Il bollitore d’arredo

Si svegliò che l’alba era ancora lontana da venire, forse il caldo troppo caldo del piumone, forse l’impepata di cozze di una settimana prima, forse quel sogno così realistico che voleva vedere se di fianco c’era qualcuno, forse il silenzio eccessivo, forse quella che stava diventando una consolidata per quanto vaffanculo abitudine, ma si svegliò.
Troppo presto per alzarsi, i quotidiani manco li avevano stampati a quell’ora, i bomboloni non erano neppure stati fritti ( senza considerare che non assaggiava un bombolone da luglio del 2012), il raccogli indifferenziata della CFF non era ancora  uscito dal deposito e pertanto neanche l’opzione “due chiacchiere con Antonio” mentre sale e scende alla ricerca del cassonetto misterioso era percorribile.
Che fare allora? 
Giocarsi  la carta “ascolto una delle trentasette avventure di Augusto”, il suo vicino del piano di sotto che riesce a gestire tre ragazze che gli piombano in casa nello stesso momento senza farle incontrare pur avendo un bilocale di 84 mq? 
No, niente, dalle parti di Augusto non si sentiva nulla dal 15 febbraio, forse l’avrà ucciso la numero nove quando non è riuscito a farle credere che quest’anno San Valentino l’avevano spostato al giorno dopo per via dei mondiali in Qatar. 
Domani sarebbe bene avvisare i carabinieri.

E allora nulla, se ne restò lì a rigirarsi tra lenzuola sdrucite e pensieri a zig zag, tanto che decise di prendere penna,  carta e calamaio (metaforicamente s’intende) e si mise a scrivere.
L’idea iniziale era di scrivere una poesia, ma non essendo poeta gli sembrò un presuntuoso azzardo; allora ipotizzò di scrivere un articolo sul tema caldo dei cambiamenti climatici a Boncellino, ma non faceva né il giornalista né il climatologo locale e soprassedette; valutò anche di scrivere un libro ma si rese subito conto che se non c’era riuscito in trent’anni difficilmente lo avrebbe fatto in tre ore e trenta.
Non restava che un saggio di cui aveva già pronto il titolo da mesi:  “Storia dei rapporti uomo donna dal secolo scorso ad oggi, analisi, evoluzione, prospettive di sticazzi e dettagli”, ma andò in crisi sia su rapporti, che su analisi, che su evoluzione e soprattutto su prospettive, restavano solo sticazzi e dettagli, troppo poco obiettivamente per un saggio.

A quel punto pensò che sarebbe stato bene prepararsi una tisana rilassante zenzero, valeriana, peperoncino e cannella, e così fece. 
Mentre armeggiava col bollitore d’arredo e una tazza smanicata ripensò al sogno di poco prima, vacca boia come sembrava vero, ma proprio vero vero che si sentiva il profumo, ma proprio vero vero vero che si sentivano le mani all’improvviso, gli abbracci e le stille di sudore, ma proprio vero vero vero vero che si sentivano i battiti del cuore, si cazzo pure quelli!
Ma non così vero verissimo da resistere all’improvvisa ripresa oculare né tantomeno (e soprattutto) al sordido ritorno da una fantasia troppo sviluppata e permeante, no, così vero proprio no.

Si sogna a colori o in bianco e nero? 
Non c’ho mai fatto caso, ho letto qualcosa in proposito sul libro di scienze di seconda media ma non ricordo la risposta, secondo me il sogno del nostro amico di poco fa è partito a molti colori ed finito in bianco e nero, anzi in scala multipla di toni di grigio, dal grigio pantegana al grigio calanchi zona nord di Borgo Crivellari, con venature di grigio calzino.

Fischia il bollitore, andiamo ad inondare lo zenzero, che si sa combatte il raffreddore, speriamo pure le follie oniriche.




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