo la cena; poi quel giorno a pranzo che la sono andata a prendere all’uscita del lavoro, e ci siamo infilati in auto nel primo filare di fianco ad un campo, con una mucca che ci guardava dal finestrino; poi due volte nella vasca da bagno, una nella nostra ed una a casa di amici che in salotto c’era un gran casino e non ci sembrava il caso; e poi una sera che io ero triste perché era stata una giornata molto difficile ma fingevo di essere felice, e lei mi ha abbracciato sul divano e mi ha chiesto di addormentarmi sulle sue ginocchia, che la giornata sempre difficile è rimasta ma io non ero più triste! E poi anche quella volta che ci siamo incazzati come le bestie e siamo rimasti con il muso tre giorni senza rivolgerci la parola”.

Capito la differenza??
Agata è innamorata del principe azzurro, Luì è innamorato di…. di… di adesso non lo so come si chiama ma è innamorato; Agata tra qualche mese sarà single per poi innamorarsi di un nuovo principino, Luì tra qualche decennio sarà con il lieto fine; Agata porta le ballerine, Luì porta le Palladium.
E il principe azzurro di Agata svanirà semplicemente perché non è mai esistito, non era un principe era uno che voleva fare il fidanzato, voleva il lunedì, il giovedì, la domenica e voleva pure la macchina pulita, e vicino alla mucca non si tromba e in bagno a casa di amici non si va, in cambio dava comprensione, perfezione, un tono sempre pacato e rassicurante, faceva regali e sorprese, ma non dava la smania.... non dava quel tutto all’improvviso o quel niente se necessario.

Ecco allora amica mia che a volte “perdi il contatto con l’intorno”, lascia stare i principi azzurri che sono noiosi, cerca il lieto fine, se la strada per arrivarci è tortuosa, costellata da mucche al pascolo, da errori, da un po’ di orgoglio, da “ma che cazzarola devo fare?”, non fa niente, chissenefrega, continua a seguire l'istinto che è più profumato e lascia stare la ragione e soprattutto ascolta me che lo so, che conosco molto bene quell’esperto di Luì, che non ne azzecca una ma certo non si annoia, perché Luì, testardo, fugge ogni compromesso con se stesso e pure con gli altri se necessario!!

Quelli dell'amore a metà

E sei in bagno che ti stai preparando, senti l’adrenalina che sale, la doccia veloce, insisti solo sull’ascella e sull’intimo che va bene essere macho ma non vuoi essere eccessivo, il telo di tela che fa vintage per asciugarsi, Breeze man per deodorarsi  (una garanzia dal 1962), il regola barba a 2,5 per stare giusto due millimetri sotto il trasandato, e ti pettini. 
E qui stai già pregustando la serata, la doccia l’hai fatta senza pensare, mentre ti pettini invece sei già proiettato a quando lei uscirà di casa e dovrai baciarla delicatamente sulle labbra guardandola negli occhi, non il culo, gli occhi, è importante.
E allora a seconda dello stile ci si butta sul gel, sulla crema fissante oppure semplicemente su asciugacapelli e spazzola.

Ora non insisteró eccessivamente sul resto, solo un breve cenno a quella che è la meticolosa scelta dell’abbigliamento, si perché il maschio pseudo-innamorato sceglie con cura l’abbigliamento, cerca di fare attenzione, "la camicia azzurra o bianca" e "sotto o sopra il pantalone" sono i suoi dubbi amletici, mentalmente cerca di figurarsi lei di fianco a lui e si chiede che cosa farà pendant con le sue bellissime gambe, poi solo una certezza: il mocassino. Sì ché il maschio pseudo-innamorato vuole essere veloce e il mocassino è certo la scarpa più veloce da togliere.
Ho già usato un paio di volte la definizione pseudo-innamorato, che decontestualizzata può pure sembrare brutta, un tantino cinica se vogliamo, ma è semplicemente una nota d’autore, cioè mia in pratica, io lo pseudo-innamorato lo uso per quel soggetto di genere maschile, ma sempre più spesso anche femminile,  che oggi è sicuro di esserlo – innamorato intendo – ma fra due giorni un pò meno, e se non fosse inebriato dai vapori profumati del Breeze forse anche sull’oggi potrebbe avere qualche dubbio.

