Donne

Come trovare il modo di descriverle,  di dire quello che si deve dire senza perdersi nella banalità di un déjà-dit, senza essere troppo maschilisti ma nemmeno laido-femministi interessati? Come e dove aggiungere qualcosa di nuovo al tanto già scritto?

Non lo so.

Non lo so perché la donna è normale nella sua eccezionalità, né più né meno quanto lo è l’uomo.

Sì ci sono le “super”, è vero, le “super super” e le “super della madonna”, ma ci sono pure le normo-dotate e anche qualcosina di meno. 
Ve lo assicuro.
Più o meno come l’uomo.

La donna si dice ha la capacità di fare tre cose contemporaneamente, multitasking - multithinking e multi multi, però una è fatta bene, l’altra così così, e la terza direttamente a cazzo.
Anche l’uomo ce la fa, giuro, pensate alla capacità di farsi i fatti propri (bene), fingere di ascoltare e dire sempre di sì (con la testa... anche al telefono).

Sì dice la donna ami con il cuore-la testa-il corpo. 
Non sono certo dell’ordine e sono ancora meno certo della simultaneità, so di donne che amano qualcuno con il corpo, qualcun’altro con il cuore, e la testa la usano per organizzare il tutto.
Così come esistono rari casi di unisono dei sensi, testa-cuore-corpo, la santissima trinità del sentimento. 
Rari... ma esistono.
Un po’ come succede all’altra parte del mondo, l’uomo, che esalta in pubblico il glorioso luogo comune dell’amore ad minchiam, tutto concentrato sulla propria presunta prestanza sessuale, ma in realtà è solo un dolce e cervellotico sentimentale vittima del mito.

La donna è difficile da descrivere fuori dal proprio essere, dalla potenza espressiva dell’aneddoto, pensi alla donna e pensi a ciò che dice, a ciò che ha detto, a ciò che ha fatto e a ciò che non ha fatto e non farà mai.
Se penso alla donna penso al particolare, all’attenzione, alla perseveranza, alla passione, al fascino, alle gambe, alla testa, un po’ anche al culo, all’amore, agli occhi rossi, ai sorrisi, ai bronci, alla fatica, alle scemenze, alla stupidaggine, al menefreganulladite, alle mani.
Una donna che conosco un giorno mi ha raccontato che se pensa all’uomo pensa 
al particolare, all’attenzione, alla perseveranza, alla passione, al fascino, alle gambe, alla testa, un po’ anche al culo, all’amore, agli occhi rossi, ai sorrisi, ai bronci, alla fatica, alle scemenze, alla stupidaggine, al menefreganulladite, alle mani, alla barba.
Che strano, quattro peli a far la differenza?!?

La donna è tanto, sì, ...tanto che non la racchiudi in quattro righe, e nessuno la conosce davvero bene, nessuno tranne uno: l’uomo.
Uomo che però finge, finge di non sapere, e un po’ lo fa per evitare rotture di coglioni di tutti lì a chiedere “dimmi della donna”, e un po’ perché fa parte del gioco.
Quel gioco che piace ad entrambi, che unisce e divide, che si e no, che fa andare avanti le cose o precipitare il tutto, che fa sudare, godere, pensare, fuggire, corrersi incontro.

Ecco... questa è la donna (e questo... è l’uomo).

16 commenti:

  1. C'era una volta un lui ed lei. Un lui con la L maiuscola, che vedeva solo Lei, perché per Lui la sua Lei aveva la L maiuscola.Passano gli anni, stanno insieme, vivono la vita, crescono, maturano, condividono, si moltiplicano, fino a diventare Lui, Lei e un sacco di tante altre cose insieme. Lei continua a sentirsi la sua Lei, ma quando guarda lui stavolta la L non è più maiuscola, è un lui stanco, disattento, silenzioso, opaco che rimpicciolisce anche la "l" di Lei.
    La vita li ha portati lì, viaggiando a due velocità diverse, seminandosi? o quel Lui , quasi come un'app dell'Apple, non ha mai fatto l'aggiornamento?

