Gli orchi non esistono

“Ciao!”

“Ciao! Come stai?”
“Bene dai, tutto bene, sì insomma, più o meno, al solito, tutto ok, dai nevica”

“E’ vero nevica, ascolta ti chiamavo per dirti che mi ha chiamato una mia amica, una dai… capito chi? Mi ha detto che i tuoi racconti, sì insomma…  i tuoi racconti… cioè... i tuoi racconti… i tuoi racconti non si capisce niente! Carini, sì, accettabili, però sconclusionati, senza sequenza, senza filo logico, avanti e indietro, flash-back e un gran casino. Lei non ha detto casino perché è forbita ma il senso era quello!”
“E tu che le hai detto??”

“Maa.. le ho detto che tu effettivamente non scrivi per tutti, per pochi ma non per tutti, e chi vuol capire capisce e chi non vuol capire non capisce, e chi prova a capire è più confuso di te”
“Ma no, non c’è confusione, ho raccontato la storia quella bella dell’inizio dove tutto poteva succedere, ho fatto il prequel, il sequel,  mi sono soffermato sui dettagli, ho fatto teoria applicata parlando di single-sburi sburissimi-zioni e zione, ho allargato la visuale, ho ristretto (caspita ho ristretto la visuale, non ho capito bene dove ma mi sembra una gran cosa!), sto raccontando la storia quella solita della fine dove quasi niente può succedere. Dai ti sembra una roba confusa??”

“Effettivamente è quello che penso anch’io, oddio, sinceramente un po’ di complicanza c’è, però chi ti conosce lo sa che le cose semplici tu le rifuggi.. però che non scrivi per tutti è vero, o no?”
“E’ vero? Sì, un po’ forse è vero,  ma ho provato qualche volta a scrivere per qualcuno da solo (“o” asessuata per aumentare la confusione di genere!) ma questo si è perso lo scritto, forse non era troppo interessante ho pensato, o forse era prevedibile, o forse perché nevicava, e quando nevica “ci si organizza” per quando smetterà, perché smette sempre di nevicare, tu credi di poter fermare il tempo magari con una foto di qualcosa di scritto sulla neve ma non conta, la neve si scioglie, e la foto per quanto sia è solo un ricordo, anzi un ricordino, come quello della prima Comunione”

“Ahh! Sai che credo abbia ragione la mia amica? Ma che cosa cavolo dici??”
“Ma mi ha chiamato solo per questo? Non mi fare delle domande difficili che sono le sei del pomeriggio”

“Ok, ascolta, volevo dirti anche questo, io prenoto per maggio, chi c’è c’è poi al massimo i ritardatari vengono a piedi…”
“Si va bene, prenota e dammi l’iban che ti bonifico!”

“Ok, ciao!”
“Sì ciao!”

Click.
Poi finisce la telefonata e rifletti, e pensi: “E se ha ragione la sua amica? E se non si capisce?”.  Si ma chi se ne frega poi se non si capisce, uno si inventa una storia, una storia che parla di un orco che già questo deve far riflettere, gli orchi non esistono e quindi non possono esistere nemmeno le storie di orchi, ma tu poi decidi di scriverla ugualmente e già questa è una grande forzatura. Una storia che non esiste non si capisce nemmeno, è chiaro no? L’unica possibilità è usare la fantasia, bisogna immaginare,  e allora vedi questo ometto a forma di orco che va a mangiare della gran piadina, poi inizia a correre perché altrimenti a forza di piadine ricche di carboidrati diventa una botte, poi rallenta la corsa perché gli fa male un ginocchio, il destro, poi  l’altro, il sinistro, poi si mette la ginocchiera ma ne ha solo una, poi inizia a nevicare.  A nevicare sì, e la neve mette sempre di buon umore,  a parte quelli che si ribaltano con la macchina prima delle Casacce, che non credo siano proprio proprio contentissimi però...

