L’amore è un peperone

Resilienza: capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi.

Copertonare per aumentarla è una soluzione? Chissà… potrebbe.

Potrebbe ma anche no, perché non tentare comunque? Come fanno i marinai che “quando arrivano nel porto vanno a prendersi l’amore dentro a un bar”.

Ma poi cosa chiedono al bancone: “Vorrei una bottiglietta di acqua gasata, due noccioline, un vermout e un etto e mezzo d’amore”? 

E dove lo mettono un etto e mezzo d’amore? Lo incartano? Lo comprano sfuso? Lo imbottigliano?

Che forma ha l’amore? Liquido? Solido? Ghiacciato? O gassoso?

Per me gassoso, vaporoso, anzi evaporoso, ma un evaporoso persistente, avvolgente, amaro, acido, aromatizzato al cioccolato ma con venature di tabacco, rollato a mano, che se lo lasci entrare poi impregna.

Quindi l’amore è evaporoso ed impregnante e rollato a mano.

E che c’entrano i copertoni? E copertoni incatenati per giunta?

Ecchenneso! Così stavano.

Forse perché l’amore è una catena? O un catenaccio?

Giocare con le immagini e le parole è un esercizio buono a passare il tempo la domenica pomeriggio, riflettendo sui massimi sistemi, che poi alla fine non sistemi proprio niente, nemmeno se approfitti di Chat GPT, l’intelligenza un po’ artificiale e un po’ paracula.

Un gioco di società in cui puoi fare anche da solo, onanismo dell’anima, che sai come inizi e non sai come finisce. Un gioco in cui regali fiori ogni giorno per mille giorni, se sei ricco da potertelo permettere altrimenti ti limiterai ad una settimana. Fiori per una settimana che non appassiranno mai, al massimo rinsecchiranno, senza smettere di profumare.

Come la vita in fondo.

Allora riepilogando l’amore è evaporoso, impregnante, rollato a mano, fatto a catena e copertoni, che vivi spesso da solo, che sai come inizia ma non come finisce (se finisce), che profuma come i fiori secchi che hai regalato, con cui puoi giocare come fanno i bambini.

Come fanno i bambini sì, il gioco dell’amore, un Risiko senza strategie, in cui vince chi vince, e perde chi resiste.

Buono a consumare inchiostro digitale e calici di vino sugli scogli.

Chiaro no? Forse, adesso vediamo, vediamo che succede, se succede, quando succede, se è successo.

È successo? Forse sì, anzi probabilmente sì, anzi sicuramente sì.

Una cosa è certa comunque, l’amore si riaffaccia, o si rinfaccia, come i peperoni crudi.

Che brutta immagine l’amore come i peperoni, ma lasciar andare senza pensare, giocando con i pensieri per l’appunto, disegna anche questo.

Scriverò un manuale, anzi un manabile, “L’amore è un peperone” sarà il titolo.. Lo leggeranno in cinque, io che lo scriverò, l’editore che lo pubblicherà, mio cugina che non si fa mai i cazzi suoi, uno per sbaglio perché attratto dalla copertina, e un marinaio che ha provato in mille bar senza mai trovarlo nel menù.

Tutto questo non ha senso? No, no, un senso ce l’ha, deve averlo per forza, anzi ha molti sensi, come le canzoni, mille sensi. Chi le scrive ne ha uno, chi le ascolta uno diverso, un senso per ogni ascoltatore. Perché gli ascoltatori sono così, leggono nelle canzoni ciò che vogliono leggere, Sant’Allegria direbbe Ornella senza avere idea del danno che ha fatto, non ti dimentico direbbe un pinguino tattico nucleare.

La soluzione del gioco di parole? Resilienzare, e il cerchio si chiude, forse, adesso vediamo se si chiude. E se non si chiude, si chiuderà, in un modo o nell’altro.





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