Luì l’ho incontrato per la prima volta un lunedì pomeriggio,
tardo pomeriggio per la precisione, alle Cicogne, faceva la spesa. Ho saputo
dopo che entrambi eravamo lì per la stessa cosa, il lunedì tardo pomeriggio
alle Cicogne c’è la più alta concentrazione di single del mondo, uomini e
donne, senza distinzione, tutti prendono il carrello grande, quello da due
euro, tutti leggono gli ingredienti sul
pacco dei biscotti almeno due volte, sul vasetto della marmellata almeno tre,
sul retro dei tomini almeno quattro perché non capiscono cosa vuol dire
cagliato al naturale ma con aggiunta di conservanti, tutti prendono almeno tre
biglietti prenota-posto al banco del fresco, i primi due lì saltano d’ufficio
perché vogliono fare più fila, serve a socializzare. Tutti arrivano alle casse
che hanno il carrello semivuoto, di solito un deodorante, un dentifricio ed un
pacco d’acqua che tanto serve sempre. A casa io ho di media quattro dentifrici, sei deodoranti, un pallet di naturale,
niente da mangiare perché noen ho comprato altro.
Anche Luì era lì per quello, però era distratto, stava in
fila al banco del fresco, perdeva tempo ma non socializzava, guardava,
contraccambiava lo sguardo della vicina di carrello, un sorrisino distratto,
anzi verosimile, ma niente, non una parola. Leggeva l’etichetta del tomino, la
vicina di carrello chiese: “Cosa dice,
sarà genuino?”. E lui: “Genuino? Mah…
non saprei…, stavo controllando qual’è
l’azienda che ha realizzato l’involucro, sa… è per lo sviluppo”. E lei: “Ahh,
lo sviluppo… interessante. E chi è?”. E lui: “Chi è chi?”. E lei: “L’azienda!”. E lui: “Eh non lo so,
non riesco a leggere, lei mi disturba!”. E io pensavo: “Luì perché non vieni il
martedì mattina a fare la spesa?”.
Facciamo un passo indietro, anzi una digressione
esplicativa: Luì non è cattivo e nemmeno scortese, è solo un distratto
impegnato, pensa ad altro, anzi pensa
quasi sempre ad altro, anzi pensa ad altro (col tempo ho scoperto che altro è il suo pensiero fisso) e
contemporaneamente pensa ad ulteriori cose, va da un minimo di sei ad un
massimo di nove. Quindi ha il cervello
molto occupato. E solitamente quando pensa gli squilla il telefono e arriva una
mail e gli squilla un altro telefono e qualcuno lo chiama dall’ufficio di
fianco, e quindi quando va al supermercato l’etichetta del tomino la vuole
leggere da solo e si infastidisce se una con il carrello vuoto gli chiede se è
genuino. “Cazz.. non hai ancora comprato niente, ma leggitela da sola
l’etichetta… e poi lasciami perdere che tu sei il 34 in fila e io il 48 con in
mezzo il vuoto, ci sarà una ragione??”.
Ecco io ho iniziato ad osservarlo Luì, mi ha incuriosito, la
prima volta siamo arrivati insieme alla cassa due, volevo vedere cos’aveva
comprato: dentifricio, deodorante e il gel. Allora io, così sfrontatamente, gli
faccio: “E l’acqua?”. E lui: “L’acqua no, bevo quella del rubinetto”. E io: “Da
quando?”. E lui: “Da un po’”. E’ stato
lì che ad un certo punto ho aggiunto: “Luì, voglio scrivere la tua storia, sto
cercando un verosimile distratto da un pensiero fisso e da almeno altre
sei-nove cose, ti va di raccontarmela?”. E lui: “Cosa? La mia storia, il mio
pensiero fisso, le altre sei-nove cose?”.
Ed io: “Quello che ti pare!”. E lui: “Il pensiero fisso non te lo
racconto, le altre sei-nove cose cambiano sempre, la mia storia è molto affascinante a ben
pensare, può sembrare banale, quasi ordinaria, ma non è così. Sappi che io sono
uno che le cose le fa, le fa subito quando le vuole fare, le fa in fretta, in
fretta riesce a fare e a disfare quasi tutto, mi vengono degli scatti
all’improvviso, dei lampi di genio, anche qualche lampo da coglionazzo a dire
il vero, sono diretto, sono un diretto moderato reazionario, sono un puro, forse effettivamente c’hai
visto bene, sono un verosimile”. E io: “Luì, per me te sei matto!”. E lui: “Sei la seconda persona che me lo dice nell’arco delle ventiquattrore ore, mi hanno detto pure che sono stronzo, però non è vero”. E io: “Luì, smettila di dire delle parolacce che non voglio scadere nel volgare”. E lui: “Hai ragione scusa, la smetto. E sappi che ti ho chiesto scusa adesso e non lo farò mai più, perché io dico grazie, prego, per favore, buongiorno e buonasera, ma non chiedo mai scusa, anzi chiedo scusa solo se ti pesto un piede per distrazione, perché se io una cosa la voglio fare la faccio, se la voglio dire la dico e quindi sono convinto sia assolutamente inutile far finta di fare il pentito a posteriori, è una regola di vita”.