E la fantasia bisognerà usarla anche per immaginarsi la fine della storia dell’Orco perché questa è l’ultima puntata, volevo aspettare ancora un po’ a scriverla, perché in fondo mi piaceva raccontare dell’Orco, ma mi hanno detto che aspettare non serve, allora ho pensato che è bene smettere di raccontare. Questo non significa che l’orco non correrà più, magari lo vedrete ancora zoppicare sui viali o su e giù per la collina, mangiare piadine a destra e a manca, drogarsi di caffè, correre con la macchina per arrivare in tempo, fare il cavalcavia due volte alle otto di mattina per un quattordici secondi di splendore, lo vedrete farsi travolgere da un tacco dodici, da un vestitino nero che fa paura, da un espressione un po’ così, perché l’orco è fatto “un po’ così”, però io, narratore confuso,  racconterò d’altro, sempre se ne avrò voglia s’intende…

8 commenti:

  1. Dovresti suggerire alla tua amica dal linguaggio forbito di leggersi Ulysses di Joyce. O anche solo Pigmeo di Palaniuk. Sono sicura che dopo troverebbe la tua storia di una chiarezza disarmante. Certo, è tutto molto frammentato, bisogna ricomporre i pezzi, trovare il filo della storia in mezzo alle digressioni e alle analessi, sintonizzarsi sulla stessa frequenza del tuo stream of consciousness... Ma secondo me si capisce! O perlomeno io ci ho capito qualcosa, forse credo di aver capito qualcosa ed invece non ho capito niente, ma alla fine le storie sono anche un po' da interpretare, e comunque era una storia interessante e mi sono divertita a leggerla. Però mi sembra che rimanga qualcosa in sospeso...capita in molti libri, è vero, e capita molto più spesso nella vita, dove le storie non sono mai lineari, con un inizio, uno svolgimento, una fine...nella vita c'è un inizio ed una fine e fra questi due estremi migliaia di storie, alcune che durano anni, altre solo un giorno, altre che non sai nemmeno precisamente dove abbiano avuto inizio, però hai una foto, ed una foto non è da sottovalutare, non è un ricordino...una foto a volte fa più male di una lama, una foto a volte dura più di noi. E un racconto è come una foto, è una foto della tua fantasia, miscelata con diverse dosi di realtà (50 e 50? 80 e 20? 30 e 70?), shakerata sulla punta delle tue dita mentre scrivi davanti al pc. Questo cocktail di orchi, plinti, tacchi dodici (che a me personalmente fan più paura dell'orco), sburi e zerbini, bancari e piadine, ha un sapore un po' strano, un colore un po' ardito, ma devo dire che mi piace...e l'unica cosa che non capisco è perché questa debba essere l'ultima puntata.
    F.

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  2. Perchè l'ultima puntata? Dici che non capisci... Non lo so, non so il perchè ma so che lo è. Vedi questa storia non storia è stata scritta perchè un giorno, all'improvviso, il suo autore, che poi sarei io, non riusciva a pensare ad altro, faceva caldo e l'orco iniziò a frullare, un sacco di spunti, di emozioni, di "voglio andare a casa perchè devo fissare due/tre concetti sul mio pc", faceva caldo e la Tim (Telecom Italia Media - nda) continuava a tempestarmi di messaggi promozional-sensazionali tanto che stavo sempre con quel telefonino in mano che dovevo subito leggere e rispondere, ma non si risponde ai messaggi della Tim dirai tu? No, io rispondevo, ed il bello è che loro rispondevano a me. Insomma ero on-line costantemente. E se per caso mi avventuravo per il Rio Brado e il cellulare non funzionava, tanto che potevo perdermi uno spunto, bè rischiavo di impazzire. Pensa faceva caldo e andavo al parco Tassinari, che poi ho scoperto chiamarsi Bertozzi o qualcosa di simile, a raccogliere l'ispirazione, cresceva lì, sul prato, dietro l'albero, un salice, cresceva ad ogni ora del giorno e della notte, e io andavo. Faceva caldo e il racconto partì, iniziai a scrivere al mattino presto, 6/6.30, proseguii in pausa pranzo, scrivevo mentre andavo in bici, mentre andavo a piedi, mentre sudavo sul letto in un caldo torrido di inizio luglio, . Mi chiesi "Che cosa ti aspetti da questo racconto?". Mi risposi: "Niente, assolutamente niente, solo di raccontare questa storia allucinante senza capo nè coda che non sarà mai un successo editoriale, però caz... è forte". Oggi invece, dopo aver raccontato di fatti e di sogni, di orchi e di tutto il resto mi mancano i titoli, ci penso e mi vengono in mente soltanto cose del tipo: "L'Orco che guarda", "L'Orco che aspetta ma anche no", "L'Orco di passaggio", "L'Orco che corre da solo", "L'orco con l'orchite", e che senso avrebbe scrivere dei racconti simili? Nessuno. Se l'orco vuol continuare su questa strada faccia da solo, io non lo racconto più.

