Una storia così

“Innamorato, innamorato, innamorato…. Cazzo che palle, questo sempre ripeti e sempre le hai ripetuto, senza aggiungere altro… ma soprattutto senza fare altro, sei un paroliere senza fatti, ecco qual è la verità”

“L’hai toccata piano eh?”


“Ma è così dai, lo sai pure tu, non te l’ha fatto solo capire, te l’ha pure detto, e tu al posto suo avresti fatto lo stesso, sii onesto, almeno con te stesso. 

E poi l’amore, l’innamoramento, che cosa t’innamori cosa che l’hai vissuta part-time? 

A tratti direi e perfino sconnessi, gocce di quotidiano appena appena accennate, troppo spesso secondi, raramente minuti, ha ragione quando ti ha detto che sei stato prevedibile, incasellato, discontinuo, picchi e cadute, banale, sì anche banale caro il mio poeta dei poveri, banale”


“Ma ti stai divertendo?”


“No, voglio solo riportarti alla realtà perché così fai ancora più schifo. Lo faccio per te.”


“Ora però ti spiego io una cosa, giusto una, e voglio lasciare sullo sfondo tutto quello che mi hai vomitato addosso, che è vero al 99% non c’è dubbio, ma potevi evitarlo.

Vedi io mi sono innamorato di lei non subito, no, ma davvero poco dopo il subito, direi allo svincolo Valle del Rubicone in direzione nord, rientrando.

Non starò a rimenarla con i colori, i sapori, lo sguardo, il profilo, l’espressione buffa quando sorrideva, il naso, le labbra e tutto il resto. 

No.

Io mi sono accorto di essermi innamorato di lei quando ad un tratto, per qualche niente, li al km qualcosa più o meno, per un attimo è calato il silenzio.

Era domenica.

Pochi istanti, pochi pochi, ma il non sentire la sua voce mi ha fatto improvvisamente paura. 

Mi mancava, la sua voce mi mancava, ho avuto bisogno di quella vibrazione, io abituato al silenzio e alla solitudine mi sono accorto di godere ascoltandola.

Vedi, il tutto è fatto di piccoli pezzetti, cataste di particolari spesso ammucchiati alla rinfusa, dettagli che improvvisamente appaiono, così, lì, all’improvviso.

La sua voce è stata il primo di questi mattoncini, la paura di doverne fare a meno il secondo.

E non si può avere paura di perdere qualcosa dopo così poco mi son detto, perché il qualcosa diventa prezioso col tempo, e invece no, è successo davvero così.

Noi cerchiamo chi ci somiglia, non per completarci ma per rassicurarci, per abituarci, per tranquillizzarci, per non avere problemi, per sorprenderci come noi vorremmo che fosse, per condividerci senza intoppi, perché siamo fatti così, e forse è pure giusto.

Ma a volte può succedere, raramente concordo, che sia nelle differenze la possibilità che ci viene regalata.

Lei è così, diversa da me, meno di quello che crede ma diversa, ed è per questo che la velocità con cui mi è entrata dentro è stata tale.

Dicevo cataste di dettagli, tu mi conosci, mi conosci da tanto, e sai quanto sono egoista e…”


“Ma ti senti?! 

Ma ti accorgi che stai parlando solo di te?! 

Hai passato un anno a parlare solo di te, lo immagino, ti preoccupavi di lei e del suo piacere solo quando facevate l’amore, lo immagino di nuovo, se solo fossi riuscito a fare altrettanto nel quotidiano sai come avrebbe perso la testa per te?

Dai basta mi hai rotto, a te ti conosco già, o mi dici qualcosa di lei o smetto di ascoltarti…”


“Certo che sei una discreta testa di cazzo. 

Ti ho detto che lei mi è entrata dentro, subito, ovunque. 

Mi ha attraversato cuore e testa insieme ai suoi mille cuscini, ai suoi “straccini” gettati in ogni dove, ai suoi “oui, oui” regalati ad algerini logorroici, agli improvvisi cambi di umore che si chiudevano sempre però con un sorriso, a volte dolce a volte malinconico. 

Mi ha attraversato tenendomi la mano, passeggiando con me, facendomi riscoprire la voglia di avere voglia.

Mi sono lasciato conquistare dai suoi tremolìi improvvisi prima di addormentarsi, mi piaceva ascoltarli.

Poi la sua capacità di comprendere l’incomprensibile che mi agitava la pancia.

Mi ha conquistato la sua voglia di instabile normalità.

Mi sono lasciato affascinare dai suoi schemi, dalla matematica alla storia passando per la geografia, schematizzare semplifica, un po’ come i baci con lingua, rendono tutto più comprensibile.

Pazzesca l’unica banale occasione in cui abbiamo vagato per negozi alla ricerca di nonchalance da indossare nel suo mondo.

Mi dava gioia, gioia vera, oltre al tacco dodici dovrebbe registrare anche questo, la capacità di regalare gioia.

E’ intensa, intensa come pochi, cruda come pochi, diretta come pochi, rapida come pochi, insicura come tanti, perennemente pronta ad addossarsi le colpe del mondo, quando lei del mondo è spesso solo (suo malgrado) un’adorabile spettatrice con la caratteristica di saper negoziare anche col destino.

È curiosa, freneticamente curiosa, vogliosa di novità ma ancorata al devo. 

Si sublima nel lasciarsi guidare in una continua competizione, quando a me invece piaceva un sacco guardarla andare oltre così da conoscerne ogni volta un pezzetto in più.

Mi ha affascinato la sua generosità che si contrapponeva  alla mia selezionante cupidigia. 

È rara, incredibilmente rara, quasi quanto è totalizzante, per questo mi sono preso una tranvata del genere… per questo ho cercato senza successo di proteggermi, riuscendo solo a mettere una finta distanza tra noi fatta di errori e disattenzioni”


“Ma le hai mai dimostrato tutto questo che stai raccontando a me?”


“No”


“Perché?”


“Non lo so”


“E ora?”


“Ora niente, ora ca va sans dire, richiudiamo tutto in un cassetto e lentamente via si va”


“Che prospettiva di merda”


“Vabbè, meglio averla incontrata no?”


“Sei una frana Luì, non ne uscirai mai, ma se ti capiterà un giorno di incontrarla di nuovo, magari di fronte ad un caffè, guardala negli occhi e dille ancora una volta la verità, falle capire che non stavi scherzando niente…”


“Cosa dovrei dirle sentiamo?!”


“Semplicemente dovresti dirle: ma… ma…. ma quanto sei bella?!”





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