Papà...

“Papà...” a me piace così, ché “babbo” mi sa di Geppetto, non mi da sapore, e non mi fa sentire il prurito della barba che punge sulla mia pelle di bambino.

“Babbo” fa grande, e non c’ho voglia di essere grande, che poi da grandi è un attimo diventare tristi, e non c’ho voglia di essere triste.

“Papà” invece fa romantica continuità, fa Lui-io-Lei, fa sorrisi che passano da un viso all’altro senza che si siano mai conosciuti, fa di me un ponte di ricordi che attraversano il tempo, da un senso e racconta mille perché.

Perché troppo presto, perché io troppo piccolo e lui troppo giovane, perché in Lei crescono le stesse espressioni del viso che Lui ha lasciato a me. 
Quasi un Post-it da non so dove per ricordarmi che il bello si trasforma e ti raggiunge di nuovo prima o poi.

“Papà” fa curiosità, che la curiosità è ciò che lo ha reso capace di essere incosciente ed entusiasta, di bruciare gli attimi alla costante ricerca di qualcosa di nuovo, capace di ripetersi nei luoghi di un quotidiano che riscopriva ogni volta diverso in un’apparenza di tranquillizzante routine.

“Papà” fa quella sola volta che ho davvero raccontato me stesso parlando di Lui.

“Papà” fa generosità, quella che io non ho. 

“Papà” fa orgoglio, fa la fissa per le case, fa fumo di Super rosse senza filtro, fa vili voltagabbana, fa guantini senza dita, fa Alfa GT, fa mamma, fa nonno, fa un tempo che fu e un tempo che è.

Ricordare è dolce, indispensabile, giusto, sciocco, bello, difficile.
Questo è un mio ricordo, scriverlo mi piace di più.

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