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  2. “Che rimpicciolisce anche la L di lei...”, mi devi dare qualche altro elemento o ti risponderei di getto e forse non ti piacerebbe.
    Ma Lei ha mai chiesto a Lui perché è diventato stanco? E lui cos’ha risposto se lei lo ha fatto?

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  3. Gli elementi possono essere tanti e nessuno, il risultato sono due persone che si conoscono meglio di chiunque altro ma estranee e silenziose. E l’amore? C’è ma li ha finiti prima che decidessero loro di chiudere ed ora quasi non si spiegano la loro coesistenza in un solo spazio.
    Buona fortuna per la risposta!

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  4. Conoscersi “meglio di chiunque altro” porta con se una montagna di problemi.

    Il primo è che non puoi più mentire, o puoi farlo nella stessa misura in cui mentiresti a te stesso, e allora si sceglie il silenzio, e il silenzio cala sui sentimenti, sui fatti del quotidiano che vanno oltre il lavoro ed altre banali amenità, e cala sulla passione, che si trasforma in affetto, poi in distacco ed infine in rigetto.

    Il secondo è che conoscersi rassicura, e le rassicurazioni uccidono la coppia.
    Giuro non è una bestemmia, la tranquillità è foriera di noia, e la noia appiattisce, abbruttisce e ingrassa.

    Il terzo problema, forse il più grave, è che conoscersi perfettamente rende impossibile il distacco.
    Quello vero intendo, quello mentale, anzi quello sensoriale: qualunque cosa succeda o non succeda ci sarà sempre “quello lì che sa tutto di me” in mezzo alle balle e tra i pensieri.
    Lì con i suoi silenzi invadenti e pretenziosi, spenti, ma capaci di appiccicarsi con il loro carico di giudizi e pregiudizi.
    Quasi sempre azzeccati tra l’altro (anche i pregiudizi!).

    È così ci si finisce, mi piace questa definizione che ha dato, mi piace sì... ci si finisce e ci si consuma, smarrendo “il perché è successo” di innnamorarsi e “il perché è successo” di spegnersi insieme.

    Poi possono capitare “gli altri”, sovraccarichi di parole e sorprese e velocità, ma nove volte su dieci sono solo incidenti, perché in fondo loro conoscono solo quello che noi vogliamo far conoscere, e non è sufficiente questo per amare davvero.

    Ecco, questo io penso, queste credo possano essere le ragioni che rendono lo spazio condiviso una gabbia e l’attesa di qualcosa una speranza ad orologeria.

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  5. Vacanza finita....si torna alle proprie vite, forse consolidate, forse scontate, forse disilluse...già starai pensando noiose. Sì, mi trovi d'accordo, è probabile lo siano, ma credere che possano cambiare, aprire la porta alla speranza di qualcosa di diverso, ad un gesto, ad una parola sarebbe più scontato e noioso...caro scrittore l'uomo è semplice, la donna è complessa.

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  6. La noia non è nella routine ma nelle scelte sbagliate!!!
    E forzando la mano, come ogni buon maschilista, ti dico che l’uomo non è semplice ma solo lineare, e la donna non è complessa ma ahimè contorta!!

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  7. La noia, la grande noia, ha la meglio quando si smette di crederci. Non c'è un perché, o sì... somma di tante situazioni "accettate".
    Te la spiego io: la scelta è giusta, allora come oggi, ma a differenza di allora si è spento l'entusiasmo e con lui le attenzioni che la tenevano a distanza e a seguire l'interesse di comprendere l'altro...et voilà madame e monsieur le joue son fait!
    Il miglior esemplare di uomo contorto che convive con il più bell'esempio di donna lineare....si piacciono ancora, ma non si interessano più....

