I bambini diventano grandi il mercoledì

Faceva ancora freddo sì, ma molto meno rispetto a quell'inverno che regalò un sacco di -20, se n'era pure uscito quell'improvvido del sole che con quell'aria mesta e al contempo velata d'arroganza pensò bene di regalare almeno otto toni di luce affinché tutto fosse molto più nitido.
Erano da poco passate due ore di Italiano ed un'ora di tecnica, la pasta e pure i fagioli scomparvero in fretta perché la  500 bianca doveva partire, gli altri aspettavano al campetto, quello dietro le poste, il solito, là dove la punta delle Clark da blu diventava grigia, ogni volta inseguendo - senza arte né parte - un pallone bianco e nero.
La pompa non partiva, il gelo ancora resisteva nei pertugi e l'acquedotto rurale non dissetava più da settimane, ma in campagna si sa, una soluzione la si trova sempre.

"Ciao io vado, ci vediamo questa sera"
"E' arrivato?"
"Sì, di sotto, passo a salutarlo, glielo dico io..."

"Ciao, sei arrivato? È tardi però, io devo andare"
"Mi dai un bacio?"
"Sì ma è pronto, si raffredda"
"Vado sì, vado subito"

Buffo come le mani cerchino di trattenere il dolore, succede ad ogni età.

"Ti fa male?"
"Sì"
"Dove?"
"Qui..."
"Tanto?"
"Sì...."

L'aria sapeva di saccarosio, qualche tonnellata dolciastra se ne stava impilata e guardinga dentro a sacchi di carta marrone ben custoditi tra sponde di legno, alte, verdi, apparentemente sicure.

Si parte…. anzi no… l'URLO…. forte, forte, forte.... forte ed assurdo, indelebile.

Il caos, il telefono grigio col disco avorio, "parla più lentamente per favore! Dove,? Spiegami dove che arriva subito il dottore, tranquillo, dimmi dove..." - "dai presto, è qui, vi accompagno io, dai, esco, mi faccio riconoscere...".
Il caos, la gente, gli amici, tutti, tanti, troppi, sembrava finto.

E' così che si diventa grandi tutto ad un tratto, è così che si diventa grandi e confusi dentro ad un corpo ancora minuscolo, è così che succede il mercoledì, Omero mica l'aveva scritto in quell'Odissea di poche ore prima.

Credo che lì sia stato l'inizio, il cuscino a terra, il giubbotto verde che gli stava così bene tagliato per fare presto, un cumolo di domande senza risposte, un tonfo sordo, gli occhi chiusi, il caos. Sì il caos. Lo stesso caos che avrebbe albergato per di lì a sempre senza trovare mai un vero ordine, solo apparenza, freni, mancanze, continua ricerca.

I bambini diventano grandi in tanti modi, lo fanno ballando, correndo, giocando, scappando, baciandosi, innamorandosi e facendo l’amore, piangendo, mangiando nutella e bevendo birra ghiacciata, urlando parolacce, fumando sigarette, arrabbiandosi, nascondendosi, facendo cazzate, chiedendo scusa, facendo a botte, nuotando, raccontando bugie, dormendo abbracciati, tirando tardi la sera, svaccandosi in vacanza…. vivendo. 

Ecco proprio così, i bambini diventano grandi vivendo.

Qualcuno invece, soprattutto chi incontra il mercoledì, diventa grande saltando, saltando pezzi di indispensabile, saltando tra scartoffie e fantasia, sogni e spasmodiche tensioni, di cui non si definiscono nemmeno i contorni, solo sanno che stanno diventando grandi, più difficile è capire il perché e il per come.

C'è chi in bicicletta va ai giardini, a qualcuno capita invece che la bicicletta debba nasconderla a duecento passi da casa per non farsela arrestare. 
Sempre bicicletta è, ma è il contesto che cambia.

I bambini che diventano grandi di mercoledì lo fanno a metà, sono "dei bambini già grandi" che poi diventeranno "dei grandi ancora bambini", degli incompiuti incapaci di vivere e gestire le proprie emozioni, così tante e sovrapposte e sprovvedute che ad un certo punto non si capisce più un cazzo.

Non è una giustificazione eh, non siamo mica qui a fare gli spacciatori di scuse, è solo una banalissima constatazione, un dato di fatto che se qualcuno volesse sapere il perché beh una parte della risposta io l'ho trovata. 
Poi fa cagare ugualmente, ma è così, bisogna solo prenderne atto.

I bambini che diventano grandi il mercoledì sono dei buoni con la faccia da cattivi, sono dei dolci con l'espressione da duri, sono dei seriosi con il sorriso più dolce del mondo, sono dei noiosi carichi di voglia di fare a modo loro, sono dei drogati di baci al gusto di buono, sono degli eterni insoddisfatti, dei bipolari dal sentimento raro, sanno essere anche divertenti, peccato per la fatica.

Poi tutto successe, di lì a sborantamila giorni fu un sacco di roba, un incessante e a tratti vorticoso sacco di roba, un doveroso-obbligoso-impietoso sacco di roba..

Quindi è sempre tutto così? 
Ma no, diventare grandi in fretta toglie pezzi ma aggiunge intensità, quella stessa intensità che poi ritrovi nei chi e nei dove più impensati, nei quando non lo sai, nelle occasioni perse, fuggite, nelle cose non dette, non viste, non vissute, non abbastanza volute forse. 
Quella stessa intensità che vivi in sporadici attimi che non dimenticherai più.
L'intensità dei grandi bambini sa di tutto e di niente, servirebbe la pazienza di perderci tempo, lasciarsi un attimo frullare da quella calma apparente, senza nessuna garanzia di risultato, senza nessuna garanzia di felicità, senza nessuna garanzia di essere garantiti.

Ecco questa è una parte della storia, per comprenderla fino in fondo (ammesso che abbia un senso e ci sia la voglia di farlo) la si dovrebbe ascoltare dal vivo, lasciar parlare la voce narrante come si diceva nelle favole, soffermandosi sui silenzi e le espressione del viso, peccato (o per fortuna) che questi narratori siano così parchi, a tratti noiosi, e abbiano regalato la loro confusione solo a qualche sfortunato impudente che, non si capisce bene il perché, è riuscito ad entrare così tanto dentro di loro da abbracciargli financo l'anima…. anche se solo per un bellissimo e dannatissimo istante.












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