In realtà sono arrivato alla conclusione che il tempo che
passa non cambia le persone, le trucca.
Sì le trucca… stende un velo, fa cambiar d’abito, fa cambiar
le abitudini, ma non seguendo una logica “tempo che passa-prestazioni
calanti-aspettative che si adeguano-vita che si normalizza-relazione che si
stabilizzano-ecc. ecc. ecc.”. No, gli anni nuovi hanno cambiato lo schema: “tempo
che passa-prestazioni calanti-aspettative crescenti-fitness-welness-dieta
bilanciata-pilates-voglia di emozionarsi-wi fi-relazioni complicate-relazioni
sovrapposte-relazioni doppie-relazioni triple-relazioni presso aule di
tribunale-relazioni in pausa pranzo-relazioni di metà pomeriggio-relazioni
social network-ritorni di fiamma-ritorni temporanei alla normalità-nostalgia-malinconia-lo
sport che fa bene all’amore-passione che credevo che fosse solo dei ventenni
invece col cavolo a quaranta fa molto più fuoco-delusione-collezionismo-osservo
gli altri che mi stanno vicino-faccio un figlio-ne faccio due-forse
tre-riparto-prestazioni calanti ma neanche tanto-fase nuova-ecc. ecc. ecc.”.
Confusione? Affatto, è la realtà, sembra un po’ stereotipata
come cosa ma è quello che capita. Gli anni nuovi questo hanno portato, e si
badi non do un giudizio, non dico bene né dico male, faccio una fotografica, e
sono convinto che chi appare ancora legato al vecchio modo di vivere il tempo
che passa in realtà nasconde qualcosa, potrebbe covare l’insoddisfazione di chi
è pronto/pronta ad esplodere, potrebbe essere in attesa, potrebbe avere
uno-due-tre amanti e starsene buono buono per non dare nell’occhio, potrebbe
essere un innamorato rilassato, comunque aspettatevi un cambiamento improvviso,
spesso devastante.
Le fasi che avanzano sono contraddistinte da evidenti segni
esteriori, chi impara ad osservarli ne ha metà della fatta, in un quattro e
quatto-otto sa chi ha di fronte.Prendiamo l’uomo, quello che il tempo lo rende interessante. Prendiamolo a venticinque anni, appena uscito dall’università (ne prendo uno a caso, uno che a suo tempo decise di fare l’università!), la cravatta è d’ordinanza, un must, un obbligo, la vuole, la indossa ogni giorno, ne compra dei pacchi, porta la cravatta per sembrare più grande, più serio, più rispettoso e più rispettabile, vorrebbe metterla anche quando esce con una ragazza, poi si rende conto che è scomoda da togliere, si fatica a limonare perché stringe al collo e limita i movimenti, si potrebbe incastrare tra il volante e il cruscotto, fa troppo serio e la ragazza non ama il troppo serio, a ventecinque anni vuole quello spettinato con lo sguardo che sfugge, figuriamoci la cravatta.
E allora prendiamo la donna, quella che il tempo la fa
invecchiare, bè a venticinque anni fa un po’ paura a dire il vero, il ragazzo
medio che incontra la donna venticinquenne che sto per descrivere vive in un’ansia
da prestazione perenne, anche quando fa la doccia a casa da solo, sia chiaro non lo spettinato, sto parlando del
medio, il ragazzo medio, quello con la cravatta, quello che diventerà
interessante poi, non subito, sì perché lo spettinato è un’altra cosa.