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  3. Oppure ancora: "L'orco se c'è c'è, se non c'è non c'è", "Anche gli orchi piangono", "L'orco al telefono", "io, tu e l'orco", "ti ricordi dell'orco??". Insomma se questi sono i titoli figurati la storia, ci vuole troppa fantasia, 90% contro 10%. È l'ultima puntata.

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  4. E' proprio così quindi, è proprio l'ultima puntata. Certo che arriva così inaspettata, brutale, senza un minimo di anticipazione. Di solito queste cose vengono annunciate. "Il finale epico che vivrà per sempre", tanto per fare un esempio (il film non l'ho visto ma questa frase da sola basta a rendere l'idea). Oppure prendi Batman, lui ci ha avvisato con un anno di anticipo di voler appendere il mantello al chiodo. Anche se poi nel finale vedi Robin e dici chissà... Gli esempi cinematografici si sprecano, per non parlare delle serie televisive, dove l'aspettativa cresce in corrispondenza dell'ultima puntata di ogni stagione, per giungere al climax con l'ultima puntata dell'ultima stagione. E' così che si impennano gli ascolti, le statistiche. Perché magari ti sei perso qualche puntata, ma la fine non te la puoi assolutamente perdere. Non ci piace che le cose finiscano, però vogliamo sapere come.
    Persino i fumatori fanno più pubblicità alla loro ultima sigaretta. Anche perché così è più difficile sgarrare, ci perdi un po' la faccia dopo aver fatto l'annuncio difronte a parenti e amici.
    Ma se hai deciso così c'è poco da fare, se non ti vengono i titoli, se credi che troppa fantasia sia un ostacolo, se l'orco ha l'orchite, allora non possiamo far altro che assistere a questa fine prematura e sperare nel prossimo frullo di emozioni, l'estate è vicina, il salice è là nel parco che continua a crescere e forse ci sarà una nuova storia da raccontare.
    F.

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  5. Prima o poi anke l'orco avrà il suo lieto fine.....si spera...ma è inevitabile...prima o poi tt le cose hanno una fine niente è eterno....o no?

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  6. Tutto ha una fine certo, noi stessi prima o poi! Però il mio amico orco ha un difetto: non cerca un lieto fine a caso, secondo me quello l'avrebbe già trovato diverse volte, lui vuole "la differenza". Si' ecco, cerca la differenza, cerca quella cosa strana che ti capita una o due volte nella vita, quella roba che te ne accorgi subito che se non scappi all'istante ti fai un male che neanche una sportellata sulla fronte! Tutto quello poi che si può raccontare sull'eternità, sul per sempre, sul non finirà mai, rischia di essere il festival del banale, ma ci sono situazioni che dopo trentasette secondi e mezzo capisci che potenzialmente potrebbero finire con te, non prima. E ho detto potenzialmente si badi, perché poi c'è tutto il resto che fa, c'è la sorte, ci sono i tempi e poi ci sono le controindicazioni a priori. Sì le controindicazioni a priori ed una in particolare: mai inseguire l'impossibile, ma l'orco sì sa.... ascolta solo se stesso e qualche volta nemmeno lui!!

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