Lei esce di casa, e lui “ciao, sei bellissima questa sera...” e la bacia dolcemente sulle labbra.... ma le guarda il culo, e lei “anche tu sei molto bello, mi piace il mocassino e pure la camicia azzurra fuori dal pantalone.. hai gusto”, e mentre lo dice pure lei gli guarda il culo.
Che strane le coppie, due ore di preparativi, tre giorni di messaggi per fissare l'appuntamento, dettagli, gel, asciugacapelli, profumi, deodoranti, sapone, cuore che batte, accelleratore a tavoletta  in circonvallazione per non fare tardi, “non vedo l’ora di vederla/vederlo"e poi tutto si risolve in due che si guardano il culo a vicenda. Dovrebbe far riflettere questa cosa.

Ecco comunque l’inizio è sempre così, poi c’è la cena, poi c’è il raccontarsi la propria giornata o la propria vita a seconda che sia la terza o la prima volta che ci si vede. Sì perchè la prima volta ci si racconta la vita, c’è fretta di arrivare all’intesa; la terza volta invece ci si racconta che cos’è successo durante il giorno, perché poi queste vite tanto affascinanti da farsi raccontare per ore e ore e ore mica sono così frequenti.
La quarta volta invece scatta l’amore a metà, non è la certezza, non siamo all’inciso sulla roccia sia chiaro, è solo probabilità  statistica:  in una curva di Gauss la locuzione  “l’amore a metà inizia la 4^ volta”,  sta al vertice della campana. E’ un tendere all’amore a metà, sono le forze occulte che spingono in quella direzione.

L’amore a metà partorisce spesso unioni durature e tristi o semplicemente finto-felici, convivenze, matrimoni, figli, apatia, lavatrici dalle 23 alle 23.45, le feste a scuola, le vacanze al mare, le notti insonni, l’insoddisfazione, problemi piccolissimi che appaiono insormontabili, la seconda casa, il mutuo, la routine,  tradimenti occasionali, amanti stabili, stabili tradimenti occasionali, le otto in ufficio, le otto in ufficio con l’amante, l’analista, le partite a calcetto a cinquant’anni, la pancia flaccida, la noia, il rumore dei capelli che cadono, il “tanto cosa vuoi, poi si diventa vecchi…”.
L’amore a metà è il contrario dell’amore in effetti, il problema è che gli innamorati a metà non se ne rendono conto, si convincono che deve essere così, vivono la coppia semplicemente come l’antidoto alla solitudine.  L’inevitabilità dell’amore a metà.

L’amore a metà è contagioso, peggio di un virus, colpisce prevalentemente dai 35anni  a seguire ed è inversamente proporzionale all’ormone. Sì perché l’ormone abbondante produce la passione, che si alimenta di cervelli e saliva e profumi e non lascia spazio agli agguati della noia. Insomma, terra terra, per capirci meglio ed in poche parole: bisogna “trombare” molto! All'interno della coppia per inciso, non fuori, perché altrimenti l’ormone crea confusione, non unione!
“Luì ti sei mai innamorato a metà”

“Agata ma che domanda è? Certo l’ho fatto spesso”

“Ah… spesso. E te ne sei accorto subito?”

“Subitissimo, la prima volta, quando abbiamo iniziato a raccontarci le nostre vite, birra-pizza e tante storie, un classico. Sì perché fai attenzione Agata, sia l’intesa fisica che l’intesa mentale non hanno bisogno di tempo per scoccare, è un attimo, anzi è un subito. Il tempo serve per conoscersi, serve per capire che cosa succederà quando si rallenterà con il saltarsi addosso vicendevolmente in ogni istante ed in ogni dove;  il tempo serve per capire come si potrà riempire lo spazio lasciato vuoto da dialoghi interrotti, perché anche gli innamorati pieni a volte si interrompono. Ecco a questo serve il tempo, serve dopo in sostanza, prima non conta nulla....”

“Allora Luì esiste pure l’amore pieno?”
“Certo Agata, te l’ho detto”

“E tu Luì ti sei mai innamorato di un amore pieno?”
“Certo mi è capitato spesso. Oddio, veramente non così spesso.... però.... però me ne sono accorto quasi sempre e soprattutto quasi subito… “