La mia è solo un’amara constatazione, non che nutra particolare
ammirazione per i biondi, anzi, mi stanno pure un po’ sulle balle, peggio del
biondo c’è solo il paraculo, però sono certo che così la vita sarebbe più facile…
Ne faccio un discorso generale, di snellezza nell’approccio, di
magnetismo, di continuazione, di poche parole, di quantità, il bello e dannato
non fa fatica, non ci deve mettere del suo, basta poco impegno, un minimo di
attenzione al bicipite… giusto giusto
che non sia troppo rilassato, una cura leggera dell’addominale che deve
lasciare quel non so che di scolpito, la barba che c’ha da essere (è un must,
non se ne può più fare a meno), una tecnica di approccio di poco sopra la media, un lessico essenziale-forbito- sofferto del tipo:
“hei, sei troppo intrigante in questa serata che si avvicina al solstizio, se
solo non fosse così difficile per noi… mmm… potrei passare con te il resto
della mia vita, almeno fino a quando il mondo non mi costringesse a partire di
nuovo…”, tutto detto sottovoce, un po’ baritono dal volume smorzato, lo sguardo
perso altrove che ritorna su di lei a tratti, una chiusura sempre in partenza... sì perché
il bello-dannato- sofferente deve sempre ripartire!
Ecco, se poi questo si abbina ad un lavoro interessante, una giacca di
lino con il jeans vissuto durante l’estate, un cardigan a filo grosso con il jeans vissuto
durante l’inverno, la scarpa eccentrica e l’occhiale da sole blu notte, bè è
fatta, non ci si deve affaticare…
Poi non importa se il jeans vissuto l’ha preso in saldo al Factory
Oultet un giorno che passava di lì, l’occhiale blu notte l’ha ricevuto in
regalo dal cugino che ritornava dalla Tailandia, se il lavoro interessante è
una chiavica, se il tono sofferente è perché le scarpe eccentriche sono
strette, no, non importa, se sei Brad Pitt, o almeno credi di esserlo anche se
con una buona dose di approssimazione, bè è facile…
Sì perché l’importante è essere convinti e scegliere i giusti
obiettivi. Sì, soprattutto i giusti obiettivi.
Il Brad Pitt dei poveri solitamente si lancia su due distinte categorie
di donne: la 32-41enne “single abituata” con la sindrome del latino-americano e
dell’aperitivo lungo, oppure la “non-single” 36-47enne alla ricerca di emozioni
forti. Questa seconda categoria nasconde poi due differenti profili: la seriale
e l’occasionale, altrimenti dette “non posso ma lo faccio ugualmente, l’importante
è essere plausibili” e “vorrei ma lo faccio poco, l’importante è negare”.
Ecco allora il ns Brad Pitt queste cose le sa e pur mantenendo il suo
stile da tenebroso in conflitto perenne con la vita, si adegua all’obiettivo con tecniche differenizate.
La seriale la blandisce millantando decine di avventure parallele, la
chiama “darling”, l’incontra negli sprazzi di tempo, si finge “non geloso”, non
le scrive mai, aspetta che sia lei a dire: “alle 13.15, ci vediamo al solito
posto”, lui è lì dalle 21 della sera prima ma dice: “ok, però facciamo 13 e 20!”.
Lei lo sa e arriva alle 13.30, anche perché prima era impegnata con la futura vittima. Di
fatto una lotta fra pataccari, entrambi consapevoli di esserlo che si mentono a
vicenda per sentirsi vivi e superare la monotonia del quotidiano, garanzia di
una vita di coppia duratura…. quella che hanno a casa. L’amore con la seriale è
intenso-professionale, quantitativamente elevato, poco emozionante, sfrontato.
L’occasionale invece la fa sentire importantissima, lascia intendere
che pur di vederla cinque minuti è disposto a rinunciare ad un pezzo del suo
preziosissimo tempo rubandolo al suo preziosissimo lavoro, perché l’occasione
va colta, lei è importante per i massimi e non si può lasciar perdere. Priorità
allo stato puro, minuti e passione, appena due centimetri dall’innamoramento.
L’amore
con l’occasionale è divertente, a volte lascia dei graffi, è fatto di rossetto
sbavato, perizoma dimenticato a casa di lui, paura e ansia.
La single abituata invece la coltiva con cura, le dice: “sono quasi Brad
Pitt, ma sono stanco di vivere così intensamente e credo, per la prima volta
davvero, di aver incontrato LA ragione per non ripartire… devo capire ed è
difficile, ma quello che provo è forte, molto forte…”.
E la cerca con
regolarità, soprattutto all’inizio, i primi sette giorni… poi rallenta un
attimo, inizia a parlare di conflitto interiore, la single che stava diventando
un po’ meno abituata si preoccupa, alcune vivono attimi di puro terrore, altre
di sconforto. Lui però non molla… almeno per altri sette giorni e quando chiude
lascia uno spiraglio, la classica porta aperta: “Stellina…parto, sono costretto, devo capire il mio perché, tu non aspettarmi ma… ma se
mai dovessi tornare, quando tornerò, tu sono certo sari felice tra le braccia di un
altro, perché lo meriti sai, e quindi non ci sarà più spazio per me, e io soffrirò di questo, anzi sto già terribilmente soffrendo ora, però… se
mai tu dovessi avere ancora voglia di abbracciarmi… ecco forse allora io mi
pentirò di tutto quello che ti ho rubato e tu… allora… addio… o forse
arrivederci…. stella”. Lei lo aspetterà, è matematico. Da single abituata
diverrà single in attesa. Uno strazio.
L’amore con la single abituata è appiccicoso, qualitativamente elevato
se si superano le prime tre volte, ripetitivo dopo la sesta volta, destinato a
finire, destinato a ricominciare, destinato a trasformarsi in “ero Brad Pitt e
ora sono qui che aspetto che lei ritorni… è uscita a cena con le amiche, sono
le tre di notte… ci sarà stata parecchia gente al ristorante??”.
Sì Brad Pitt ha vita facile, ahh se fossi Brad Pitt…
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