A Bologna la domenica pomeriggio nevica, lo sanno anche i Libanesi...

"Fare inversione a U… appena possibile fare inversione a U… inversione a U”.  “Nevica, c’è l’aiuola spartitraffico continua, ci sono gli alberi, i vigili urbani, i vigili del fuoco, i carabinieri, la finanza e l’esercito e non ho le gomme termiche,  non posso fare inversione a U, e poi tu mi ci hai fatto andare per questa via, ora perché insisti che devo invertirmi..”. L’obiettivo è trovare parcheggio nella zona di Porta Santo Stefano e visto che sto arrivando da una parte della città per me semisconosciuta mi affido al navigatore, da lì poi voglio farmi il porticato che mi porterà fino alla Galleria, devo controllare un paio di vetrine, voglio fare un regalino a-ricorrente (che significa senza nessuna ricorrenza in particolare), e devo fare assolutamente due passi, sono le due del pomeriggio e ho bisogno di ammazzare almeno un tre ore altrimenti mi ritroverò di nuovo a metà domenica con l’unico obiettivo di aspettare il lunedì mattina, tra l’altro senza alcun entusiasmo,  ed ultimamente questo mi capita un po’ troppo spesso, almeno una volta ogni quindicina.   

E non sono certo un tipo senza idee, anzi, forse ne ho pure troppe, semplicemente non le voglio fare, non voglio idearmi, non mi va, perdo il tempo, ecco passo il tempo perdendo il tempo, questa mi pare la giusta definizione. Intanto poi ho trentanove-anni-e-tre-quarti, potrò permettermi di perdere ancora un po’ di tempo. O no? Sì lo so che qualcuno (il narratore ad esempio!!) potrebbe pensare che questa è una bella scusa del menga e che in realtà perdo il tempo perché mi sono incagliato, ma non è vero, diciamo che non lo è del tutto, diciamo che è verosimile!
Comunque non c’è parcheggio, anche se sul lato destro in zona parchimetro che non funziona c’è un auto che sta cercando di uscire. E’ un macchinone grande, grigio, con le gomme termiche, lo stemmone bello lucido, trazione posteriore, dimenticavo che il grigio è metallizzato con polvere di perle di ostrica (è un colore nuovo che ho letto una recensione su Quattroruote), antennino con navigatore, jacuzzi per il body massagge in acqua tonica con una fettina di limone, specchietti retrovisori esterni riscaldati-antiappananti-inclinati antiriflesso.  C’è solo un problema, anzi due: non si schioda dal parcheggio e lo sportello destro è a due-virgola-quattordici millimetri dal tronco di un albero secolare che aspetta solo di distruggere la fiancata.

Io lo guardo e mi permetto di far notare, con la delicatezza che mi contraddistingue: “Guardi, che se non toglie l’ammasso di neve su cui è salito col posteriore non ne esce”.  “Si lo so, guardi che ho fatto i corsi di guida sulla neve io, mi servirebbe un badile”, e poi così dicendo parte a razzo e va verso la scuola di fronte dove poi sono stati allestiti i seggi elettorali, lo vedo entrare agitandosi, supera la fila, salterella e scompare. Io aspetto, non so se lo faccio per vedere lo sportello che si accartoccia sul tiglio o perché in fondo sono buono e se vedo un tipo in difficoltà, anche se è un pataca, non riesco a lasciarlo lì.
Due minuti ed esce senza badile, e dire che un badile in una scuola c’ha da essere, come possono farne a meno, io sono già pronto a spingere l’auto con le mani, poi mi giro sulla destra e vedo questa scena: coppia di libanesi (li riconosco dallo sguardo e poi lei ha i brufoli), sono bassi, con un bimbo piccolo che dorme su di un girellino in alluminio senza capote ma con un ombrello rosso  e rotto appoggiato sopra, escono solo le scarpe del piccolo. Il padre cammina con una pala rossa sulla spalla destra e sorride. Io mi avvicino e gli chiedo: “Scusa, scusa, c’è un signore in difficoltà, si è piantato con la macchinona, è entrato in una massa di neve (dico massa perché lo capiscono anche in Libano), non esce,  serve il tuo badile, gli dai una mano??”. “Certo, certo, ci penso io, faccio io” e intanto il Miki Biasion dei poveri sta ritornando alla macchina. Quando vede la scena va in estasi, “Grazie, grazie, grazie a te e a te, ascolta mi spali la neve, ci accordiamo sul compenso?”, io lo guardo e penso: “perchè mi ringrazi pataca, guarda che io l’ho fatto per il tiglio”, mentre il libanese dice: “no, no, io non compenso, non voglio niente, ti aiuto gratis” e la moglie del libanese:  “Ma  veramente, se vuoi dare una mano a mio figlio, dorme, sai , c’è crisi”, e la crisi c’è davvero, il ragazzo spala la neve con la scarpa estiva nera e il calzino bianco corto, che giuro non mi ha fatto bene vedere sta scena. La moglie del libanese e Miki iniziano una trattativa serrata che porta ad un compenso omnicomprensivo di 10 euro, comprensivo anche delle battute stupide del pilota, la moglie è soddisfatta, il libanese invece è orgoglioso, a lui non interessano i dieci euro, si vede che lo fa per vincere la sua personale battaglia col giaccio e con gli Italiani ricchi che hanno bisogno di lui, io invece mi avvicino al passeggino che è stato completamente abbandonato a se stesso, bambino compreso, sono preoccupato che il bambino possa morire soffocato dall’ombrello o scomparire rapito da un vecchietto con la faccia gentile che sta guardando tutta la scena e sta pensando che quel povero bambino starebbe meglio con lui.