Ma dicevo
della donna, appunto prendiamo la donna, prendiamo quella appena uscita dalle superiori
(una a caso, come prima… senza una regola), appena uscita dalle superiori il tacco dodici
diventa d’ordinanza, se siamo sul finire degli anni ottanta il tacco dodici diventa
l’appendice delle All-Star, anzi l’evoluzione delle All-Star, quelle che in
alcuni casi torneranno verso i 35 in un binomio indissolubile: decolté 12 cm e
All-Star nere in un’alternanza calcolata a tavolino. E questo perché la donna
in quella fase vuole affascinare-sedurre-conquistare-consumare-usare-conservare
un pochino finché serve, finché non diventa noioso, finché non ti vuole
presentare i suoi, finché non è geloso, finché non passa di lì uno spettinato
maledetto….. a ben pensare questo la
donna non smette mai di farlo, solo che dopo, da grande dico, inverte gli argomenti, usa prima la testa poi la coscia, e questo non
perché a 25 anni sia stupida ma perché a quell’età si adegua al flusso ormonale
maschile, fatto di tanta quantità e di attenzione
alla coscia… non alla testa. Il tacco 12 si abbina in questa fase ad un
abbigliamento assolutamente modaiolo, impersonale, omologato, tutte uguali,
senza carattere, l’equivalente della cravatta per l’uomo medio appena uscito
dall’università. Semplicemente standard.
Poi il tempo passa e ritorniamo al nostro neo-laureato
di prima, ora la cravatta non c’è, non sempre
almeno, anzi sempre più spesso viene a mancare, la camicia é aperta sul
secondo bottone, al lavoro con jeans e giacca, camicia manica lunga con bermuda
al mare o in piscina, non è spettinato però se ne frega. Attenzione, so bene
che l’abito non fa il monaco, ma qui siamo nella fase mi vesto “come cazzarola
mi pare perché ho deciso che faccio quello che mi pare”, e insisto perché non
voglio che passi un messaggio sbagliato, qui l’importante è il “faccio quello
che mi pare”, descrivere il look fa parte della scenografia. Quando l’uomo
passa alla fase faccio quello che mi pare quasi sempre dietro c’è una forte
delusione d’amore, non un matrimonio finito, una delusione d’amore, che è
diverso, ed ecco che l’uomo da medio diventa interessante anche se non è
spettinato. Un lampo, zac e cambia la prospettiva. L’uomo non è diventato
felice, appagato, arrivato o figo, semplicemente è diventato interessante.
E la donna…, bè la donna è più difficile da rinchiudere
nella semplicità dello stereotipo, per comodità prenderò sempre la nostra
neodiplomata di prima, la neodiplomata diventata grande e mamma magari, una
vita felice sulle spalle, un bimbo, forse due, perché non tre, presa da mille
cose, sempre con il tacco dodici nel cuore se non al piede, che confonde il
tempo che passa con la monotonia, che confonde la disattenzione di un uomo
distratto di suo con l’inevitabile destino, che si dimentica per un po’ di
essere affascinante, che ha bisogno di uno stimolo esterno per riaccendersi,
che ad un tratto decide, lei non altri, che “adesso basta, facciamo che mi
prendo quello che voglio, per un po’, finché mi va..”.
E di lì passa magari l’uomo interessante senza cravatta con
il primo bottone aperto, che non è uscito con l’intenzione di limonare ma se
proprio dovesse capitare così si sente di più a suo agio.
Uomo interessante e donna che decide a prescindere: mix
letale nove volte su dieci.
Le costanti sono: passione travolgente e
incontrollata, emozioni fortissime la cui mancanza apparirà insopportabile,
bisogno e voglia, voglia e bisogno, poi calcolo e razionalità, spesso la donna,
qualche volta l’uomo. Il risultato? Nove volte su dieci un brusco ritorno alla
realtà, quella di prima, con l’uomo che diventa un po’ meno interessante e la
donna un po’ più vecchia ma più soddisfatta perché il prima è un po’ meno
distratto. Cosa resta? Quasi nulla, ritornano le famiglie o le solitudini che
hanno preceduto la storia e resteranno tali fino alla prossima volta, e ci sarà
probabilmente una prossima volta, una prossima volta fatta da protagonisti
diversi che farà sembrare tutto più
ordinario, tutto più uguale.
La morale? Non c’è nessuna morale, almeno credo, solo che se dovessi riscrivere questo pezzo, rileggendolo, ora il titolo sarebbe: “Le
ragazze fingono di invecchiare e l’uomo crede di diventare interessante…”, tutto il resto è fuffa.