E così Luì ha iniziato a raccontare la sua storia, ora io esco di scena, mi limiterò a qualche accenno, la storia proseguirà in prima persona perché voglio che sia verosimile e quindi credo che l’Io si adatti meglio.
Faccio subito presente, lo dico prima a scanso di equivoci, che in questa puntata come forse nelle successive (sempre ammesso che ce ne siano), ogni riferimento a cose o persone sarà puramente casuale, nel senso che sarà un caso se Luì deciderà di raccontare di loro, sarà perché a turno si saranno trovate tra le sei-nove cose variabili e il pensiero fisso, o forse saranno parte di quelle o di questo.
***
Oggi è uno di quei giorni che ho deciso di andare a Bologna,
dovevo trovarmi un impegno per poter scaricare un altro impegno che non avevo
voglia di avere: “Guarda, mi piacerebbe moltissimo, lo sai che mi piacerebbe
moltissimo, ma oggi davvero sono già impegnato, ho un appuntamento, l’ho fissato da tempo, è
importante, devo andare a Bologna”, “Peccato, speravo davvero di poterti
vedere, mi piace sempre passare un po’ di tempo con te”, “Sì, lo so, hai
ragione, come biasimarti d’altronde (ride eh eh… nda – anzi nota di narratore,
scusate non ho resistito), ma davvero non posso, facciamo un’altra volta, ti
chiamo io, presto sai, va bene?”. “Certo, ci conto Luì, ma chiamami però?!”.
“Certo, ti pare, quante volte non ti ho chiamata?”, “Veramente molte, però lo
so che sei sempre impegnato…”, “Sei comprensiva, ciao, a presto eh…”, “Sì ciao,
un bacio”, “Sì, anche a te, ciao ciao, arrivederci eh…”. “Ok, ora vado a Bologna, non mento mai io, al massimo racconto una verità verosimile…”.
……
(finire così mi piace,
spero di aver creato pathos, voglia di aspettare la prossima puntata - sempre che Luì abbia voglia di raccontare
ancora - altrimenti rimarrete col dubbio
di che cosa diavolo sia andato a fare a Bologna da solo…, se invece non vi
frega niente eviterete di leggere le prossime perché saprete già di che cosa si
parla….quindi a questo punto... buonanotte)
La corsa dell'orco finisce là dove la spesa di Luì ha inizio...alle Cicogne. In realtà l'orco continua a correre, è solo l'occhio del narratore che si allontana da lui, e con esso la narrazione stessa. E' il capriccio del narratore che crea la storia, che decide che l'orco non è più degno di interesse, forse è troppo incagliato, con quel ginocchio malandato. Il capriccio del lettore invece è ciò che ti fa decidere che tutto sommato non hai voglia di approfondire ulteriormente la lettura dei vari articoli dei quotidiani online e che tutto sommato è preferibile pure evitare la lettura di certi commenti su facebook, mentre una bella storia verosimile è proprio ciò che ci vuole stasera. Con una storia verosimile di un personaggio non improbabile puoi evadere dalla realtà, ma senza perdere la presa. Magari ti ci riconosci un po' in questo Luì, per esempio anche tu potresti aver frequentato questo luogo sinistro, questo non luogo... le Cicogne. O le Maioliche, le Befane, ecc...questi gironi infernali chiamati centri commerciali. Certo che Luì dovrebbe sapere che, se vuole leggersi in pace le etichette, il lunedì tardo pomeriggio è da evitare. Il lunedì tardo pomeriggio è come l'alba del giorno dopo, i sopravvissuti del week end escono dai bunker post atomici e danno l'assalto ai supermercati. Un assalto di poco inferiore a quello del sabato precedente, quando i medesimi soggetti si procurano le scorte per affrontare al sicuro nei loro rifugi le esplosioni nucleari e il successivo fall out radioattivo. Ma torniamo a Luì: così distratto impegnato da diventare quasi scortese. Ma chi ha tempo per le buone maniere quando c'è un pensiero fisso da gestire più sei-nove cose variabili? Per le buone maniere ci vuole tempo, cinque secondi per fare un sorriso, dieci per chiedere come stai, da dieci a più infinito per ascoltare la riposta, è una roulette, se ti va bene la risposta dura solo dieci secondi (tutto bene, grazie), se no è un grosso rischio. Perché nessuno ha un tempo infinito. E la risposta comunque non interessa mai a nessuno. Il galateo prevede quindi che si risponda sempre e comunque tutto bene grazie, con un grado di convinzione inversamente proporzionale all'effettivo andamento delle cose. Fossero tutti educati come Luì, che usa tutte le formule di rito, ma non chiede mai scusa, al massimo solo se proprio ti pesta un piede. E si crea impegni che non ha per evitare impegni che non vuole avere. E il suo pensiero fisso non lo vuole proprio raccontare. Speriamo che il narratore lo convinca a parlare...
RispondiEliminaF.