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  8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  9. “Si piacciono ma non s’intetessano più e la scelta resta quella giusta, allora come oggi”.. questa è la tua sintesi quindi.
    Verosimile... ma il dubbio che l’errore sia all’origine a me resta, perché mi piace pensare che possa esistere un entusiasmo che sfida il tempo e si nutre di emozioni, di agitazione, di precarietà e di un sacco di insana sintonia (quel problematico conoscersi troppo di cui si diceva qualche riga fa).
    E tutta questa roba qui è scritta nel DNA di coppia, è rara, e concima l’interesse rallentando l’ossidazione, ma o c’è o non c’è, non ci credo possa consumarsi.
    E allora quale soluzione per capire se “è davvero giusto oggi come allora”?
    E se lo è come si fa a non “finirsi insieme”?
    Forse è necessario perdersi per poi ricercarsi con rinnovata curiosità, forse la ricetta sta nel rispolverare senza demonizzare il banalissimo “mi accorgo che mi manchi solo quando non ci sei più” e allora distruggere per creare, sfidare il destino mettendosi alla prova, tirare la corda fino a lasciare solo un filo sottile.
    Appesi e timorosi.
    Il rischio? Buttare tutto per sempre vivendo nel rimpianto.
    Ma in fondo... credo comunque sia giusto vivere.

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    1. Vivere, ricorda, non sopravvivere, anche se è molto più facile teorizzarlo che praticarlo.

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  10. Caro autore e caro anonimo, mi intrometto solo per un commento, credo...

    “mi accorgo che mi manchi solo quando non ci sei più” e allora distruggere per creare, sfidare il destino mettendosi alla prova, tirare la corda fino a lasciare solo un filo sottile"

    non suona come: "ti appoggio qui un attimo, se non trovo di meglio torno a prenderti, perché mi mancherai; altrimenti ho giustamente vissuto e mi è andata meglio, grazie per tutto, tanti cari saluti"

    Questo sì che è vivere!

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    1. “Vivere e non sopravvivere” significa non lasciarsi occupare dall’insoddiafazzione cronica, vero male oscuro è devastante, nella coppia come nella vita.

      “Rischiarsi” non è necessariamente pasteggiare in ogni osteria per poi scegliere la migliore, rischiare, a volte, è solo essere se stessi.

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  11. Io, sì Io, sarei in grado di "rischiarmi" perché non mi perderei, ma non lo voglio. Ne soffrirei, mi mancherebbe, e so che ritrovandoci, ri-amandoci, ri-appartenendoci, non avremo nulla in più di adesso, anzi forse un ricordo in più di un momento non felice insieme.
    P.S: "Questo commento è stato eliminato dall'autore"....chissà quale commento...
    IO

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  12. IO ma sei veramente troppo innamorata di quest’uomo che troppo conosci e troppo ti conosce, tanto da difendere financo l’insoddisfazione.
    Ma forse non c’e soluzione al troppo, una volta che lo incontri resta lì, carico di tutto quello che rappresenta.
    È un bel dilemma sai, da cui sarebbe bene fuggire smettendo di pensarci (al dilemma eh, ça va san dire!), anzi sarebbe bene fuggire smettendola di lambiccarsi, metabolizzando allora la non soluzione crogiolandosi nel ricordo, nell’attesa del ritorno inevitabile figlio del tempo che passa.
    Consapevole però che tutto questo significa vivere a metà, ma altrettanto consapevole di aver comunque toccato la vetta, anche se solo per un po’, magari pure un po’ tanto, ma non abbastanza.

    Ecco, forse è questo.

    P.S.: non me lo ricordo più il commento “eliminato dall’autore”, probabilmente non era importante!!

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  13. @ AUTORE: "troppo" in amore cos'è? Chi è in grado di sancire lo standard ed i relativi più e meno.
    @ IO: tu ami, credo ricambiata, ma forse non come vorresti...molto bello il punto di "metabolizzare" suggerito da AUTORE, ma aggiungerei un consiglio: IO staccati da tutto quello che vedi ora, chiudi forte gli occhi, solo quando sarà tutto nero, riaprili cercando di cogliere le prime sfumature, le prime sensazioni, le prime emozioni.
    A volte basta spostarsi per rimettere a fuoco e cogliere il bello che è sempre stato davanti agli occhi, ma che per varie ragioni ci sfuggiva.

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