Alle soglie dei cinquantuno

Oh!! Ad un tratto ti accorgi che arrivano i cinquantuno, proprio così, i cinquantuno all’improvviso eh!

E “Oh” con due punti esclamativi ad inizio frase l’ho proprio messo apposta, anche se fa brutto lo so, ma volevo che si capisse chiaramente che il mio è uno stupore un po’ incazzato, mica pippe!

Quindi dicevo sei lì, un giorno, ti senti bene, anzi ti senti pure in forma diciamolo, hai perso un po’ di pancetta, qualche volta corri, ti abbandoni a quel tanto di sport come non avevi fatto mai nemmeno da ragazzino; la prostata - al netto di infiammazioni occasionali da candidosi trascurata o qualche bicchiere di sangiovese in eccesso - è normodimensionata; si va bene ok, qualche ruga si affaccia sul contorno occhi, ma tu non ci fai caso perché ti hanno detto che in fondo in fondo nell’uomo “la ruga da sorriso” fa fascino; la barba si imbianca, ma poi tu ti abbronzi e si sa ancora una volta che  il contrasto fa fascino, tutto a posto perciò, finché non capita che una mattina svegliandoti non ricordi più dove hai parcheggiato l’auto la sera prima, ci pensi eh, ma niente, sei costretto a chiederlo a Siri. Anche in questo caso hai la risposta, cerchi di spiegare a te e agli altri che pure quello fa fascino, sai usare la tecnologia come i millennial,  ma i primi dubbi ti assalgono, tutto sto fascino pare ti stia sfuggendo un ciccinino dalle mani, ma ancora fai finta di nulla e vai avanti, imperterrito, come nulla fosse, convinto vero: i cinquanta sono i nuovi trenta.

I nuovi trenta… no, no, non sei convinto… e come potrebbe essere altrimenti per te che abbini i Persol da sole gialli  modello Steve McQueen alle Tiger sempre gialle modello Uma Thurman, una roba vintage che un trentenne vero manco per niente farebbe una cosa del genere.

I nuovi trenta, ma allora perché ti chiamano sempre più spesso signore? A trenta non ti chiamavano signore.

Ne hai cinquantuno, già già, cinquantuno tuttattaccato, fisicamente ne senti venti, mentalmente quindici, sentimentalmente settantasei, professionalmente cinquantasei chè uno scivolo di cinque anni prima o poi arriva… ma in realtà ne hai cinquantuno.

Quando ventenne inseguivi i sogni e la vita in mezzo a pizze e cotillon ti immaginavi diverso a questa soglia, ti facevi accasato, sposato, ricco, brizzolato con le scarpe nere di pelle lucida, due figli, forse tre, la cravatta pure sul pigiama, felice dopo tutta quella fatica, le cene con gli amici, con le famiglie degli amici e poi con le famiglie dei compagni di classe delle amiche di tua figlia, e come dimenticare  le vacanze all’estero (“ah va che ci vado, mica come oggi porca la vacca boia”), la Tari che sarebbe  aumentata ogni anno e sarebbe servito per lamentarti di cose da grandi, la routine, Sky on demand, il fascicolo sanitario e anche Spid (tu a vent’anni vedevi già oltre!!), invece oggi ti guardi indietro e ti accorgi che avanza solo la Tari, manco il pigiama per la cravatta  ché quello non lo porti proprio.

I cinquant’anni, o cinquantuno che sono poi la stessa cosa, mettono a nudo le incoerenze della vita, le debolezze e gli eccessi di carattere, quelli che si sono sedimentati in mezzo secolo di “ho ancora tutto il tempo che voglio” e poi ad un tratto “cazzarola è già finito e non ho combinato nulla”.

Repentini cambi di fronte e di prospettiva.

Ma in mezzo  “è” o “non è” successo qualcosa?! 

Qualcosa da raccontare intendo. Qualcosa che valga la pena.

Mah… … qualcosa sì… solo che c’è un problema (e se fosse solo uno sarebbe un successo!!), hai una visione distorta del tempo e dei suoi fatti, distorta dalla prospettiva da cui guardi, anzi dalle prospettive, un pezzo lo vedi con gli occhi della nostalgia, spesso nostalgia pure di quello che non hai vissuto mentre avresti voluto e dovuto, ed un pezzo lo osservi con gli occhi della razionalità, quella razionalità che ti aiuta a spazzolare via le illusioni dagli angoli reconditi in cui si sono nascoste, la stessa razionalità che cerca giustamente di ridimensionare quegli inutili lampi di felicità che ti hanno cinicamente attraversato a pezzi, solo per farsi subdolamente ricordare ogni sera prima di addormentarti, ed ogni mattino al risveglio, e spesso anche nel tratto di autostrada Bologna-Modena che essendoci traffico perenne hai tempo per pensare ai fatti tuoi e non solo al livello ormai insostenibile dei tassi di interesse nell’area Euro.

Cinquantuno, un salto ultrarapido dal cinquantino all’auto nera con 194.567km d’ordinanza fatti tutti in tre anni, diesel “euro inquino quanto cazzo mi pare”; un salto metafisico tra il verosimile e la realtà, tipico degli svuotati e dei teorici dell’avrei dovuto fare diversamente.

Ai cinquantuno così ti prepari ad arrivarci e restarci da solo, fedele alla regola del piuttosto che niente è meglio niente, senza festeggiamenti ché non c’è proprio niente di cui rallegrarsi, al posto della torta una piadina fichi caramellati-crudo e squacquerone ed un calice di rosso per il brindisi con Chicca, la cameriera della Lella (che c’ha la faccia gentile e se glielo chiedi un brindisi te lo concede secondo me!), la cintura di ElCharro e Maledetta Primavera in sottofondo che il Dj almeno una volta a serata la spara.

I nuovi trenta? Mah, diciamo che ho ancora qualche settimana per pensarci, per ora posso dire che a trenta quindici minuti in sauna non riuscivo a resistere, oggi si, non so se è colpa del testosterone che scalda meno dall’interno o del cambiamento climatico.






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