Pensavo fosse un social invece era un Crodino

Aristide, non è un brutto nome, forse un po’ desueto, ma con un suo fascino recondito, almeno credo, e pure lui lo crede, tanto che se ne vanta in continuazione: “Aristide, è il nome più bello dell’universo…. sappiatelo… e sono io, vedete voi”.

Aristide fa l’impiegato alle poste, una laurea in economia aziendale, la passione per la pizza (fatta e mangiata), l’hobby del fai da te, dall’imbianchino al tappezziere con qualche nozione elettrica, passando per la cura dei giardini.

Aristide è single, da anni, cinque-sei-nove-ventisette storie alle spalle tutte naufragate nel Vernelli, non perché fosse un alcolizzato, tutt’altro, ma a questo punto del racconto fa molto maledetto pensare a lui seduto al bancone di un bar sudicio sbronzandosi di anice a 46 gradi, e il maledetto fa audience, è un fatto.

Aristide si è innamorato due volte nella vita, la prima non conta perché sono passati più di dieci anni ed è caduta in prescrizione, la seconda conta ma non me l’ha mai raccontata fino in fondo perché ogni volta che ci prova diventa tutto rosso, poi pallido, poi suda, poi sviene, in preda ad attacchi vasovagali plurimi, che  se non si sdraia immediatamente rischia di fracassare al suolo e rimanerci secco. 

Da qualche quando, dopo aver passeggiato nei vicoli del centro, il suo passatempo preferito dopo le ventiquattro è scorrazzare sul web, sui social in particolare, si ingozza di real ed aforismi, è un fans di Ornella Vanoni, Angelo Duro, Roberto Parodi e Paolo Crepet, li guarda fumando sigari toscani aromatizzati al cioccolato, che nonostante il sapore non fanno ingrassare. 

Nel suo curiosare di qua e di là, tra una storia, un post e una richiesta di aiuto per un idraulico pubblicata in “Sei di Poggibonsi se..”, un sera di primavera di un due tre anni fa si è imbattuto in un profilo diverso dal solito, Maria Rosaria Scicolone da Forlì. 

Una ragazza castana, con un sorriso dolce e ammaliante, lo sguardo intenso, un figlio, la passione per i fiori, le passeggiate all’aperto e una proprietà di linguaggio del tutto sorprendente per quel luogo virtuale lì. Non è riuscito a non soffermarsi più del dovuto (che poi quanto è dovuto chi lo stabilisce? Ora che ci penso…).

“Le chiedo l’amicizia dai, rischio di fare la figura del piacione seriale, dell’invadente, del marpione, ma voglio tentare, vado, clicco, inoltro…” 

Passarono tre giorni, nulla, la ragazza misteriosa non accettava  il collegamento, “pure intelligente” pensó Aristide “oltre che apparentemente affascinante”.

Sulle prima ci rimase un po’ male, ma quel rifiuto virtuale in fondo gli fece piacere: “l’avevo detto io che era diversa”.

Poi tre giorni dopo ancora successe qualcosa, Maria Rosaria Scicolone da Forlì “ha accettato la tua richiesta di amicizia”.

Aristidi ne fu molto sorpreso.

Ecco così è iniziata questa storia, dalla sorpresa di quel giorno. Il passaggio successivo, come tutte le storie social che si rispettino in questo sbagliato XXI secolo, è stato quello di analizzare il suo profilo, le foto, i dettagli delle foto, le didascalie, tutto quello che poteva dare indizi: è sposata? È single? È fidanzata? Ha avuto la varicella? Dove vive? Le piace il vino? E i biscotti? Ha la patente? Qual è il suo libro preferito? Ma verrebbe mai a vivere con me? 

Ed altre cose così, che uno pensa quando si mette lì a guardare.

Tutte queste domande, che si intrecciavano con il quotidiano di Aristide, non riuscivano però a trovare risposta, nessuno dei suoi amici in carne e ossa la conosceva, i suoi amici virtuali millantavano, lui brancolava nel buio.

Non restava che chiederlo direttamente a lei, invadere la sua privacy web, in maniera diretta ma educata, trasferendole il vero motivo della sua curiosità: lei senza altri fini.