Fatta, la neve è spalata, il libanese saluta e dice: “Capo, hai visto bel lavoro”, il capo dice: “No, non sono il tuo capo ed è meglio per te perché sono uno spaccamaroni”, e io penso “Sei un pataca principalmente, ho fatto bene a tenere per il tiglio”. E’ fatta, uscito, mi dice pure, “Grazie anche a te, posso offrirti un caffè?”. “No grazie, ne ho già presi 25 oggi, sono a posto…”, poi strascicando la frase perché in fondo mi si è rivolto con tono gentile aggiungo “… piuttosto che farmi offrire qualcosa da te vado a chiedere l’elemosina al mercatino di Santo Stefano con il tipo che è messo male”, ma lo dico piano perché in fondo lui è felice, il libanese pure, la moglie del libanese ancora di più, ed io ho perso un’oretta buona.
L’impegno che non volevo impegnarmi insiste via sms: “dlin, dlin”, “…dai se ti liberi…”! Io non rispondo ma avrei voluto scrivere: “…non mi libero, mi sono impegnato apposta per non liberarmi, sono qua che sto favorendo scambi economici e culturali tra il libano e un pataca di Bologna, sto salvando un uomo e la sua macchina, non mi libero, anch’io al tuo posto insisterei però devi sapere che è inutile, non mi libero, e poi nevica e il navigatore e la vetrina in galleria che devo fare il regalo a-ricorrente, quindi lasciami perdere che poi ho anche la testa impegnata da un pensiero fisso e da sei cose variabili (oggi è domenica e Luì si ferma a sei – nota di narattore) , e poi lo sai che io sono fedele e non importa se sono single, sono fedele a me stesso, mi conosci, perché insisti? Perché insisti che non mi piacciono gli insistenti”, però essendo io notoriamente buono decido di pensare anche da buono e sempre dentro di me aggiungo “Dai scherzavo, oggi non riesco davvero, però un giorno sì. Magari ti chiamo io, ehh? Promesso.”.

Ogni volta che nella vita ho detto “ti chiamo io”, hanno sempre chiamato loro, sempre, regolare, mentre ogni volta che ho detto “Mi chiami?”, loro hanno detto sempre sì, ma io sono ancora lì che aspetto. Forse hanno perso il mio numero, o forse hanno perso il loro o forse hanno perso il telefono, comunque io aspetto ancora, in un caso sono sei anni che aspetto, forse si è trasferita all'estero.
E questa è una regola d’oro anche se non sono capace di applicarla, ci penso anche in via Santo Stefano mentre avanzo sotto il porticato, è statistico oltre che umano, e mi viene in mente come quella volta in spiaggia di sera che poi il giorno dopo sono andato in pausa pranzo con la cravatta e un sacco di scale, di corsa, poi non mi sono fatto sentire per dieci giorni e lei ha richiamato dicendomi, “Mi sono molto preoccupata nel non sentirti, stai bene?” e io: “Sì, dai, discretamente, sai ho perso il telefono”, “Il mio numero??”, “No, no, il mio telefono!” , “Ahh poverino mi dispiace! Ma… ora con cosa rispondi??”, “Mi sono fatto fare un duplicato!”, “Ahh, geniale. Mahh, dicevo…, ci vediamo stasera?”.  Che invece fa il controaltare con quella volta che io : “Ti amo, voglio sposarti, fare tre/sei figli con te, ci sono-ci sarò-ci saremo sempre, ho comprato tre telefoni tutti uguali per essere sempre reperibile, ho attivato un numero verde, puoi chiamarmi anche al 111 attivo 24 ore su 24, ho chiesto il part-time, ho svaligiato Benini per comprarti l’anello, ho…”, e lei “Sì dai, ascolta ne parliamo, magari quando torno dal Sharm, devo vedere un paio di arabi per una questione di lavoro.. Ciao ehh, stai bene, ti chiamo, ti chiamo io appena torno…”

Vetrina in galleria aperta, negozio chiuso, regalino a-ricorrente taglia “m” per polsi medi in bella vista, colore sorridente che chissà se fa pandan con un tubino nero bello bello che magari alla prima occasione lo potrà indossare e che poi magari poi mi faccio mandare una foto?
(cosa dite? Anche questa andrà a Sharm? No, stavolta è diverso, a Sharm no? Magari Baleari cinque giorni, non di più perché altrimenti si annoia? Ma Luì in fondo non pensa a questo, Luì il regalino lo cerca perché ha detto che quel colore che sorride sta troppo bene su quel polso taglia “m”, e poi si abbina al taglio degli occhi e al colore del capello, e al sorriso, sì si abbina al sorriso,  e allora perché deve privarsi della gioia di vedere sta cosa? E ve l’ho detto, quando Luì una cosa la vuol fare la fa, vediamo se la prossima volta avrà voglia di raccontarmela…)  

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