Se l’avesse incontrata in fila alla stazione dei treni mentre entrambi erano lì a fare il biglietto per Roccaraso, conoscendolo, le avrebbe semplicemente detto: “ciao, ma io e te ci siamo già visti?”. E quando lei avrebbe risposto chiaramente “no”, lui avrebbe aggiunto “peccato”, e da lì sarebbe partito con tutto il suo armamentario di ovvietà e tentativi di seduzione a là carte, con risultati tutti da verificare… ma quella non era la situazione. 

Erano solo due contatti su Facebook.

Messenger: “ciao, non posso chiederti se ci conosciamo nella vita perché so già la risposta e anche tu, e ne uscirei proprio male, ma posso dirti che normalmente non faccio queste cose anche se non so come dimostrartelo. E posso aggiungere che vorrei sposarti, fra tre anni, ma dovresti darmi la possibilità di conoscerti già domani, perché comunque sposarsi è una cosa quasi sempre seria. Che ne dici?”.

La risposta fu il silenzio per 24 ore, poi: “avrei bisogno di un idraulico prima di sposarti, se me ne trovi uno entro venti minuti  ci penso🤣”. 

Ed è così che è iniziata la loro “amicizia” on-line, fatta di messaggi, immaginazione, curiosità, scambi di confidenze a volte anche eccessive, voglia di conoscere sempre di più da parte di lui e voglia di non farsi conoscere del tutto da parte di lei. Tra diffidenze, sorrisi asincroni, tentativi di andare al fisico mai riusciti, e tutto il resto (il resto vero) che sta fuori da queste macchine infernali, dove anche io mi diverto a raccontare, a fare da contorno.

È buffa l’evoluzione, viviamo nell’epoca dell’iperconnessione, dove tutti possono raggiungere tutte, dove si moltiplicano le possibilità di incontro, di scontro, di vita, ma nel novantasette per cento dei casi non si esce da quel limbo virtuale, come Aristide e Maria Rosaria, che io lo so che sarebbero perfetti per andare oltre e pasteggiare uno di fronte all’altra almeno tre volte, ma l’oltre non succede mai, assuefatti ai microchip, surrogati di sguardi veri e mani nelle mani. 

Comunque ieri sono andato in posta, fila assurda, di fronte a me una vecchietta col nipote e prima di loro una ragazza castana, camicia bianca e sorriso spontaneo,  questa arriva allo sportello n. 4, l’operatore ha un cartellino sulla camicia “Aristide”, lei deve pagare una multa per eccesso di velocità, perché è una pirata della strada pure irascibile, gli passa il bollettino e lui: “Allora Maria Rosaria…. 378 euro… ah però…”. Alza lo sguardo, diventa rosso, sorride, chiude immediatamente lo sportello tra le proteste della vecchietta e l’euforia del nipotino per questo siparietto improvviso, esce dal bugigattolo dove stazionano normalmente gli impiegati delle poste, arriva in sala e “un Crodino, adesso tu vieni con me e ce lo beviamo, un Crodino non puoi dire di no… e ti lasci guardare, e mi fai sentire la sua voce, perché sono già passati sei mesi e mancano due anni e mezzo al nostro matrimonio”.

Uscirono, la vecchietta osservava esterrefatta la scena, il nipotino aveva preso il posto di Aristide nel bugigattolo, i due amici social si stavano osservando uno di fronte all’altra, ebbri di Crodino, lui parlava-parlava-parlava, lei sorrideva e pensava: “però sto Zuckerberg qualche cosa di buono lo ha fatto”.

Io passando di fianco, dopo che il nipotino della vecchietta mi aveva spedito una raccomandata, li sentii solo dire: “allora d’accordo, domani sera, a cena, lasciamo a casa il telefono”.

Fui io quella volta a sorridere e me ne andai soddisfatto come non succedeva da tempo.




1 commento:

  1. Vien voglia di andare sui social e di accettare tutte le richieste di amicizia lasciate in sospeso e vien voglia di continuare a credere - perché anche la speranza più feroce ha una sua fine - che ci sia ancora qualcosa di simile al bello in serbo per i romantici alla super cazzola come noi

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